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Autore: Itsamess    29/11/2013    0 recensioni
STORIA DA REVISIONARE
A novembre, nonostante fossero stati dichiarati illegali da Brittany, numerosi tornado colpirono il Midwest, devastando tutto ciò che incontravano sul proprio cammino.
La maggior parte della popolazione decise di andare il più lontano possibile, nella speranza che il nero uragano non li seguisse.
Altri rimasero - li chiamavano I Sotterranei: furono creati dei rifugi - stretti cunicoli che si snodavano al di sotto della città, ora segretamente dilaniata - perchè potessero trovare un riparo.
Perchè era tutto ciò che desideravano:
salvarsi.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Jessie St. James, Rachel Berry, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt, Jessie/Rachel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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E' Jesse a tirare il sipario.
Metaforicamente, certo, dato che un sipario vero è proprio non ce l'hanno.
Lo spettacolo è andato piuttosto bene, a giudicare dagli applausi dei pochi spettatori che Emma è riuscita a convincere.
Nella confusione del dietro le quinte, il ragazzo riesce solo a percepire confusamente le risate dei suoi compagni. Vede Blaine scomparire nell'abbraccio di Finn e Sam dare un bacio a Brittany.
Per un attimo pensa "non sapevo che stessero insieme" e poi si ricorda che solo perchè lui ha perso l'amore della sua vita non significa che gli altri smettano di innamorarsi.
Sono passati una decina di giorni da quando Rachel si è fatta inghiottire nuovamente dal buio.
Nel suo dormitorio è inutile cercarla, tanto non c'è mai.
In effetti, chi vorrebbe condividere la stanza con Kurt?
A mensa non si fa vedere, probabilmente ruba il cibo direttamente dalla dispensa.
I ripostigli sono chiusi a chiave, dall'interno. Impossibile entrarvi, chiedere il suo perdono, baciarla a tradimento.
Ma allora dove posso incontrarla?
In aula canto non metterebbe piede nemmeno se fosse l'ultimo rifugio - odio questa parola - sulla Terra...
O invece sì?



Nelle afose notti d'estate, quando Annie non riusciva ad addormentarsi neanche elencandole l'opera omnia di Stephen Sondheim, Jesse la trascinava fuori, sulla veranda.
Lei si lamentava di non aver nemmeno indossato le pantofole, diceva che le formiche rosse le avrebbero mangiato gli alluci, che il parquet era ruvido e le schegge le avrebbero mandato in cancrena i piedi, anche se non sapeva bene cosa volesse dire cancrena.
Davanti a tutti quei brontolii, Jesse sbuffava un po', le faceva segno di tacere perchè tutti stavano riposando a quell'ora e, con rapido gesto della mano, premeva l'interruttore.
La luce della veranda era piuttosto flebile - "giallo morto" la chiamava Annie - ma riusciva ancora ad attirare tutti gli insetti nel raggio di una decina di metri.
Falene, moscerini, zanzare.
Annie avrebbe forse dovuto temere che quegli animaletti l'aggredissero proprio come l'avrebbero fatto le formiche rosse, tuttavia rimaneva a fissare estasiata quel faro nel buio, quasi fosse anche lei una farfalla notturna.

Grazie alle sue innate doti persuasive e ad un paio di amichevoli minacce, Jesse è riuscito a convincere i Sotterranei a chiudersi a chiave nelle proprie stanze per tutta la giornata.
Il rifugio deve sembrare deserto.
Non sentendo alcun rumore, Rachel penserà di essere al sicuro da musica, canzoni o semplicemente esseri umani e uscirà dal suo ripostiglio.
E sarà allora che cadrà nella trappola accuratamente preparata per lei.

Jesse non deve attendere molto.
Sono le tre del pomeriggio quando la ragazza apre timidamente la porta, controlla che il corridoio sia libero e si dirige verso la mensa.
E'un attimo.
Jesse St James, con un gesto secco e deciso, strappa tutti i cavi del generatore di corrente, il quale si spegne con un breve sibilo.
Il rifugio sprofonda nel buio più assoluto.

E' come se avessi chiuso di colpo gli occhi, eppure le mie palpebre sono sollevate.
Non vedo  n i e n t e.
Se la disperazione avesse un colore, sarebbe il nero in cui sto camminando.
Il buio del ripostiglio è diverso, è sopportabile. Un po' di luce filtra da sotto la porta. Almeno le sagome degli oggetti si riescono a distinguere, se si guarda bene.
Un passo dopo l'altro, chissà se davanti a me c'è un muro, o peggio, una persona.
Magari c'è Jesse, ci scontriamo e lui mi bacia di nuovo.
Magari c'è un assassino nell'ombra e mi uccide.
Non so cosa sia peggio.
Ok, no. Non voglio morire.
Ti prego ti prego ti prego se c'è qualcuno, fa che sia Jesse e non l'assassino, ti prego.
Anzi, ti prego fa che questo blackout finisca.
Perchè continuo a camminare? Forse sarebbe meglio...
No.
Una luce!
Una luce in fondo al corridoio!
Potrei perfino correre incontro alla luce, i corri-doi sono fatti per questo, no?
Mi precipito nella stanza, senza chiedermi nemmeno il motivo per cui il rifugio sembri deserto.
Possono essere dove vogliono, come dicono le Icona Pop "I dont care!"
Perchè sto pensando ad una canzone? Io odio le canzoni! Sarà l'influsso malefico dell'aula canto...
L'aula canto.
Sono appena corsa in aula canto.
Questo pensiero mi dà i brividi.


La falena, attratta dalla lampadina, è ormai in trappola.
Non voglio farle del male - come potrei, io che la amo? - vorrei solo parlarle, scusarmi.
D'accordo, baciarla, ma questo lo desidero ogni volta che la vedo.
Premo l'interruttore.
La sento gemere.
Chiudo la porta dietro di me.
«La tua scotofobia è un problema a cui dovresti veramente porre rimedio»
Rachel sbuffa «Se la scotofobia è la paura di incontrarti allora credo di no. Vattene Jesse. Lasciami anche al buio, ma lasciami sola. Lasciami»
La scotofobia è la paura del buio, ma immagino che persino Rachel lo sappia quindi non la correggo.
Mi domanda se il blackout è un'idea mia, le rispondo di sì.
Mi chiede se il fatto di trovarsi in aula canto è un caso, le dico di no.
E, per la prima volta dall'attuazione del mio piano, mi sento in colpa. Rachel ha tutto il diritto di allontanarmi, di cancellarmi dalla sua vita. Me lo merito.
«Non vuoi vedermi mai più» mormoro piano, più a me stesso che a lei.
«E' una domanda o un'affermazione?»
«Se fosse una domanda, quale sarebbe la risposta?»
Pausa.
Forse sta cercando le parole giuste.
Forse sta cercando di ricordare tutti gli insulti in spagnolo che Santana -  è così che si chiamava la ragazza di Brittany? - le ha probabilmente insegnato.
«Mi hai spezzato il cuore»
La sua voce non è amareggiata o tagliente.
Non sembra nemmeno dispiaciuta.
Mi parla con il tono che avrebbe un medico nell'esporre la diagnosi. Anzi, quella che avrebbe un medico nel dichiarare l'ora del decesso.
«Tu mi hai trovata quando ero persa, mi hai riportata alla vita quando della vita io non volevo saperne. Mi hai salvata, e solo con un bacio»
"...e solo con un bacio posso perdonarti" mi aspetto che dica.
Invece prosegue «Spezzi il cuore a chi sai che ce l'ha già sbeccato?»
La metafora è orribile, ma ha reso l'idea.
Ho giocato al massacro, ferendola di proposito. Baciando Blaine, illudendo Finn, dicendole di Cassie...
Quanti errori può commettere una persona sola? A quanti può rimediare?
Rachel abbassa lo sguardo sulle sue ballerine lise in punta «Senza di te non avevo più la terra sotto i piedi, ero una Sotterranea anche dentro, proprio qui» mormora, premendosi forte la mano sul petto.



 
  
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