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Autore: poetzproblem    03/12/2013    0 recensioni
Non era più Lucy Caboosey, ma a volte si sentiva come se lo fosse. Nonostante tutto il lavoro che aveva fatto era comunque destinata ad essere un'altra perdente di Lima.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Quinn Fabray, Rachel Berry
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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NDT: questa è una traduzione. Potete leggere l'originale qui o qui. Lasciate una recensione se vi va, così potrò tradurla e inviarla all'autrice.

NDA: avevo questa cosa in testa e dovevo scriverla. È il mio tentativo di assimilare nel mio cervello Lucy Quinn Fabray. Spoiler fino a Born This Way. È incentrato su Quinn ma c'è un po' di Faberry - naturalmente.

Disclaimer: non possiedo Glee o suoi personaggi, ci gioco e basta.

 

 

The Girl In The Mirror

by poetzproblem

 Quinn (sì, Quinn, dannazione!) Fabray si infilò la felpa e riavvicinò i lembi per coprire la maglietta su cui era scritta la cosa di cui andava più insicura, e che ancora non aveva accettato—nonostante fosse diventata un cartellone pubblicitario ambulante del suo nome proprio, e l'immagine incarnata di cui aveva sperato di sbarazzarsi assieme a quei trentacinque chili in più. Non era più Lucy Caboosey, ma a volte si sentiva come se lo fosse. Nonostante tutto il lavoro che aveva fatto—esercizi e dieta per perdere peso, lenti a contatto per abbandonare gli occhiali, detergenti per la pelle per eliminare l'acne, la plastica al naso—era comunque destinata ad essere un'altra perdente di Lima. Sì, era stata la popolare capo cheerleader, e regina incostrastata del   McKinley per parte del primo e del secondo anno, ma poi aveva buttato via tutto grazie alle stesse vecchie insicurezze. E poi l'aveva fatto di nuovo per impressionare un ragazzo che ovviamente era ancora innamorato di Rachel Berry, col suo naso ebraico e tutto il resto.

Guardò tristemente gli altri, incluso il suo ragazzo che, dall'altra parte del palco, circondavano Rachel Berry con grandi sorrisi mentre le dicevano quanto fossero felici che avesse deciso di non fare la plastica al naso e Quinn si sentì in colpa per essere stata l'unica—a parte Santana—ad incoraggiare la ragazza a sottoporsi alla procedura. Ma comunque, anche Santana a quanto pareva si era presentata al Barbraintervento organizzato per Rachel, e le aveva detto di esibire il suo naso e vaffanculo a quello che pensavano gli altri.

Non che Quinn pensasse che il naso di Rachel avesse bisogno di un ritocco—era solo che fino alla scorsa settimana Quinn aveva creduto che Rachel non pensasse di aver bisogno di una plastica, ed era stato un sollievo per lei scoprire che non era sola—che anche Rachel era insicura riguardo il proprio aspetto, nonostante tutto il suo coraggio e la sua egocentrica fiducia in sé stessa. Le piaceva sapere che Rachel la invidiava e voleva essere come lei. Le piaceva davvero saperlo—per questo si impegnava per ingelosire la diva ogni volta che era possibile. Perché Quinn avrebbe dovuto essere l'unica a sentirsi così?

Era una persona orribile, insicura, incasinata, e ne era perfettamente consapevole. Quallo che aveva detto a Lauren riguardo l'amare sé stessi tanto da decidere di migliorarsi era stato vero, ma solo fino a un certo putno. Aveva tralasciato un paio di dettagli.

Una volta, era stata più che felice di essere Lucy Q. Fabray. Era intelligente e tranquilla e devota alla propria religione e al proprio padre, che la faceva sentire una piccola principessa.  Forse aveva ancora un po' di grasso infantile addosso, e la vista un po' corta, ma non le era importato. Aveva semplicemente infilato il naso in una teoria infinita di libri, ed era scivolata in un mondo fantastico dove era davvero la principessa che il suo papà diceva che fosse.  Poi era cresciuta, e aveva cominciato a notare quanto…perfetta…fosse sua sorella maggiore. Ashley Fabray era magra, con una carnagione chiara e perfetta e il naso elegante di sua madre, mentre Lucy aveva ereditato il profilo prominente di suo padre. Papà chiamava Ashley il suo piccolo angelo, e tutti sapevano che un angelo era meglio di una principessa. Non faceva altro che lodare Ashley perchè era una studentessa modello, e perché faceva volontariato alla chiesa, e partecipava a così tanti club scolastici. Era orgoglioso che fosse una cheerleader, e accoglieva nella loro casa, a braccia aperte e con un sorriso gentile, i suoi tanti, tanti amici, che erano perfetti quanto lei. Ashley era stata reginetta del ballo di bentornato e del ballo di fine anno per tre anni di fila, e la loro madre era orgogliosa perché sua figlia maggiore stava seguendo le sue orme.

Quando Lucy Quinn Fabray a dieci anni si guardava allo specchio, non poteva fare a meno di paragonarsi ad Ashley, e ne usciva sempre sconfitta. Odiava essere al secondo posto ed era stata troppo giovane e immatura per accorgersi che Ashley sarebbe sempre stata la prima in tutto semplicemente perché era la più vecchia. Lucy aveva solo voluto essere migliore di sua sorella e odiava che non riuscisse a farlo accadere. Le emozioni erano qualcosa che i Fabray non sapevano davvero come esprimere, quindi aveva finito letteralmente col mangiarsele, e il grasso infantile era diventato grasso vero e proprio finchè a tredici anni Lucy non riusciva nemmeno a sopportare di guardarsi allo specchio, e cantilene di Lucy Caboosey la seguivano attraverso i corridoi della sua scuola media.

Non era mai stata brava a ignorare le prese in giro o a porgere l'altra guancia. Ogni  parola crudele era un pugnale piantato nella sua fragile autostima. Il messaggio era chiaro—era una perdente e non sarebbe mai stata accettata. All'inizio aveva tentato di cambiare dei piccoli dettagli, come il modo in cui vestiva, e lo stile dei suoi occhiali e anche il colore dei suoi capelli biondo cenere, ma nulla aveva cambiato gli insulti e le provocazioni a scuola, o il senso di inadeguatezza che provava a casa. I Fabray non avrebbero dovuto essere men che perfetti, e Lucy era così lontana dalla perfezione. Odiava il proprio corpo, la propria vita, e ogni notte piangeva fino a cadere addormentata finchè sua sorella, di tutte le persone che c'erano, era tornata dal college e le aveva detto chiaro e tondo che se voleva che le cose migliorassero allora doveva renderle migliori—che in lei non c'era sbaglio che non potesse essere rimesso a posto. Lei era Lucy Quinn Fabray e poteva fare quello che voleva.

E quello che voleva era essere più bella, più intelligente e più popolare di sua sorella. Lucy era sempre stata competitiva.

Quindi aveva smesso di mangiare i propri sentimenti e li aveva incanalati nell'attività fisica, nella danza e nello sport, finchè non si era riappropriata completamente del proprio corpo. Aveva tolto l'apparecchio, aveva messo le lenti a contatto e aveva tinto i capelli con una versione più vivida del suo biondo naturale. Alla fine dell'ultimo anno di scuola media, l'unica cosa che continuava a non piacerle quando si guardava allo specchio era il naso, che era troppo grosso per il suo viso smagrito e papà era stato felice di pagare perché venisse sistemato. Il suo trasferimento a Lima quell'estate era stato un dono di Dio per cui Lucy Quinn (che presto sarebbe diventata solo Quinn) si era inginocchiata e Lo aveva ringraziato, perché significava che avrebbe potuto ricominciare daccapo in una scuola dove nessuno avrebbe ricordato Lucy, e fu esattamente quello che aveva fatto.

Si era iscritta alla William McKinley High School come Quinn Fabray, aveva fatto l'audizione per i cheerios il primo giorno di scuola ed era entrata in squadra. Aveva sentito un fremito di orgoglio quando ogni testa si era girata a guardarla con ammirazione quando aveva attraversato i corridoi con la sua nuova uniforme addosso.

Quella prima settimana cinque ragazzi diversi le avevano chiesto di poter uscire con lei e lei li aveva rifiutati tutti—era ancora un po' timida per quanto riguardava la nuova Quinn, e ancora seria rnei confronti della la propria religione quanto lo era stata Lucy—ma sapere di essere desiderata l'aveva fatta rabbrividire di eccitazione. Aveva la propria vita completamente sotto controllo, e aveva già cominciato a fare piani per diventare capo cheerleader, reginetta del ballo di bentornato e reginetta del ballo di fine anno entro il secondo anno, come minimo, prima ancora se possibile, perché questo avrebbe significato che era migliore di sua sorella, e il primo passo per avere tutto questo era trovare il fidanzato perfetto e popolare.

C'era voluto qualche mese perché Quinn si abituasse completamente alla scuola, e per scoprire chi era considerato sexy e chi non lo era, e anche se c'erano dei nomi che continuavano a saltar fuori in cima alla lista degli studenti del primo anno—vale a dire Santana Lopez, Noah Puckerman, e Finn Hudson, l'unica persona che non riusciva ad etichettare era Rachel Berry.

In quanto studentessa del primo anno appena arrivata a scuola, Rachel non era ancora il bersaglio che sarebbe diventata più tardi. Santana la chiamava mostriciattolo perché si vestiva come una bambina di sei anni, non smetteva mai di parlare di sé, e aveva due padri gay. Puck pensava che fosse sexy, una bambola ebrea che si sarebbe fatto volentieri, se fosse riuscita tenere la bocca chiusa per due minuti. L'opinione generale della scuola era stata che Rachel era piacevole da guardare, ma fin troppo irritante quando si trattava di discutere con lei, quindi in generale tutti la ignoravano. Non che Rachel fosse soddisfatta di essere ignorata. Quinn seguiva due corsi assieme a lei, e aveva scoperto in fretta che 'irritante' non era una parola sufficiente a descriverla, ma era la parte 'piacevole da guardare' che le dava fastidio.

Rachel Berry era troppo bassa, con un naso enorme e una bocca ancora più grande (letteralmente, aveva delle labbra gigantesche) e un corpo che aveva il genere di curve che si sarebbero potute definire generose, ma erano sexy. Anche se si vestiva in modo atroce, continuava ad attraversare i corridoi con un bel sorriso e un passo vivace, e ogni ragazzo che oltrepassava si voltava per guardarle il sedere e le gambe. E questo faceva incazzare Quinn da morire, perché nessuno aveva mai guardato il culo a Lucy Caboosey se non per dire che era grasso, e nessuno aveva mai detto che Lucy era sexy, e nessuno si era mai lamentato perché costretto ad ascoltare la voce irritante di Lucy, solo per voltarsi e avere un orgasmo quando apriva la bocca per cantare. Quindi Rachel Berry aveva infastidito Quinn dal primo minuto e l'aveva irritata finchè  non aveva deciso di grattarsi quel prurito, perché non era giusto che Rachel fosse ancor più perdente di quanto Lucy fosse mai stata, ma fosse comunque perfettamente soddisfatta del proprio aspetto e sempre così sicura di sé stessa.

Qualcuno avrebbe potuto pensare che dopo tutto quello che Quinn aveva subito nella sua vecchia scuola sarebbe stata più comprensiva con i cosiddetti perdenti e nerd del McKinley. Quel qualcuno avrebbe sbagliato completamente. Non appena era entrata nel novero dei prescelti, e aveva assaporato il potere che veniva da quella posizione, ne era rimasta completamente conquistata. Solo i più forti sopravvivevano al liceo, e sapeva che essere comprensivi con chiunque sarebbe stato visto come una debolezza. Quinn Fabray non era debole. Aveva una meta da raggiungere e nessuno l'avrebbe ostacolata—specialmente Rachel Berry, che stava praticamente implorando che qualcuno attaccasse un bersaglio su uno dei suoi orribili maglioni.

Quindi erano cominciati gli insulti. Mostriciattolo, e troll, e figlia di froci non sembravano turbare Rachel quando Neanderthal come Dave Karofsky, o stronze come Santana glieli gridavano dietro, ma la prima volta che l'insulto 'Mani da Maschio' era uscito dalla bocca di Quinn durante la lezione di Biologia Avanzata, aveva osservato Rachel guardarsi le mani imbarazzata e massaggiarsele per tutto il resto della lezione.

RuPaul, Pelo Pubico, Trans—tutti loro avevano fatto sussultare la ragazza, e Quinn non era certa se accadesse a causa delle costanti frecciate alla sua femminilità o per il fatto che la cheerleader bionda un tempo così tranquilla aveva cominciato a insultarla con disprezzo dopo tre mesi passati ad essere perfettamente civile nei suoi confronti. Doveva ammettere che era crudele, ma Quinn non sembrava riuscire a trovare la forza di fermarsi, e non era completamente certa del perché si fosse concentrata su Rachel con un'intensità che sconfinava nell'ossessione. C'erano altre ragazze al McKinley che le ricordavano di più Lucy, ma Rachel sopportò il grosso dei suoi attacchi finchè tutta la scuola non l'ebbe messa saldamente in cima alla lista dei perdenti, mentre Quinn la calpestava dirigendosi in cima alla lista degli studenti più popolari. E poi cominciarono le granite.

Sfortunatamente per Quinn, l'abilità di Rachel di lasciar scivolare su di sé insulti e granite era impressionante e la ragazza continuava a venire a scuola ogni mattina con lo stesso sorriso accattivante e lo stesso buonumore nei suoi passi. Quinn era stata, e lo era ancora, così gelosa di Rachel Berry per la sua apparentemente infinita riserva di raggi di sole e arcobaleni, gelosia che non aveva fatto altro che peggiorare mentre il tempo passava, perché Quinn era costretta a sentir Rachel cantare per capire quanto questo la turbasse. Poi era stata costretta a guardare mentre Finn si innamorava di quella ragazza, e durante questi accadimenti Rachel non aveva mai smesso di essere così dannatamente gentile nei suoi confronti, nonostante il loro rapporto conflittuale. Quella ragazza era così frustrante. Ogni tentativo di spezzarla sembrava semplicemente renderla più forte, mentre la facciata di perfezione di Quinn crollava con ogni sforzo che lei faceva per innalzarsi. Anche adesso, aveva dovuto guardare le insicurezze di Rachel sparire grazie a poche parole gentili da parte dei suoi amici—molti dei quali sembravano volerle sinceramente bene nonostante le loro ripetute proteste del contrario—e la sua sicurezza era ritornata a tutta forza.

Nel frattempo, le insicurezze di Quinn stavano ancora marcendo dentro di lei. Sotto la sua pelle era ancora quella ragazzina grassoccia, che si ritraeva da ogni insulto crudele che le veniva rivolto e che assorbiva ogni complimento come una spugna. Amava l'attenzione dei ragazzi perchè non ne aveva mai avuta prima dei quindici anni, prima di iniziare il liceo, ma nell'attimo in cui sentiva quell'attenzione allontanarsi da lei, immaginava immediatamente di non valere abbastanza, di non essere abbastanza bella, o abbastanza gentile.

Con Finn si era comportata come una stronza maniaca del controllo la prima volta che si erano messi assieme, aveva voluto il ragazzo popolare che poteva manipolare facilmente costringendolo ad una relazione più che altro casta, perché in realtà non l'aveva mai voluto, poi si era chiesta perché il lo sguardo di lui fosse stato attirato da una ragazza bassa e bruna. Aveva ingannato Puck per tutto quel tempo perché amava sentirsi dire quanto fosse sexy ed eccitante, anche se in realtà non aveva mai voluto nemmeno lui, e poi si era chiesta perché lui avesse pensato che fosse okay farla ubriacare ed approfittarsi di lei in uno dei giorni in cui si sentiva grassa.

Era stata così terrorizzata di diventare Lucy di nuovo che aveva dato per scontato che lo sarebbe diventata e si era fidata di Puck perché la facesse sentire bellissima e desiderabile e finendo incinta a sedici anni e ancor più grassa di prima. A dire il vero, essere Lucy di nuovo sarebbe stato preferibile a quello che aveva passato l'anno precedente. Almeno Lucy aveva avuto il sostegno e l'amore del suo papà. Quinn non aveva nemmeno avuto una casa in cui vivere. E aveva provato quanto Lucy fosse ancora parte di lei, perché aveva quasi avuto un crollo nervoso dopo la sua prima granita, e da lì era sprofondata ancor di più nella tristezza. Era stata completamente incapace di affrontare gli sguardi e gli insulti che erano arrivati con la perdita del suo status e del suo fisico.

Perdere la propria famiglia era stato più difficile.

Cedere la sua bambina…non voleva pensarci adesso, o sarebbe crollata completamente.

Ma come poteva essere una madre se non riusciva nemmeno ad essere sé stessa?

Quinn Fabray non avrebbe dovuto cadere in disgrazia, ma era successo. Ed era Lucy che sedeva nella sala prove del coro, immersa nella gioia che arrivava dal canto, dalla danza, e dal non dover sempre controllare ogni emozione, Lucy, che era rimasta nel glee anche quando Quinn aveva di nuovo avuto il suo posto nei cheerios e aveva spinto Santana in fondo alla piramide. Lucy, che continuava ad accontentare tutte le folli richieste di Rachel Berry, anche quando Quinn voleva odiare quella ragazza perché era tutto quello che lei non poteva essere come Lucy Quinn Fabray.

Era Lucy che aveva davvero apprezzato la passione di Sam Evans per fumetti e serie tv, e per il fatto che era stato uno spirito affine, perché aveva cambiato scuola e aveva cominciato con una nuova immagine come lei aveva segretamente fatto.

Quinn aveva voluto una seconda possibilità di avere un ragazzo popolare e di partecipare all'elezione a reginetta. Era stata una situazione che avrebbe permesso ad entrambe di vincere-finchè non era sfumata.

Quinn non si sarebbe mai accontentata del secondo posto.

Finn era il suo primo amore, il quarterback vincente, e Quinn non aveva resistito alla tentazione. Avrebbe dovuto essere in cima ormai, ma stava ancora fallendo, solo che questa volta era stata messa in ombra da Rachel Berry. Finn le aveva detto che l'amava, ma lei sapeva che lui non si fidava completamente di lei, e che non aveva dimenticato Rachel. Aveva ignorato quel fatto insignificante perché aveva voluto diventare reginetta del ballo e aveva bisogno di Finn perché accadesse, ma stava diventando sempre più difficile fingere—specialmente quando lei e Rachel erano quasi…amiche adesso. Quinn aveva tanti quasi amici.

Nel profondo di sé stessa, tutto quello che voleva era un unico amico che potesse chiamare vero.

Guardò il palco dell'auditorium, cercando automaticamente Rachel, e lasciò indugiare lo sguardo su di lei mentre la ragazza chiacchierava allegramente con Kurt. Tutti stavano cominciando a prepararsi per andare a casa, ridendo assieme mentre uscivano dal teatro. Quinn sospirò mentre guardava Finn avvicinarsi a lei con il suo stupido sorriso.

"Ehi, sei pronta ad andare?" le chiese, passandole un braccio attorno alle spalle.

"Quasi," mormorò in tono assente. "Ci vediamo fuori, okay? Voglio solo parlare con Kurt di una cosa."

Lui aggrottò la fronte con espressione scettica, ma annuì e si chinò per darle un rapido bacio prima di lasciarla sola. Facendo un respiro tremante, Quinn si diresse verso le due dive, non mancando di notare che la loro conversazione si fermò bruscamente quando la videro arrivare.

Kurt inarcò un sopracciglio—giudicandola silenziosamente per la sua moltitudine di peccati, veri e immaginari—e Quinn inarcò le sue con aria di sfida prima di voltare la schiena al ragazzo e rivolgersi a Rachel.

"Ehi, posso parlarti per un attimo?"

Rachel sospirò e annuì, sorridendo a Kurt e tendendo una mano per stringergli la spalla.

"Grazie, Kurt. Ci vediamo domani."

Lui ricambò il sorriso e cinguettò, "Ci vediamo, tesoro," e sparì dal palco.

Rachel incrociò le braccia sul petto e rivolse la propria completa attenzione a Quinn e la ragazza sentì quella familiare, piccola stretta allo stomaco che sembrava sempre manifestarsi quando guardava in quegli espressivi occhi castani.

"Di cosa volevi parlarmi, Quinn?"

Si succhiò il labbro inferiore tra i denti, e lo mordicchiò per un attimo, mentre pensava a cosa dire. Non ci aveva riflettuto granchè, sapeva solo che voleva dire qualcosa a Rachel riguardo la sua decisione.

"Io…ah…sono felice che tu abbia deciso di non fare quella plastica al naso," sbottò alla fine, gemendo interiormente a quanto stupida e inadeguata suonasse quella frase.

Rachel annuì ancora, sorridendo a labbra strette.

"Grazie, Quinn."

Dopo alcuni tesi istanti di silenzio, chiese, "Questo era tutto?"

Quinn sospirò, e scosse la testa, chiedendosi perché Rachel riuscisse sempre a rendere quei momenti così difficili per lei. La ragazza era chiaramente delusa da lei perché era stata una grossa, grassa (letteralmente) bugia ambulante per tutti quegli anni.

"Mi dispiace di non averti detto nulla del…mio."

"Perché non l'hai fatto?"

"Me lo stai davvero chiedendo?" disse, permettendo alla felpa di aprirsi e indicando la scritta sulla maglietta.

"Sono un falso bello e buono, Rachel. Volevi il mio naso e non è nemmeno davvero mio!"

"Lo sai, Quinn," cominciò Rachel con cautela, "Mettendo da parte l'ovvio dispiacere che provo al rendermi conto della tua ipocrisia, e al fatto che hai volontariamente abbracciato il clichè del bullo che era stato sottoposto ad atti di bullismo," ignorò l'espressione irritata di Quinn e continuò, "non ti incolpo per la tua decisione di migliorare te stessa. Nonostante la plastica al naso, dovresti essere orgogliosa della tua incredibile trasformazione. Posso senz'altro apprezzare la quantità di disciplina necessaria per mantenere un corpo in salute e in forma, e capisco l'importanza di un efficace trattamento per la cura della pelle, visto che io stessa mi dedico religiosamente a entrambe le cose."

Rachel fece un sorriso timido mentre Quinn digeriva quello che aveva appena sentito—stava avendo davvero qualche problema ad accettare le parole orgogliosa, incredibile e apprezzare.

"E dopo la mia recente crisi di fiducia," continuò la ragazza in tono colloquiale, "posso apprezzare il desiderio di sentirsi a proprio agio con il proprio aspetto. Non hai nulla di cui vergognarti, Quinn, eccetto per il tuo trascorso, ingeneroso comportamento verso coloro che in questa scuola non sono stati fortunati quanto te, ma anche in questo sei stata…molto più gentile fin dall'anno passato. Sono molto grata che tu sia venuta con me al mio appuntamento e mi abbia offerto il tuo sostegno. Sei l'unica persona che non ha tentato di convincermi a non sottopormi alla procedura."

"E tu mi sei grata per questo?" chiese Quinn incredula, ignorando di proposito tutte le frecciate della ragazza al suo precedente atteggiamento da stronza.

Rachel si strinse nelle spalle.

"Ma non hai nemmeno tentato di convincermi a farlo. Hai semplicemente accettato il fatto che era qualcosa che dovevo decidere da sola, e apprezzo che tu mi abbia permesso di farlo."

Quinn si abbracciò la vita, e abbassò lo sguardo sui propri piedi. Rachel lo feceva sembrare come se avesse tentato di sostenerla, ma in realtà era semplicemente stata egoista, e si era segretamente sentita superiore all'altra ragazza.

"Avrei dovuto dirti che non hai bisogno di sistemarti il naso, Rachel," insistette, alzando lo sguardo per incontrare quegli occhi scuri e giudiziosi, "perché non ne hai bisogno, sul serio. Non saresti Rachel Berry se cambiassi anche una sola cosa di te stessa," ammise a bassa voce. Era il meglio che riusciva a fare, perché mai avrebbe potuto ammettere che forse pensava che Rachel fosse bellissima così com'era.

"Io…sei sempre sembrata così a tuo agio con il suo aspetto, e quando hai ammesso che forse non lo eri sono stata…felice. Mi ha fatta sentire bene sapere che non ero la sola che voleva essere…più carina, o qualcosa del genere. Ma avrei dovuto dirti la verità perché meritavi di sapere che ho passato la stessa cosa che hai passato tu. Avrei dovuto dirti che cambiare il tuo aspetto può cambiare il modo in cui la gente ti vede, ma non ti rende necessariamente più felice," concluse con un sussurro. "Credimi, io lo so."

Era probabilmente la cosa più difficile che avesse mai detto assieme alle parole 'Sono incinta'. Quinn poteva anche essersi rinnovata all'interno, ed era ancora felice di averlo fatto, ma dentro di sé sarebbe sempre stata Lucy—e cercare di soffocare quella parte di sé stessa non aveva fatto altro che renderla più orribile.

Sentì un calore improvviso sul braccio e abbassando gli occhi vide una mano morbida e abbronzata posata sulla sua pelle chiara. Quella strana sensazione allo stomaco si intensificò, così alzò lo sguardo su Rachel. La ragazza la stava guardando come non aveva mai fatto prima.

"Tu sei molto più del tuo aspetto, Quinn."

Rachel allontanò la mano, ma i suoi occhi rimasero concentrati su di lei.

"E ti sbagli completamente se pensi che tutto quello che riuscirai a diventare sarà la reginetta del ballo, incastrata per sempre a Lima."

Quinn trattenne il respiro alla veemenza dell'affermazione di Rachel, e al fuoco che lampeggiava nei suoi occhi.

"Mio Dio," continuò, "la volontà e la disciplina che ci sono volute per reinvertarti ad una così giovane età! E poi di nuovo dopo la gravidanza! Sono convinta che probabilmente sarai in grado di fare qualsiasi cosa tu decida di fare e francamente, sono molto delusa che tu stia pensando di accontentarti di una carriera banale come quella di agente immobiliare."

Quinn soffocò un singhiozzo, premendosi una mano sulla bocca, e battendo le palpebre per ricacciare indietro le lacrime che le avevano riempito improvvisamente gli occhi.

"Non mi sto accontentando," insistette debolmente. "Lo sto accettando."

"E perché dovresti cominciare a farlo adesso?" chiese Rachel. "Sei una lottatrice, Quinn Fabray. Mi hai detto che essere belissima ti fa pensare che la gente ti darà quello che vuoi, ma so che non è del tutto vero. Nessuno ti ha mai dato qualcosa che tu non ti sia presa con la forza. Sei sempre stata capace di far accadere le cose, Quinn. Non appartieni a questa città più di quanto vi appartenga io. Se sei stata tanto determinata da cambiare il tuo aspetto, il tuo atteggiamento e perfino il tuo nome—il che, a proposito, lo trovo financo eccessivo, anche se bizzarramente appropriato, perché non sembri davvero una Lucy—cosa stavano pensando i tuoi genitori?" continuò a blaterare in modo adorabile, costringendo Quinn a ridere tra le lacrime, "ma sto divagando— fra tutte le persone di questa scuola (con l'ovvia eccezione della sottoscritta), sei tu quella che considererei capace di andarsene da Lima, e avresti un successo strepitoso in qualsiasi impresa decideresti di iniziare."

"Mi lasci sbalordita," mormorò Quinn senza pensare, stupefatta dalle parole di Rachel, e dall'emozione onesta che c'era dietro. Come poteva questa ragazza credere così tanto in lei dopo tutto quello che le aveva fatto passare?

Un dolce sorriso incurvò le labbra rosee e piene di Rachel.

"Il sentimento è interamente ricambiato."

Finalmente distolse lo sguardo, abbassando gli occhi per abbottonarsi il cappotto e Quinn sentì svanire una tensione che non si era nemmeno resa conto di provare.

Quando Rachel alzò di nuovo lo sguardo, i suoi occhi stavano scintillando e il suo viso praticamente splendeva.

"Ogni eroina ha una degna rivale, Quinn. Non deludermi."

Mentre Quinn la guardava allontanarsi—e suoi occhi color nocciola si abbassarono inconsciamente per guardarle le gambe e il sedere—si accorse con stupefacente chiarezza che Lucy Quinn Fabray non aveva intenzione di deludere Rachel Berry. Erano connesse in modo inestricabile. Dovevano ancora affrontare il ballo di fine anno, e le Nazionali a New York, e nessuno poteva sapere cosa sarebbe accaduto con Finn, e il loro costante tira e molla, ma di una cosa era certa—Quinn Fabray otteneva quello che voleva. E non voleva rimanere incastrata a Lima per tutta la vita, facendosi domande su quello che avrebbe potuto essere. Avrebbe ricominciato a far accadere le cose e Rachel Berry non avrebbe mai saputo cosa l'avesse colpita.

 

  
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