Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: ViviLea    01/12/2013    1 recensioni
- Un saluto ai concorrenti finali dei settantaquattresimi Hunger Games. La modifica precedente è stata revocata. Un esame più accurato del regolamento ha rivelato che ci può essere soltanto un vincitore. - dice. - Possa la buona sorte essere a vostro favore.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Peeta Mellark
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
- Un saluto ai concorrenti finali dei settantaquattresimi Hunger Games. La modifica precedente è stata revocata. Un esame più accurato del regolamento ha rivelato che ci può essere soltanto un vincitore - dice. - Possa la buona sorte essere a vostro favore. 
L'eco delle parole di Claudius rieccheggia tra gli alberi e nel silenzio che segue il loro significato si fa strada dentro di me, lacerandomi lentamente. 
Peeta, riprendendosi dalla sua incredulità, mi guarda e ride. Una risata debole, quasi insterica. 
- C'era da aspettarselo - dice - inconsciamente sapevamo che sarebbe andata così, Katniss. 
Lo guardo attentamente, consapevole che da un momento all'altro potrebbe saltarmi addosso e farmi fuori, ci riuscirebbe senza problemi, e io non sono sicura che reagirei.
'Stupida' penso. Ho davvero creduto che ci avrebbero lasciato andare così? Che ci avrebbero incoronati vincitori senza problemi? Ho davvero creduto che avremmo potuto salvarci entrambi? 
'Stupida. Stupida. Stupida.' 
Mi sono illusa che avessero potuto fare un'eccezione. 
- Fallo, Katniss. - Peeta tiene le braccia distese sui fianchi; sembra una posizione tranquilla, pronta. Pronta a morire. Pronta a morire per me. Per farmi vincere. 
- No. - sussuro più a me stessa che a lui. Non posso farlo. Non potrei mai. 
- Katniss, fallo. Muoviti. - il tono della sua voce si alza, e lui si avvicina zoppicando. - Sai che è la cosa giusta da fare. Senza di te io non sarei qui, tu devi essere la vincitrice. 
Indietreggio lentamente e lascio cadere l'arco a terra. Poi afferro la faretra e la lancio con violenza verso gli alberi. 
Guardo tutte le frecce cadere a terra. Tutte tranne una. Quella che stringo nella mano, talmente forte da farmi diventare le nocche bianche. 
Peeta mi guarda incredulo ma non parla. Poggia lo sguardo sulla mia mano e sbarra gli occhi. 
Forse ha capito, forse no. Ma io so bene cosa devo fare, e devo farlo prima che capisca e che agisca di conseguenza. 
- Katniss .. - mormora. Si avvicina e mi poggia le mani sulle spalle. 
Accosto la testa al suo petto e la bocca al suo orecchio. 
- Ti voglio bene, Peeta. Dì a mia madre che le voglio bene e dille di prendersi cura di Prim. E .. e dì a Gale .. digli di imparare a catturare anche i cervi. Perché avevo promesso a Prim di portargliene uno, una volta. - parlo veloce, quasi mangiandomi le parole. 
Lo sento irrigidirsi e poi spingermi via con lo sguardo terrorizzato. 
Prima che possa parlare giro la punta della frecca verso di me, e con forza me la pianto nel ventre mentre un urlo agghiacciante mi sale in gola. 
Sento i miei cinque sensi offuscarsi, le urla di Peeta mi giungono ovattate. Cado pesantemente in ginocchio, e poi riversa sulla schiena. 
Guardo il cielo azzurro dell'arena, le punte degli alberi che lo sfiorano. 
Il viso di Peeta, rigato dalle lacrime, mi copre la visuale. La sua bocca si muove ma io scorgo solo qualche parola. Il mio nome, un altro urlo, di nuovo il mio nome. Un'imprecazione contro Capitol City, di nuovo un urlo. 
- ... ti amo. Katniss, ti amo. Resta con me, ti prego, Katniss .. - smetto di ascoltare e volto la testa da un lato. 
Il mio sguardo si poggia su un fiore, bianco come quelli che ho raccolto per Rue. Il dolore mi impedisce di parlare, di pensare, di ascoltare. 
Le mie mani stringono ancora la freccia, ma la presa si allenta e le forze cominciano ad abbandonarmi. 
Peeta mi scuote dolcemente, e un ciuffo biondo gli copre la fronte imperalata di sudore. 
Penso a Prim, la mia paperella, e spero che Peeta riferirà a mia madre quello che gli detto, di prendersi cura di lei. 
Penso a Gale, e un altro tipo di dolore mi lacera il petto. Non vedrò mai più i miei boschi, non camminerò mai più al suo fianco, non sentirò mai più le sue imprecazioni contro Capitol City e non lo vedrò più costruire le sue trappole. 
L'ultimo suono che mi giunge è il rumore del cannone che dovrebbe annunciare la mia morte. 
Ma io non sono morta, non ancora, almeno. Mi accorgo di aver chiuso gli occhi e lascio vagare la mente, sperando che la morte arrivi in fretta e mi trascini via da questo dolore insopportabile. 
Non ho paura e non sto piangendo. Ho fatto la cosa giusta, ho salvato Peeta. 
Con le ultime forze che mi rimangono sollevo la mano e me la poggio sul petto, in cerca della mia spilla, la stringo debolmente nella mano e cerco di sollervarla verso Peeta. 
'Prendila' vorrei dirgli, 'prendila e portala a Prim'. Ma nessun suono esce dalle mie labbra e il mio braccio ricade al suolo. 
Inspiro, ma poca aria riesce ad entrare nei miei polmoni, così, prima di esalare il mio ultimo respiro, una goccia di pioggia mi bagna la fronte e le mie fiamme si spengono. 


  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: ViviLea