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Autore: lapervincachescoppietta    04/12/2013    1 recensioni
Dal prologo.
Era l’unica ormai,dove la tecnologia predomina, era l’unica che credeva ancora nel valore dei libri; era l’unica che andava nei negozi d’epoca per comprare dei pezzi di carta che per lei erano come un tesoro.
vi ho un pò incuriosito? Allora leggete!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Io aggiorno quando mi pare! Evviva! Ok, va bene, aspettatevi qualcosa di inaspettato! 
Pervi_


-Miley! – La zia la chiamava sempre con il nome di sua madre, non che si assomigliassero, ma le confondeva sempre.
-No zia, io sono Dakota, la figlia di Miley, tua nipote se ne è andata, ti ricordi? –
-Dakota, scusa lo sai che vi confondo sempre, entra, vieni, non ti aspettavo, scusa se la casa è un po’ in disordine. – La casa era pulita, ma probabilmente lei pensava che fosse in disordine. La donna andò in cucina mentre Dakota si sistemava sul comodo divano. Guardava la donna muoversi agilmente nella piccola cucina, le aveva detto che da giovane avrebbe voluto essere una cuoca, ma i soldi te li davano il governo e il lavoro veniva svolto dai robot. Lei se avesse potuto sarebbe voluta diventare una scrittrice, leggeva tanto e qualche volta scriveva qualcosa su un piccolo computer, semplici storie lunghe qualche pagina.
-Dakota, il tè è pronto vieni di qua. – La ragazza si alzò e si diresse in cucina, non era cambiata di una virgola, le pareti giallo limone che stonavano con il tavolo moderno e le sedie di vetro, ma a lei non importava. Si sedette su una sedia e la zia le mise davanti un delizioso tè verde, ne prese un sorso ed era perfetto, ben zuccherato con del latte.  – Credevo che non saresti venuta dopo la morte di tua madre. – Con la zia si parlava tranquillamente, non le dava fastidio se le diceva che la madre era morta.
-Come potevo lasciarti sola zia? So che ti manco quando non vengo. –
-Si mi manchi, ma potevi almeno avvertire, non ti ho neanche rifatto il letto. – Non era infastidita, aveva un’aria più preoccupata.
-Me lo rifaccio da sola, non ti dispiace se ti lascio, vero? Vado a mettere a posto la mia roba, a tra poco. – La sua stanza si trovava al secondo piano, era bella, moderna, ma non appariva fredda, aveva le pareti verdi e il letto era in legno.
Prese i suoi vestiti e li sistemò nell’armadio.  Guardò l’ora sul display della sveglia elettronica, poi guardò fuori, il cielo era puntellato di stelle, che apparivano come tanti piccoli puntini su uno sfondo nero, ecco un’altra cosa che le piaceva di quel luogo, c’erano tante stelle. Decise che era ora di coricarsi, si mise il pigiama e recuperò le due cartine, il giorno dopo avrebbe voluto visitare il luogo indicato dalla mappa per vedere se c’era qualcosa di strano, le osservò attentamente finché non si addormentò con ancora le cartine in mano.
Si svegliò di soprassalto, presa da un incubo su suo fratello; si accorse che le cartine non erano più al loro posto, non erano ne sulla scrivania ne sul comodino, stava per chiamare la zia quando si accorse che le luci erano accese e da lì provenivano delle voci; era strano che la zia fosse alzata a quell’ora, era presto, appena le tre di notte. Si alzò dal letto e scese silenziosamente le scale; piano piano le voci erano sempre più nitide, distinse quella della zia ed un’altra che le sembrava familiare, ma non riusciva a collocarla.
Si avvicinò alla porta della cucina e  ciò che vide la spiazzò. Riconobbe la voce, la stessa voce che le leggeva le fiabe della buonanotte, la stessa voce che più volte l’aveva rassicurata e la stessa voce che molti anni prima aveva creduto di non poter più sentire.
-James. – Le sembrava di averlo pensato,  ma lo aveva detto ad alta voce, sentì che le voci si interrompevano e si costrinse a spostarsi alla luce; vide gli sguardi della zia e del fratello sconcertati nel vederla; James non era cambiato molto, sempre la stessa lunghezza dei capelli e gli occhi che cambiavano colore, l’unica differenza era la barbetta incolta sul mento e i muscoli più evidenti.
-Daki, senti non è come sembra … - Cominciò lui, ma lei era arrabbiata.
-Non non ti voglio ascoltare, sei sparito per tanti anni, prima papà poi tu e infine mamma! Dove sei stato! Credevamo fossi morto! Piangevo sulle tue cose ogni sera! Ah, poi lo sai che George non parla praticamente più, è? Te lo chiedo perché vedo che ti tieni bene informato! – Il suo sguardo che fino ad adesso era stato su James si spostò sulla zia. – Tu lo sapevi, tu hai visto come stavo male, come stavamo male! Ho pianto nelle tue braccia, mi avete tradito entrambi! – La sua voce si incrinò notevolmente. – Non hai neanche il diritto di parlarmi, ne tu ne lei! – Corse di sopra, lontano da lui, in quell’ultimo periodo continuava a sperare di incontrarlo di nuovo, ma ora si sentiva tradita da lui e dalla zia.  Prese i suoi vestiti dall’armadio e li infilò dentro la valigia senza neanche piegarli. Chiuse la valigia e corse di sotto; voleva andarsene da quella casa che l’aveva da sempre rassicurata, ora non era niente; non capiva neanche perché aveva reagito così, ma ormai era troppo tardi, quando uscì dalla abitazione fece sbattere la porta.
 
Sentirono la porta sbattere, non avevano proferito parola da quando Dakota li aveva scoperti, la sua sorellina era cresciuta, qualche volta la guardava da lontano, era sempre sola e triste. Non l’avrebbe lasciata scappare. Corse fuori in inseguimento della sorella. Vide che camminava decisa in direzione della stazione. La chiamò più volte, ma lei non rispondeva, le corse incontro e la girò verso di se usando la forza; le guardò il viso rigato di lacrime e gli occhi arrabbiati e tristi; all’inizio gli diede dei pugni sullo stomaco senza metterci forza dicendogli di lasciarla, ma poi stanca si accasciò tra le sue braccia tirandoli per terra entrambi, singhiozzò sul suo petto come faceva quando da piccola si faceva male. Lui la accolse fra le braccia e la prese in braccio riportandola in casa.
Varcò la soglia della casetta con Dakota in braccio singhiozzante, la zia era ancora in cucina, seduta su una sedia.
-Siete tornati! Ero preoccupata! James dobbiamo andare, è tardi. – Il ragazzo guardò la sorella ancora tra le sue braccia.
-Dakota viene con noi, da quando ha scoperto che non sono scomparso è dentro quanto me e te. –
-Non ne saranno molto contenti. – Borbottò in risposta lei. Dakota si riscosse dalle braccia del fratello e lui la fece sedere su una sedia.
-Di che parlate? – Disse a bassa voce.
-Daki, dobbiamo andare in un posto e tu vieni con noi, ok? –
-Si, certo, ma dove? E le mie cose? –
-Non ti serviranno. – James aveva evitato apposta a rispondere alla prima domanda. – Adesso vieni, forza siamo già in ritardo. –
Dakota non si era accorta che parcheggiata fuori dalla casa c’era una macchina, era del fratello, fece salire la zia dietro mentre lei si sedé davanti con lui. Non parlarono per il viaggio, ma qualche volta i loro sguardi si incontravano. Si fermarono a qualche kilometro dalla casa della zia; erano vicino ad un punto particolarmente verde, nel senso che c’erano almeno due o tre alberi, in quell’epoca era il massimo. Lasciarono la macchina lì vicino, poi James si avvicinò ad uno di quegl’alberi e spinse su uno dei nodi, da quel nodo uscì uno scherma dove il ragazzo posizionò una mano. A pochi passi si aprì un varco con delle scale.  
-Che cos’è questo? – Chiese Dakota incredula.
-Fidati di me. – Rispose lui, molto chiaro. Scesero le scalette fino ad arrivare in un’enorme caverna sotterranea illuminata da delle lampade. L’atmosfera era tetra, ma James andava avanti spedito, sicuro di ciò che faceva. Camminarono attraverso la caverna per un po’ fino a ritrovarsi davanti ad una porta di legno molto grande. Il ragazzo aprì la porta ed entrò, all’interno c’era una piccola città, con persone che si muovevano e piccole casette come quelle descritte nei libri. Davanti a loro c’era un tavolo e dietro c’era un ragazzo che assomigliava incredibilmente a Jake, ma il ragazzo aveva occhi azzurri con dei riflessi argentei e i capelli erano biondo scuro, il viso però era in tutto e per tutto uguale a quello di Jake.
-Luke, dov’è tuo padre? – Chiese James al ragazzo.
-Aveva da fare, ha detto che chiunque lo cercasse avrebbe dovuto parlare con me. Buonasera signora Tarris. –
-Buonasera anche a te. – Rispose la zia.
-Chi è la ragazza? Dovevate essere solo voi due. –Disse il ragazzo con lo sguardo rivolto verso di lei.
-E’ mia sorella, stava da mia zia e ci ha sentiti parlare, ci si può fidare. – Le sorrise.
-D’accordo, ma è in pigiama? – Dakota si guardò e vide che si era dimenticata di vestirsi, sulle sue guance comparve del rossore.
-Avevamo fretta. – La scusò il fratello. – Vado a farle mettere qualcosa addosso, ma ricorda che voglio parlare con tuo padre. –
-Posso accompagnarla io, mio padre è in biblioteca insieme a mio fratello. – James la lasciò sola con il ragazzo. Restarono in silenzio, lui che guardava lei e lei che guardava per terra. – Piacere sono Luke Michaelson. – Le tese una mano.
- Dakota Tarris. – Strinse la mano tesa del ragazzo. – Scusa se te lo chiedo, dove siamo? Mio fratello non me lo ha detto. –
-Questo è il rifugio, veniamo qui per non attenerci alle regole là fuori, se tuo fratello ti ha portato qui vuol dire che anche a te piace fare qualcosa che è contro la legge. – 


Spero vi sia piaciuto e promuovo la campagna per le recensioni, aiuta un povero autore!
Pervi_
  
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