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Autore: Sadie_Maiden    05/12/2013    3 recensioni
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- Questa volta i bassisti hanno davvero esagerato.
Pete Townshend ringhiò a denti stretti questa frase lapidaria fra un sorso e l'altro di birra.
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Fight from the inside.

- Questa volta i bassisti hanno davvero esagerato.
Pete Townshend ringhiò a denti stretti questa frase lapidaria fra un sorso e l’altro di birra.
Quella sera, i chitarristi di molte band storiche si erano riuniti tutti in pizzeria, con il nobile intento di consolare la chitarrista Amber, malamente bistrattata da Sadie, sua amica, compagna di gruppo nonché - in primis - bassista.         
Poiché oltre al danno si aggiungeva la beffa, rincuorarla non era stato facile: dopo essersi pesantemente presa gioco di Dave Grohl, “marito” di Amber, Sadie era persino uscita a cena con i bassisti al gran completo, lasciando l’amica da sola: inutile dire che i chitarristi non poterono tollerare un affronto simile. Dal momento che la categoria dei bassisti viene, notoriamente, tenuta in scarsa considerazione un po’ da tutti, un tiro mancino come quello di Sadie potrebbe essere comprensibile; i chitarristi, in ogni caso, erano risoluti a farla pagare ai propri colleghi.
- Sì, Pete ha ragione! È ora che gli si ricordi una volta per tutte qual è il loro posto!
- Razza di approfittatori, non fanno un cazzo e si beccano il merito della band tanto quanto noi!
- ...noi ci facciamo un mazzo tanto alla chitarra e loro manco gli accordi hanno!
- Dovrebbero essere banditi per sempre dalle band, tanto negli album in studio il basso possiamo suonarlo noi e dal vivo non è indispensabile!
Si scatenò un putiferio: ciascuno voleva dire la propria e i toni si facevano sempre più accesi, i propositi di vendetta sempre più aggressivi. Stavano ancora parlando male dei bassisti, quando proprio questi ultimi, capeggiati da Roger Waters (e da chi, sennò?), irruppero nella pizzeria.
- Ehilà, chitarristi! Affogate i vostri dispiaceri nell’alcool? - domandò, sarcastico, Dave Ellefson, bassista dei Megadeth.
- Se vi vedessero i vostri fan ora! I più grandi chitarristi di tutti i tempi riuniti intorno a un tavolino a piangere per essere stati trattati male da una ragazzina - sghignazzò Waters, senza notare (o ignorando) lo sguardo inviperito che gli lanciò Sadie per quel “ragazzina”.
I chitarristi si guardarono un attimo, interdetti, ma seppero subito cosa fare. Bastò un cenno di Mustaine, perché tutti afferrassero i propri bicchieri di birra e li versassero addosso a un bassista ciascuno. Questi ultimi, increduli, rimasero per una manciata di secondi ad osservarsi gli abiti macchiati, la rabbia che si sostituiva lentamente all’incredulità; sibilarono poi un “L’avete voluto voi” e si precipitarono verso i tavoli, ghermendo le pizze e sbattendole in faccia ai colleghi.
Certo, ritrovarsi il viso ricoperto di acciughe e pomodori non è piacevole per nessuno, ma i chitarristi reagirono prontamente, utilizzando le vesti dei compagni come asciugamani alternativi. A dire la verità, molti di loro - fra cui spiccavano Townshend, Mustaine e Slash – avrebbero voluto avventarsi da subito sui bassisti per distruggerli, ma, almeno per il momento, la lotta si mantenne sulla linea delle provocazioni reciproche.
Quale sarebbe stata la prossima mossa dei bassisti? Beh, raccolsero tutta la saliva che avevano e sputarono nei bicchieri e nei piatti dei chitarristi, cercando di mantenere un briciolo di dignità, malgrado puzzassero di birra e fossero sporchi di pomodoro. I chitarristi, allora - persino i più pacati - non seppero più trattenersi e sputarono direttamente sui bassisti; fu proprio Brian May, per ironia della sorte, ad effettuare il tiro migliore, poiché centrò Paul McCartney in pieno occhio, sotto lo sguardo incredulo di Sadie.
- AHI! IL MIO OCCHIO! - urlò il bello dei Beatles, portandosi la mano alla zona colpita, mentre Waters non poté evitare di applaudire entusiasticamente.
- Che tiro, May! Che precisione, che parabola perfetta! Che signor sputo! - sciorinò entusiasta, mentre sia i suoi compagni sia i suoi nemici lo guardavano straniti. Fu di fronte ai loro sguardi allibiti, che Waters si ricordò di essere stato caposcout presso i Giovani Lama e che Maggio era un nemico; rimediò alla propria gaffe con un disinvolto: - Adesso, però, lascia che ti mostri un tiro ancora migliore - e sputò tutta la propria saliva in faccia a Gilmour, con un centro perfetto (cosa vi aspettavate, da un lama come Roger?).
- Maledetto! - imprecò David; dal momento che si trovava particolarmente vicino a Deacon, lo attirò violentemente a sé e lo prese in ostaggio con un braccio intorno al collo, minacciandolo con una saliera.
- DEEEEEAAAACON!!! - strillò Sadie, in preda ad un attacco di panico per il timido dei Queen, suo protetto e Angelo Custode. - QUALCUNO FACCIA QUALCOSA, PER DIO, NON STATE LI’ IMPALATI! NOVOSELIC, TRUJILLO, GONFIATELO DI BOTTE!
Suo marito e il pugile dei Metallica risposero prontamente all’appello della ragazza e strinsero Gilmorio d’assedio, l’uno braccandolo dal lato sinistro e l’altro dal lato destro.
- Lascia immediatamente andare Deaks o ti versiamo TUTTO questo pepe negli occhi - minacciò Krist, dall’alto dei suoi due metri; David, però, non si fede intimidire e continuò a fronteggiare i due energumeni con coraggio, mentre Deacon, sotto shock, credeva di morire.
Lasciamo per un attimo questa drammatica scena e osserviamo il resto del gruppo, poiché anche gli altri si stavano dando da fare. Mustaine, in particolare, era una furia: cacciava dal gruppo qualunque bassista gli capitasse a tiro, e sappiamo bene che una cacciata dal gruppo di Mustaine è equiparabile alla scomunica papale o anche peggio; il nostro indomito guerriero, tuttavia,  soffriva - e soffre tuttora - di una grande debolezza, che ha nome e cognome: Dave Ellefson. Questi, per risolvere la situazione, decise di ricorrere al trucco più vecchio del mondo: sfoderare tutto il suo fascino e la sua bellezza per distrarre l’amico e neutralizzarlo.
- Davey, tesoro, calmati - gli sussurrò, andandogli vicino e accarezzandogli i capelli di fiamma. - Andiamo via da questo putiferio, che ci stiamo a fare qui?
La tecnica di Ellefson parve funzionare e, come stregato, Megadave smise seduta stante di cacciare fuori dal gruppo i bassisti; stava per seguire l’amico con aria sognante, quando Marty Friedman, su invocazione di Amber, si gettò addosso ad Ellefson e lo staccò a forza dal chitarrista. Il bassista si sbilanciò e cadde all’indietro, ma Marty non ebbe il tempo di prendere ulteriori provvedimenti contro di lui, perché intervenne Duffone, un altro di stazza non indifferente.
- Lascia stare Ellef! - urlò, spiegando una tovaglia e lanciandola addosso all’esile chitarrista, che cadde a terra a sua volta, avviluppato nella stoffa.
In tutto questo, Gilmour era stato costretto contro al muro dai due bassisti extra-large, ma resisteva eroicamente. Tale prova di coraggio fu apprezzata da George Harrison, il quale, consapevole della notevole carica inceneritrice di alcuni suoi sguardi, ne indirizzò uno micidiale ai due nemici. Essi barcollarono e, forse, avrebbero anche lasciato in pace Gilmour, se Paul non avesse intercettato quello sguardo, a cui, essendo compagno di gruppo di George da molti anni, era ormai abituato. Bofonchiando improperi contro Brian e lamentandosi, con una mano ancora sull’occhio (eh già, Paul dopotutto è una mezza sega), gridò: - GEORGE! YOKO TI STA FINENDO TUTTI I BISCOTTI, CORRI O SARA’ TROPPO TARDI!
Insomma, si nota quanto Paul conosca bene i punti deboli di Harrison, eh? L’altro schizzò subito via in cerca della giapponese, per fargliela pagare, e il Pink Floyd si ritrovò di nuovo solo e sempre più alle strette di fronte al nemico.
- Oh, accidenti, qui finisce male per Dave! - imprecò Amber, che poi ebbe una folgorazione: schierò contro Trebor e Novo nientemeno che Tony Iommi e Grollo. Iommi apparve all’improvviso dinnanzi a Trujillo, rifulgendo della sua luce divina: la visione era così celestiale che il povero bassista, per giunta colto di sorpresa, non riuscì a reggerla e cadde in ginocchio, venerando il Potente e Sommo Maestro Sabbath; Novoselic fu distratto - ABBONDANTEMENTE distratto - dal sorriso-che-stende di Grohl, il quale, con il permesso della moglie, lo sedusse e lo allontanò. Un simile affronto ai due pezzi grossi dell’armata bassistica non poteva restare impunito: Cliff e Jason, compagni di gruppo di Robert, si precipitarono da lui e si frapposero fra il bassista e Iommi, spezzando la visione e rinsavendo il compagno; Sadie, notando Grohl in atteggiamenti decisamente troppo intimi con il marito, non si fece scrupoli a prenderlo a sberle di persona, mettendolo in fuga.
Mentre si consumava questa tragedia, ci siamo dimenticati del povero Friedman, “attovagliato” impunemente da Duff. Fu proprio Izzy Stradlin, compagno di gruppo dell’ossigenato, a liberare il Megadetto, con molte scuse per il comportamento dell’amico.
- Scusalo, a volte è un cherubino, ma spesso si comporta da vero stronzo!
Mi perdonerete se non riporto la risposta di Marty: la mia attenzione è catturata da due figure che, dopo essersi scambiate un cenno d’intesa, si allontanano furtivamente dalla ressa generale e cercano di guadagnare l’uscita della pizzeria. Chi saranno i due loschi figuri?, si domandò Amber. Che siano forse John Paul Jones e Pete Townshend?
Mai Sadie ebbe a sfottere una persona tanto quanto sfotté Amber in quella circostanza, dal momento che l’amica non sapeva che Pete era in realtà un chitarrista; ella, allora, corresse il nome del losco figuro con “John Entwistle”, ma questo non cambiava la sostanza: che intenzioni avevano i due Signori delle Tenebre? Io, in qualità di narratore, ve lo svelerò, perché sono onnipotente, onnisciente e onnipresente *l’ego si eleva*: erano diretti alle chitarre, delle quali meditavano di spezzare le corde, come vendetta trasversale; il passo, però, venne loro sbarrato da Slash, che li aveva notati dileguarsi e li aveva seguiti. Il chitarrista utilizzò la sua arma prediletta, ovvero i capelli: si tolse il cilindro, con un sadico sorriso sul volto...
- NO, SLASH! TUTTO, MA I RICCI PRENSILI  NO! - implorò Jonesy con orrore...
...i ricci cominciarono ad allungarsi, alla stregua dei tentacoli della Medusa, per ghermire i due sventurati come pesci all’amo e perderli per sempre in quella selva selvaggia e aspra e forte...
- SLAAAAAAAAASH! ATTENTO ALLE SPALLE!!!!
Un grido lacerò l’aria. Amber aveva notato ciò che il chitarrista dei Guns non poteva vedere: un Waters armato di forbici e rasoio, che, fischiettando l’aria “Largo al factotum della città” de “Il Barbiere di Siviglia”, stava per sferrare una sforbiciata ai corvini capelli del nemico. Slash, in preda al terrore, non fece in tempo a girarsi o a difendersi in alcun modo: Angus Young, compresa la gravità della situazione (tagliare i capelli a Slash equivaleva a sferrare una pugnalata al cuore ad una persona normale), mise in atto il suo celebre duckwalk e abbatté Roger al suolo, le forbici a un centimetro ormai dalla chioma del chitarrista.
Roger rovinò a terra e un pesante silenzio calò in quel gran bazar che era diventata la pizzeria: tutti, chitarristi e bassisti, sapevano che un Waters umiliato è capace di una furia distruttiva pari a quella di Crudelia de Mon col ciclo, il che supera ogni soglia ragionevolmente umana. Il  bassista si rialzò lentamente, tenendo il viso abbassato; quando lo sollevò, i suoi occhi mandavano tali lampi di odio e furia vendicatrice che Angus Young si fece piccino piccino.
- ADDOSSOOOOOOOOOOOOO!!!! - esplose Waters in uno dei suoi urli demoniaci, all’indirizzo di tutti i bassisti al gran completo. Essi, che mai disattendevano un ordine di Roger (tantomeno se questi era al livello si salvi chi può!  di rabbia), crearono un muro umano intorno al chitarrista degli AC/DC, circondandolo e impedendogli ogni possibilità di fuga.
Angus, in preda al panico e solo di fronte a un nemico tanto incazzato, invocò disperatamente aiuto presso i chitarristi; l’appello fu colto da Keith Richards, altrimenti detto l’Uomo-Corteccia: sfondò le linee dei bassisti e, una volta davanti a Young, creò per lui una barriera protettiva, incorteccendosi. Sono consapevole, oh cari lettori, che una simile circostanza possa suscitare ilarità, ma vi garantisco che la situazione era drammatica e che Keith stava per pagare caro il prezzo di tale slancio di altruismo. Sadie, infatti - trattenendo a stento le risate per la bizzarra metamorfosi della Pietra Rotolante - fornì ai bassisti delle scuri da boscaiolo, con le quali avrebbero potuto facilmente abbattere la corteccia. Dal momento che, tuttavia, la donzella, in fondo, amava Richards e aveva anche un cuore, offrì un ultimatum all’esercito nemico: Keith aveva un minuto per togliersi di lì e salvarsi dall’attacco delle scuri, altrimenti sarebbe stato abbattuto.
- KEITH! Vieni via subito! - gli urlò preoccupata Amber, che non aveva certo intenzione di perdere un soldato; l’Uomo-Corteccia tornò ad assumere le sembianze di Keith Richards e corse rapidamente via, trascinandosi dietro un Angus Young più morto che vivo dallo spavento. Era il momento di prendere decisioni drastiche, Amber ne era consapevole: distribuì a tutti i chitarristi dei tappi per le orecchie e spedì colui che, fino a quel momento, non aveva ancora avuto ruoli da protagonista, in quella lotta all’ultimo sangue: mister Jimmy Page, chitarra solista dei Led Zeppelin, che diede inizio ad un assordante assolo in banding e slide che sarebbe dovuto durare quaranta minuti e radere al suolo i bassisti.
Sarebbe dovuto durare, sì, perché, dopo i primi minuti di ovvio stordimento, Cliff Burton e Steve Harris, autentici dèi del basso, si ripresero in fretta e si pararono davanti a Paginetta più agguerriti che mai, rispondendo al suo assolo con uno strepitoso assolo di basso a botta e risposta, completo di ogni virtuosismo e a velocità vertiginosa: un lavoretto, insomma, proprio per loro due. Jimmy rimase così folgorato dall’abilità dei due bassisti che smise di suonare e si soffermò ad osservarli, pensieroso. Quella distrazione gli costò tremendamente cara: mentre si chiedeva come fosse possibile che dei miseri bassisti fossero capaci di tanto, non si avvide del passo silenzioso di Entwistle, che aveva preso la decisione della propria vita: il bassista degli Who gli zompò addosso e, dopo aver facilmente staccato la chitarra dalla fascia che la ancorava al corpo di Giggibob, la brandì alta in aria e la sbatté ripetutamente a terra, come tante volte aveva visto fare al compagno di gruppo. Provò un dolore acuto al cuore, ma si consolò pensando che il suo gesto fosse stato dettato dalle necessità di guerra.
- John! Ci sei riuscito, finalmente! Bravo!
Townshend corse fuori dalle file dei chitarristi, che osservavano con occhi sbarrati lo scempio della chitarra, e abbracciò compiaciuto il compagno di gruppo, momentaneamente dimentico della situazione; fu solo il ringhio di Mustaine “Torna nei ranghi, pezzo d’imbecille” che gli fece fare rapidamente dietro front e confondersi di nuovo fra i compagni.
Page rimase per qualche minuto in silenzio, pietrificato, di fronte alla propria fedele compagna fatta a pezzi; poi, un urlo gli proruppe dal petto. Si accasciò sulla carcassa della chitarra a due manici, piangendo e ululando, mentre nessuno dei presenti aveva il coraggio di fare nulla (ed Enty si sentiva sempre più un verme, anche se non l’avrebbe mai ammesso).
- RESISTI, JIMMY! STO ARRIVANDO!
Un urlo, una voce inconfondibile, una shilouette perfetta, una chioma di ricci biondi. Robert Plant, sensibilissimo alla disperazione dell’amato Jimmy, si precipitò da lui e, abbracciandolo, lo aiutò a rialzarsi, mentre l’altro, ancora in lacrime, si calmò un poco grazie al contatto con il suo principe. Una scena simile avrebbe causato un’implosione a chiunque, anche al più duro metallaro, e infatti tutti i presenti avevano gli occhi a cuoricino; l’unico immune a tutto ciò (tranne che per Nick Mason, il quale, però, essendo un batterista, non si trovava lì) pareva essere Roger, che prese a berciare senza ritegno: - Plant! E tu che ci fai qui? Questa è una questione che va risolta fra bassisti e chitarristi, pussa via tu, che non sai suonare niente!
- Non è vero, io so suonare il tamburello! Anche due alla volta, se mi gira! - strillò Plant per tutta risposta; ferito nell’orgoglio, aiutò Page a salire sul suo cavallo nero e si dileguò, mentre Waters continuava a gridargli dietro: - Anche il mio cane sa suonare il tamburello, testaccia bionda, e io NON HO CANI!!!
A questo punto, dopo l’intrusione di Robert, i Nostri, praticamente pari, avevano bisogno di qualcuno che sbloccasse la situazione e rimettesse in moto la guerra. Ci pensò Kirk, chitarra solista dei Metallica, che non aveva ancora avuto un ruolo da protagonista: prese a scuotere i vaporosi ricci neri, lanciando plettri tutt’intorno come fossero stelle-ninja (non per niente il nome da supereroe di Kirk è Plettro-man). Dopo un iniziale momento di panico e disorientamento dei bassisti, questi afferrarono i piatti della pizzeria e, facendosi scudo con essi, ricacciarono indietro al mittente i siluri taglienti, quasi fossero boomerang; alcuni bassisti più abili di altri presero ad afferrare i plettri e a cacciarseli in tasca a palate, sbeffeggiando Kirk.
- Grazie mille per tutti questi plettri gratis, Hammett! Davvero gentile da parte tua, non dovevi disturbarti!
I chitarristi riafferrarono i plettri ridendo con sufficienza, ma Kirk, incattivito per il suo piano fallito, prese a lanciare alla cieca pedali wah-wah sulla folla dei bassisti, ed è qui che si consuma la tragedia. La maggior parte dei pedali, fortunatamente, fu agilmente evitata dai bassisti; un pedale sfiorò appena Deacon, ancora fortemente sotto shock per essere stato preso in ostaggio da David, mentre un altro, che avrebbe colpito in pieno Duffone, venne provvidenzialmente deviato da una mossa di Geezer “Mani di Bistecca” Butler, che lo parò col manico del proprio basso. Fino a questo punto, nulla di grave, direte voi; peccato che manchi all’appello l’ultimo pedale wah-wah, che transitava perfettamente sulla rotta diretta alla testa di Entwistle, il quale non si era accorto del rischio incombente. Sadie lo notò in tempo e, sprezzante del pericolo poiché animata da un amore smisurato per il bassista degli Who, si tuffò a volo d’angelo davanti a John, beccandosi al suo posto, dritto sulla tempia sinistra, il pedale demoniaco. Cadde a terra, svenuta, di fronte agli occhi terrificati di tutti.
- Oh, mio Dio! - mormorò John sconvolto, portandosi le mani alla bocca e osservando con orrore la giovanissima eroina che si era sacrificata per lui e che non accennava a rialzarsi; Kirk divenne pallidissimo e non desiderò altro che sparire, mentre tutti si avvicinavano alla ragazza stesa a terra, in religioso silenzio.
Per un po’ nessuno parlò; gli sguardi d’odio dei bassisti verso i chitarristi e, in particolare, verso Kirk, erano sempre più pesanti, tanto che Amber dovette pararsi di fronte al suo chitarrista per proteggerlo.
- Questa la pagherete cara, molto cara.
La voce di Waters si levò, ferma e bassa, vibrante di odio. Tutti i bassisti - meno Entwistle, inginocchiato accanto a Sadie - fecero un passo avanti, i pugni serrati e le labbra strette. Anche i chitarristi, indomiti, fecero un passo avanti: stava per scoppiare una guerra senza esclusione di colpi, signori miei. Vi lascio immaginare i fulmini che correvano fra il capo dello schieramento dei bassisti, Waters, e quello dei chitarristi, che gli stava perfettamente di fronte, Mustaine: una scena da Apocalisse o giù di lì, insomma.
Grazie a Dio, proprio sul più bello, Sadie aprì gli occhi, spaesata.
- Sia ringraziato il cielo! - urlò John con un sospiro di sollievo, prendendole una mano. I litiganti si voltarono e la videro tirarsi su a fatica, guardarsi intorno e...
- ...WHAT THE HELL WE’RE FIGHTING FOR?! JUST SURRENDER AND IT WON’T HURT AT ALL! - cantò con tutta la voce che aveva in gola, citando la splendida Hammer To Fall dei Queen, per la gioia di Deaky e Maggio.
Il silenzio calò nuovamente fra i presenti. I chitarristi si guardarono fra di loro con sguardo perplesso, proprio come fecero i bassisti; poi, i primi timidi sguardi cominciarono ad incrociarsi fra le due fazioni. Ciascuno cercava gli occhi del proprio compagno di gruppo: Duffone e Izzy si sorrisero timidamente, presto imitati da John e Pete, Paul e George, Geezer e Iommi e tutti gli altri. La situazione fu sbloccata proprio da Brian, che cominciò a cantare la sua canzone; si creò una splendida reazione a catena, per cui, uno dopo l’altro, bassisti e chitarristi si misero a cantare in coro, perfino Waters! Un momento idilliaco, insomma, che non sarebbe dovuto finire mai…
- NON COSÌ IN FRETTA!!! - urlò Roger Waters a un certo punto, smettendo di cantare e cercando Young con occhi inviperiti. - Angus, mi devi delle scuse. Prostrati e recita almeno cento Ave Waters.
Qualcuno scoppiò a ridere, qualcuno alzò gli occhi al cielo, qualcuno sbuffò. Angus, reso spavaldo dall’atmosfera gioviale e affettuosa che si era - momentaneamente! - venuta a creare fra le due fazioni, ebbe l’ardire di rispondere a Roger facendogli una pernacchia. Non l’avesse mai fatto!
- YOUNG!!! IO TI ROVINO!!!! FATTI SOTTO, SE HAI LE PALLE!!! - sbraitò Waters, avventandosi su di lui a mani nude per farlo a pezzi [cfr. One of these days I’m going to cut you into little pieces]. Sarebbe finita parecchio male, se, assolutamente randomly, non fosse apparso Nick Mason, che si precipitò dal compagno di gruppo prima che potesse perpetrare la strage.
- Andiamo, Rog, sono certo che Angus stesse scherzando... - lo blandì, prendendolo per mano con fare circospetto.
- Mason, accidenti, chi ti ha detto di venire?! Non fare come Robert, lasciaci lavorare! - protestò l’altro, rilassandosi un poco. La verità era che, per quanto potesse schiamazzare, Nick riusciva sempre a riportarlo alla ragione.
- Scusate se mi permetto, eh, ma io pretendo delle scuse da parte di Duff per quella tovaglia! - intervenne Marty Friedman con risentimento. 
- Quanto la fai lunga, era solo una tovaglia! - lo rimbeccò l’ossigenato bassista dei Guns. - Pensa alla nostra povera Sadie, che ha rischiato pure di rimetterci le penne! Mi scuserò solo dopo che Hammett avrà chiesto scusa per quei pedali wah-wah!
Un brusio di assenso molto forte si levò dalle file dei bassisti. Kirk arrossì; probabilmente avrebbe chiesto scusa senza fare tante storie, se non fosse stato battezzato dallo sguardo inceneritore di Mustaine. Ebbe, perciò, il coraggio di dire timidamente: - Io mi scuso, certo, però Waters deve scusarsi per aver tentato di rapare il povero Slash! Guardate com’è ridotto...
Questa volta il mormorio si levò presso i chitarristi, che lanciarono uno sguardo preoccupato al chitarrista col cilindro: egli, ancora in preda al panico, si era rifugiato in un cantuccio e, dondolandosi avanti e indietro, ripeteva come un mantra la frase “Non lasciare l’angolo, non lasciare mai l’angolo”. Roger, impietosito per le condizioni del poveretto, aprì la bocca per pronunciare la fatidica parola, ma non gli uscì alcun suono. Riprovò con più forza, ma non riusciva proprio a parlare e ansia, frustrazione e paura gli crescevano dentro.
- Non ci riesco, accidenti! - sbottò, in preda a una crisi di panico. - Non riesco a chiedere scusa! Va bene lo stesso se lo fa Nick al posto mio?
Amber guardò per un attimo i suoi. Se vogliamo essere obiettivi, non andava bene per niente, ma Waters si trovava davvero in difficoltà e nessuno aveva voglia di assaggiare la sua ira per l’ennesima volta; concessero quindi a un seccato, ma rassegnato Nick di chiedere perdono a Slash in vece di Roger.
- Beh, se vogliamo dirla tutta, pretendo delle scuse a Deacon da parte di Gilmour - osservò Trujillo, che si era battuto in prima linea per la salvezza del bassista dei Queen. Roger, ripresosi dalla crisi, si affrettò ad annuire, mentre il suo compagno di gruppo si strinse nelle spalle.
- E allora, io pretendo delle scuse per Richards. Stavate per abbatterlo come un cazzo di tronco!
- Vogliamo parlare dello sputo nell’occhio di Paul, per caso? Avete cominciato voi con la violenza fisica!
L’atmosfera perfetta di pochi minuti prima si era rapidamente incrinata e il campo di battaglia tornava a riscaldarsi.
- Ah, Sadie, devi chiedere scusa per aver preso a pugni mio marito! - gridò Amber a un certo punto, fissando la bassista con risentimento.
- D’accordo, mi dispiace, però tu scusati per aver esortato il tuo a sedurre il mio! - ribatté Sadie, piccata. - Se non fossi intervenuta io non so come sarebbe finita! Forse a te fa piacere che tuo marito ti tradisca, soprattutto con un bell’uomo come il mio, ma io ne faccio volentieri a meno, grazie!
- Bello tuo marito? Ma per favore! E comunque il tuo ci sta, eh!
- Cosa stai cercando di insinuare?!
Le due stavano per venire alle mani, quando la pizzeria fu invasa da una luce abbagliante e, per un attimo, il soffitto si dissolse, permettendo ai presenti, estasiati, di vedere il cielo, azzurro pur essendo sera. Un vortice di splendide nubi sfumate in tutte le tonalità dell’oro troneggiava sopra di loro, mentre tutt’intorno si diffondeva una musica celestiale, simile a una versione sinfonica di Holy Diver. All’improvviso, ritto su una nuvola d’oro che si abbassava lentamente al livello dei presenti e vestito di abiti luminosissimi, apparve nientepopodimeno che Ronnie James Dio in persona, il volto trasfigurato dalla luce, un sorriso beato sul viso, i capelli neri che irradiavano raggi come un’aureola. Tutti, compreso Waters, si inchinarono di fronte all’unico Dio in cui potessero e volessero credere; Egli scese fino a terra e toccò con entrambe le mani le teste di Amber e Sadie, che si erano inginocchiate vicine. Riportare le parole del breve, ma intenso discorso che tale divinità suprema rivolse ai suoi adepti è compito troppo gravoso, per un misero narratore come me; vi basti sapere che Dio benedisse chitarristi e bassisti e ne sancì per sempre la piena parità. Fece poi cenno ai presenti di alzarsi, si rivolse ad Amber e, con il suo sorriso divino, aggiunse...: - Ora, Amber, fai quello che devi. Sadie ha già detto che le dispiace, manchi solo tu.
Se lo diceva Dio, eh. La ragazza non potè fare altro che chinare il capo e chiedere perdono all’amica, mentre il Supremo ricominciava l’ascesi verso il Cielo, sulle note di una versione orchestrale di Rainbow In The Dark.
 
E vissero per sempre felici e contenti, mentre, al chiaro di Luna,
si stagliava il cavallo nero di Percy, che cavalcava con Page come se fosse Biancaneve…
 
...o forse no?

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Può sembrare una storia stupida, e in effetti forse lo è. Però ha una morale e un messaggio educativo. Frutto dei nostri indicibili scleri e della nostra (finta) rivalità chitarrista/bassista.
Amber&Sadie
  
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