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Autore: Lost on Mars    03/12/2013    8 recensioni
Will non lo seppe mai, ma nemmeno Jem era riuscito ad addormentarsi, quella notte.
Will non lo seppe mai, ma Jem sentendo battere il cuore di Will chiuse gli occhi e sorrise.
Will non lo seppe mai, ma quel bacio sulla spalla non fu affatto parte di un sogno.
Heronstairs | Pre-Clockwork Angel | 2030 words.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Carstairs, William Herondale
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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NdA: Non ho mai messo le note ad inizio capitolo (o one-shot, in questo caso). Comunque, oggi faccio uno strappo alla regola giusto per qualche avvertimento.
Punto uno: La storia è ambientata prima di Clockwork Angel, quindi prima che Tessa-amo-sia-Will-che-Jem-ma-ne-dubbio-me-li-faccio-tutti-e-due-meretrice-di-Belzebù Gray ("Meretrice di Belzebù" arriva direttamente dalla mente di Bea aka Morgana Black aka colei che dovrebbero far santa per sopportarmi ogni giorno) arrivasse a rompere i coglioni a questi due poveri ragazzi all'Istituto e prima che accadessero tutte le faccende di cui siamo a conoscenza, quindi nessuno spoiler :)
Punto due: Indubbiamente, decisamente slash e indicutibilmente Heronstairs. Perché sì, non c'è una ragione. L'Heonstairs esiste e basta, e un giorno diventerà canon *sogna*
Punto tre: Ehm, io e il Lime non andiamo d'accordo proprio per niente. Ci ho provato, e difatti è uscita fuori una cosa a rating arancione, perché se mi fossi spinta troppo in là sarebbe uscita fuori una cagata colossale.
Punto quattro: Non riuscivo a trovare un titolo decente per la one-shot, e questo mi fa schifo, però è il più accettabile. Ma come si dice, mai giudicare un libro dalla copertina, no? Quindi ci rivediamo di sotto. 

 
 
It's too cold outside          

 
 
La notte era calata già da un pezzo su Londra, Will viaggiava silenzioso e sfrecciava veloce tra il buio di Settembre.
Will aveva freddo. In effetti, faceva troppo freddo per essere solo una notte di Settembre. Mentre camminava, teneva ben stretta sé la bisaccia. L’unico rumore che aleggiava nell’aria era quello degli zoccoli di Xantos.
L’Istituto non era lontano, uno o due chilometri al massimo. Will cominciava a riconoscere i palazzi, la piazza, l’emporio dove Jessamine comprava i suoi vestiti e riconosceva ogni singolo lampione, qualcuno acceso, qualcun altro no. Andare a comprare lo yin-fen per Jem era più pericoloso di quanto si potesse pensare.
Quel bordello era pieno di insidie demoni e Nascosti, e Wil sentiva che ne usciva vivo ogni volta solo perché c’era, nella sua testa, il pensiero di Jem che lo motivava.
Pensava a Jem all’Istituto, debole; pensava a Jem nella sua stanza, a Jem che stava male; pensava al suo violino, e al fatto che amasse quando Jem suonava.
Pensava alla possibilità di perderlo, e allora pagava la droga e sfrecciava via più velocemente della luce.
Will balzò giù dal cavallo dopo essere entrato nelle stalle. Era notte fonda, ma all’Istituto c’era sempre qualcuno sveglio.
Quella notte, trovò Charlotte seduta davanti al camino spento. Leggeva una lettera e aveva un’espressione affranta sul volto.
«Will!» Esclamò lei vedendolo entrare. «Dove...?»
«Sono andato a comprare lo yin-fen per Jem.» Rispose immediatamente Will, sollevò la bisaccia per farla vedere a Charlotte, e lei annuì debolmente.
Era stanca.
«Perché non vai a riposare?» Chiese ancora Will avvicinandosi alle scale.
«Io… sì, tra poco andrò. Buonanotte, Will.» Charlotte ripiegò la lettera e la rimise nella busta. Will non riuscì a leggere il nome del mittente e quindi non capì perché Charlotte fosse così affranta e preoccupata.
Will le sorrise e salì di corsa le scale, si avviò immediatamente verso la camera di Jem. Dentro di sé, sperava che Jem dormisse: voleva risparmiare a lui e a se stesso quel discorso.
Jem lo ringraziava sempre. E sempre lo guardava con quegli occhi a mandorla, caldi e dolci.
E Will gli diceva sempre di non preoccuparsi, perché è quello che faceva un parabatai.
Entrò cercando di non far rumore. La stanza era immersa nell’oscurità e nel silenzio. Non c’era alcun rumore, se non il respiro regolare di Jem che sembrava dormire tranquillo, senza nessuna preoccupazione per la testa.
Allora Will si permise di fare un po’ di luce: accese la lampada ad olio e la portò il più lontano da Jem, così non l’avrebbe svegliato.
Prese la scatolina dal comodino, dove Jem teneva lo yin-fen, e la riempì con quello appena comprato.
«Will…» Mormorò Jem all’improvviso. Aprì lentamente gli occhi e incontrò quelli azzurri di Will, gli occhi azzurri che brillavano anche con quella poca luce.
«Non volevo svegliarti.» Will si scusò con lo guardo e richiuse la scatola.
«Non mi hai svegliato, Will.» Rispose Jem, in realtà, lui non stava affatto dormendo. Aspettava Will. Non poteva addormentarsi senza prima averlo guardato negli occhi.
Perché Jem sapeva, e viveva con la consapevolezza che ogni notte avrebbe potuto essere l’ultima.
Will sorrise. Gli piaceva sentire il proprio nome detto da Jem. Sembrava un nome così innocente, se pronunciato dalla sua voce calma e delicata.
Will, Will, Will…
«Grazie.» Disse Jem posando lo sguardo sulla scatola.
«Non iniziare, James.» Ribatté Will. E gli piaceva ancor di più poterlo chiamare col suo vero nome, James.
Jem fece per rispondere a tono e provò ad alzarsi a sedere sul letto, ma poi cominciò a tossire, e a sentire il sapore ferroso del sangue in bocca.
«Jem!» Will si avvicinò al ragazzo mettendosi seduto accanto a lui. Lo aiutò a reggersi finché i colpi di tosse non finirono.
«Stanotte, mentre non c’eri, ho creduto di star per morire.» Sussurrò Jem ancora stretto a Will. Aveva sentito caldo e si era tolto la camicia, ora indossava solamente i pantaloni. «Aiutami a prenderla.» Jem allungò una mano verso la scatoletta sul comodino e Will gliela passò.
Rimase in silenzio mentre Jem prendeva lo yin-fen e mentre il suo viso pallido riprendeva colore; mentre si raddrizzava e non aveva più bisogno di Will per reggersi.
«Ti senti meglio?» Chiese Will preoccupato. Senza accorgersene, aveva già calciato le scarpe in un angolo della stanza.
«Sì.» Rispose Jem, alzò la testa e incontrò lo sguardo azzurro e luminoso di Will.
Si guardarono per un quantità di tempo che sembrava non finire più. Vicini, troppo vicini, Will quasi non si accorse che le loro fronti si erano scontrate.
Jem, d’altra parte, quasi non si accorse che i loro nasi si sfioravano. Sapeva, però, di sentirsi forte e coraggioso, sentiva l’adrenalina crescere e scorrere nelle vene. Lo sentiva sempre, dopo aver preso lo yin-fen.
«Jem, fermarmi ora.» Sussurrò Will con la voce spezzata.
Jem sorrise. «E perché dovrei?» Chiese cercando di non chiudere gli occhi. Voleva guardare Will, il suo Will, e non voleva abbandonarsi.
«Perché poi non ti assicuro che ci riuscirei.» Rispose Will.
«E allora non fermarti.»
E Will non se lo fece ripetere due volte: prese il volto di Jem tra le mani e poi chiuse gli occhi. Esitò prima di baciarlo, ma poi cedette al desiderio e si fiondò sulle sue labbra con impeto e veemenza.
Will non se lo sapeva spiegare, ma sentiva il bisogno sfrenato, fisico, di baciare Jem. Il suo migliore amico, il suo parabatai.
Jem non era spiazzato, non era sorpreso. Non respinse Will, anzi, rispose al bacio. Gli piaceva sentire la labbra screpolate di Will sulle sue: era una sensazione bella, proibita, lo faceva sentire leggero.
Non ci si poteva innamorare del proprio parabatai, questo Jem lo sapeva benissimo. Ma in quel momento delle leggi non gliene importava assolutamente nulla.
Jem schiuse la labbra e si sentì bene. Si disse che avrebbe anche potuto morire lì, in quel momento, per poi vantarsi con i diavoli d’aver visto il Paradiso senza nemmeno entrarci.*
Perché Will lo faceva sentire così. Perché Will lo faceva sentire così anche se lo guardava e basta, anche fissandolo con i suoi  occhi azzurri. Anche se gli sorrideva.
Jem dubitava che lo sapesse: ma ogni volta che Will gli portava lo yin-fen, lui non lo ringraziava solo per quello. Lo ringraziava per esserci ogni singolo giorno della sua vita.
Will chiuse gli occhi e si abbandonò completamente alle sue emozioni. Sentì Jem acconsentirgli l’accesso alla sua bocca, sentiva Jem toglierli la giacca e buttarla per terra. Non sentiva più con le orecchie, non vedeva nulla: si sentiva alla deriva ma felice.
Non sentiva più nemmeno il bisogno di respirare, quel bacio così voluto e disperato gli stava facendo dimenticare di aver bisogno d’ossigeno. Il colletto della camicia di Will sì aprì, o meglio, Jem cominciò ad aprirlo, sbottonandolo.
Will si staccò per riprendere fiato. E rosso in volto, con gli occhi lucidi, fissò Jem di nuovo, e se fosse stato per lui avrebbe continuato a guardarlo in quel modo per il resto dei suoi giorni.
Will non aveva mai amato qualcuno, non aveva idea di come ci si sentisse. Ma quello che sentì guardando Jem negli occhi, forse, fu qualcosa che ci si avvicinava parecchio, all’amore.
Jem non sapeva cosa fare, si sentiva così bene, si sentiva così forte che avrebbe facilmente potuto uccidere cento demoni tutti in un volta. Era come se Will gli avesse dato un po’ della sua forza. Quel bacio era stato una boccata d’aria fresca, per Jem.
La mano di Will lo spinse giù sul materasso, il mondo girò e Jem li vide ancora. Si scontrò di nuovo con quegli occhi azzurri, adesso colmi di desiderio  e quasi più scuri del solito. Will gli era seduto sopra.
E Jem, insieme ai suoi pensieri, si annullò.
E Will, forse voleva proprio che Jem si annullasse.
Cominciò a sbottonarsi  la camicia con una lentezza estenuante. Sentiva Jem, sotto di lui. Lo vedeva chiudere gli occhi e deglutire. Fece un grande respiro e se la tolse definitivamente, buttandola per terra insieme alla giacca.
«Will…»
Ma Jem fu zittito quasi subito da un altro bacio, stavolta, ancor più prepotente e impetuoso del precedente. Si ritrovò a gemere contro le sue labbra, perché Will aveva tutta l’intenzione di togliergli i pantaloni.
«Te l’avevo detto che non sarei riuscito a fermarmi, Jem, te l’avevo detto.» Will sospirò forte contro il collo di Jem.
«Lo so.» Rispose lui con voce roca, trattenne un mugolio quando sentì la lingua di Will sulla sua pelle.
«Voglio sentirti.» Will scandì bene le parole, parole che furono talmente taglienti da mozzare il respiro di Jem. Will arrivò a baciare quella runa, la loro runa, quella che li avrebbe tenuti legati per sempre, fino alla morte.
«Will, guardami.» Jem non sa dove trovò la forza, o come riuscì a sollevare le braccia e prendere il viso di Will tra le mani. Sapeva solo che lo costrinse a guardarlo e poi lo trascinò giù con sé, giù nell’oblio e nella terra dei dispersi. Lo trascinò in un vortice di lingue, morsi, labbra rosse e gonfie.
Tutto quello non aveva un briciolo di senso: quella mattina stessa Will si era alzato, aveva visto Jem a colazione, gli aveva passato il tè, avevano accompagnato Jessamine in un qualche emporio, eppure, non aveva mai pensato che quella giornata sarebbe finita in quel modo.
Non avrei mai immaginato di ritrovarsi a mezzo centimetro dal viso di Jem, con i loro bacini che si scontravano incessantemente, col il rumore dei loro respiri affannati a far da sottofondo.
«Profumi di notte.» Sussurrò Jem appoggiando la fronte contro quella di Will.
«La notte non profuma, Jem.» Rispose Will.
«Ma mi piace il suo odore su di te.» Mormorò Jem, respirava forte  e cercava di riprendere fiato. Così come Will, il cui petto si alzava e si abbassava velocemente, e il suo cuore batteva altrettanto velocemente.
Sarebbe scoppiato, se lo sentiva.
E stavolta fu Jem a prendere il controllo della situazione, fece adagiare delicatamente Will sul materasso e lo baciò di nuovo, altrettanto delicatamente.
Quel bacio fu diverso da quelli precedenti. Quel bacio fu lento, umido… dolce, eccitante. E mentre Jem accarezzava il petto di Will, quest’ultimo aveva messo le mani sui suoi fianchi.
Poi Jem cominciò a lasciargli baci sulla mandibola, e poi nell’incavo del collo. Will rabbrividì e un gemito partì dal fondo della sua gola, arrivò dritto alle orecchie di Jem che allora morse piano la pelle di Will.
«Jem, cazzo…» Will inspirò forte. Mosse le mani dai fianchi di Jem e le fece scendere, fino ad afferrare l’orlo dei pantaloni del ragazzo.
«Will, forse dovremmo fermarci.» Mormorò Jem staccandosi dal collo di Will. Il ragazzo dagli occhi azzurri scosse la testa.
«Non credo proprio.» Rispose Will. E il resto rimase tra quelle quattro mura, tra i gemiti soffocati dai baci e tra l’aria impregnata dal piacere e dai loro respiri. Da quell’aria calda che era diventata irrespirabile, ad un certo punto.
Diventò irrespirabile quando Jem non capì più dove iniziasse lui e dove finisse Will.
 
Era una notte di Settembre, ma Will non aveva più freddo.
Will sentiva il petto di Jem attaccato alla sua schiena, e sentiva il respiro caldo e tranquillo del ragazzo sulla spalla. Si sentiva a casa.
Dopotutto, Jem era la sua casa. Jem era il posto dove tornare ogni volta, dove sentirsi al sicuro e dove sentirsi finalmente al caldo.
Jem era la sua vita. Lo sapeva che avrebbe fatto tutto per lui, che avrebbe dato tutto per lui. Per vederlo sorridere.
Portò la mano di Jem all’altezza del cuore e poi la strinse nella sua. Nonostante quel momento di pura follia, di desiderio sfrenato e di frenesia fosse finito, il cuore di Will galoppava ancora velocemente. Anche troppo.
Non era riuscito ad addormentarsi, Will, ma non gli importava.
«Senti cosa diavolo mi fai, James.» Mormorò piano, forse più rivolto a se stesso che a Jem che, tra l’altro, sembrava dormire.
Will non lo seppe mai, ma nemmeno Jem era riuscito ad addormentarsi, quella notte.
Will non lo seppe mai, ma Jem sentendo battere il cuore di Will chiuse gli occhi e sorrise.
Will non lo seppe mai, ma quel bacio sulla spalla non fu affatto parte di un sogno.

 
*= Da "Se per baciarti dovessi poi andare all'Inferno, lo farei. Così potrò vantarmi con i diavoli di aver visto il Paradiso senza mai entrarci." — W. Shakespeare.

 
 
 
 
 
NdA (pt. 2): Rieccoci qui. Non ho molto da dire dopo questa os, tutte le cose da dire le ho dette all'inizio Dx me stupida. La frase del mio William (che, guardacaso, si chiama proprio come Will, lol) l'ho dovuta un po' modificare: cambiare la persona ecc., spero che mi possa perdonare.♥
Premetto (che poi, arrivata qua giù non posso più premettere nulla) che l'ho scritta oggi, dopo la ricreazione durante le due ore di italiano in cui, credo, non abbiamo fatto nulla L'ho scritta oggi perché qualcuno (aka Morgana Black aka colei che bla bla bla ormai l'abbiamo capito e, HEY, so che stai leggendo :3) me l'ha chiesto, e io non potevo certo tirarmi indietro.♥
Resta il fatto che sono incapace a scrivere queste cose, e che sono ancor più stupida a volerle scrivere e a volermi sputtanare su Internet pubblicandole, ma non posso farci nulla: io e il Lime non andiamo proprio d'accordo. Lui odia me, e io non riesco ad odiare lui, è un rapporto molto complicato.
Quindi niente, spero vi sia piaciuta. Un grazie enorme per essere arrivati fin quaggiù, un grazie ancora più grande per chi recensirà.
Peace, love & slash.♥
Marianne.


 
 
   
 
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