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Autore: Kary91    05/12/2013    28 recensioni
|pre-Hunger Games; i fratelli Hawthorne, Katniss & Prim|| accenni Everthorne - Rory/Prim |
Vi siete mai chiesti come sia nato il gioco del "gatto matto"?
“È matto?” chiede Posy, osservandolo sorpresa. Gale mi passa la torcia e faccio scorrere la luce lungo il pavimento. Ranuncolo le tende un agguato, ma non fa in tempo a balzarci sopra che il getto si è già spostato verso destra. Questa volta anch’io e Gale scoppiamo a ridere. Passo la torcia a Vick, che successivamente la porge a Rory. A turno, ognuno di noi mette alla prova i riflessi e la stupidità di Ranuncolo, facendo ballare la luce per la stanza.
| Storia iscritta alla Multifandom e Originali con il prompt 163. Luce |
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Posy Hawthorne, Primrose Everdeen, Rory Hawthorne
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'We Might Fall - La Cometa di Halley.'
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Premessa. Consiglio di pigiare “qui” e di premere play durante la lettura, perché questa canzone ha largamente ispirato questa storia!



 

 

Alla mia famiglia.
E a papà, che poteva cadere, ma non l’ha fatto.

 

 

How to catch a comet.

 

 

 
comet

 

E Ranuncolo diventa una star grazie al suo gioco serale del Gatto Matto.

L’ho ideato io, per caso, qualche anno fa, durante un blackout invernale.

Basta muovere il fascio di luce di una torcia qua e là sul pavimento, e Ranuncolo cerca di prenderlo.

Il Canto della Rivolta. Suzanne Collins

 

Non capita spesso che Prim abbia il tempo di annoiarsi a casa, d’inverno. Qualcosa da fare la trova sempre: badare a Lady, preparare il formaggio, sminuzzare erbe per le medicine di mia madre. Quando fa troppo freddo preferisce rannicchiarsi nel letto assieme a Ranuncolo e accarezzarlo fino ad addormentarsi. Questa sera, tuttavia, Prim ha la pancia più piena del solito per via dello stufato di castoro che ha preparato mia madre, frutto del bottino di caccia mio e di Gale. Non ci è abituata ed è troppo euforica per riposare, ma la corrente è stata interrotta e ci riesce difficile lavorare alla luce fioca delle candele. Per questo non mi stupisco nel vedere Prim balzare in piedi di scatto, quando tre colpi leggeri e uno più deciso si alternano alla porta: è la bussata in codice di Rory Hawthorne.

 

“Che cosa ci fate fuori casa a quest’ora?” chiede mia sorella, spostandosi di lato per far entrare i nuovi arrivati. La poca luce mi permette a malapena di distinguere i loro volti, ma non impiego molto a riconoscere il berretto troppo grande di Rory, i colpi di tosse di Vick e la risata di Posy, che intravedo rannicchiata sulla schiena di Gale.

 

“Abbiamo un compleanno da festeggiare” risponde il maggiore dei quattro Hawthorne, depositando la sorellina a terra. “Quattro anni non si compiono di certo tutti i giorni” dice, appoggiandole le mani sulle spalle.

 

“Vi abbiamo anche portato un po’ di luce” aggiunge in quel momento Vick. Mi mostra due pile avvolte in un involucro di plastica. Non sono eccessivamente costose, ma per famiglie come la mia o quella di Gale equivalgono ad almeno due giornate di lavoro. Quando manca la luce, di solito, ci aggiustiamo con le candele.

 

“Sono un regalo per il compleanno di Posy” spiega Rory, prendendo la sorellina in braccio e incominciando a girare su se stesso. La bambina ride, appoggiandogli le mani sulle guance. “Papà mi fa vedere le comete!” trilla, indicando con l'indice il più grande dei fratelli Hawthorne. Gale scuote il capo, facendo ruotare il manico della torcia. Se la poca luce non rendesse così difficile farmi un’idea precisa di ciò che ho attorno, giurerei di averlo visto arrossire.

 

“Non sono papà. Sono Gale” la corregge lui, facendosi passare le pile da Vick. “Abbiamo raccontato a Posy la storia della cometa di Halley” aggiunge poi, questa volta rivolto verso di me.

 

“È una cometa magica!” mi comunica la bambina, saltellando su un piede solo fino a raggiungere Prim. “Il nonno l’ha vista!”

 

“Anche nostro nonno l’ha vista, sai?” risponde mia sorella, sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Posy le sorride e si siede sul letto di fianco a lei, mentre Rory fa lo stesso dall’altro lato. “Erano assieme, quella sera.”

 

Conosco bene la storia della cometa di Halley: mio padre amava raccontarcela nelle giornate d’inverno come questa. Una sera, mio nonno Michael vide passare la cometa mentre rincasava dal lavoro in miniera. Qui al Dodici si dice che porti bene avvistarla; mio padre e il signor Hawthorne ne erano convinti. Halley tornerà visibile tra meno di trent’anni e mi sono fatta promettere da Gale che cercheremo di vederla passare assieme, la sera in cui farà ritorno.

 

“Come facciamo a guardare le comete, se stiamo in casa?” chiede Posy, muovendosi ritmicamente sul materasso per farlo rimbalzare.

 

“Non sono comete, Pos” la corregge Rory. “Sono solo luci che volano per la stanza come se fossero comete.”

 

“E posso prenderle?” domanda la bambina, rivolgendo un’occhiata speranzosa a Gale.

 

“Ci puoi provare” la incoraggia lui, consegnandole la torcia. Posy si posiziona al centro della stanza e preme il tasto di accensione.

 

“Eccola!” osserva infine con entusiasmo, indicando il fascio di luce puntato verso l’alto. “La cometa di Halley!”

 

Cerco Gale con lo sguardo e lo sorprendo a sorridere, poco distante dalla sorellina.

 

“Buon compleanno, Pos” esclama, arruffandole i capelli. La bambina si appoggia a lui e tende il braccio verso l’alto, come a voler raggiungere l’occhio di luce.

 

“Come si prende una cometa?” domanda, sollevando il capo per incrociare lo sguardo del fratello maggiore. Gale si volta verso di me in cerca di suggerimenti. Scrollo le spalle, non sapendo cosa rispondere.

 

“Devi saltare.” ci viene in aiuto Vick, sollevando le braccia.

 

“E quando l’hai presa la devi tenere bella stretta, “ gli fa eco Prim, mimando il gesto con le mani. Rory la osserva con un mezzo sorriso e le braccia conserte, in una perfetta imitazione del fratello maggiore. “Fino a quando non ce la fai più.”

 

 “E se cado?” replica preoccupata Posy.

 

“Non cadrai” la rassicura Prim, accarezzandole i capelli. “È così che si afferra una cometa.”

 

Posy le sorride.

 

“Adesso ci provo” annuncia, passando la torcia a Gale: il fascio di luce scivola lungo la parete di fronte a noi. Il movimento improvviso di qualcosa che ci passa davanti mi fa sobbalzare. Ranuncolo si scaraventa verso il lato illuminato della stanza e stuzzica con le zampe il cerchio di luce proiettato sulla parete.

 

“Ehi!” esclama Posy, inseguendolo. “Quella è la mia cometa!”

 

Gale trattiene il fascio puntato verso il basso e Ranuncolo continua a zampettarci dentro, come se cercasse di grattare via la luce dal pavimento.

 

“Aspetta” osservo in quel momento, avvicinandomi. Guido la mano di Gale a puntare la torcia verso il lato opposto della stanza. La figura di Ranuncolo viene inghiottita dal buio, ma il suo zampettare rapido ci comunica che sta correndo verso di noi. Si avventa di nuovo sul fascio di luce, facendo ridere Prim e i tre Hawthorne più piccoli.

 

“È matto?” chiede Posy, osservandolo sorpresa. Gale mi passa la torcia e faccio scorrere la luce lungo il pavimento. Ranuncolo le tende un agguato, ma non fa in tempo a balzarci sopra che il getto si è già spostato verso destra. Questa volta anche Gale ed io scoppiamo a ridere. Passo la torcia a Vick, che successivamente la porge a Rory. A turno, ognuno di noi mette alla prova i riflessi e la stupidità di Ranuncolo, facendo ballare la luce per la stanza.

 

“Posso provare anch’io?” domanda in quel momento Prim, osservando affascinata i movimenti del gatto. Rory le passa la torcia e Prim lo ringrazia con un sorriso, puntandola di fronte a sé. L’inseguimento di Ranuncolo riprende. Posy si fionda sulla sfera di luce e il gatto sobbalza, soffiando riottoso, prima di correre ad acquattarsi sotto il letto.

 

“L’ho spaventato!” esclama la bambina, cercando di seguirlo. Vick riesce a recuperarla in tempo, prima che gli artigli di Ranuncolo le donino un bel graffio sul naso come regalo di compleanno. Quando sia il gatto sia la bambina emergono da sotto al letto, la torcia è già tornata in mano a Rory, che sta borbottando frasi sconnesse in tono di voce minaccioso, con la luce puntata sotto il mento. Si avvicina a Prim blaterando di fantasmi e mostri succhia-sangue tornati dall’oltretomba. Lei ride, riparandosi dietro Gale. Quando Ranuncolo riprende a saettare per la stanza, Rory lo fa giocare un po’, rallentando i movimenti della torcia.

 

“Ranuncolo ha preso la cometa!” trilla infine Posy, prima di inseguire con sguardo confuso il fascio di luce che sfugge alle zampe del gatto, per venire puntato verso il soffitto.

 

“Dai, Ranuncolo, prendilo!” lo prende in giro Rory, facendo roteare la torcia. Ranuncolo insegue la sfera luminosa con gli occhi. Forse è un po’ perfido da parte mia, ma non posso fare a meno di provare soddisfazione nel vederlo in difficoltà. Rory sembra pensarla allo stesso modo, ma il suo sorrisetto beffardo svanisce quando il fratello maggiore si apposta dietro di lui. Gale gli dà una sberletta sulla nuca e si riappropria della torcia, facendo ridere Prim e Vick.

 

“Andiamo, Rory,” commenta, sollevando l’oggetto conteso. “Non puoi maltrattare Ranuncolo, solo perché Prim lo trova più carino di te”.

 

I due Hawthorne più giovani si voltano di scatto verso mia sorella. Prim, rossa in viso, cerca di nascondersi dietro le ginocchia.

 

“Va’ al diavolo!” ribatte con aria scontrosa Rory, dando una spallata al fratello maggiore. Gale si mette a ridere.

 

Rory ama Prim!” canticchia Posy con espressione birichina.

 

“Non è vero!” ribatte Rory, tempestando di pugni il torace di Gale. Il fratello para i suoi colpi con facilità, prima di caricarselo sulle spalle. Ridacchiano entrambi, riprendendo a litigarsi la torcia. Mentre lottano, il fascio di luce illumina a caso frammenti di stanza. Intravedo l’espressione imbarazzata di mia sorella, che si sta ancora abbracciando le ginocchia. Mentre insegue con lo sguardo la baruffa di Rory e Gale, i suoi occhi sorridono come non succedeva da mesi.

 

Mi siedo sul letto di fianco a Prim e li osservo giocare, stordita dalla vivacità che si è intrufolata in casa nostra con l’arrivo dei quattro Hawthorne. La torcia passa di mano a Vick, che riprende a far scorrere il fascio di luce sul pavimento. Ranuncolo torna subito all’attacco, seguito a ruota libera da Posy, che lo rincorre gattonando.

 

“Ti stai divertendo?” chiedo a mia sorella, accarezzandole i capelli spettinati. Prim annuisce, coprendosi la bocca con la mano per nascondere uno sbadiglio. “Potremmo chiamarlo il gioco del gatto matto” aggiunge poi con una risatina, riprendendo a osservare Ranuncolo. Sento il materasso che si piega e intuisco dal colpo di tosse che sento che Vick deve essersi appena seduto accanto a noi: Rory ha di nuovo preso possesso della torcia. Assottiglio lo sguardo per cercare Gale, ma non riesco a trovarlo; deve essere uscito per prendere una boccata d’aria. Bacio Prim sui capelli e mi infilo il cappotto. Devo fare la spola fra ragazzini che si rincorrono, un gatto ammattito e fasci di luce che saettano per la stanza, prima di riuscire a raggiungere la porta. Non appena metto piede fuori casa, le mie scarpe affondano nella neve. Rabbrividisco, stringendomi nelle braccia. Trovo Gale con lo sguardo rivolto verso l’alto, le mani in tasca e la schiena appoggiata al muro.

 

“Cerchi anche tu di afferrare una cometa?” lo prendo in giro, avvicinandomi.

 

Gale si gira verso di me e scuote il capo, arrendendosi a un lieve sorriso. Infine, torna a guardare in alto. Fa molto freddo, ma il cielo è limpido e si riescono a vedere bene le stelle. Quei puntini luminosi farebbero uscire di testa Ranuncolo, se solo incominciassero a muoversi come il fascio di luce della torcia.

 

“Dovrei aspettare almeno venticinque anni, prima di riuscire a vederne una” mi ricorda in quel momento Gale. Il rumore di qualcosa che cade a terra dentro casa precede un silenzio improvviso; pochi secondi più tardi sentiamo delle risatine soffocate. Non riesco a non sorridere, ripensando all’espressione allegra di Prim di poco fa.

 

“Pensavo che prima o poi quelle pile finiranno” rivela improvvisamente Gale, mettendosi a braccia conserte. Ha sul volto l’espressione distante di quando riflette, ma più che altro sembra arrabbiato. “E non potrò comprarne delle altre”.

 

Per un attimo rimaniamo entrambi in silenzio. Il fruscio del vento si mescola alle voci concitate dei nostri fratelli.

 

“Dovremmo vederli sorridere così ogni giorno” aggiunge poco dopo Gale in tono di voce secco. “Sono solo dei ragazzini.”

 

Il tono accusatorio con cui parla mi spinge a guardarmi attorno. È notte fonda e non si vede nessuno in giro, ma non si può mai sapere. Non gli rispondo, perché non saprei come replicare. Anche se ci provassi, probabilmente non riuscirei a togliergli quel pensiero fisso dalla testa. In fondo ha ragione, ma a che serve discuterne? Parlarne non cambierà comunque le cose.

 

“Sarebbe bello se Ranuncolo fosse ancora vivo quando passerà la cometa” dico, cambiando discorso. È la cosa più stupida che potesse venirmi in mente, ma sembra comunque distrarlo dal pensiero delle pile. “Probabilmente cercherebbe di inseguirla e magari riuscirei perfino a levarmelo di torno.”

 

“Ne saresti contenta?” domanda Gale, voltandosi verso di me.

 

“Certo che sì” rispondo. “Quel gatto mi odia.”

 

Prim ci rimarrebbe malissimo” mi fa notare lui. “E poi sono sicuro che alla fine ti mancherebbe: non avresti più nessuno con cui litigare tutti i giorni.”

 

“Potrei litigare con te” ribatto. Lui mi rivolge un’occhiata divertita.

 

“Non hai motivo di litigare con me.”

 

“Farei in fretta a trovarne qualcuno.”

 

Gale si mette a ridere.

 

“Sai...” dico poi, tornando a girarmi verso di lui. “...Il tizio che smercia le pile al Forno abita vicino alla recinzione. Potremmo rubargliene qualcuna e poi scappare nei boschi.”

 

Glielo dico per scherzare, ma per un attimo mi pento di averlo proposto. Quando si tratta di fare qualcosa di avventato per rispondere alle ingiustizie c’è sempre il rischio che Gale si lasci tentare. Questa volta non sembra prendermi per davvero sul serio, perché si mette a ridere.

 

“Ci prenderebbero” replica, affondando la punta di una scarpa nella neve.

 

“Non se corriamo abbastanza veloci.”

 

“La neve ci rallenta” risponde Gale, con un guizzo divertito nello sguardo. Abbiamo il vizio di perderci in questi botta e risposta continui, mettendoci in difficoltà a vicenda solo per il gusto di scoprire cosa risponderà l’altro. “Potremmo cadere.”

 

“Però non cadremo” mi intestardisco, voltandomi verso di lui. “Abbiamo una cometa da vedere, no?"

 

Gli do un colpetto con la spalla e lui ricambia, facendomi barcollare. Continuiamo a punzecchiarci come due bambini per almeno un quarto d’ora. Alla fine Gale mi circonda le spalle con un braccio e mi stringe a sé; il contatto fra i nostri corpi mi aiuta a scaldarmi. Appoggio il capo sul suo petto e continuo a guardare le stelle. Non c’è malizia nel nostro abbraccio: siamo solo due ragazzi infreddoliti. Non riesco comunque a non pensare che le braccia di Gale siano uno dei pochi posti in cui riesco ancora a sentirmi al sicuro, da quando mio padre è morto. Sanno di arance, di legna e di comete ancora lontane. Sanno di casa.

 

“Allora…” incomincia lui, sciogliendo l’abbraccio e voltandosi per rientrare in casa. “…per quelle pile?”

 

Sorride, sfregandosi le mani indolenzite dal freddo. Scuoto la testa e mi chino per compattare un po’ di neve. Ne faccio una sfera piuttosto grossa e riesco a lanciarla prima che abbia il tempo di difendersi. Gale rabbrividisce, tastandosi la parte di collo colpita. Mi riparo il viso con le braccia, mentre mi scaglia contro la sua palla di neve: mi manca per un soffio.

 

“Sei fuori allenamento, Hawthorne?” lo prendo in giro, prendendo di nuovo la mira. Lui sorride e schiva il mio colpo, seguendomi, mentre raggiungo la porta di casa.

 

“Non sfidarmi, Catnip” risponde, bloccandomi il passaggio e appoggiando una spalla contro il legno. “Non è conveniente per te.”

 

Cerco di allontanarlo dalla porta con uno spintone, ma Gale mi afferra per i fianchi e mi solleva da terra. Riesce a trattenermi, nonostante cerchi di divincolarmi con tutte le mie forze. Mi fa sentire debole, ma una volta tanto non è una sensazione fastidiosa. È come fermarsi per riposare dopo aver corso a lungo. È come cadere, sapendo che ci sarà qualcuno ad afferrarti prima dell’impatto.

 

Ridiamo, come non ci capitava di ridere da giorni. La nostra risata fa da eco a quelle dei nostri fratelli che, a giudicare dagli schiamazzi, stanno ancora giocando con Ranuncolo. Le pile della torcia di Posy reggeranno ancora un altro paio di ore al massimo, ma due ore possono durare mesi, se dosate bene.

 

Il nostro momento di euforia, probabilmente, no. Smetteremo di sorridere già questa notte, quando i nostri fratelli batteranno i denti per il freddo e si buscheranno l’ennesima influenza. O domani mattina, quando proveremo a spartire le poche fette di pane di cereali rimaste.

 

Eppure continuiamo a punzecchiarci come scolaretti all’uscita da scuola, ignorando il pensiero di quello che ci aspetterà una volta rientrati in casa. Potremmo arrenderci sin da ora, ma non si risolverebbe comunque nulla. Non riusciremmo a lasciare perdere. Un fuoco non si spegne fino a quando c’è legna ad alimentarlo e di legna, Gale ed io, ne abbiamo fin troppa: è nei volti scavati dalla fame dei nostri familiari, nelle parole di libertà e ribellione dei nostri padri e nelle mani screpolate della nostra gente.

 

Così, anche quando vorremmo solo arrenderci e tirarci indietro, scrolliamo le spalle e ci diamo da fare per rimetterci in sesto. Andiamo a caccia anche se è proibito. Facciamo a palle di neve, anche se con questo freddo i vestiti impiegheranno ore ad asciugarsi. Ridiamo, anche se le scorte di olio e cereali scarseggiano e siamo ancora nel pieno dell’inverno.

 

Però andiamo avanti. Impuntandoci, finché ne abbiamo le forze.

 

Potremmo cadere, ma non cadiamo.

 

Ed è così che si afferra una cometa.

 

 

Note finali.

Questa storia è un prequel della one-shot “La cometa del Distretto 12”. Da ciò ne derivano i vari riferimenti alla cometa di Halley, che spero non siano risultati troppo forzati. Per una volta mi sono divertita a immaginare Katniss,, Gale e gli altri personaggi in un contesto un po’ più spensierato rispetto a ciò che siamo abituati a leggere nella saga. Mi piace immaginare che di tanto in tanto abbiano vissuto anche momenti come questo. E il passaggio del “gatto matto” ne: “Il Canto della Rivolta”, mi aveva incuriosito in sacco, così ho provato ad approfondirlo. Quel “noi non cadremo” ripetuto più volte nella storia è ispirato alla canzone  We Might Fall di Ryan Star, che ho citato nella premessa iniziale. Va bene, ho scritto troppo anche questa volta. Scappo a inseguire il fascio di luce assieme a Ranuncolo v.v

Un abbraccio!

Laura

 

   
 
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