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Autore: Jo_March_95    01/12/2013    1 recensioni
Take a walk outside your mind
Tell me how it feels to be
The one who turns
The knife inside of me
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Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ian Gallagher, Karen Jackson, Mandy Milkovich, Phillip 'Lip' Gallagher
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate
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There's a hole in my soul
But one thing I've learned
For every love letter written
There's another one burned

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Le mani tremano un po’ mentre digita sullo schermo luminoso del pc parole che al momento per lei non hanno alcunissimo senso.
Cerca: “discorsi memorabili”
cerca:  “come farsi accettare in un merdosissimo collage prestigioso”
cerca:  “come andarsene da qui”
cerca:  “come fare a non perderlo”
Ok, forse un po’ di senso lo hanno, -pensa- mentre si porta una sigaretta alle labbra e inizia ad aspirare nonostante sia ancora spenta. La combustione che la incendia proviene dall’interno ma questo Mandy Milkovich ancora non sa accettarlo. Quel calore che divampa nel petto, quel bruciore che le irrita la pelle senza che nessuno se ne accorga. Senza che quegli occhi blu, penetranti come insulti, la degnino della minima attenzione. Se le sente perennemente addosso, quelle due pupille tonde e un po’ asimmetriche, che non vanno mai d’accordo e non sanno decidere da che parte guardare. Lip non sa tenere insieme i propri pezzi, li perde per strada mentre insegue il padre con lo sguardo sprezzante e  l’ennesima sentenza che preme sulle labbra, mentre si illudere di aver toccato con mano l’amore, di averlo guardato in faccia e di aver riconosciuto in esso i connotati di quella troia di Karen. Che puttana lo è anche Mandy, ma in modo diverso.
Mandy ha capelli neri  da cattiva ragazza, si è riempita di piercing perché quei buchi non erano mai abbastanza da farla sentire piena, indossa borchie e pantaloni di pelle e ruggisce come un gatto ferito quando qualcuno prova ad allungare una mano e toccarla.
Karen si presenta con sorrisi bianchi da pubblicità di dentifrici, quelli buoni e raccomandati dai dentisti di tutto il fottuto mondo, con i capelli biondi che per tradizione letteraria già ti rendono santa e angelica, con il carattere ripiegato in fondo al cuore e una rabbia che esplode a tratti e rassomiglia alla pazzia.
Karen.. con quel figlio che ha portato in grembo per nove mesi come fosse un guinzaglio, una scusa per portarsi appresso anche Lip. Gli ha chiuso manette attorno ai polsi così che non potesse difendersi quando quella si è presentata con una mazza ferrata e gli ha spaccato i denti, metaforicamente parlando, certo, ma quel dolore Lip l’ha sentito reale. Più reale di quanto Mandy possa mai apparire, neppure quando si agita sotto le lenzuola talmente forte da sentire le forze abbandonarla, neppure quando urla di piacere pur di ricacciare indietro le lacrime.
Mandy non ha tutte A o un’innata intelligenza o una cazzo di pastetta qualsiasi del tipo che ti scopi i professori sotto la cattedra nella sala delle fotocopie e puff tutte B, però non è neanche scema, perché se fosse stata scema essere una Milkovich non sarebbe stato tanto male. Infatti Iggy è l’unico a cui piace portare quel cazzo di cognome, e lui è uno veramente scemo, che pure la merda ripudia quel cervello.

Mandy prova a pigiare più forte i tasti del computer, spera che magari la tecnologia possa essere così avanzata da cercare risultati tanto attendibili quanto più il suo bisogno è impellente.
E lei ha davvero, davvero, davvero un fottuto bisogno di Lip lontano da lei.
Lontano dalla merda di quel quartiere troppo squallido per stare sulle cartine senza insozzare l’intera città, lontano da Karen che è ritornata con una frusta in una mano e un frutto proibito nell’altra, con mille scuse piantate nella gola che la rendono fragile e desiderabile. Con Lip che è stato talmente disperato durante quell’astinenza da gettarsi tra le braccia di una Milkovich.
Lontano anche da se stessa, che non farebbe altro che farlo sentire il re del mondo, ma il mondo è una merda e allora è meglio preparare i bagagli e cacciarlo a calci in culo che forse fa meno male.
Meno male.
Come se possa esistere qualcosa che sia dolore ma sia meno doloroso. E’ un principio sbagliato già in partenza. Anche a livello sintattico.
Mandy l’aveva immaginato spesso, come sarebbe stato un futuro con Lip.
Il primo pensiero era spuntato all’improvviso come un’iniezione al contrario, l’aveva bucata dall’interno e non c’erano stati rimedi per anestetizzarla.
Era stato quel giorno, nella sala d’aspetto del Pronto Soccorso mentre andava a liberarsi di quel figlio di una figlia, di quell’abominio, di quell’eredità di Terry piantata diritta nell’ereditiera. Si sentiva tremendamente a disagio a sbarazzarsi di quel feto, che aveva speso così tante lacrime a piangerne la morte mentre ancora era in fase di creazione che su quella squallida sedia di plastica non sapeva assolutamente cosa provare o in che misura. Ian le era affianco, le aveva stretto la mano e aveva mormorato un ahia mentre le infilavano la flebo, con la sua sensibilità da frocetto quella corazza da grand’uomo era piena di falle.
Eppure Mandy bucava il futuro con quegli occhi di ghiaccio, un po’ ci pensava a come sarebbe stato essere la madre che non aveva mai avuto e difendere entrambi dal proprio padre. Padre, bestia, padre.
Lip aveva chiamato tre volte, così aveva detto Ian. Una prima che la portassero in camera, era stata una telefonata veloce di parole mormorate nel silenzio dell’ospedale, neanche fossero bestemmie in chiesa. Era stato Ian a parlare col fratello, a sussurrargli pieno di paura che ancora non avevano iniziato, a manifestare quel disagio con chi sapeva l’avrebbe compreso. Lip è fatto così, è in grado di farti sentire la persona più importante della sua vita quando ti trapassa con quegli occhi saggi e gratta via il dolore come fosse un’antiestetica crepa.  Il cuore di Mandy aveva fatto le capovolte per tutta la durata della conversazione, misurava, attraverso le parole del rosso, il grado di preoccupazione di Lip. Il potenziale di amore. Amore, mah.  La seconda telefonata era stata una bastarda di pugnalata alle spalle perché lei era  sola con i tizi in camice verde a cercare parole adatte per una preghiera qualsiasi, non poteva pensare a nessun futuro mentre quello prendeva vita sotto forme evanescenti. Ian era stato lapidario nel resoconto, di poche parole, in breve praticamente inutile. Una grandissima testa di cazzo. Tra l’altro era stato pieno di premure, voleva spingere la carrozzina e offrirle un gelato ma Mandy non riusciva a pensare a nulla se non a quella parte di DNA nato da un incesto, rimasto nella stanza sterile.  Chissà se l’avrebbero buttato scambiandolo per un avanzo di operazione qualsiasi, chissà che consistenza aveva la sua paura mentre lo spegnevano  per sempre. I singhiozzi l’avevano scossa e il tremore delle mani era diventato talmente evidente che due o tre infermieri si avvicinarono preoccupati. La presero giusto in tempo prima che cadesse dalla sedia a rotelle, giusto in tempo prima che potesse sbattere la testa e godere del privilegio dell’incoscienza. Era stato allora che era arrivata la terza telefonata. Mandy aveva afferrato il telefono con rabbia, aveva spalancato lo sportellino con troppa forza e urlato all’utente dall’altra parte della cornetta di andare a farsi fottere, che non c’era più nessuno lì. E Lip era rimasto calmo e statuario, probabilmente si era strofinato gli occhi con i pollici prima di aprire la bocca e dire: “shh va tutto bene”. Allora Mandy si era sciolta, aveva iniziato a piangere perché no, non andava tutto bene ma avrebbe fatto di tutto pur di poter credere alle parole del biondo. Si era portata le braccia al petto, aveva nascosto il mento tremante tra le ginocchia, aveva invocato sua madre. Arrivata a casa ci aveva pensato Ian a raccontare qualche fandonia per tenere buono Mickey, così la ragazza era rimasta sola tra le lenzuola che nonostante i mille lavaggi avevano ancora un odore orrendo di perdita. E nell’incoscienza del sogno aveva dipinto con i colori impalpabili dei forse una specie di vita con quel Gallagher rabbioso oppresso dalla propria intelligenza. Era stato tremendamente doloroso e sbagliato perché quando non sei abituata ad usare l’immaginazione anche le fantasie sono a rischio sotto il peso della realtà.
 Pensa: Lui che torna a casa sporco di terra e maleodorante di puzza, che si accascia sulla sedia e accende una sigaretta pur di avere una scusa per non parlare con te, che non ti guarda in faccia perché altrimenti tu leggeresti nei suoi occhi il tradimento, che nonostante si sia rotolato nel fango e nel letame, l’odore di quell’altra puttanella dallo sguardo sveglio e malizioso resiste.
I suoi figli lo guarderebbero come si guarda un eroe in televisione,  poi le punterebbero il dito contro e la incolperebbero di aver corrugato in pieghe di disprezzo e frustrazione la fronte di papino.
Che lui poteva essere un inventore e creare robot indistruttibili per salvare il mondo e invece era costretto a sollevare massi e tornare a casa pieno di rimpianti.

Tutta questa panoramica di matasse di pensieri e nodi di tensione ci riporta al presente, ad una diciassettenne incerta seduta in un internet store, che non c’era mai entrata e non sapeva come funzionasse e infatti ha dovuto iniziare a sparare bestemmie a salve prima di avere un po’ d’aiuto.
Cerca: “come faccio a fargli capire che questo è amore, che la rinuncia è amore, che stare lontani è una forma coraggiosa di amore, che Karen Jackson è l’anti-amore, che Karen Jackson vuole solo portarlo via e lasciarlo a naufragare in una terra di nulla”
Cerca: “capirà?”

Mandy Milkovich non riesce più a dormire tranquilla, non riesce a chiudere occhio neppure quando Terry non è in casa. Si rigira tra le lenzuola di flanella e infila le mani tra le cosce ma non riesce a smettere di tremare. Se fosse meno testarda ammetterebbe di avere paura, ma se accettare l’amore l’ha distrutta, accettare la paura la renderebbe schiva e insicura come Mickey.
I fogli stampati con caratteri eleganti della domanda per l’ MIT* sono sul comodino affianco a lei. Come una gigantesca X rossa su una cartina di pirati indicano dove si trova il tesoro. Peccato che in questo caso il baule non sia pieno di pietre preziose e collanine luccicanti, ma solo di consapevolezze che bruciano come nitroglicerina pura strofinata direttamente sulle pareti sottili dell’anima.
Serve molta, molta, molta determinazione per non alzarsi dal letto, allungare la mano e stracciare tutto. Masticherebbe quei fogli e li inghiottirebbe con un bicchierino di vodka ma sarebbe l’apoteosi della follia, sarebbe il gesto estremo del pazzo del villaggio.
Quindi resta immobile, non vuole rischiare di muovere neppure un muscolo per non stimolare l’intero meccanismo e dare il via alla strage. Inizia a sentire strani formicolii che se non ci fai caso sembrano quasi delle carezze sulla gambe indolenzite e le braccia in tensione.  Energia cinetica di una caduta che si esaurisce nel pensiero stesso del dolore prima ancora che tu sbatta la testa contro la realtà.
Gli occhi sono spalancati e arrossati a furia di ospitare tutte quelle lacrime cristallizzate sono due fari azzurri fissi nel buio della stanza. Basta sopravvivere a questa nottata, basta far finta di essersi appena svegliata quando Mickey andrà a bussare alla sua porta per ricordarle della scuola, basta afferrare le carte di inesorabile destino come fossero semplici bollette da pagare, basta arrivare fino alla porta della scuola trattenendo il vomito, basta consegnare il tutto al preside facendo un occhiolino senza doppi sensi, basta tornare in classe e accertarsi di avere ancora un cuore palpitante nel petto. Che lo dicono tutte le riviste scientifiche di Lip, che il centro del nostro essere non è il cuore ma il cervello, ma è tutto così poetico con quel muscolo che si contrae e si dilata ed è rosso di sangue che qualsiasi razionalizzazione sul cervello rovinerebbe i piani di generazioni di romantici. E Mandy Milkovich non è neppure una romantica, non è un’amante, non è una donna. Quelle sono tutte cose che la rimandano a passati anteriori e futuri remoti, e lei non vuole più nulla se non l’autoconservazione e Lip fuori dalle cazzo di palle a farsi una vera vita.
  
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