Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: delilahs    30/11/2013    0 recensioni
Lavinia sentì giungere dei pescatori, che ora tornavano dalla pesca notturna, e li sentì borbottare.
“Giornata da nodi, questa” e via, ridendo, arrampicandosi con i loro carichi freschi su per le vie ripide e acciottolate.
La ragazza si rallegrò, immaginando il mare in una giornata da nodi. Erano giornate ventose, quelle, pericolose per chi pescava, poiché il vento che di solito spirava da ovest in quelle particolari giornate arrivava da est, e spingeva le barche a scarrocciare, come dicevano gli uomini. Come un pescatore le aveva spiegato, le barche scarrocciate venivano prese dal mare e mai più restituite, perché spinte contro gli scogli o in fondo al mare. Nonostante tutto, però la ragazza dagli occhi azzurri amava le giornate da nodi. Perché facevano muovere il mare più velocemente, arrivava persino a lambirle i piedi, anche se era proibito. Le onde correvano instancabili, producendo suoni di risucchio e gorgoglianti, che parevano degli amanti. Perché le davano una sensazione di pace e di controllo, di tranquillità insperata e sogni da affidare a qualcuno di cui ci fidiamo.

[Post-Mockinjay][Nuova Generazione][Distretto 4][1.216 parole]
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Annie Cresta, Katniss Everdeen, Sorpresa
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Giusti tra le nazioni.
 

Lavinia camminava svelta per le strade del distretto quattro, scivolando su delle macchie di sale mentre si dirigeva verso l’oceano. Intorno a lei il piccolo borgo si stava svegliando, si sentivano i gabbiani che stridevano mentre da qualche caminetto usciva del fumo. I pescivendoli aprivano i loro negozi, sorridendo alla ragazza che li salutava, e alcuni bambini correvano, delle pagnotte in mano, mentre madri irritateli richiamano dagli androni di casa. Lo sfrigolio di una brace e l’odore pungente del pesce arrostito accompagnavano lo sciabordio delle onde che si infrangevano contro gli scogli, testarde. La sabbia era fredda, ed una volta arrivata in riva, la ragazza si tolse i sandali leggeri che indossava e camminò fino al mare.
Si guardò intorno, adocchiando un alberello dalle foglie verde pallido che era piantato poco lontano, i rami che ondulavano al vento. Piccole gocce di acqua salina le ghiacciavamo le braccia seminude, mentre il sole spuntava timido da dietro una coltre di nubi. Lavinia sentì giungere dei pescatori, che ora tornavano dalla pesca notturna, e li sentì borbottare.
Giornata da nodi, questa” e via, ridendo, arrampicandosi con i loro carichi freschi su per le vie ripide e acciottolate.
La ragazza si rallegrò, immaginando il mare in una giornata da nodi. Erano giornate ventose, quelle, pericolose per chi pescava, poiché il vento che di solito spirava da ovest in quelle particolari giornate arrivava da est, e spingeva le barche a scarrocciare, come dicevano gli uomini.  Come un pescatore le aveva spiegato, le barche scarrocciate venivano prese dal mare e mai più restituite, perché spinte contro gli scogli o in fondo al mare. Nonostante tutto, però la ragazza dagli occhi azzurri amava le giornate da nodi. Perché facevano muovere il mare più velocemente, arrivava persino a lambirle i piedi, anche se era proibito. Le onde correvano instancabili, producendo suoni di risucchio e gorgoglianti, che parevano degli amanti. Perché le davano una sensazione di pace e di controllo, di tranquillità insperata e sogni da affidare a qualcuno di cui ci fidiamo.
Concentrata com’era, non sentì i passi del ragazzo. Lui le toccò le spalle, piano, mentre lei sussultava e subito si rilassava, continuando a torturare un pugno di sabbia.
Ciao Gabriel.” disse, ancora concentrata sui suoi disegni. Li tracciava lenta, infilando le mani nella sabbia candida e fredda, creando paesaggi che sembravano gole di canyon, prati fioriti e lande desolate. Dietro di loro si sentivano delle signore spettegolare dal fioraio di paese, bambini che strillavano fastidiosi e Lavinia sbuffò.
“Non vai a pesca oggi?” chiese, rivolgendo finalmente lo sguardo verso il ragazzo dagli occhi color del mare estivo. Perché se non erano estivi, la ragazza non avrebbe saputo come definirli. Non se la sentiva di definirli color del mare, o acquamarina, perché il mare poteva cambiare. Il mare non era lo stesso per tutti, per lei, per i pescatori o per chiunque stesse dall’altro lato del paese. Il mare poteva essere bianco, grigio, rosa, nero e rosso. Gli occhi di Gabriel, no. I suoi occhi erano colore del mare d’estate, quel colore che sembra aver assorbito il giallo del sole, e che è quindi tendente al verde scuro. E che andava a nozze con il colore della sua pelle, scuro, di una persona che ha passato molte ore sotto il sole, tirato. Pelle degli indiani d’america, delle strane tribù, color della ribellione e del tramonto. Pelle color bronzo dorata, come le torte che cucinava suo padre.
Gabriel scosse la testa, strizzando gli occhi contro il sole. Allungò una mano, sfiorando con la punta delle dita la guancia di Lavinia, che rabbrividì. Accarezzò con il pollice la mano forte del ragazzo, lasciando scivolare alcuni granelli di sabbia sui pantaloni di iuta di Gabriel. Lui continuò ad accarezzarle la guancia, mentre con l’altra mano tracciava segni distratti nella sabbia.
Quando avvicinò le gote rosse alle sue, il ragazzo rabbrividì, avvicinando Lavinia mentre il vento si alzava e iniziava a soffiare più forte. Si lamentava, si acuiva, portava canzoni che la ragazza, in un modo o nell’altro, riusciva sempre a riconoscere. Questa è ‘sailor man’, la canta il vecchio Thunks. Questa è una ninnananna, la sta cantando qualche mamma. E così via. Nota dietro nota, qualcuna saltata negli attimi di calma, il vento si portava dietro intere canzoni, spezzoni di vita che qualcuno voleva condividere con gli altri, sprazzi di felicità e di luce che bucavano le nuvole della guerra.
“Mi sono sempre piaciute le tue lentiggini.” commentò sarcastico Gabriel, mentre con le labbra lasciava piccoli segni incandescenti sulle guance delle sedicenne. Dal canto suo, Lavinia pensava che non avesse torto. La sua pelle, candida e bianca come il atte, lasciava risaltare le lentiggini color cannella che le macchiavano a spruzzi le guancie, appena un po’ di più sotto l’occhio destro. Quando aveva chiesto a sua madre da chi le avesse prese, lei l’aveva guardata dall’alto dei suoi occhi grigi, abbinati alla carnagione olivastra, rispondendogli che anche la propria zia era così.
Il ragazzo tornò a baciarle le gote, come stesse contando ogni singola lentiggine, avvicinandosi pericolosamente alla bocca, e sfiorandola appena. Le lasciò un bacio casto sul collo pallido, ridacchiando sulla sua giugulare. Risalì piano, consapevole dell’effetto che stava provocando alla ragazza, ponendo finalmente le proprie labbra sulle sue, in un bacio breve, intenso. Intenso, e interrotto.
GABRIEL” urlò qualcuno dal fondo della strada.
Ahia” replicò lui, staccandosi velocemente, mentre un uomo si precipitava, sbuffando.
Ciao, Temox” caracollò Gabriel, alzando lo sguardo vero l’omaccione che lo guardava scocciato. Temox era lo zio di Gabriel, da parte di madre, e faceva, ovviamente, il pescatore. Il più grande pescatore di tutto il mare, a detta di sua moglie. La maggior parte delle volte era un uomo buono, simpatico, che amava ridere e scherzare. Era stato come un padre per Gabriel, dopo che il suo vero padre morì prima che lui nascesse. Ma guai, guai a toccargli la barca! Danielle, si chiamava, e lui la considerava importante alla stregua della figlia che non aveva mai avuto. Era sposato a lei (a sua moglie) e al mare. Amava la sua barca. La puliva, la spazzolava, lavava, riverniciava, la ripuliva dai pesci, la rendeva profumata, stirava le tendine, aggiustava le assi rotte e sceglieva sempre nuovi colori e bandiere per renderla sempre riconoscibile. Ogni sabato sera, al pub del paese, lo sentivi borbottare in qualche gruppo di marinai, ubriaco, che proclamava il suo grande amore per la regina dei mari, come la chiamava lui.
Vieni. Devi aiutarmi” sbuffò, alzando Gabriel per un braccio e trascinandolo via.
Ci vediamo dopo, ghiandaia” sorrise, e finalmente smise di farsi trascinare, camminando e ridendo.
Lavinia ebbe il buon gusto di arrossire, mentre si alzava e si spazzolava la sabbia dai vestiti, risalendo poi lungo le strade ormai illuminate per andare da suo padre.
Dieci metri più dietro, Katniss, accompagnata da Annie, sorrise involontariamente mentre quest’ultima le mostrava un bel vestito da sposa. Sorrise guardando la sua bambina adolescente correre felice, innamorata e libera. Sorrise perché poteva definirsi completa, con un matrimonio solido alle spalle e un terzo figlio in grembo. Sorrise, perché era grazie a lei, a Peeta, a Finnick, a Prim, a Cinna e a Rue, più tutti i caduti di guerra, che adesso Lavinia poteva vivere così. Che tutti potessero vivere così. Perché erano tutti, dal primo all’ultimo, giusti tra le nazioni.
 

 

Questa storia è dedicata ai caduti di guerra,
agli orfani,
ai soldati sopravvissuti,
ai coraggiosi e anche ai vigliacchi
a chi è riuscito ad affrontare il nemico a testa alta,
e a chi invece ha affrontato un amico a testa alta.
a loro che hanno vinto, ma che hanno perso tutto.
a chi ha aiutato, a chi ha protestato, a chi si è dichiarato libero.
a tutti quelli che hanno sofferto la guerra
ma soprattutto,

ai giusti tra le nazioni.




 
***

 
nota dell'autrice:
so di essere solo una ragazzina, non sono importante,
ma spero che nessuno si offenda se dedico questa cosa insulsa ai caduti
perchè loro sono importanti, e questa storia conta meno di zero.
non meriterebbero di essere ricordati qui, ma su un muasoleo.
​su un opera letteraria. 
o roba del genere.
ma volevo farlo.


 
 
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: delilahs