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Autore: Darling Eleonora    01/12/2013    0 recensioni
MirabellCity, una girovaga che dall’apparenza non sembra, un desiderio espresso da una moneta fatta cadere in acqua, un negozio di souvenir, un cannocchiale, il guardiano di un faro, le campane della chiesa vicina, due conchiglie identiche. Una storia da raccontare...
Espresse il suo desiderio; l’unico che avesse mai voluto realizzare davvero. In realtà non le era mancato mai nulla, tutto quello che le serviva era la sua piccola valigia e sé stessa. Ma la cosa che crescendo aveva iniziato a bramare era diversa, ne parlavano tutti con una strana cadenza dolce da lei incomprensibile.
Mentre stava per lanciare nella fontana il simbolo del suo prezioso desiderio, sentì il giovane stringere la mano ancora intrecciata alla sua, alzando la voce:
-Sei pronta? Adesso!
Così facendo lanciarono le monetine che volarono in cielo a rifletterne la luce per poi far sentire il loro schiocco a contatto con l’acqua della fontana alle loro spalle, lei si voltò stupita.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo Ventunesimo


Forse il mondo é una ferita
e qualcuno la sta ricucendo in quei due corpi che si mescolano -
e nemmeno é amore, questo é stupefacente,
ma é mani, e pelle, labbra, stupore, sesso, sapore -
tristezza, forse - perfino tristezza - desiderio -
quando lo racconteranno non diranno la parola amore
- mille parole diranno, taceranno amore - tace tutto, intorno...
[A. Baricco, Oceano Mare]
 

Due ragazzi si sedettero ad un tavolino bianco in ferro battuto, al secondo piano del grazioso caffè in centro, meta preferita dai turisti o dai ricchi stranieri che ogni tanto passavano a Mirabel City.
-Si vede che l’estate è al termine, è un paio di giorni che non fa altro che piovere…
Disse il ragazzo asciugandosi le mani bagniate con un fazzoletto ricamato.
-Fennel, mi spieghi che ci facciamo qui?
Disse all’amico, osservando la grande finestra da terra che dava sul mare agitato.
-Suvvia, pago io. Poi è dei genitori di Sugary, in questo periodo ho un sacco di incontri noiosi con mio padre e tutti i suoi colleghi, non ho più il tempo di prima…
Nell’osservare l’espressione semialterata all’amico affrettò ad aggiungere:
-…ma, ma questo non è un pretesto per vederla in quella sua graziosa uniforme da cameriera…
Per poco non li usciva la bava dalla bocca. Invece di arrabbiarsi con lui, il ragazzo assunse un’espressione angosciata e triste che a Fennel non sfuggì.
-Sono molto felice per te. Hai incontrato Sugary alla fine di un periodo tremendo, con tuo padre che ti pressava, con l’indecisione sul tuo futuro… siete bellissimi insieme. Vorrei poter dire lo stesso anche di noi...
Al sentire quelle parole restò di stucco:
-Come sarebbe a dire? Voi due siete…Dio, siete Almond e Anice! L’uno è la famiglia dell’altro, vi siete trovati dopo un sacco di ostacoli, non puoi dirmi questo!
Non dopo che aveva rinunciato a lei due anni fa perché convinto che nessun’altro potesse farla felice.
-Non vorrei dirtelo infatti. Io ho paura Fennel, ho talmente paura di perderla…di alzarmi una mattina di queste e di ritrovarmi solo con il suo profumo che impregna le coperte…lei è l’unica cosa che ho.
Fennel osservò il suo amico con una stretta al cuore, non ricordava di averlo visto così triste dalla morte dei suoi genitori, quando da piccolo tentava con tutte le forse di reprimere invano le lacrime al funerale, con i pugni stretti non adatti ad un bambino così piccolo.
-Non dire così…
Disse, sentendosi stupido. Non sapeva cosa fare per aiutarlo.
-Scusami Fen, è che io se lei dovesse andarsene…
Fennel spalancò gli occhi sulla terrificante scena che gli comparve nella mente:
-Non dirlo neanche per scherzo!
Disse alzandosi dalla sedia di soprassalto, l’altro non riusciva neanche ad alzare il capo e guardarlo negli occhi.
-Hem…Signorino Fennel?
Lui voltò lo sguardo esasperato verso l’uomo che l’aveva chiamarto, il segretario di suo padre:
-Che c’è adesso?!
-Il Sindaco la vuole  urgentemente nel suo ufficio, mi ha pregato di venirla a prendere.
-Non posso adesso! Dica a mio padre che dovrà aspettare.
Il segretario assottigliò lo sguardo e lo afferrò per un braccio.
-No, mi lasci!... Almond! Almond, non fare stupidaggini!
Fennel venne trascinato via mentre invocava il nome del suo amico che non riusciva neanche a fissarlo negli occhi.

La giovane attraversò il corridoio di casa Hazelnut ed entrò in cucina, dove la sua migliore amica controllava una lista infinita della spesa, seduta al massiccio tavolo di legno.
Bussò due volte allo stipite della porta.
-Hei Anice, entra e aiutami con il pranzo per favore!
La ragazza entrò e si sedette al tavolo.
-Dio, non so cosa cucinare insieme al tacchino, poi di antipasti non bastano i fegatini, si è deciso di fare un menù solo di carne poi?...
Vanille, da quando aveva iniziato quella scuola di cucina non vedeva l’ora di preparare un pranzo per il giorno dell’ Anniversario Della Fondazione di Mirabel City. 
-…Vedi io farei anche un primo di pesce, anche se mio padre odia mangiare carne e pesce insieme, mangerà solo il secondo, anzi, se si facessero due menù? Poi la torta, si fa insieme? Tu adori crema e fregole giusto…?
Quando la ragazza posò finalmente lo sguardo su Anice, la sua parlantina irrefrenabile si fermò di colpo e il fiato le morì in gola.
-…Anice?
 La chiamò preoccupata.
-Dimmi.
Chiese tranquilla.
-Oddio, ma sei sconvolta!
Posò la lista della spesa sul tavolo e le si avvicinò:
-Che ti è successo?!
-Niente, non è successo niente di grave.
Vanille la fissò con ostinazione riuscendo a farle sfuggire un sospiro e a vuotare il sacco:
-Mi preoccupa Almond, è strano in questo periodo e non riesco a capire come mai…
Le sue parole vennero interrotte dal profondo colpo del battente dell’ingresso.
-Anice, finiamo di parlare dopo, va bene? Adesso ho una sorpresa speciale per te.
Lei fissò stupita prima in direzione dell’ingresso poi l’amica. Questa la incitò:
-Vai ad aprire, è per te.
Curiosa si alzò, percorse il corridoio seguita da Vanille ed andò ad aprire la cauta porta.
Juice la fissò divertito dietro le spalle di una ragazzo alto dalla pelle naturalmente olivastra. I suoi occhi verdi azzurri la fissarono sorridenti sotto le sue ciocche scure:
-Scommetto che neanche lei ti ha riconosciuto.
Ghignò Juice entrando in casa sorpassandola e salutando Vanille con un bacio vicino alla bocca, suscitando una sua risata. Ma con lo stupore di tutti la ragazza dalla nuvola di capelli biondi si portò una mano alla bocca e iniziò a singhiozzare. Vanille dietro di lei, protese una mano preoccupata:
-Ehi Anice…
 Non fece in  tempo a posarle le dita sulla spalla per confortarla che la vide avvicinarsi al ragazzo correndo ad abbracciarlo:
-Caramel!

Era pomeriggio e Vanille sentì il campanello del negoziò e allungò il collo per vedere chi fosse.
-Hei, chi si vede!
-Ciao Vanille.
Salutò educato il ragazzo.
-Hai bisogno di qualcosa? Un souvenir di Mirabel?
Chiese ironica e lui si mise a ridere piano:
-No grazie, stavo cercando tuo padre, mi serve il suo consiglio. Si è rotta una barca al porto...
Lei negò con uno scossone del capo:
-Non c’è, mi spiace. E’ fuori con mia mamma, comunque capiti a proposito! Ci sarai vero domenica?
Lui rimase interdetto.
-Domenica…dai, il pranzo per la Fondazione!
Esclamò la ragazza sporgendosi dal bancone con un espressione di rimprovero sul viso.
-Oh, ma certo! Scusa è che ho un po’ la testa sulle nuvole in questi giorni...ci sono.
Lei si raddrizzò e iniziò quello che il ragazzo riconobbe come uno dei suoi infiniti sproloqui:
-Bene! Perché giusto ieri ero con Anice a casa mia e si stava preparando la lista della spesa, non sono del tutto decisa sul menù, cucinerò io! Comunque, ieri poi è arrivato Carmel…
Lui alzò lo sguardo stupito:
-Caramel..?
-Ma si! E’ tornato non lo sapevi? Dopo due anni in viaggio, tu vedessi quanto è cambiato! C’ha raccontato un sacco di storie, mi è sembrato di rivedere Anice i primi tempi quando ci raccontava spesso dei suoi viaggi, scommetto che le è ritornata nostalgia! Infatti mi ha detto che oggi sarebbe andata alla stazione vicina a Mirabel ma non so perché, mi sembrava un pò timorosa, ma sarà stata una mia impressione…Comunque ci sarà anche Carmel domenica! 
Il cuore del ragazzo mancò un battito.
-Cosa hai detto?!
Si avvicinò a Vanille allarmato.
-Che ho invitato anche Carmel domenica, infondo è amico di tuo fratello e anche lui ci sarà al pranzo….
-Non me ne importa niente di mio fratello, adesso devo andare…!
Disse con un’espressione che fece paura alla ragazza, voltandosi senza salutare e scattando di corsa verso l’uscita del negozio.

 La ragazza posò le pesanti borse di tela sul pianerottolo di casa, prese un respiro. Non era sicura di quello che stava facendo, si sentiva confusa ma sapeva che era la cosa giusta da fare, per il bene di tutti e due. Sentì il telefono e senza pensarci due volte aprì il portone e si precipitò alla cornetta con una strana ansia, lasciando le borse incustodite.
-Anice!
Una voce maschile al di là della cornetta la chiamava allarmata.
-Pronto, chi parla?
-Sono Fennel!
-Fen?
Era da giorni che non lo vedeva, era sempre occupato in comune.
-Sono molto preoccupato, qualche giorno fa ho parlato con Almond, avrei voluto chiamarti prima…ci siamo visti al cafè e mi è sembrato davvero in un brutto stato, non so come dirtelo, ho paura che voglia fare una pazzia!
Anice lo bloccò mentre il suo stomaco si attorcigliava in una sensazione sgradevole:
-Pazzia? Vuoi dire che potrebbe fare qualcosa di pericoloso a se stesso…?
-E’ quello che temo! Qualche minuto fa l’ho visto correre con foga attraversando la piazza e mi ha spaventato, ti prego fa qualcosa! 
Fennel, dall’altro capo del telefono sentì un colpo.
-Anice…? Pronto Anice?!
Il filo attorcigliato faceva penzolare la cornetta sbattendola contro il mobile su cui era appoggiato l’apparecchio, mentre la voce di Fennel era ormai lontana.

Il ragazzo correva a pieni polmoni. Il cuore gli stava per scoppiare, non per lo sforzo fisico ma per la paura.
Immaginava il faro, vuoto. E fu quello che trovò.
Arrivò all’entrata della loro casa e vide le borse sul pianerottolo, entrò piano varcando la soglia.
-No…!
Cadde in ginocchio sul pavimento freddo. Una sensazione straziante stava per impossessarsi di lui quando sentì una voce lontana che lo chiamava, si voltò verso la cornetta del telefono e corse ad agguantarla speranzoso:
-Anice?!
-Almond, per fortuna stai bene..!
Lui non li fece finire la frase:
-Fen, dimmi dov’è Anice!
-Non mi ha lasciato finire ed è andata via, non so dove e...!
Fennel sentì nuovamente un paio di colpi aldilà della cornetta.
-Al..? Pronto Almond?! Ma Dio…!
Imprecò Fennel scaraventando la cornetta del telefono.
Il giovane si precipitò fuori dalla porta,non sapeva più cosa fare. E fece l’unica cosa che davvero servì a qualcosa, anche se poteva sembrargli assurda e senza senso: iniziò a urlare il suo nome. Con tutto il fiato che li rimaneva. 

Anche la giovane stava correndo a pieni polmoni sul bagnasciuga. Mentre i sandali che indossava venivano sporcati di sabbia, le onde la bagnavano con costanti schizzi salati come le lacrime che sgorgavano senza sosta dai suoi occhi blu oceano. Mentre il vestito rosso fragola che indossava le si appiccicava alle cosce insieme alle spalline che mano a mano le scendevano. Glielo aveva regalato lui quel vestito. Le sembrava di essere tornata a quella notte di bufera di due anni fa. La notte più bella della sua vita, la prima volta che aveva amato una persona. E adesso mentre il pensiero di perderla era la sua più grande paura, sentì una voce, alle sue spalle e si bloccò improvvisamente.
-…nice!
Mentre un ennesimo violente gemito percorreva il suo corpo, lo chiamò piano sussurrando con occhi spalancati:
-Almond..?
Silenzio. Si chiese se non fosse la sua immaginazione.
-Anice!
Un sorriso spontaneo si fece largo sul suo viso arrossato mentre si voltava.
-Almond!
Urlò anche lei non appena si rimise a correre, più veloce di prima.
-Anice!
Intravide da lontano una figura che si avvicinava.
-Almond, sono qui!

Quando i due si raggiunsero, si scontrarono. Non solo letteralmente, cioè con i loro corpi affannati, bagnati e tremanti, ma anche con le loro anime. Si strinsero talmente forte e con foga da farsi male e finire per terra sporcandosi e appiccicandosi di sabbia i capelli e le loro stesse bocche unite in un disperato bacio che sembravano non dovesse mai finire. A dopo le parole, le spiegazioni e le preoccupazioni. Ciò di cui avevano veramente bisogno adesso era stare insieme, toccarsi e rassicurarsi che c’erano. Loro c’erano, erano vivi, un po ammaccati dalla vita e dalle parole non dette e dai loro reciproci timori ma loro erano presenti in quel momento e la cosa più importante di tutte era che fossero insieme. E per un tempo incalcolabile fu così: loro due che si rotolavano tra le pieghe della sabbia e il rumore del mare che nel frattempo aveva placato le sue onde. 
-Mi dispiace così tanto…
Fu Anice con il suo fiato corto a rompere il silenzio, inginocchiata in mezzo alle gambe di lui.
-Pensavo te ne fossi andata, perché ormai l’estate è finita…poi ho saputo che hai rivisto Carmel, e che volevi andare alla stazione e…
 -Schhh…
Lei li fece segno di tacere mentre accarezzava il suo viso e appoggiava la fronte alla sua mentre con le labbra sfiorava le sue palpebre.
-Le borse di tela che hai visto contengono la spesa per domenica.
Entrambi si misero a ridere tra i fossili delle lacrime che adesso pungevano le guance.
-Sei la mia piccola rondine.
Sussurrò il ragazzo affondando il viso sul suo petto. La ragazza li prese il mento sollevandolo e dicendogli dolcemente:
-Se io sono una rondine, anche tu lo sei. Dovunque io voglia migrare, tu sarai con me. Ho rivisto Carmel e sentendo i suoi racconti mi ha fatto venire l’idea di andare a comprare due biglietti del treno per andarcene domenica mattina (prima di pranzo si intende, sennò Vanille c’ammazza) vdato che è un giorno speciale per noi, da qualche parte…insieme.
Lui spalancò gli occhi sorpreso e sorridendo si allungò per darle un ennesimo bacio, a fior di labbra.
-E’ un regalo bellissimo.
-Sai, pensavo che stessi per andartene per sempre, compiendo qualche pazzia. Ho avuto così tanta paura…
Sussurrò ancora tremante, abbracciandolo ancora più forte.
-Anice, io non me ne andrò mai. E poi che gusto ci sarebbe nel fare una pazzia senza di te?
Lei si scostò mentre altre lacrime, stavolta paradossalmente dolci per la tanta commozione, le irrigarono il volto incontrando le sue labbra piene e sorridenti. Il ragazzo le fissò incantato mentre pronunciarono le parole più belle del mondo:
-Ti amo.

  
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