Serie TV > NCIS
Ricorda la storia  |      
Autore: stellabrilla    05/05/2008    3 recensioni
E se Tony avesse accettato la proposta di dirigere una squadra tutta sua?
Ambientata molti anni dopo la quarta serie, i nostri protagonisti, ormai anziani, si reincontrano e...
Nota: questa è una ff scritta da una mia cara amica. La metto qui per voi. Buona lettura!
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La giornata era fresca, un cielo azzurro tendente al rosato delle tarde ore pomeridiane invernali rendeva l’aria ancora più limpida di quanto realmente fosse.

La piccola cittadina di Hamsin non era abituata né al caos e tantomeno alla presenza degli estranei, quindi la grossa macchina nera, fresca di autolavaggio, non passò inosservata per le vie del paese.

Accostò solo per chiedere qualche informazione, aveva con sé un indirizzo scritto a mano su un foglietto di carta… chi usa più oggi scrivere ancora con carta e penna? La via e il numero civico erano stati segnati frettolosamente, con l’ansia tipica di chi ha fretta di avere tutte le informazioni sottomano, e di chi ha urgenza di chiudere la telefonata per organizzare le ultime cose e partire.

La vecchia signora conosceva quell’abitazione, qui nessuno usava i nomi delle vie, dedicati chissà a quale patriottico cittadino, e tantomeno i numeri civici, che spesso mancavano dalle case, magari caduti a causa della vecchiaia o dell’umidità tipica delle cittadine salmastre.

Eh si, il mare era il punto forza di questo posto, di questa gente; persone forti, abituate al lavoro, imbruttite dai rigidi inverni e dalle soffocanti estati, talmente immerse nelle loro attività da relegare in secondo piano anche i giorni festivi. Il mare non ha giorni di festa: prende, dà, crea e distrugge… porge delicatamente,cattura in maniera imprevedibile, si fa sentire in maniera spaventosa nei giorni di burrasca, per poi rasserenare e accompagnare le dolci passeggiate nelle calme e lunghe primavere.

La macchina si fermò, “Nessun problema di parcheggio in questo posto!”, pensò fra se l’autista abbozzando un sorriso. L’uomo uscì dal veicolo, sapendo di avere tutti per se gli occhi dei vicini, di coloro che , con una scusa o con l’altra, tutto avevano fatto per avvicinarsi a quello strano individuo emerso dal nulla e recatosi in quel posto per chissà quale motivo.

La casa era proprio come se l’era immaginata prima di intraprendere il viaggio: non lussuosa ma elegante, impolverata ma perfettamente in ordine, anche lei in perfetta sintonia con i colori tenui della via sul lungomare, e straordinariamente illuminata dal riflesso del sole sulle onde marine. Calma!! ecco la sensazione adatta per descrivere tutto l’intorno. Il prato ben curato, con il suo verde acceso e con i colori pastello delle piante fiorite contrastava nettamente con le superfici verticali dell’edificio e conferiva ad esso uno slancio ed un’accentuazione diversi dalle altra case, nonostante molte fossero ben più imponenti di questa.

Fece un bel respiro, socchiuse gli occhi; il viaggio era stato talmente frenetico da non permettere all’uomo di pensare effettivamente quali sarebbero state le sue emozioni al momento dell’arrivo, e la cosa causava in lui non pochi disagi. Si fece coraggio. Il suo aspetto, nonostante l’età, era ancora quello di una volta: un fisico non eccessivamente muscoloso ma tonico, una camminata elegante, uno sguardo luminoso, i capelli ordinati come da sempre era stato abituato a portarli; e poi quella di oggi era una visita speciale, non poteva permettersi sgarri neanche in questo campo.

Suonò il campanello dopo qualche tentennamento, situazione che tradiva la sua reale ansia e tensione per l’avvicinarsi dell’evento, che solo qualche giorno prima aveva rivoluzionato la sua routine e le sue regolari giornate.

Aprì una donna; “Si, è proprio lei!” penso tra sé. E’ incredibile come anche solo una voce, per giunta proveniente da un telefono, sia in grado di trasmettere all’ascoltatore tutta una serie di informazioni riguardanti la persona. La voce era pacata, gentile, serena. Se si potessero associare delle sensazioni non uditive ai suoni direi quasi tiepida… e tutte queste caratteristiche diventavano improvvisamente oggettive nella persona che l’uomo aveva di fronte a sé.

Un telo avvolto attorno alle gambe la faceva assomigliare alle tante donne incontrate nella via principale d’ingresso al paese, ma chi la guardava in faccia riconosceva in lei dei tratti somatici diversi; di sicuro non era cresciuta in questo posto, ne aveva semplicemente assimilato i lineamenti più esteriori, aveva imparato ad apprezzare pregi e difetti dei suoi concittadini e a insegnare loro che non tutto il diverso rappresentava una minaccia. E dall’alone di riservatezza e di protezione che echeggiava intorno alla grande e rustica casa di sua proprietà si intuiva che le persone del paese gliene erano riconoscenti, che cercavano in qualche modo di ricambiare le sue lezioni con una forma di sostegno invisibile, ma terribilmente opprimente, come quell’eccessiva difesa e titubanza che il protagonista aveva riscontrato sin dai primi attimi.

“Buongiorno… Nicole, giusto?”

“Ciao, ben arrivato!!” e seguì un tenero ma composto abbraccio. Lui non avrebbe mai avuto quel tipo di slancio emozionale, semplicemente si era adeguato al modo di fare della donna; era come se lei l’avesse conosciuto da sempre, come se sapesse che niente del genere sarebbe partito da una sua iniziativa. Sapeva inoltre benissimo il tipo di reazione che avrebbe provocato in lui, perciò cercò di rimetterlo a suo agio con una breve conversazione.

“E’ andato bene il viaggio?” disse, incuriosita, in maniera diversa da come di solito si pongono le domande di circostanza; lei era realmente interessata.

“Si, è stato parecchio lungo e stancante… devo dire che la parte più difficile è stata proprio quest’ultima, all’interno del paese: non un’indicazione, una scritta… non è neppure segnalato nel mio computer di bordo!!”

“Eh si, qui non siamo abituati alla modernità e alla velocità delle città di oggi, con tutto quel caos e quella frenesia… ma guarda, paradossalmente c’è più isolamento in una qualsiasi delle città segnalate dal tuo… aggeggio… che non quaggiù.”

Risero entrambi. “ Hai chiesto informazioni, vero? (quella non era la prima occasione in cui un conoscente si recava a casa sua) e scommetto che ti ha indicato la casa proprio la signora del market, seduta dietro la cassa”.

Nel frattempo prese il suo soprabito e lo sistemò nell’appendiabiti in legno situato di fronte all’ingresso. Lo invitò ad entrare nell’ampio salone aperto che occupava gran parte del piano terra.

Il sorriso di lui, un po’ meravigliato, le fece capire che aveva centrato ogni punto del discorso. Sorrise anche lei e aggiunse: “Tranquillo, non ho informatori segreti!! È che dopo un po’ impari a capire e a prevedere gli atteggiamenti di chi ti sta vicino e di chi ti vuole bene. Senz’altro hai notato come tutti ti guardavano storto… è il loro modo di fare… le novità oggigiorno non sono molte, e dopo un po’ ci si disabitua ad esse”.

Un breve attimo di silenzio e poi: “Come sta?”, chiese l’uomo quasi imbarazzato.

La donna lo guardò negli occhi e sorrise; non si aspettava in lui quella timidezza semi-nascosta tra le sue parole. Disse: “Un po’ meglio dell’altro giorno, di quando ti ho telefonato. Lo spavento è stato tanto, ma sai che la forza di volontà a volte può fare miracoli”.

Gli fece cenno di seguirlo, nell’aria era presente, come all’esterno, il profumo dei fiori freschi. L’arredamento era molto semplice e curato, il legno era il materiale dominante all’interno della casa, accompagnava il visitatore a partire dallo scricchiolio sotto i piedi per arrivare alle alte mensole nella parete bianca.

Entrò in un’altra stanza. Una grande finestra permetteva una più che adeguata illuminazione, filtrata però da un’enorme tenda chiara a tutta altezza. Il letto, con la testata forgiata dalle mani di un abile falegname, era situato al centro della stanza, e le candide lenzuola avvolgevano e riparavano il sonno di una persona che egli non vedeva da anni.

La donna si accostò delicatamente interrompendo il torpore pomeridiano che avrebbe assalito chiunque, vista la noia e la monotonia della cittadina. La persona aprì gli occhi sapendo già dentro di se chi fosse colui si trovava davanti, e trovandolo ancora imbarazzato dalla situazione di estrema confidenza che si era appena verificata.

“Tony” sussurrò, “Sapevo che la tua testardaggine ti avrebbe condotto sin qui”. Le sue parole, nonostante l’apparente durezza, erano gioiose, e il sorriso scaturito fece andare via dalla stanza ogni forma di imbarazzo.
“Come va capo?” disse finalmente Tony, esplodendo in un sorriso che finora aveva tenuto per sé.


------------------------------------------------------------------------------

“Nicole mi ha telefonato qualche giorno fa, mi ha detto del tuo incidente durante la pesca… ma dico, sei pazzo??!? Alla tua età…”e si interruppe bloccato dallo sguardo contrariato di Gibbs.

Se c’è una cosa che la vecchiaia non è in grado di portarti via, è di sicuro l’espressività facciale.

Jethro e Tony erano almeno da vent’anni senza vedersi, ma pochi istanti bastarono a entrambi per ricalarsi nei ruoli che avevano caratterizzato quel lungo periodo di vita trascorso assieme. Il primo aveva da sempre rappresentato nell’altro l’icona del capo, il modello da seguire e lo stile dal quale apprendere. Non erano stati anni facili, soprattutto gli ultimi.

L’occasione di avere una squadra tutta per se non poteva essere rimandata ulteriormente dall’agente, e il fatto di essere messo alle spalle al muro da parte del direttore aveva contribuito, non poco, alla sua scelta di andare via.

Andare via da Washington, dallo Stato, dall’America addirittura.

Ma non si può continuare a rimanere inchiodati nei propri ruoli, forse dopo un po’ è necessario andare avanti, crescere. Durante i primi mesi non passava giorno senza che Tony si ripetesse queste parole, ma col passare degli anni si era fermamente convinto di aver avuto ragione e di aver intrapreso la strada giusta. La Spagna è uno stato in grado di rallegrare chiunque, è uno stato dove il lavoro è importante ma non rappresenta il centro della vita; dove il peso delle responsabilità si sente ma senza opprimerti, senza annientarti. Ed era questo che il giovane agente cercava; non doveva dare occasione a se stesso di avere alcun rimpianto.

“Come te la passi a Rota, DiNozzo? Cosa mi sono perso in tutti questi anni?” disse Gibbs proseguendo il discorso iniziato qualche minuto prima. “Mi hanno detto che lì la stagione calda inizia da presto…”

Sembrò deviare la conversazione verso il classico tema delle previsioni meteorologiche apposta per evitare un argomento di disturbo, che non si sentiva in grado di introdurre.

Prese allora la parola Tony, guardandosi i piedi e scostandosi leggermente dallo schienale della poltrona dove si era precedentemente accomodato.

“Lo so che non mi sono mai fatto sentire… Ma Gibbs…” venne interrotto dallo sguardo calmo di Jethro posato sul suo volto. Lo guardava negli occhi come per scavare al loro interno, per andare oltre quel verde smeraldo e trovarci dietro le sensazioni più profonde.
“Lo so DiNozzo… Lo so…”

Non si era aspettato in tutti questi anni da lui né una telefonata tantomeno il classico biglietto di auguri.

Erano le tipiche cose che per tutta una vita erano state rinfacciate alla sua persona, e si sarebbe sparato un colpo piuttosto che farsi protagonista della situazione, ora ribaltata.

Entrambi gli sguardi si abbassarono, poi Tony cercò di scrutare fuori dalla finestra per alleggerire la situazione e soprattutto per discostarsi da quegli occhi ai quali non era più abitato, e che avevano fatto rivivere in lui qualcosa di più di un deja-vu.

“Ho notato come siano socievoli le persone di questo posto… dimmi, sei tu che li hai cercati o sono loro che hanno trovato te?” Non aveva mai nascosto al suo capo, e anzi era spesso oggetto delle sue battute, il fatto di ritenerlo una persona po’ burbera.

Si trattenne un attimo; come capita quando ci si rincontra dopo molto tempo, temeva che il suo modo di fare, di scherzare, fosse in qualche modo inappropriato. Erano cambiati entrambi dopotutto, e non era giusto dare troppe cose per scontate. Ma la risposta di Gibbs gli face capire quanto piccolo è il mondo, quanto, nonostante l’infinità di percorsi possibili da intraprendere, tutti quanti non si distacchino poi chissà quanto da quella larga e sicura strada maestra lungo la quale una persona ha imparato a viaggiare.

Erano le piccole sfaccettature ad essere cambiate, erano le borse sotto il loro occhi e le rughe sulla fronte a fare di loro uomini diversi, ma interiormente, le cose realmente importanti non si erano modificate più di tanto.

“Mi vuoi costringere ad alzarmi in piedi e a darti uno scappellotto DiNozzo? Sai che poi dovrei sfogare su di te anche il dolore per le mie costole rotte!!!”

L’incidente si era rivelato meno grave del previsto, per fortuna. Solo tante piccole abrasioni , una distorsione alla caviglia sinistra e qualche costola rotta. Ma la compagna di Gibbs si era spaventata parecchio, e nelle interminabili ore di attesa, nel corridoio dell’ospedale della grande metropoli, a qualche ora da casa, aveva immaginato il peggio.

Aveva pensato, per la prima volta, a quali fossero le persone da avvisare in caso di emergenza. Lei aveva una lista ben precisa di suoi parenti e conoscenti, ma Jethro? Maledisse la sua introversione, la maledisse con tutto il suo cuore; in questo modo non poteva rendersi utile in alcun modo, non le era permesso neanche avere quella piccola illusione di poter fare qualcosa nel momento del bisogno.

Poi si ricordò che il suo compagno non aveva bisogno di fare dichiarazioni ufficiali per dimostrare di tenere ad una persona, era sufficiente leggere tra le righe, intuire tra le tante cose dette e soprattutto tra quelle non dette. Era lo stesso modo di fare che l’aveva fatta innamorare moltissimi anni prima. Mai uno slancio, una dedica particolare, mai una dichiarazione. Ma il modo di osservarla quando chiudeva gli occhi prima di addormentarsi, la preoccupazione per i tanti, piccoli problemi che di verificavano quotidianamente, il seguirla da lontano con lo sguardo finché lei stessa non fosse stata più visibile. Era questo il modo di amare di Gibbs.

Si rimboccò allora le maniche, chiamò dapprima l’unica persona che sembrava aver tenuto i contatti, quella che con una volontà di ferro aveva chiamato ogni tre o quattro mesi, mai scoraggiato dagli incessabili e imbarazzanti silenzi delle telefonate. E dopo averlo messo al corrente della situazione si fece dare il numero delle altre persone, Tony compreso. Non venne mai a sapere come si fosse procurato tutte quelle informazioni, pensava tra se e se che la vecchia squadra, quella di cui in più di una situazione aveva sentito parlare, si fosse letteralmente sgretolata. Ne rimase piacevolmente stupita.

Il suo uomo non era una persona facile da confortare; i suoi momenti di debolezza non erano tanti, e soprattutto erano ancora di meno quelli che riusciva a far trasparire all’esterno. Ma lei sapeva di fare la cosa giusta, sapeva che nelle brutte situazioni si ha bisogno di nuovi stimoli per convincersi che il peggio passerà. Finora non si era sbagliata.

I due uomini nella stanza da letto non parlarono minimamente di lei. Ma certe cose si intuiscono ancora meglio se non le si accompagna da inutili parole. Tony aveva capito già dai primi attimi che la coppia aveva molti anni alle spalle, che quel modo di comunicare, senza bisogno di parlare, aveva fatto superare loro moltissime situazioni, belle o brutte che fossero. La conversazione andava avanti, le risate, seppur in qualche modo contenute, erano udibili in tutta la casa, che sorrideva partecipe di quegli attimi di gioia.

Tony si distrasse per un attimo curiosando, uno dei tanti vizi mai persi, tra le fotografie ben incorniciate e disposte sopra la grande cassettiera. Gibbs se ne accorse ma lo lasciò fare, facendo finta di non aver notato. Alla fine era contento che a parlare di se fossero quelle immagini ben allineate, che in questo modo gli risparmiavano una immensa fatica.

Tony cercò di aguzzare la vista, nonostante questa fosse ancora più che ottima, quasi non riuscendo a razionalizzare le cose dentro di sé. Erano foto di famiglia, brevi momenti impressi nella carta fotografica che racchiudevano al loro interno un vortice esplosivo di sensazioni d’animo. Riconosceva i momenti felici delle due persone che si trovavano in quel momento nella casa con lui, ma non era tutto. Altre due piccole figure accompagnavano i ricordi e arricchivano la vecchiaia di meravigliose sorprese. Per un attimo il suo sguardo andò oltre le cornici, andando a riflettersi nello specchio retrostante. Si guardò negli occhi, chiedendosi se fosse giusto entrare così prepotentemente nella privacy di quelle persone.

“Sono le mie bambine Tony” disse Jetrho sollevando delicatamente il busto e appoggiandosi al bordo superiore del letto. Sapeva che non era obbligato a dire niente di tutto ciò, ma lo fece ugualmente, notando l’improvviso sollievo nel volto sempre uguale e sempre tanto comunicativo dell’amico.

“Iris e Zoe” continuò.“Sono passati parecchi anni, e nessun uomo arriva alla vecchiaia contento di passarla in solitudine. I figli sono la gioia più grande che ti possa capitare nella vita”.

“Lo so”, rispose pacatamente Tony, sapendo di far nascere nel vecchio capo ancora più interrogativi di quanti ne avesse, in questo momento, lui nei suoi confronti.


------------------------------------------------------------------------------

Le due bambine, ormai quasi ragazze, in questo momento erano a casa della sorella di Nicole, giocando a fare le sorelle maggiori con i cuginetti più piccoli.

Non era una novità per Tony immaginarsi Gibbs come padre. Parecchi anni prima le rivelazioni sulla sua vita privata, quando ancora era nei marines, avevano destabilizzato tutti. La novità consisteva ora nel vederlo finalmente sereno, felice, appagato.

La maledizione dell’uomo è che esso dimentica [1] . Scorda il dolore, la sofferenza l’angoscia; oppure impara a conviverci e a trarre da essa il meglio. In questo senso il tempo è il migliore amico dell’essere umano. Quel tempo troppo veloce quando hai ancora tutta la vita davanti, troppo malvagio quando le situazioni sembrano crollarti addosso, e infinitamente lento quando hai qualcosa da lasciar andare dietro di te.

Le fotografie mostravano simultaneamente il progredire delle nuove vite, con momenti e risate bloccati per sempre dal singolo fotogramma, e la lucentezza delle cornici non rendeva il giusto omaggio alla luminosità dei sorrisi, alla contagiosità allegra degli avvenimenti raffigurati.

Fu a quel punto che Tony capì di non essere, almeno in quel contesto, la persona con più novità alle spalle.

In quell’ attimo di estrema confidenza fece una cosa che aveva preventivamente deciso di non fare. Estrasse dal portafoglio una fotografia, paradossalmente l’unico legame, in quel momento, con la sua reale vita, la sua nuova esistenza, alla quale aveva dato inizio venti anni prima.

Si era ripromesso di mantenerla nascosta per se e i motivi gli erano sembrati finora più che legittimi.

Le sue ultime parole prima di andare via non erano state dette in tono amichevole.


[1] Excalibur (1981)
------------------------------------------------------------------------------

“Non è giusto, non puoi andartene così Tony!!!” disse seriamente innervosito McGee, all’indirizzo del compagno di squadra che pochi istanti prima aveva annunciato la sua decisione.

“Cosa non è giusto, pivello!!??!!”rispose in maniera ugualmente seccata ma più improntata sulla difensiva “Che ti lasci qui tutto solo o che il posto sia stato offerto a me??!!?” Sapeva benissimo che immettendo quel pizzico di cattiveria nel suo sarcasmo avrebbe sortito l’effetto desiderato. Nonostante le apparenze era uno che sapeva osservare attentamente le cose, ed era arrivato a conoscere perfettamente ogni minimo punto di forza, così come ogni debolezza, delle persone con cui aveva a che fare.

Ma non aveva tenuto conto della determinazione con che avrebbe incontrato nel suo interlocutore.

“Siamo una squadra Tony… non puoi farci questo, e non in questo momento!” aggiunse, lasciando però trasparire nel suo tono di voce un attimo di commozione.

McGee era sempre stato classificato come il debole della compagnia, e tutto sommato a lui questo suo ruolo aveva fatto comodo. Però non si lasciava andare quando credeva fortemente in quello che affermava. Sin da piccolo aveva imparato ad ottimizzare i sistemi, a capire i trucchi e i segreti dei computer, a ottenere dalle macchine ogni genere di cosa gli fosse servita. Ma con le persone umane era diverso. La parola “giusto” non poteva essere classificata in quel momento come oggettiva, gli input da lui fuoriusciti non gli stavano facendo ottenere le risposte prestabilite e desiderate.

“Una squadra??!!” disse allora DiNozzo alzando la voce.

“E dimmi… dove sarà questa squadra tra qualche anno?” La malignità si faceva ora in lui ancora più dilagante, ma era l’unico modo che conosceva per mettere a tacere quei tenui sensi di colpa che già iniziavano a farsi sentire.

Girò lo sguardo verso la scrivania di fronte alla sua, sapeva che gli altri avrebbero fatto lo stesso, e contrariamente al collega, stava riuscendo ad ottenere ciò che voleva.

Il tavolo era ordinato, i cassetti chiusi e le carte ben allineate. Un vecchio portapenne conteneva ancora qualche biro, sapeva che al suo interno si trovavano però solo elementi non funzionanti scambiati appositamente da lui, qualche mese prima, in sostituzione ad altre nuove penne prontamente nascoste nella sua zona off-limits.

La polvere sopra la superficie liscia faceva capire che quella postazione era inutilizzata da un bel po’ di giorni. Ziva se ne era andata. Era stata richiamata in Israele, visto che i suoi diretti superiori avevano stabilito che la collaborazione con l’NCIS non stava facendo maturare i giusti frutti.

Tutto sommato lei era stata in quell’occasione la più forte, aveva accettato, seppur con rammarico, l’idea di ritornare in un posto che comunque non aveva mai smesso di chiamare “casa”. Si era ricordata della stessa incertezza e dell’esitazione che l’avevano accompagnata lungo il suo viaggio verso l’America, e ora, dopo 4 anni, sapeva che anche se gli avvenimenti, inizialmente, ti possono apparire sfavorevoli, la maggior parte delle volte sarai tu stesso a stupirti della bella occasione capitata.

Era stata addestrata a questo, e la sua permanenza a Washington non aveva fatto altro che arricchirla sia a livello di esperienze, che sentimentalmente. Aveva imparato a far emergere la parte di lei nascosta sotto la fredda scorza, aveva capito che un compagno di squadra non è solo colui che ti guarda le spalle in missione, ma anche un amico con cui ridere, scherzare, di cui fidarti al di fuori dell’ambito lavorativo.

L’addio era stato molto commovente,si era immaginata un saluto composto, non troppo sbilanciato, invece i suoi “tre uomini” l’avevano stupita in maniera positiva, con fiori e simpatiche frasi.

Stava partendo con un bagaglio molto più ricco rispetto al suo viaggio di andata, felice di avere anche quest’arma in più da sfruttare.

“A me non interessa cosa accadrà tra qualche anno, Tony!!” replicò Tim, riportando tutti i presenti coi piedi per terra. “A me importa rimboccarmi le maniche e darmi da fare adesso, senza preoccuparmi di quello che potrà succedere in futuro.”

“Non t’importa??!!?” rispose Tony fissandolo negli occhi e accennando un sorriso dietro al quale nascondersi. “E se veramente non t’importa allora perché mi sta facendo questa scenata?? Sai benissimo anche tu che tra un paio d’anni ci ritroveremo punto e a capo, io e te!! O credi che Gibbs rimanga qui a farti da superiore in eterno?” e così dicendo cercò nel capo, rimasto al di fuori della discussione, uno sguardo di approvazione.

Quest’ultimo mosse le mani davanti a se come per scrollarsi di dosso una situazione dolorosa.

Sapeva che sarebbe bastata una sua parola per convincere il suo agente più anziano a restare, e sapeva altrettanto bene che quella non sarebbe stata la cosa giusta per nessuno.

Non poteva permettere ancora una volta che l’affetto per i compagni di squadra limitasse le sue capacità. Era giunto il momento di lasciarlo andare, l’avrebbe preso a calci fino all’aereo, se avesse potuto.

Invece si limitò a negargli l’approvazione e la rassicurazione che cercava nel suo volto; questo gesto era sicuro che avrebbe fatto restare Tony fermo nella sua decisione, più di mille consigli o frasi che in quell’istante potevano essere travisate come una supplica a rimanere.

Non sarebbe mai riuscito a dirgli che era arrivata l’ora di prendersi le sue responsabilità, semplicemente sarebbero uscite dalla sua bocca parole di approvazione per il lavoro svolto negli anni precedenti, ma in questo momento l’ultima cosa che voleva trasmettergli era la sicurezza in se stesso, perché solo le nuove sfide ti spingono ad andare oltre i tuoi limiti, facendoti accettare ed affrontare con coraggio anche le nuove situazioni.

Fu così che Tony, in un ultimo giro dopo la fine del turno, disse addio a quel luogo di lavoro che tante memorie racchiudeva tra le sue mura. Ogni angolo, ogni finestra o scrivania comunicava all’uomo un ricordo, un profumo, un sentimento. Si promise di non dimenticarseli mai, abbracciò un’ultima volta con lo sguardo tutto il locale, ormai semibuio a causa della presenza delle sole luci di emergenza notturne, e si diresse verso l’uscita.


------------------------------------------------------------------------------

Tante cose avevano accomunato Tony e Gibbs durante il corso della loro vita, anche se molte in maniera inconscia. Era buffo ora il riproporsi di una di queste situazioni.

Qualche fotografia, una porzione di vita, e due uomini felici di averla condivisa e viverla tuttora assieme.

Erano in tema di rivelazioni importanti.

Lo sguardo di Tony si fece leggermente più serio ma non perse quel filo di fierezza tipica di chi non riesce a contenere per se l’esplosività di una notizia importante. Si avvicinò al capo, accorgendosi di non aver scostato dalle sue dita quel pezzetto di carta per lui tanto importante. Glielo mostrò. Roteando poi gli occhi verso l’alto quando vide Gibbs strizzare gli occhi allontanando contemporaneamente la foto dal suo volto per riuscire a vederla bene.

Jethro, come era prevedibile, non disse una parola. Aveva già capito.

Comprendeva perfettamente anche l’attimo di incertezza che il suo agente aveva avuto qualche istante prima. Non era cambiato poi così tanto, pensò tra se e se. Aveva sempre cercato di allontanare dagli altri le cose per lui realmente importanti, talvolta deviando l’attenzione su argomenti ironici, talvolta semplicemente abbassando lo sguardo. Era un suo modo di difendersi. Di proteggere ciò che amava.

Lo guardò, corrugando la fronte come per chiedersi se fosse realmente la persona che aveva vicino a se quella nella foto, stupito più che altro dalla situazione impressa indelebilmente sulla stampa. Poi sorrise, tornando a dirigere il suo sguardo su di essa.

“Non ci posso credere DiNozzo!! Mi hai superato!” disse quindi in tono scherzoso.

Tony approfittò dell’attimo di confidenza per avvicinarsi ancora di più al letto e per mandare via definitivamente ogni sua forma di imbarazzo. Se lo impose.

“Ecco qua” disse allora in tono orgoglioso; e avvicinando il dito ad ogni sagoma continuò: “Zachary, Owen e… la piccola Emily!!” Gibbs aveva già da un po’accanto a se l’uomo con cui aveva lavorato per anni, ma solo ora riconosceva in lui l’atteggiamento che da sempre l’aveva caratterizzato. Era fiero di se stesso, e soprattutto di mostrare a qualcun altro quante cose buone, nella sua vita lontana, era stato in grado di fare.

Per lui era importante mostrare al suo vecchio capo che aveva fatto bene a contare su di lui, come agente e come persona. Il lavoro si, ha la sua influenza nel corso di una vita, ma niente è più gratificante del tornare a casa e abbracciare la propria famiglia. I visetti vispi dei bimbetti avevano molto del DNA paterno; il maggiore, più degli altri, aveva uno sguardo particolarmente furbo.

Non venne accennata parola sulla donna che compariva nella foto. Solo ora Gibbs si accorse della fede che il suo “ragazzo” portava disinvoltamente al dito. Non c’era bisogno di aggiungere altro.

Jethro conosceva perfettamente quel viso femminile, quegli occhi, quel modo di sorridere, che lo riportò con la mente a molti e molti anni prima. Non sapeva cosa li aveva fatti rincontrare, e riteneva giusto non indagare a riguardo. Tutto ciò di effettivamente importante si trovava in quel momento stretto nella sua mano destra. Tony apprezzò in maniera particolare la discrezione del capo; non servivano dettagli e particolari per fargli capire che era felice.

Mantenne quindi per sé quell’incontro, quegli attimi, che diventarono poi mesi, anni… Erano momenti che lo legavano indissolubilmente ad un’altra persona, alla donna della sua vita, ed era giusto che restassero racchiusi tra i loro ricordi, per essere rinnovati quotidianamente sin dal primo sguardo della giornata.

Pochi centimetri di carta erano stati in grado, quel pomeriggio, di trasmettere e raccontare più cose di un’incessante chiacchierata. La fotografia, come tutte le arti, non è altro che un linguaggio convenzionale, esattamente come le parole. Un mezzo per arrivare all’essenzialità dei fatti, al punto della situazione. L’unico rammarico, quella sera, era rappresentato da una sottile sensazione che diceva loro di aver sprecato tempo, dietro false giustificazioni, da entrambe le parti. Quanto avrebbero voluto aver vissuto quei momenti almeno dieci anni prima.


------------------------------------------------------------------------------

Per una volta il tempo fu gentile con loro e trascorse non troppo velocemente, delineando una serata tranquilla, serena e lontana da ogni sorta di preoccupazione esterna.

Il sole iniziò a calare dolcemente per lasciare spazio ad una splendida luna che faceva sfoggio del suo bel riflesso sul mare, contornata da una miriade di piccole e luminosissime stelle ben visibili in quel posto, ormai già immerso nella più profonda oscurità.

Ci fu più tardi anche il momento del riabbraccio tra due vecchi compagni di lavoro, di squadra, tra due vecchi amici.

McGee biascicò qualche parola indecifrabile; nonostante l’apparente maturità dimostrata dal suo volto, era rimasto quello di una volta, o almeno così dimostrava di essere nelle situazioni di imbarazzo.

Un abbraccio informale riuscì a stabilizzare la situazione in pochi secondi, poi il resto venne da se, come sempre era stato nelle lunghe notti passate in ufficio per tentare di concludere qualche lavoro urgente o per cercare di risolvere un caso.

Ritornò nell’aria una combinazione di voci che non si udiva da un pezzo. La tonalità dei suoni faceva individuare chiaramente il clima che si respirava all’interno della stanza, e lasciava capire chi fosse il bersaglio delle battute del momento.

Da fuori l’abitazione assumeva un contrasto di colorazioni opposte a quelle viste nel corso della giornata, le finestre illuminate lasciavano pienamente intendere che quella sarebbe stata una serata diversa dal solito, e le pareti buie incorniciavano i brevi spezzoni di vita che ogni tanto trasparivano all’esterno.

Nessuno di loro avrebbe mai più lasciato passare così tanto tempo tra un incontro e l’altro, nessuno avrebbe mai più rimandato al domani le cose importanti da fare. Non sarebbe mai più stata una semplice e fortuita coincidenza a farli rincontrare, così, spontaneamente, insieme.

------------------------------------------------------------------------------
FINE

Volevo aggiungere un'ultima cosa "estranea" alla fanfiction in se: una delle cose più difficili è stata per me riuscire a trovare i nomi adatti per le persone di mia invenzione. Ho cercato allora dei nomi che avessero delle profonde radici e un significato ben preciso per coloro che li avevano scelti, in questo caso Gibbs e Tony. (escludendo il nome della compagna del primo ovviamente)

Nicole = Greco, vincitrice sul popolo
Iris = Greco, arcobaleno
Zoe = Greco, vita

Zachary = Ebraico, Dio si è ricordato
Owen = Ebraico, dono del Signore
Emily = Latino, graziosa, cortese
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > NCIS / Vai alla pagina dell'autore: stellabrilla