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Autore: EvSwift    30/11/2013    4 recensioni
«Will sapeva cosa fosse successo ancora prima che nessuno gli dicesse nulla, lo sapeva sin dal momento in cui aveva aperto gli occhi.»
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Carstairs, William Herondale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un urlo straziante fece svegliare Will di soprassalto.
Si mise a sedere sul suo letto di scatto guardandosi intorno, cercando di capire se lo avesse solo sognato o se fosse successo davvero. Solo pensare alla seconda ipotesi lo spaventava a morte, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
Un altro urlo echeggio in tutto l’Istituto e questa volta fu sicuro di non esserselo immaginato.
Balzò giù dal letto e si precipitò fuori dalla stanza, noncurante di essere in abiti notturni e scalzo. Non sentiva il freddo del pavimento di marmo sotto i suoi piedi mentre correva lungo i corridoi a perdifiato, non gli importava a dire il vero… Avrebbe anche potuto esserci in atto una guerra all’interno di quell’edificio che comunque non l’avrebbe notata, la sua priorità in quel momento era assicurarsi che tutti stessero bene e che quelle due urla strazianti non avessero significato niente. In cuor suo sapeva che non era così e quella consapevolezza gli fece accelerare ancor di più il passo.
Conosceva l’Istituto come le sue tasche e grazie all’addestramento da Cacciatore gli era stato facile capire da quale parte dell’edificio provenissero le urla, la cosa però non lo tranquillizzò affatto anzi, lo mise ancora più in agitazione.
Aveva il fiato corto, i capelli scompigliati e lo sguardo di un folle quando arrivò davanti la porta della stanza di Jem, il suo parabatai. Sapeva cosa fosse successo ancora prima che nessuno gli dicesse nulla, lo sapeva sin dal momento in cui aveva aperto gli occhi.
Notò a malapena Sophie addossata alla parete opposta con lo sguardo vacuo, spento. Diede uno spintone ad Henry per farsi spazio ed entrare nella stanza dell’amico.
«Will…»
La voce di Charlotte gli giungeva distante, aveva faticato a sentirla mentre pronunciava il suo nome che voleva tanto sembrare una specie di avvertimento. La ignorò superandola e il suo cuore perse di un battito.
Tessa era per terra, il viso nascosto tra le mani mentre le lacrime le bagnavano il suo vestito da notte. Accanto a lei giaceva il corpo esanime di Jem.
Non aveva il coraggio di avvicinarsi a lui, si sentiva pietrificato ed ancora una volta provò quel pungente senso di colpa tanto terribile quanto la prima volta che aveva visto il cadavere di una persona che amava. Era colpa sua e lo sapeva, la causa della sua morte era lui e non c’era nessuno che avrebbe potuto cambiare le cose.
Sapeva che quel giorno sarebbe arrivato, prima o poi, e si era anche convinto che magari grazie a lui Jem avrebbe avuto una morte meno dolorosa di quella che gli aspettava altrimenti.
Non sentì la mano fredda di Charlotte che gli si posava delicatamente sulla sua spalla.
Aveva lasciato che Jem gli volesse bene perché lui era tutto ciò che aveva e questo era il prezzo che aveva pagato per averglielo lasciato fare. Non aveva avuto il coraggio si essere la persona meschina che era anche con lui, con gli altri era facile ma non con Jem e ora doveva affrontare le conseguenze delle sue azioni per quanto devastanti esse potessero essere.
Si sentiva vuoto, morto dentro. Non aveva idea di come avrebbe fatto senza di lui d’ora in avanti perché, inconsapevolmente, lui era stata quella persona che lo faceva ancora sentire vivo, degno di vivere.
Se nessuno ti vuole bene, esisti veramente?
Se l’era domandato tante di quelle volte che ormai la risposta gli arrivava ancor prima di aver terminato di formulare mentalmente la domanda. No. Ecco la risposta, ed era vero. Jem gli aveva voluto bene e grazie a lui si era sentito in parte vivo. Ora però era morto e tutto era diverso.
Morto. Continuava a ripetersi mentalmente per convincersi che fosse vero, come se il suo corpo senza vita non fosse una prova schiacciante. Non poteva semplicemente accettarlo, aveva faticato tanto per evitare che le persone si affezionassero a lui, si era assicurato che quello che era successo a sua sorella non accadesse più a nessun’altro ma tutti i suoi sforzi furono vanificati dall’arrivo di Jem nella sua vita. L’aveva amato incondizionatamente come un fratello, per lui sarebbe morto e non solo perché era il suo parabatai ma perché non poteva accettare che gli succedesse niente. Aveva fatto tanto per lui, era la sua famiglia.
Sentì le ginocchia cedergli e allora cadde sul freddo pavimento, impassibile. Era finita, adesso non aveva più nessuno per cui vivere. Abbassò la testa, lo sguardo rivolto vero il pavimento. Appoggiò le mani sul pavimento freddo e per la prima volta dopo tanto tempo lasciò che qualcuno vedesse davvero quello che provava, una lacrima gli rigò la guancia per poi cadere sul dorso della sua stessa mano e il suo pianto si mescolò a quello di Tessa mentre la runa che lo legava a Jem lentamente svaniva.
 
 
Will si svegliò di soprassalto, la fronte imperlata di sudore ed i capelli leggermente arricciati incollati ad essa. Aveva il fiato corto come se avesse corso per un miglio. Era nella sua stanza, nel suo letto e nessun urlo straziante lo aveva svegliato.
Senza pensarci due volte scese dal letto e si precipitò fuori dalla sua stanza col cuore in gola. Corse per i corridoi dell’Istituto a piedi nudi e quando fu vicino alle stanze di Jem sentì l’inconfondibile suono del suo violino.
Will sorrise e si lasciò andare ad un sospiro di sollievo. Bussò alla porta e poco dopo l’amico gli aprì scrutandolo da capo a piedi con lo sguardo divertito.
«Stai bene? Sembra che tu abbia visto Magnus Bane in una delle sue vestaglie di seta con nient’altro sotto.»
Lui rise scostandosi dall’uscio per lasciarlo entrare. In quella risata Will riuscì a calmarsi, era vivo e stava bene.
Entrò nella stanza e si buttò sul letto dell’amico, normalmente gli avrebbe detto che era troppo ubriaco per raggiungere la propria camera ma era scalzo ed in abiti notturni, Jem non gli avrebbe mai creduto questa volta, tuttavia la tentò.
«Non essere ridicolo. Sono solo troppo stanco e troppo ubriaco per arrivare fino alla mia camera.»
Jem non si voltò a guardarlo, rimase con lo sguardo rivolto verso la finestra e ricominciò a suonare il suo violino. Sapeva che gli stava mentendo, glielo si leggeva in faccia ma non per questo gli avrebbe chiesto di dirgli la verità per una buona volta. Se avesse voluto glielo avrebbe detto da se.
Era così che funzionavano le cose tra i due, non servivano mai troppe parole affinché si capissero, a volte bastava anche solo uno scambio di sguardi.
Con la presenza di Jem e il suono così familiare di quello strumento, Will si riaddormentò più serenamente di quanto si aspettasse, grato che quanto successo prima fosse solo un brutto incubo.

 
***
 
Primissima volta che scrivo qualcosa sul mondo 'Shadowhunters', spero di non aver fatto un totale disastro °^°
Chiunque tu sia che stai leggendo ciò: GRACIAS! :3
   
 
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