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Autore: Triz    02/12/2013    1 recensioni
Durante la pulizia di un vecchio baule, Kibitoshin trova uno specchio che si rivela magico. Si trova lì per puro caso oppure qualcuno lo ha lasciato con cattive intenzioni?
Ecco a voi la versione riveduta e corretta di una one shot che avevo pubblicato tempo fa, buona lettura!
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kibitoshin, Nuovo personaggio, Rou Dai Kaiohshin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere.
(Albus Silente in
Harry Potter e la Pietra Filosofale)


Kibitoshin si rimboccò le maniche e aprì il baule che il Sommo aveva preso dalla soffitta ordinandogli di svuotarlo e ripulirlo. Uno sbuffo di polvere lo prese in pieno volto, lui tossì e iniziò a togliere dal baule vecchi libroni e strani oggetti dall'aria misteriosa che evidentemente non conoscevano la luce del giorno da troppi secoli a quella parte e che quindi avevano bisogno di una lucidata come si deve. Dopo un poderoso starnuto causato dalla polvere, Kibitoshin trovò un oggetto quadrato largo circa un metro, totalmente incrostato di unto e sporco.
«Bleah, non dovrò pulire anche questo?» si disse il dio alzando un sopracciglio, poi prese una pezza e lavorò sodo per lucidare l'oggetto fino a scoprire che si trattava di uno specchio. La cornice d'oro massiccio era coperta da una serie di rune molto antiche che Kibitoshin riconobbe come l'antica lingua degli dei. Ormai troppo curioso, Kibitoshin trovò un libro di rune e impiegò circa mezz'ora prima di riuscire a tradurre la frase.
«"Non rivelo l'aspetto, ma il cuore"» mormorò Kibitoshin sollevando lo specchio: «Chissà cosa...».
Kibitoshin si interruppe e rimase a bocca aperta appena vide che lo specchio non rifletteva la sua figura: due persone ricambiavano il suo sguardo interrogativo e una di esse, un ragazzo con la pelle viola e la cresta bianca, gli sorrideva sereno. Con una mano sulla spalla di Kaioshin, un uomo molto grasso con la cresta viola rideva gioviale, mentre un altro uomo con i baffi pescava in riva al fiume.
«Ma loro... No, è impossibile» mormorò Kibitoshin stupito.
Un uomo alto e muscoloso passò di corsa e si fermò accanto a Kibith: il Kaioshin del Sud lo scrutò per un momento prima di salutarlo lentamente con la mano.
«Che diavolo significa?» si chiese Kibitoshin posando lo specchio accanto a sé: «Dovrò studiarlo con più attenzione».
Si alzò, si mise lo specchio sotto il braccio e, abbandonando il baule aperto, si allontanò

Ci pensò Kaioshin il Sommo a riportarlo al suo dovere alcune ore dopo e, dopo aver riportato il baule al suo antico splendore, Kibitoshin fu costretto a cucinare il pranzo e a riordinare la dispensa: il suo pensiero andava però allo strano specchio che aveva ritrovato e che aveva nascosto nell'armadio della sua camera da letto. Dopo essersi assicurato che il Sommo fosse impegnato con un fumetto, Kibitoshin corse in camera, riprese lo specchio e lo osservò nuovamente.
Mostrava solo il Dai Kaioshin, che lo salutò prima di incrociare le mani dietro la schiena. Kibitoshin fece per toccare la superficie dello specchio, ma il capo degli dei mosse le labbra emettendo come un sussurro. Il tono della voce era talmente basso che Kibitoshin dovette avvicinarsi allo specchio per poter udire quello che aveva da dire: «Non è stata colpa tua» aveva mormorato.
Kibitoshin stirò un sorriso malinconico e l'immagine scomparve, lasciando che lo specchio riflettesse solo il viso della divinità.
E Kibitoshin decise così di tenere lo specchio per sé.

Kibitoshin nascose lo specchio e non ne fece parola con il Sommo. Dapprima dava allo specchio un'occhiatina ogni tanto, poi finì per sparire per giorni prima di presentarsi al suo superiore, che ovviamente pretendeva spiegazioni.
«È una cosa personale, Sommo» rispondeva Kibitoshin prima di tornare dallo specchio.
In quell'oggetto, la scena cambiava ogni volta: un giorno ci aveva trovato solo il Dai Kaioshin, un altro c'erano tutti i Kaioshin a salutarlo, un altro ancora solo Kibith e la Kaioshin dell'Ovest. Sembrava che non sapesse come vivere senza quello specchio e rimaneva a osservarne ogni scena seduto a gambe incrociate come un bambino piccolo davanti al televisore.
«Kibitoshin, voglio spiegazioni ora!» ringhiò il Sommo un giorno trattenendo il ragazzo per una manica. Kibitoshin ritrasse la mano e guardò il superiore con gli occhi sbarrati e folli.
«Non c'è assolutamente nulla da spiegare» mormorò sorridendo: «Niente di niente».
«Credi di prendermi per i fondelli? Esigo che tu mi spieghi...».
«Le ho già detto che non c'è nulla da spiegare».
«Nulla da spiegare? Ti sei visto? Non sembri più tu da un pezzo, che diamine ti sta succedendo?»
«Ho detto niente, dannazione! Mi lasci in pace, per una buona volta!».
Kibitoshin si tappò la bocca con le mani, ma ormai le parole erano uscite e il Sommo era rimasto sorpreso dal tono che il ragazzo aveva usato. «M-mi dispiace» balbettò Kibitoshin prima di scappare via e lasciare l'anziano dio dove si trovava.

Nella sua camera da letto, come da rituale, Kibitoshin si rannicchiò accanto allo specchio e vide Kibith fargli un cenno di saluto. Sbadigliò un paio di volte e si promise di mangiare un po' verso il tardi quando una cosa strana attirò la sua attenzione.
Improvvisamente Kaioshin aprì la bocca e si mise a parlare: «Tutto questo si può avverare, lo sai?».
Kibitoshin sobbalzò e Kaioshin riprese: «Porta lo specchio sul pianeta Rabi, al più presto» disse facendogli l'occhiolino, poi prese la Kaioshin dell'Ovest sottobraccio e si allontanò con lei.
Il dio sfiorò titubante la superficie lucente dello specchio ed essa si intorbidì come se Kibitoshin avesse toccato dell'acqua. Il ragazzo rabbrividì e una mano rugosa si posò sulla sua spalla.
«Ora mi spieghi che cosa succede?» chiese il Sommo.

Dopo un'iniziale esitazione, Kibitoshin raccontò dello specchio nel baule e di ciò che aveva visto, concludendo con le strane frasi dette da Kaioshin. Il Sommo non fiatò e, dopo un certo silenzio, mormorò gelido: «Tu ovviamente non sai con che cosa hai avuto a che fare, giusto?».
Kibitoshin scosse la testa con lentezza, fissandolo impaurito come un bambino che si aspettava una grave punizione, e il Sommo continuò: «Lo Specchio delle Brame mostra ciò che ognuno desidera dal più profondo del cuore e appartiene all'essere malvagio che mi ha sigillato nella spada Z. Pensa se tu fossi partito per il pianeta Rabi: ti avrebbe usato come strumento per la conquista dell'universo, poi ti avrebbe ucciso alla prima occasione».
«Quindi quello che ho visto...» cominciò Kibitoshin prima di ammutolirsi.
«No, non si avvererà mai, era solo un miraggio per abbindolarti» rispose il Sommo gravemente, poi vide gli occhi delusi di Kibitoshin diventare lucidi.
«Sembravano così reali, io non pensavo... che idiota che sono stato» mormorò il ragazzo abbassando lo sguardo pieno di vergogna e coprendosi il viso con le mani: «Ho rischiato di mandare l'universo in rovina per questo!» sbottò il ragazzo afferrando lo specchio e gettandolo rabbiosamente per terra, ma esso non si infranse miracolosamente.
«Almeno abbiamo fermato la cosa in tempo, visto?» disse il vecchio sperando di consolarlo e gli mise una mano sulla spalla. Avvicinò la mano al collo con delicatezza e lo afferrò leggermente borbottando alcune parole magiche.
Kibitoshin tolse le mani dal viso e si guardò intorno con gli occhi smarriti. Si stropicciò un occhio con un pugno e sbadigliò: «Sommo, mi sento un po' strano» biascicò Kibitoshin mentre le sue palpebre si appesantivano.
«È normale, con questo genere di incantesimi soporiferi» mormorò il Sommo vedendo che la testa di Kibitoshin aveva cominciato a dondolare. Il ragazzo appoggiò la schiena al muro, il suo mento finì sul petto e chiuse gli occhi.
«Sì, forse è meglio che tu ci dorma sopra» sussurrò il Sommo appena Kibitoshin incominciò a russare. Lo sdraiò su un fianco e Kibitoshin emise un gemito, poi si voltò dall'altra parte. Il Sommo si assicurò che l'incantesimo della vecchia strega avesse funzionato, poi raccolse lo specchio e si teletrasportò.

Se il piano fosse andato come doveva, presto sarebbe stato Lui il padrone della galassia: pregustò sorridendo il potere che avrebbe avuto di lì a breve, quando un uomo molto anziano e vestito di blu arrivò fissandolo con odio. Tra le mani rugose e violacee aveva lo Specchio delle Brame.
«Tra tutte le tue azioni, approfittare della debolezza di un ragazzo disperato è stata la più vile, Xxi» sibilò il Sommo con un tono che definire infuriato sarebbe stato riduttivo.
Il demone nascose con una risata fredda la sorpresa di quella apparizione: «Beh, nonnetto, non è colpa mia se a quel ragazzo non è stato insegnato nulla sullo Specchio delle Brame» disse.
«Questa te la concedo, ma» e qui il Sommo si avvicinò a Xxi: «Ti consiglio vivamente di stare alla larga da Kibitoshin e dal pianeta degli dei».
«Altrimenti che fai?».
Il Sommo non rispose, il viso contratto dalla rabbia, e si limitò a rendere lo specchio a Xxi e a dargli le spalle.
«Forse» disse Xxi passando un dito sulla cornice dello specchio: «Se a Kibitoshin qualcuno avesse lasciato usare le sfere del drago, forse non ci sarebbe stato bisogno dello Specchio» aggiunse con noncuranza.
Il Sommo voltò appena la testa e Xxi proseguì: «Sarebbe stato il ragazzo più felice dell'universo se non fosse stato per il tuo sciocco egoismo».
«Non è stato egoismo» disse il Sommo: «Le sfere del drago non sarebbero riuscite a ridargli i suoi compagni, ho semplicemente voluto risparmiargli una delusione».
«Bah, sarà!» sbuffò il demone: «Comunque, di' a Kibitoshin che io e lui ci rivedremo presto».
Il vecchio non disse nulla e scosse la testa: quando il Sommo si teletrasportò via da Rabi, Xxi distrusse lo specchio.

Fine

 
Note dell'Autrice
Ciao a tutti,
prima di tutto, occorre un angolino disclaimer: la citazione che dà il titolo alla storia e lo Specchio delle Brame non appartengono a me, ma a J. K. Rowling. Non ho messo la nota crossover perché, a mio avviso, non ce n'era bisogno.
Chi di voi mi segue da tanto avrà già visto questa storia: l'avevo già pubblicata tempo fa, ma volevo modificarla senza incasinarmi con i codici, perciò eccomi qua.
Ci vedremo presto,
Triz
  
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