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Autore: _Trixie_    28/11/2013    6 recensioni
Regina raggiunse la porta di Henry e la aprì lentamente. La gioia di vedere quel volto sereno, profondamente addormentato, le invase il cuore. Non riusciva a capire dove riuscisse a trovare ogni mattina la forza di disturbare il sonno dell’unica persona che sapeva di amare tanto sinceramente.
«Ehi» bisbigliò piano, all’orecchio del bambino, dopo essersi seduta sopra le coperte. «Henry, è ora di aprire gli occhi».
La donna accarezzò il viso di suo figlio, mentre Henry cercava di svegliarsi e combattere il sonno, il suo viso si distorse in una smorfia adorabile.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Henry Mills, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sorriso
 
 
 
La sveglia di Regina suonò alle sette in punto, come ogni mattina, e la donna si affrettò ad allungare il braccio per zittirla.
Silenziosamente, il sindaco di Storybrooke scivolò fuori dal letto, passandosi una mano veloce tra i capelli arruffati, e si infilò la vestaglia di seta. Il lusso era qualcosa cui non aveva mai avuto intenzione di rinunciare, soprattutto non dopo aver scagliato la maledizione.
Aprì la porta della propria camera con attenzione, camminando leggera attraverso il corridoio di casa sua, ancora immersa nella tenue luce mattutina di un sole che stentava a sorgere.
Portandosi una mano a nascondere uno sbadiglio, Regina Mills scese le scale e si diresse in cucina, dove accese la luce, strizzando gli occhi abituati all’oscurità del sonno e della notte.
Come d’abitudine, la donna accese i fornelli e iniziò a preparare la colazione, preoccupandosi solo di non fare troppo rumore, appoggiava le padelle di metallo con delicatezza sul ripiano di marmo.
Regina sorrise, quando il profumo dei suoi squisiti pancake le solleticò il naso. Controllò l’ora e si affrettò a preparare la tavola e a spegnere il fuoco, poi camminò velocemente verso le scale, tornando al piano superiore.
Raggiunse la porta di Henry e la aprì lentamente. La gioia di vedere quel volto sereno, profondamente addormentato, le invase il cuore. Non riusciva a capire dove riuscisse a  trovare ogni mattina la forza di disturbare il sonno dell’unica persona che sapeva di amare tanto sinceramente.
«Ehi» bisbigliò piano, all’orecchio del bambino, dopo essersi seduta sopra le coperte. «Henry, è ora di aprire gli occhi».
La donna accarezzò il viso di suo figlio, mentre Henry cercava di svegliarsi e combattere il sonno, il suo viso si distorse in una smorfia adorabile.
«Forza, tesoro» ripeté Regina, chinandosi su di lui e baciandogli la fronte calda dal sonno.
Henry aprì finalmente gli occhi, lentamente, sbattendo più volte le palpebre.
«Ciao, mamma» disse infine, masticando malamente le parole.
«Ciao, tesoro» rispose Regina, dandogli un secondo bacio sul naso che fece sorridere il bambino. Uno sbadiglio lo costrinse a interrompere quella risata.
«La colazione è pronta» gli disse il sindaco, scostando le coperte.
«Fa freddo, mamma» si lamentò il bambino. «Non voglio alzarmi, stai qui con me».
Henry strinse la braccia attorno al collo della madre.
«Tesoro, tu devi andare a scuola e io al lavoro» disse Regina.
«No».
La donna sospirò, avvicinandosi di più al figlio e infilando la mani dietro la sua schiena. Con fatica, riuscì ad alzarsi in piedi e prendere il figlio in braccio.
Henry avvinghiò immediatamente le gambe intorno ai fianchi della donna, immergendo il viso tra i suoi capelli. Avevano un buon profumo, sapevano di mele, e lui lo adorava.
«Tesoro, ormai hai sei anni. Non so per quanto altro tempo riuscirò a sollevarti, ancora» lo avvisò la donna, che già stentava a sopportare il peso della gracile figura.
Il bambino non rispose e si lasciò andare tra quelle braccia familiari e sicure, sobbalzando lievemente mentre scendevano le scale, con Regina terrorizzata all’idea di poter inciampare e fare del male al proprio figlio.
Tirò un sospiro di sollievo quando finalmente raggiunsero la cucina, dove fece sedere il bambino di fronte a una tazza di latte, il tavolo colmo di ogni genere di leccornia che un bambino potesse desiderare. Naturalmente, non sarebbe rimasto nulla, su quel tavolo, dopo il passaggio e l’appetito mattutino di Henry.
Anche Regina prese posto, sorseggiando il suo caffè caldo e osservando Henry da sopra la tazza che, come al solito, si era sporcato il viso paffuto.
Regina gli scompigliò i capelli.
«Vado a prepararmi, tesoro, non metterci troppo» gli disse, passandogli accanto e fermandosi solo per baciargli la guancia.
Il bambino annuì leggermente, concentrato come era sui pancake di sua madre.
Regina tornò nella propria camera, felice come poche volte si era sentita nella sua vita, felice come accadeva ogni volta che si trovava in compagnia di Henry.
Si vestì con cura, prestando attenzione a ogni minimo dettaglio. Amava apparire come quello che era in realtà: perfetta.
Sentì una sedia strisciare sul pavimento, un paio di piedi percorrere di corsa le scale e la porta della camera di Henry spalancarsi con forza.
Regina si rammaricò appena al pensiero del pavimento rovinato a causa di Henry e di quel suo vizio di strisciare le sedie.
«Presto, tesoro, o faremo tardi » urlò Regina, scegliendo un paio di orecchini.
«Sì, mamma!» rispose il ragazzino. Un tonfo seguì le sue parole.
Il sindaco non si preoccupò di quel rumore, sapeva perfettamente che suo figlio aveva scelto la maglietta del giorno sfilandola dalla pila di vestiti nel suo armadio, i quali, naturalmente, erano caduti.
Regina stese un velo di rossetto rosso sulle proprie labbra, stringendole per un momento, prima di allontanarsi dallo specchio e indossare le scarpe.
I suoi tacchi risuonarono fuori dalla porta di Henry, che si affrettò ad allacciare la camicia e afferrò lo zaino, sfrecciando velocemente nel corridoio e rischiando di investire Regina, che si scostò giusto in tempo per non finire a gambe all’aria.
«Arrivo prima io, mamma!» urlò il bambino, correndo giù dalle scale.
«Fa’ attenzione, tesoro!» lo rimproverò con tono preoccupato Regina, il cuore in gola al pensiero di vederlo di nuovo cadere dalle scale. La mattina in cui successe il sindaco si era sentita mancare la terra sotto i piedi alla vista della tempia tagliata di Henry e del sangue che le macchiava le mani tremanti mentre lo stringeva a sé.
Regina lo seguì, tirando un sospiro di sollievo quando lo vide nell’atrio sano e salvo.
«Fermo lì!» gli intimò, avvicinandosi al figlio e chinandosi di fronte a lui per sistemargli la camicia. Come al solito, era fuori dai pantaloni.
«Non vorrai prendere freddo, non è vero?»
«Oh, mamma! Sono un bambino grande, ormai!» protestò Henry.
«Non ne dubito. Ma io sono più grande di te e ancora la tengo nella gonna, non vedi?» gli mostrò Regina, facendo un giro su sé stessa per mostrare al bambino la verità delle sue parole.
Henry rise.
«Metti la giacca, su» disse Regina, porgendogli il piccolo cappotto.
Nell’attimo in cui si voltò, il piccolo si affrettò a sfilarsi la camicia dai pantaloni.
Quando Regina se ne accorse, sospirò, e fece per abbassarsi di nuovo, ma Henry fuggì da lei, sempre sorridendo, con un ghigno birichino dipinto in volto.
«Prendimi» urlò alla madre che scosse la testa e rise e, con uno scatto fulmineo, la donna agguantò il braccio del figlio, attirandolo a sé e stringendolo in un forte abbraccio.
«Ora non mi scappi più» disse, fingendo un tono feroce.
Henry rise più forte, complici le mani di Regina che iniziarono a fargli il solletico sulla pancia e i capelli corti della donna che gli accarezzavano il collo.
Regina si lasciò trasportare dalla sua risata, ma sapeva che, come al solito, stavano facendo tardi, così si decise a mettere fine al gioco e sistemò di nuovo la camicia di Henry i cui occhi non smettevano di seguire la figura del sindaco.
«Cosa c’è, tesoro?» domandò Regina, aiutandolo a sistemarsi il cappotto.
«Sei molto bella quando ridi. Fallo un po’ di più, per favore». 



NdA 
Un momento di puro fluff per Regina e anche per il piccolo Henry! E, niente, mi sembrava il minimo dopo quello che ho combinato con l'altra storia, lol! ;D 
Come vi è sembrato? 
A presto, Trixie :D 
   
 
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