Storie originali > Fantascienza
Ricorda la storia  |      
Autore: Portatrice sana di sogni    30/11/2013    0 recensioni
Tutti, prima o poi, si sentono di non trovarsi al posto giusto nella propria vita. Quanti, tuttavia, decidono di provare a lasciarlo per cambiare?
Genere: Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Uscire di casa non sempre aiuta” Fu quello il primo pensiero del ragazzo mentre varcava la soglia. Rimase quindi fermo a fissare la maniglia che svolazzava sulla nuvola di sbuffi e soffi. Dall’oblò mosaicato poteva vedere ancora l’interno, reso fumoso dal gioco di luci che il globo iridescente inviava dall’alto dei meccanismi celesti. Vide sua madre affaccendarsi nello studio, perfettamente incastrata nelle spire della sua vita, e accanto suo fratello, l’olio appena spalmato sulle giunture ancora luccicante. I loro ingranaggi funzionavano bene, ogni dentella combaciava con la successiva e la precedente, non avevano intoppi o cinghie slegate. Cosa potesse esser mai andato storto nella sua fabbricazione, questo non lo capiva. Sentiva le rotelle del suo organismo procedere come appena baciate dal morbido grasso, lente e sicure nel piano di progettazione. Fortunatamente non presentava quel tipo di difetti. Tuttavia, sapeva che era il cranio metallico la sede delle complicazioni. Sebbene sospiri di vapore e nuvolate fossero nella norma, qualcosa non andava. Forse qualche fusibile minore o le valvole di scarico, che non riuscendo a reggere lo sforzo, si sovraccaricavano e decidevano di smettere di funzionare. In officina avevano garantito che fosse tutto regolare, ma il ragazzo non riusciva in alcun modo a spiegarsi per quale motivo non riuscisse a incasellarsi con le cinghie del mondo. Le catene erano sempre lì, sempre avviluppate al suo corpo ferroso, sarebbe bastato lasciarsi trascinare per mettere in moto tutti i meccanismi. Eppure qualcosa lo tratteneva. Percepiva chiaramente un gap nella sua testa, uno spazio vuoto in cui collassavano tutti i pensieri e che minacciava di espandersi a inglobare tutte le sue funzioni vitali. Dal primo momento che seguiva l’accensione, un nocciolo duro lo perseguitava per tutto il giorno, strillandogli nelle orecchie a campana la futilità di quanto stesse facendo: balzare sul montacarichi per raggiungere il suo studio, controllare che la dattilografa, ormai fuori produzione da molto, funzionasse ancora correttamente, ricevere cordialmente gli ospiti e reindirizzarli verso il salone conferenze, trascrivere in codice le informazioni da essi fornite, spedirle con i cavalli postali agli interessati, il tutto senza trascurare le relazioni con i suoi simili, conoscenti, familiari e quant’altro. “Inutile, tutto inutile!” tuonava dentro di sé. “Di te non rimarranno altro che rotelle e ingranaggi da riutilizzare per un nuovo individuo più utile. Pensa ai grandi che hanno guidato la Storia. Ecco, ora dimenticali, perché non sarà facendo lo scribacchino che raggiungerai il loro podio.” Era annichilente. Anche in quel momento, ancora fermo davanti all’uscio a vapore della sua dimora, la voce interiore continuava a rimproverarlo. Ad un tratto, il suo campo visivo individuò qualcosa di insolito. Tra le catene che circondavano tutto quello che potesse vedere e che era solito vedere, nell’amorfo grigiore abbacinante del suo quartiere fiorì una luce candida. Si spostava costantemente, avvitandosi tra gli anelli metallici, fluttuando tra i gas di scarico della vita degli individui attorno a lei che pure parevano non notarla. Immobile, il ragazzo la vide avvicinarsi, lampeggiando timidamente, atteggiamento raro in un universo di sicurezza di sé e del proprio piano di funzionamento, fino a che si fermò, galleggiando tra i fumi di smaltimento espulsi dalle condutture oculari del ragazzo. Il vapore sembrò cristallizzarsi attorno ad essa, e persino la voce interiore tacque, rispettosa della sacralità dell’apparizione. Era una farfalla a molla, di quelle che vedeva da bambino, quando ancora il ciclo produttivo non l’aveva ingerito tra le sue macine per risputarlo dopo poco, un essere incompatibile con le sue programmazioni. Quando, insomma, tutti i suoi circuiti erano sintonizzati sulle frequenze giuste per inserirsi nella casella che il piano di costruzione prevedeva per lui. Tese una mano, le dita aghiformi tremanti per la paura di stracciare il miracolo e ricapitolare nell’agonia. La farfalla a molla si lasciò sfiorare, prima di ammiccare un paio di volte e allontanarsi. Dopo qualche metro, tuttavia, si fermò, quasi aspettandolo, rischiarando debolmente cavi, tubature e lacci tutto intorno, per rivelarne la gelida indifferenza per il dilemma del ragazzo. Nella sua calotta metallica e scintillante, intanto, la voce interiore continuava a tacere, pertanto il ragazzo comprese che c’era ben poco da fare. Uno stivale dietro l’altro, si incamminò dietro la farfalla, lacerando ad ogni passo le cinghie che lo correlavano al resto del mondo. Si allontanò nel vapore caliginoso della città che seguitava, incessante e noncurante, a srotolare nuove catene dalle fabbriche di produzione per i nuovi individui. “Che se li tenga pure.” Sussurrò dolcemente la voce interiore, per poi scoppiare in una risata argentina e tacere per sempre. Nella bruma densa, il ragazzo proseguiva dietro il bagliore della speranza, senza mai voltarsi, senza mai fermarsi, senza sapere né tantomeno preoccuparsi di dove la chimera l’avrebbe condotto.
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Portatrice sana di sogni