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Autore: Shatzy    07/05/2008    14 recensioni
Le finestre sono opache, i pavimenti polverosi come la sabbia delle strade, e la gentaglia che frequenta questo Saloon è la stessa che si ritrova ogni volta, e io ne ho vista tanta, nel mio continuo girovagare.
Ma in fondo, io sono Roy Mustang. Il ricercato più famoso di tutta la regione.
RoyAi.
[Dedicata a Nimpha. Tantissimi auguri ^^]
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Far west

Disclaimer: i personaggi citati appartengono ai legittimi proprietari. Spero che stavolta non mi denuncino, visto le stupidaggine che sono uscite fuori in questa fic ^^” (Chiedo perdono, Arakawa-Sensei!).

 

 

Nota: questa fic è dedicata a Nimpha. Tanti auguri, mia cara admin ^^

Per questo ho scelto un genere che condividiamo: il demenziale. Non so quanto ci sia riuscita, ma credo sia la cosa che più ci si avvicina ^^”

L’ambientazione è particolare, e per questo dovrete ringraziare elyxyz (che spero non leggerà mai ‘sta cosa ^^”) che mesi fa mi ha messo la pulce nell’orecchio su questo tema, parlando di tutt’altro ovviamente XD Ma si sa, il mio cervello lavora per conto suo, e non posso fermarlo. 

Ho deciso di pubblicarla comunque, nonostante tutto, perché oggi è un giorno di festa, e l’unica cosa che conta è fare gli auguri a Nimpha, per cui fatevi sentire ^^

Buona lettura!

 

 

 

Far west

 

 

Apro con sicurezza un’anta di legno, che cigola sotto la leggera pressione. Il cielo è scuro, sebbene sia ancora pomeriggio, è carico di un’acqua che in queste terre tende sempre a tardare.

La città è silenziosa, polverosa come tutte quelle che ho incontrato sulla mia via. Entro nel locale con fare sicuro, le mani in tasca, lo sguardo alto e superbo.

Questo posto fa schifo.

Questa città fa schifo.

Arrivo davanti al bancone del bar, sentendo i miei stivali impolverati riecheggiare sul pavimento ligneo, prendo uno sgabello lì vicino e lo libero dalla polvere incrostata sopra.

Chiamo il barista con un cenno calcolato della testa, la mia sicurezza trasuda da ogni centimetro del mio essere. L’uomo si avvicina lentamente, è un energumeno alto più di due metri, una vera montagna di muscoli. Posa il bicchiere che stava asciugando con un panno sporco sul bancone, e mi chiede cosa desidero.

“Whisky. Doppio.”

Inutile chiedere, prendo sempre qualcosa di forte che possa bruciarmi i polmoni. Adoro la sensazione del fuoco dentro di me. Mi fa sentire potente.

Ma in fondo, io sono Roy Mustang.

Il ricercato più famoso di tutta la regione.

Ingoio tutto d’un fiato il liquore, e mentre ne ordino un altro al barista di fronte a me, do un’occhiata al locale.

Fa schifo, ma questo già lo sapevo.

Di sicuro ha visto tempi migliori. Le finestre sono opache, i pavimenti polverosi come la sabbia delle strade, e la gentaglia che frequenta questo Saloon è la stessa che si ritrova ogni volta, e io ne ho vista tanta, nel mio continuo girovagare.

Beh, non che possa rimanere fermo in un posto con il mio curriculum. Io sono un bandito gentiluomo, non rapino banche, non assalto treni, non uccido indiani.

Io rubo eredità alle giovani vedove. Il mio fascino deve pur essere sfruttato, no?

Sorrido amaramente alla vista degli individui che affollano il locale. Dietro di me quattro uomini giocano a poker, immersi in una nuvola di fumo di sigaro, tra un bicchiere di liquore e una risata maliziosa. Sembra che quello biondo e quello rosso stiano ingannando il piccoletto con gli occhiali.

Non che mi interessi, nel West vale la regola del più forte, se non hai la forza di vivere allora è meglio soccombere.

Solo adesso mi rendo conto che c’è una musica in sottofondo, e mi volto da un lato. C’è un pianoforte, e davanti un ragazzino biondo che suona. Lo fisso, non deve avere più di tredici anni.

“Le piace questa musica?” mi chiede il barista, che aveva ripreso ad asciugare il bicchiere. 

Io non rispondo, non sono un tipo loquace.

“Quel ragazzino è famoso in tutta la contea” riprende l’uomo. “Si dice che porti sempre con sé il suo pianoforte.”

“Si porta dietro quel pezzo di legno?” chiedo stupito.

“Nessuno sa come fa, dicono che sia l’unica cosa rimastagli della sua famiglia.”

Sorrido amaramente mentre sorseggio l’ennesimo whisky. Ognuno ha i suoi segreti.

“Oh, eccola.” Il barista si gira sorridendo, mentre sento dietro di me i quattro giocatori di poker fischiare apprezzamenti. Una ragazzina con lunghi capelli biondi è salita sul palco, vicino al pianista, e ora si è messa a cantare una di quelle canzoni che vanno tanto di moda in questi locali da quattro soldi. I suoi grandi occhi blu risplendono di allegria, quando incontrano quelli dorati del pianista. Un amore adolescenziale. Patetico.

Torno al mio bicchiere, non c’è niente di meglio di una sana bevuta per rilassarsi. In fondo io sono…

“Roy Mustang!”

Eh?

Mi volto sorpreso. So di essere un tipo conosciuto, ma questa è la voce di una donna. E infatti.

Sono costretto a coprirmi gli occhi con una mano, abbagliato dalla leggera luce che entra dall’esterno, ora che la figura sulla porta tiene spalancate le ante con entrambe le mani. È senza dubbio una donna.

“Ti ho trovato!” mi dice. Si avvicina a grandi passi, mentre nel Saloon è sceso il silenzio. È bella, bionda, e sicuramente formosa. Il tipo di donna che mi piace.

“Ehi, bellezza, cerchi compagnia?” le domando maliziosamente. Nessuna ha mai rifiutato il mio invito.

“Roy Mustang. Soprannominato così per via del cavallo che è solito cavalcare. Bandito. Ricercato in otto paesi. Ladro di eredità di dieci ragazze vedove e dodici giovani donne di famiglia ricca. Ha un taglia di 520 milioni di cenz sulla sua testa. Vivo o morto.”

Ma che cavolo…?

Solo ora mi rendo conto della stella d’argento che brilla sul petto della donna davanti a me.

“Ti ho trovato!” la donna sorride in modo diabolico, prima di estrarre una pistola dalla fondina e puntarmela addosso.

È talmente veloce che a malapena mi rendo conto di quello che ha fatto.

“Ehi, piccol-

BANG.

Per un soffio riesco ad evitare il proiettile, che si infrange nel vetro di qualche bottiglia, alle mie spalle, dietro il bancone.

Ma che cos-?”

BANG. BANG. BANG.

Altri spari. Corro all’impazzata, nascondendomi dietro un tavolino, che prontamente rivolto. La sento però avvicinarsi, mentre continua a sparare senza sosta.

Intanto gli altri occupanti del Saloon sono corsi ai ripari dietro qualche nascondiglio.

La tizia continua a spararmi contro. E io continuo a scappare.

“E’ inutile fuggire, ormai ti ho catturato!” Mi urla.

Non capisco cosa voglia da me, ma non è il momento per pensare. Sono già 4 tavolini dietro cui mi nascondo, e che quella pazza distrugge. 

Sento una pausa, e lei che ricarica l’arma.

Con un salto arrivo dietro al bancone, dove anche il barista si era rifugiato, stringendo a sé il suo bicchiere.

Ma quella chi cavolo è?” chiedo, più a me stesso che ad altri.

“Non lo sai?” mi risponde lui, intimorito. “Devi essere l’unico a non conoscerla. È lo sceriffo di Central City. Si chiama Riza Hawkeye. Ha una predilezione per le armi da fuoco, e dicono che da quando ha assunto il suo incarico, nessun bandito le sia mai sfuggito. È una che quando prende di mira qualcuno non se lo fa scappare. Nessuno sa quale sia il suo vero nome, ma la sua vista perfetta e i suoi centri sicuri l’hanno soprannominata così.” Mi spiega, come se stesse parlando di un essere mitologico. Eppure quella donna è qui, e mi sta ancora sparando contro.

“Il mio locale…” piagnucola l’omone, riferendosi probabilmente ai tavolini rovesciati, agli innumerevoli bicchieri rotti e ai liquori versati. Quella donna non ha mezze misure.

Provo ad uscire dal mio nascondiglio, ma un proiettile mi sfiora la tempia.

Non demorde, la ragazza.

Non posso sparare contro una donna, non è nei miei principi, anche se la donna in questione è una pazza maniaca delle armi da fuoco. Mi sistemo meglio la giacca, passandomi una mano tra i capelli.

Un’arma segreta ce l’ho anche io.

“Ehi, bellezza” le urlo, ancora nascosto. “Hai vinto, va bene? Mi arrendo.”

Gli spari cessano, finalmente le mie orecchie possono riposare.

“Esci immediatamente da lì, Mustang” mi intima.

Con le mani alzate e il mio ghigno sicuro, esco dal mio nascondiglio, notando la confusione creata nel Saloon. Ora fa anche più schifo di prima, e pensare che io odio lo sporco.

Mi avvicino alla mia nemica, che ancora mi tiene sotto tiro con la sua pistola. La divisa blu che indossa le sta male, dovrebbe mettere qualcosa di più femminile. Mi piace il suo sguardo sicuro.

Che hai da sorridere?” mi chiede bruscamente.

“Niente, piccola. È che sei molto carina tutta seria così, perché non abbassi quella pistola e proviamo a conoscerci meglio?”

“Sta’ zitto.” Mi avverte, pestandomi un piede.

“Ahia! Ma sei matta?!” mi lamento.

“Silenzio. Ti sto seguendo da giorni, Mustang.” Ricomincia. Certo che il suo tono serio ha un qualcosa di seducente… “Non scapperai più. Verrai con me a Central City e risponderai dei tuoi crimini.

Ehi, ma quali crimini…?” le dico, scrollando le spalle.

“Hai ingannato tutte quelle povere ragazze, e ti sei appropriato dei loro beni.”

Senti, dolcezza, quelle ragazze hanno fatto tutto di loro spontanea volontà. Io non c’entro proprio niente. Se vuoi prendertela con qualcuno, quello non sono io. Le spiego con strafottenza.

Quella mi guarda con freddezza, facendomi gelare il sangue.

“Sei un criminale della peggior specie, ma adesso pagherai per i tuoi crimini!” mi ripete.

“Io non credo…” e sfodero il mio sorriso più seducente, quello che ha rovinato 22 ragazze, e anche qualche loro madre. Le accarezzo la guancia con una mano, sfiorandole la pelle morbida.

Lei sorride, finalmente, e abbassa lo sguardo. Mi prende gentilmente la mano e all’improvviso nei suoi occhi torna la freddezza di prima, tanto che mi gira il braccio dietro la schiena, piegandomi sulla mie gambe.

“Ahi!!!” urlo. “Smettila! Tu sei pazza del tutto!!

“Con i criminali come te è inutile usare le buone maniere.” Mi risponde calma.

Ma chi cavolo è questa tipa?

“Va bene, va bene, ma smettila!!

Mi lascia andare, dandomi un calcio e facendomi cadere per terra. Mi volto a guardarla, e mi sta di nuovo minacciando con la pistola.

“Senti, piccol-” sento il clic della pistola, “senti, signorina sceriffo, mi arrendo, mi arrendo. Dichiaro.

Lei abbassa l’arma, mentre io mi rialzo lentamente. Oggi non è proprio giornata.

“Ehm, devi proprio guardarmi così?” le dico, visto il suo sguardo freddo. “Saresti molto più carina se sorridessi un po’.

Lei mi si avvicina, prendendomi la mano. È davvero carina, ed ha anche un buon profumo. Che sia un angelo sceso dal cielo solo per me?

CLIC.

Eh?

Guardo il mio polso, per trovarlo incatenato al suo, con un paio di manette.

“COSA???” urlo, in preda al panico.

“Così non mi sfuggirai” evidenzia tranquilla.

Questa tipa fa sul serio… Ed è un diavolo, un diavolo!

“Ce ne era bisogno?”

“Sì.”

“Uffa…” sbuffo. “Se ti piacciono le manette conosco qualche bel giochino, posso insegnartel- ahia!!” mi strattona il braccio, facendomi male sul polso con il ferro. 

“Stai sempre a lagnarti. Dovresti essere tu la donzella in pericolo, non le tue vittime. Dichiara seria.

Che cosa? Ehi! Tu non hai idea di chi sono io!”

“Roy Mustang. Chiamato così per-”

“Sì, sì, ho capito, il mio era solo un modo di dire.

“Eh?”

“Niente, lasciamo stare.”

Ma questa da dove è uscita fuori?

“Andiamo” mi ordina, facendomi alzare bruscamente.

“Ehi, non correre! Senti, aspetta un momento…”

“No.”

“Ehi? Mi ascolti?”

“No.”

È ostinata, mentre mi trascina verso la porta. Riesco a fermarmi: anche se io sono un uomo, quella donna dimostra una forza fuori dal comune.

Che vuoi?” mi fa.

“Ecco… io…” abbasso lo sguardo. “Volevo chiederti scusa.”

E perché?”

“Per tutto quello che ho fatto. Io sono pentito, davvero.”

“Non devi scusarti con me, ma con le tue vittime, e dopo sarai giudicato.

Inghiottisco a vuoto. È una tipa tosta.

“E’ solo che…”

“Muoviamoci.” E riprende a camminare.

“E’ che non so che fare della mia vita, non sono capace di trovare un lavoro, non sono abile in niente, ho soltanto questo immenso fascino, e quindi ho pensato di risolvere in questo modo” provo a spiegare, continuando per forza di cose a seguirla.

Che uomo debole…” commenta sprezzante.

“Ehm…” sudo freddo. “Il fatto è che mia madre è morta quando ero piccolo, e la mia matrigna è sempre stata cattiva con me, così ho riversato questa mia incapacità di amare le donne su persone innocenti. Ho sbagliato, lo so.” Sussurro debolmente, fermandomi.

Lei mi si avvicina, vedo compassione nei suoi occhi. Mi accarezza una guancia con una mano, il suo tocco è delicato e caldo.

“Hai sbagliato, ma ti aiuterò io ad uscirne.

“Davvero?” le chiedo fiducioso.

“Sì. Andrà tutto bene, vedrai.”

“Non so come ringraziarti…”

“Non ce ne è bisogno, è il mio lavoro.”

“Forse, un modo…”

Le sorrido, e senza chiederle il permesso la bacio dolcemente. La sento irrigidirsi, ma poi si rilassa piano piano, sotto il mio tocco. Le sue labbra sono morbide come il velluto, potrei anche morire qui, in questo momento, e non avrei rimpianti. Chiudo gli occhi lentamente… No! Non devo distrarmi!

L’abbraccio con la mano libera, mentre lei si scioglie sempre di più sulle mie labbra. Mi dispiace dover terminare questo breve incontro, ma non è il momento di perdersi in simili fantasie.

CLIC.

La vedo staccarsi velocemente da me e guardare in basso, dove i nostri polsi sono finalmente liberi dalle manette, grazie alla chiave che le ho gentilmente strappato dalla cinta.

Lei capisce tutto e mi guarda con odio, portandosi una mano alla fondina.

“Ehi” le faccio io, alzando le mani, con un sorriso malizioso. “Non dirmi che non ti è piaciuto…”

Lei sfodera l’arma, e ad una velocità che non credevo possibile inizia a spararmi contro, riprendendo la distruzione del locale da dove l’aveva lasciata.

Io inizio a scappare, stavolta non riuscirò a fermarla con qualche parola e qualche moina, è diventata una belva scatenata.

Però è stato divertente.

Lo rifarei.

“Ehi, labbra di pesca, io sono qui, non riesci a prendermi?” la provoco, evitando per miracolo la sua scarica di proiettili.

Probabilmente morirò. Ma ne è valsa la pena.

“Devo ricordarti la tua taglia, Mustang?” mi provoca. “Vivo o morto!”

Inizio a sudare freddo, ma questo inseguimento mi sta divertendo.

Corro verso uno dei tavoli rigirati, salto sopra i quattro giocatori di poker, rompendo gli occhiali di uno e forse il naso di un altro. Mi avvicino ad una finestra rotta ed esco all’esterno fuggendo dalla mia bella inseguitrice. Per poco, però, perché la vedo uscire come una furia dalla porta del Saloon e continuare a spararmi senza sosta.

Ma dove teneva tutte quelle munizioni?

Però è carina anche quando è arrabbiata.

“Sei un uomo morto!” mi urla.

“Prima devi prendermi, dolcezza.” La prendo in giro.

Inizia ad inseguirmi, mentre io corro come un fulmine, lontano, verso il tramonto, seguito solo da una donna bellissima e dalla sua pistola… 

..

.

 

 

 

 

“Colonnello?”

“…”

“Colonnello?!”

Mh…”

“Si svegli, per favore. Ha un appuntamento.”

“Eh? D-dove… dove sono?”

Roy si alzò leggermente dalla sua scrivania, sulla quale era miseramente crollato.

“E’ in ufficio, signore.”

Finalmente alzò lo sguardo sulla sua sottoposta, e…

“AHHH!!!” urlò, cadendo dalla sedia e nascondendosi sotto la scrivania. “Sei ancora tu! Basta!!!” piagnucolò.

Riza rimase sconvolta, alzò un sopracciglio in segno di incredulità, mentre gli altri sottoposti avevano addirittura fermato la loro partita a carte per assistere alla scenetta.

“Signore, tutto bene?”

“Non ti avvicinare! Mi arrendo, mi arrendo!” Roy si alzò di scatto, allontanandola con un braccio.

Dopodiché sembrò svegliarsi del tutto, guardando prima il volto di Riza, stupito, e poi quello dei suoi subordinati, che trattenevano a stento una risata. Arrossì imbarazzato.

“Ehm, io…”

“Ha bevuto troppo.” Lo sgridò pacatamente lei, indicando la bottiglia di whisky sulla scrivania. “E si è addormentato.”

“Ah… era un sogno.”

Cosa?”

N-niente…” balbettò.

“I fratelli Elric sono appena andati via, dopo l’incontro avuto con lei poco fa, insieme alla loro amica, Winry.

“Ah. Bene.”

“Il Maggiore Armstrong la sta aspettando nell’altra stanza… Ma è sicuro di stare bene?” chiese di nuovo Riza, un po’ preoccupata.

“Sì, sì, tutto benissimo. Tranquilla.” Le sorrise, in modo non troppo rassicurante.

Riza si avvicinò alla propria scrivania, decidendo di lasciar stare il proprio, strano superiore. Estrasse la pistola della fondina.

Ahh!! Non mi sparare, non mi sparare!”

Si voltò di scatto, per vedere Roy chiuso in un angolo, che agitava le mani davanti al viso, terrorizzato da lei.

Mh? Signore, perché dovrei spararle?”

“Per le donne che ho avuto e che ho ingannato!”

Riza strabuzzò gli occhi.

“Scusi?!”

“Non lo farò più, te lo giuro, non guarderò più una donna senza il tuo consenso!”

Gli altri quattro nella stanza cominciarono a ridere a crepapelle, mentre Riza era seriamente convinta di chiamare un medico.

“Colonnello, ehm… va bene, come vuole. Ma adesso si calmi. Se ben si ricorda non le ho mai sparato, né in ufficio né fuori. Non le ho mai neanche puntato la pistola contro, non vedo perché dovrei farlo ora…”

“Eh?” Roy si riprese subito, ritrovando la sua intelligenza. “Ehm…” guardò le facce sghignazzanti dei suoi subordinati. “E voialtri tornate al lavoro, subito!” ordinò, rosso in viso.

“Colonnello…” Riza gli si avvicinò, preoccupata.

“Era un’esercitazione.”

“Eh?”

“Volevo vedere come reagivate nel caso in cui mi fossi ammalato di mente. E solo tu hai superato la prova, gli altri stasera rimarranno qui a fare gli straordinari!” sentenziò, mentre un grido di contrasto si levava dai quattro in questione.

“Ah, meno male, signore, mi stavo preoccupando” sorrise sollevata.

Dunque, il Maggiore dov’è?”

“Subito, signore, da questa parte.”

“Ehm, stavolta preferisco seguire te, invece di essere seguito…”

“Come vuole.”

Riza gli sorrise di nuovo, e Roy non poté non rispondere.

Chissà se quelle labbra sapevano davvero di pesca

 

 

 

Fine

 

 

 

 

Noticina: Nimpha cara, spero sia stata di tuo gradimento, c’è anche una sottospecie di bacio XD

E notate l’accenno minuscolo all’EdWin ^^

 

 

 

Inserisco una nota, dato che mi sono resa conto che forse la fic è un po’ contorta.

L’idea di base è il sogno, quindi l’ambiente e soprattutto le persone non sono molto vivide e ben descritte, ma solo accennate (proprio come quando si sogna). Ma probabilmente ho calibrato male le descrizioni. Dunque.

Il barista è il Maggiore Armstrong.

I 4 giocatori di poker sono i 4 subordinati della truppa: Havoc, Breda, Fury e Falman.

Il pianista è Edward, e il pianoforte sarebbe la trasposizione di Al. Nella realtà lui è un’armatura, ma dato che nel far west non ne ho viste molte, ho deciso di farlo diventare un pianoforte (non me ne vogliano i sostenitori XD). Il concetto è lo stesso: Ed viaggia sempre con Al, che è molto più grande di lui. Non mi sono soffermata sul come faccia Ed a trasportare Al, volevo soltanto rendere la cosa particolarmente assurda: vedere un ragazzino che si porta dietro un piano mi è sembrata una cosa simile a Ed che si porta dietro un’armatura (che cammina da sola, ma fa sempre il suo effetto, no?).

La cantante è Winry, vabbé, c’eravate arrivati.

 

E poi c’è Riza. Sì, è una pazza in questa fanfic, lo ammetto. Ho reso al massimo il suo lato ligio al dovere e la sua passione per le armi. Ma ricordo che è un sogno, le cose possono essere distorte.

Volevo metterci un po’ d’ironia, ma non credo di esserci riuscita. Sembra che sia la norma pensare che Riza spari a Roy, quando in realtà non l’ha mai fatto (per ora ^^”). Ed ecco perché qui è una pazza scatenata e risulta un tantino assurda.

Poi c’è il dubbio di Valy. No, non credo neanche io che nel Far West ci siano donne sceriffo, ma questo è un sogno, e Riza ce la vedevo troppo bene in quel personaggio. Quando ho pensato a che parte farle fare mi è venuto in mente anche la cantante, ma Win è più adatta.

 

Mi sa che ho complicato le cose con questa fic. Nimpha, ti chiedo perdonooooo ç____ç

   
 
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