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Autore: Shinjiru    02/12/2013    0 recensioni
 
Sherlock & John. John & Sherlock.
Sherlock, John & Alexandra. John, Sherlock & Alexandra.
E se al 221B di Baker Street fossero in tre?
Genere: Azione, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“A volte sembra così semplice.
Talmente semplice da risultare complicato.”
 

Alexandra si stropiccia gli occhi che bruciano come legno che arde.
Che ore sono? E’ notte? E’ giorno?
Lo sguardo finisce alla finestra, che blindata, non da risposta. Ma importa davvero? Se la gente si è già svegliata o se si sta addormentando? No. Infondo no. Chiusa in quella stanza, Alexandra, ha perso la voglia di avere un qualsiasi tipo di sincronia con il mondo; il sole non scandisce più l’ora e le stelle non tracciano più il cammino. Si era detta che non avrebbe toccato il fondo… di nuovo. Ma ogni volta che sta per alzarsi in piedi le ginocchia tremano e le caviglie cedono; sono mani quelle cose che sente muoversi tra i capelli unti? Si sono le sue, le riconosce quando i polpastrelli le sfiorano le labbra. Gli arti seguono i suoi comandi ma il cervello non riesce ad essere un comandante fedele, basta poco e le dita scivolano di nuovo giù, cadono in caduta libera; dal canto suo, Alexandra, sta cadendo anche lei, ma non libera… non è mai libera.
<< Apri questa dannata porta! >> si direbbe una voce ma potrebbe essere un ronzio di qualche insetto mal interpretato, i suoni sono distorti. Susseguono colpi che fanno tremare la cassa toracica della ragazza, che troppe volte ha pensato a un colloquio privato tra lei e una pistola.
<< Se non sei già morta, giuro che sarò io ad ucciderti! >> altri tonfi e urla.
Dov’è finito il silenzio? Quello vero, quello che squarcia l’anima e uccide la mente. Quel silenzio pieno di frasi non dette, cose non fatte, occasioni perse e amori da cui si è usciti vinti. Il silenzio è un amico traditore, di quelli che ti stanno accanto ma che scompaiono quando ne hai davvero bisogno. Dov’è finito il silenzio? E dov’è finita Alexandra?
<< Brutta stronza perché cavolo… >> le parole muoiono in bocca all’interlocutore che mai si sarebbe aspettato un disastro tale.
La camera è scura, tenebrosa e cupa ma è già mezzogiorno, tra i rifiuti si intravede una figura: è una giovane donna buttata su una sedia, con le braccia a penzoloni e la testa sulla scrivania. Un’imprecazione sfugge a Kay, l’amica, che si copre la bocca con le mani inorridita da quello che si trova davanti. Alexandra si tira su e barcolla fino al centro della stanza. Ci vuole molta forza di volontà per non arrendersi alle fitte dei muscoli. Perché questi motel hanno la moquette? Si sentono eleganti e lussuosi ma tanto per la clientela abituale non cambia nulla. Ma ad Alexandra cambia, eccome se cambia, perché la pelle trema al contatto con il pavimento. E’ stoffa o sono spilli ciò che ha sotto ai piedi?
<< Questo non te l’aspettavi, eh? >> prova a dire ma più che altro è un sussurro che si insinua tra i respiri bloccati in gola delle persone che la fissano incuriosite e scioccate.
Pochi attimi e la stanza vortica come una tromba d’aria. Puzza e profumo, luce e ombra, vero e falso, e Alexandra crolla, tra immondizia e dolore.

 
John zoppica per strada. Si zoppica, perché non si può chiamare “camminata” quell’insieme di movimenti sconnessi. Il parco è stranamente affollato per essere le cinque del pomeriggio, a quest’ora quasi tutti sono seduti e hanno le gote rosse per il calore del thè. Non fa freddo ma non è mite, la temperatura va gradualmente scendendo più ci si avvicina al Natale.
Natale. Sembra così distante ma John è sicuro che il 25 Dicembre arriverà prima di quanto si aspetti, e la solitudine si acutizzerà prima di quanto creda. Dovrebbe chiamare Harry? No, non dovrebbe. Allora chi dovrebbe chiamare? Chi sono le persone a cui farà gli auguri? La rubrica del telefono è lunga ma la lista mentale è corta, in quest’ultima non ci sono nomi. E’ solo, tremendamente solo. Più solo di quelle notti di guardia in Afghanistan, quando l’unica cosa che gli faceva compagnia era quella distesa di Papaver somniferum che brillava in un buio caliginoso pronto ad accendersi da un momento all’altro. 
<< Come procede il suo blog? >> la voce della donna rimbomba in quella stanza troppo grande per l’intimità che scaturisce una psicoterapia. L’uomo non si ricorda nemmeno quando è arrivato nello studio, un attimo prima stava vagando per le strade di Londra e l’attimo dopo era già seduto su una poltrona mentre una segretaria affermava che la seduta sarebbe stata spostata di una manciata di minuti. Poco dopo una ragazza dalla chioma corvina sarebbe uscita e gli avrebbe dato una spallata talmente forte da svegliarlo dal suo torpore mentale.
<< Bene. Molto bene. >> dice avendo chiaramente in mente l’immagine di uno spazio vuoto, bramoso di parole ma bianco come un fantasma.
<< Non ha ancora scritto nulla, vero? >> l’insinuazione, seppur vera, è fastidiosa come un martellio nelle orecchie. Perché dovrebbe condividere la sua sventura con sconosciuti che sono più curiosi che interessati? La sua vita è sua e unicamente sua. John non ha bisogno di emoticon con il broncio e 1 scambiati per ! , lui ha solo bisogno di… 
<< Lei ha appena scritto “Ha ancora problemi di fiducia”. >> nota l’azione e si trova terribilmente offeso. Perché prende appunti su di lui? Non è una materia da studiare, è una persona da comprendere.
<< E lei ha letto ciò che ho scritto al contrario. >> la dottoressa lascia scappare un angolo della bocca che corre all’insù e forma uno strano sorriso, forse dovrebbe essere dolce forse compassionevole ma più che altro sembra un ghigno, un lifting venuto male. Ma John rimane comunque spiazzato dalla cosa. Ha letto al contrario, ma non gli è sembrato strano, è stato normale, facile e noioso.
<< Ha capito quello che voglio dire? >> forse sarebbe il momento di annuire ma Watson non ha capito, e vuole una spiegazione che non tarda ad arrivare.
<< John… lei è un soldato. Le ci vorrà un po’ per adattarsi alla vita da civile, e scrivere tutto ciò che le è successo in un blog la aiuterà, davvero. >> la psicoanalista si sporge in avanti e l’uomo si chiede perché, il suo udito è ottimo e non è di certo stupido, non c’è bisogno di prodigarsi per fargli capire qualcosa.
Ma una terribile verità s’introduce tra i suoi pensieri. E’ un concetto che è nato come piccola idea ma che con il passare del tempo si è ingrandito, fin troppo; è un mostro che ingurgita ogni essere incontrato sulla sua strada, un vampiro succhia-sangue, uno zombie dall’insaziabile fame, un blob gigantesco, in ogni caso è incontrollabile. E’ un’ombra oscura che segue ogni passo del povero John, proiettata sulla parete e attaccata alle costole, distinguibile alla luce e insidiosa al buio; è una presenza costante, un insetto persistente.
<< A me non succede mai nulla. >>

 
La cellula è l'unità morfo-funzionale, cioè di forma e di funzione, degli organismi viventi. La più piccola struttura ad essere classificabile come vivente.
Chi conosce Sherlock direbbe che è lui la più piccola struttura ad essere classificabile come vivente, con quelle sue ossicine dello stesso diametro di un tappo di bottiglia, le dita lunghe come rami, gli occhi profondi come la gola di una montagna, alto e magro, sembra sempre stia per rompersi. Corre, salta, si muove freneticamente, assomiglia più a un gambo di un fiore al vento che ad un essere umano.
Ma chi conosce Sherlock direbbe che lui è anche la più piccola struttura ad essere classificabile come rompiscatole. E’ superbo, tendenzioso, assurdo, privo di sentimenti e moralità, sposato con il suo lavoro ma ovviamente con amore platonico, insistente, indifferente, indisponente e esagerato.
Chi non conosce Sherlock direbbe solo che è un genio. E lo è.
La mente del giovane Holmes è sempre in fermento ed è in assoluto la più brillante di questo decennio, forse secolo, magari millennio. La sua fede è la scienza, quella canonica, e la scienza della deduzione, di cui lui è indiscutibilmente unico depositario e miglior maestro.
Beh… maestro se ci fosse qualcuno disponibile ad essere suo allievo.
Sherlock è solo e solitario, è un lupo senza branco, un fulmine senza tempesta.
<< Quanto è fresco? >> è la sua voce roca a parlare.
<< Appena arrivato. >> la voce femminile invece appartiene a Molly, la cosa più vicina ad un amica che Sherlock abbia. << 67 anni, morto per cause naturali. Lavorava qui. Lo conoscevo… era gentile. >>
<< Bene. >> dice raddrizzando la schiena << Inizieremo con il frustino da fantino. >> afferma con un sorriso inquietante.
Chiunque fosse passato per l’obitorio avrebbe trovato davanti a sé una scena raccapricciante: un riccio dai capelli color pece picchiare un morto con uno scudiscio con forza immane, con rabbia e soddisfazione.
Dopo poco Molly rientra nella stanza.
<< Allora… brutta giornata, non è così? >> Eccola qua, un’altra conversazione pronta ad essere stroncata sul nascere.
<< Mandami un SMS dicendomi quali abrasioni si sono formate. Ne va dell’alibi di un uomo. >> gli occhi color ghiaccio sono fissi su un fascicolo.
<< Senti, mi stavo chiedendo… non è che più tardi, quando hai finito… >> Eccolo qui, un altro suo vano tentativo di instaurare un qualsiasi tipo di relazione con il ragazzo. Mentre lui, invece, è troppo preso da quel suo istinto di notare qualsiasi cosa e non attaccare la spina del cervello prima di aprire bocca << Hai il rossetto? Non l’hai mai messo prima. >>
L’espressione di stupore sul volto della Hooper è evidente.
<< Ho… ho cambiato un po’ look. >> afferma orgogliosa che qualcuno l’abbia notato, e non un qualcuno qualunque.
Sherlock pare soddisfatto della spiegazione e torna con lo sguardo su un taccuino. << Scusa, stavi dicendo? >>
<< Mi stavo chiedevo se ti andava un caffè. >> poche semplici parole che celano un coraggio raccattato qua e là nell’anima di un’innamorata.
<< Normale, due cucchiaini di zucchero, per favore. Portamelo di sopra. >> Ed ecco la persona più intelligente di questo mondo non intravedere un invito ad un’uscita romantica. Molly rimane spiazzata, dovrebbe corrergli dietro mentre lui sta uscendo e fermarlo prendendogli la spalla, farlo girare e urlargli in faccia che è un cretino. Ma Molly è abituata. Lei, dopotutto, sa di essere la cosa più vicina ad un amica che Sherlock abbia; Molly è una di quelle persone che conosce Sherlock.
Lui è così, prorompente, strabiliante, un’ondata di vita accompagnata da una boccata d’aria fresca, è ingegnoso e ha un cervello unico ma davvero inadatto ad ogni contatto umano.
Lui è Sherlock Holmes. Da lui ci si deve aspettare di tutto. A lui capita di tutto.
  
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