Premessa. Consiglio
di pigiare “qui”
e di premere play durante la lettura, perché questa canzone ha largamente
ispirato questa storia!
Alla mia famiglia.
E a papà, che poteva cadere, ma non l’ha fatto.
How to catch a comet.
E Ranuncolo diventa una star grazie al suo gioco serale
del Gatto Matto.
L’ho ideato io, per caso, qualche anno fa, durante un
blackout invernale.
Basta muovere il fascio di luce di una torcia qua e là
sul pavimento, e Ranuncolo cerca di prenderlo.
Il Canto della Rivolta. Suzanne Collins
Non capita spesso che Prim
abbia il tempo di annoiarsi a casa, d’inverno. Qualcosa da fare la trova
sempre: badare a Lady, preparare il formaggio, sminuzzare erbe per le medicine
di mia madre. Quando fa troppo freddo preferisce rannicchiarsi nel letto assieme
a Ranuncolo e accarezzarlo fino ad addormentarsi. Questa sera, tuttavia, Prim ha la pancia più piena del solito per via dello
stufato di castoro che ha preparato mia madre, frutto del bottino di caccia mio
e di Gale. Non ci è abituata ed è troppo euforica per riposare, ma la corrente
è stata interrotta e ci riesce difficile lavorare alla luce fioca delle
candele. Per questo non mi stupisco nel vedere Prim
balzare in piedi di scatto, quando tre colpi leggeri e uno più deciso si
alternano alla porta: è la bussata in codice di Rory Hawthorne.
“Che cosa ci fate
fuori casa a quest’ora?” chiede mia sorella, spostandosi di lato per far entrare i nuovi arrivati. La poca luce mi permette a malapena di distinguere i
loro volti, ma non impiego molto a riconoscere il berretto troppo grande di Rory, i colpi di tosse di Vick e la risata di Posy, che
intravedo rannicchiata sulla schiena di Gale.
“Abbiamo un
compleanno da festeggiare” risponde il maggiore dei quattro Hawthorne,
depositando la sorellina a terra. “Quattro anni non si compiono di certo tutti
i giorni” dice, appoggiandole le mani sulle spalle.
“Vi abbiamo anche
portato un po’ di luce” aggiunge in quel momento Vick. Mi mostra due pile avvolte
in un involucro di plastica. Non sono eccessivamente costose, ma per famiglie
come la mia o quella di Gale equivalgono ad almeno due giornate di lavoro.
Quando manca la luce, di solito, ci aggiustiamo con le candele.
“Sono un regalo per
il compleanno di Posy” spiega Rory, prendendo la
sorellina in braccio e incominciando a girare su se stesso. La bambina ride,
appoggiandogli le mani sulle guance. “Papà mi fa vedere le comete!” trilla,
indicando con l'indice il più grande dei fratelli Hawthorne.
Gale scuote il capo, facendo ruotare il manico della torcia. Se la poca luce
non rendesse così difficile farmi un’idea precisa di ciò che ho attorno,
giurerei di averlo visto arrossire.
“Non sono papà. Sono
Gale” la corregge lui, facendosi passare le pile da Vick. “Abbiamo raccontato a
Posy la storia della cometa di Halley” aggiunge poi, questa volta rivolto verso
di me.
“È una cometa
magica!” mi comunica la bambina, saltellando su un piede solo fino a
raggiungere Prim. “Il nonno l’ha vista!”
“Anche nostro nonno
l’ha vista, sai?” risponde mia sorella, sistemandole una ciocca di capelli
dietro l’orecchio. Posy le sorride e si siede sul letto di fianco a lei, mentre
Rory fa lo stesso dall’altro lato. “Erano assieme,
quella sera.”
Conosco bene la
storia della cometa di Halley: mio padre amava raccontarcela nelle giornate d’inverno
come questa. Una sera, mio nonno Michael vide passare la cometa mentre rincasava
dal lavoro in miniera. Qui al Dodici si dice che porti bene avvistarla; mio
padre e il signor Hawthorne ne erano convinti. Halley
tornerà visibile tra meno di trent’anni e mi sono fatta promettere da Gale che
cercheremo di vederla passare assieme, la sera in cui farà ritorno.
“Come facciamo a
guardare le comete, se stiamo in casa?” chiede Posy, muovendosi ritmicamente
sul materasso per farlo rimbalzare.
“Non sono comete, Pos” la corregge Rory. “Sono solo
luci che volano per la stanza come se fossero comete.”
“E posso prenderle?”
domanda la bambina, rivolgendo un’occhiata speranzosa a Gale.
“Ci puoi provare” la
incoraggia lui, consegnandole la torcia. Posy si posiziona al centro della
stanza e preme il tasto di accensione.
“Eccola!” osserva
infine con entusiasmo, indicando il fascio di luce puntato verso l’alto. “La
cometa di Halley!”
Cerco Gale con lo
sguardo e lo sorprendo a sorridere, poco distante dalla sorellina.
“Buon compleanno, Pos” esclama, arruffandole i capelli. La bambina si
appoggia a lui e tende il braccio verso l’alto, come a voler raggiungere
l’occhio di luce.
“Come si prende una
cometa?” domanda, sollevando il capo per incrociare lo sguardo del fratello
maggiore. Gale si volta verso di me in cerca di suggerimenti. Scrollo le
spalle, non sapendo cosa rispondere.
“Devi saltare.” ci
viene in aiuto Vick, sollevando le braccia.
“E quando l’hai
presa la devi tenere bella stretta, “ gli fa eco Prim,
mimando il gesto con le mani. Rory la osserva con un
mezzo sorriso e le braccia conserte, in una perfetta imitazione del fratello
maggiore. “Fino a quando non ce la fai più.”
“E se cado?” replica preoccupata Posy.
“Non cadrai” la
rassicura Prim, accarezzandole i capelli. “È così che
si afferra una cometa.”
Posy le sorride.
“Adesso ci provo”
annuncia, passando la torcia a Gale: il fascio di luce scivola lungo la parete
di fronte a noi. Il movimento improvviso di qualcosa che ci passa davanti mi fa
sobbalzare. Ranuncolo si scaraventa verso il lato illuminato della stanza e
stuzzica con le zampe il cerchio di luce proiettato sulla parete.
“Ehi!” esclama Posy,
inseguendolo. “Quella è la mia cometa!”
Gale trattiene il
fascio puntato verso il basso e Ranuncolo continua a zampettarci dentro, come
se cercasse di grattare via la luce dal pavimento.
“Aspetta” osservo in
quel momento, avvicinandomi. Guido la mano di Gale a puntare la torcia verso il
lato opposto della stanza. La figura di Ranuncolo viene inghiottita dal buio,
ma il suo zampettare rapido ci comunica che sta correndo verso di noi. Si
avventa di nuovo sul fascio di luce, facendo ridere Prim
e i tre Hawthorne più piccoli.
“È matto?” chiede
Posy, osservandolo sorpresa. Gale mi passa la torcia e faccio scorrere la luce
lungo il pavimento. Ranuncolo le tende un agguato, ma non fa in tempo a
balzarci sopra che il getto si è già spostato verso destra. Questa volta
anche Gale ed io scoppiamo a ridere. Passo la torcia a Vick, che successivamente la
porge a Rory. A turno, ognuno di noi mette alla prova
i riflessi e la stupidità di Ranuncolo, facendo ballare la luce per la stanza.
“Posso provare
anch’io?” domanda in quel momento Prim, osservando
affascinata i movimenti del gatto. Rory le passa
la torcia e Prim lo ringrazia con un sorriso,
puntandola di fronte a sé. L’inseguimento di Ranuncolo riprende. Posy si fionda
sulla sfera di luce e il gatto sobbalza, soffiando riottoso, prima di correre
ad acquattarsi sotto il letto.
“L’ho spaventato!”
esclama la bambina, cercando di seguirlo. Vick riesce a recuperarla in tempo,
prima che gli artigli di Ranuncolo le donino un bel graffio sul naso come
regalo di compleanno. Quando sia il gatto sia la bambina emergono da sotto al
letto, la torcia è già tornata in mano a Rory, che
sta borbottando frasi sconnesse in tono di voce minaccioso, con la luce puntata
sotto il mento. Si avvicina a Prim blaterando di
fantasmi e mostri succhia-sangue tornati dall’oltretomba. Lei ride, riparandosi
dietro Gale. Quando Ranuncolo riprende a saettare per la stanza, Rory lo fa giocare un po’, rallentando i movimenti della
torcia.
“Ranuncolo ha preso
la cometa!” trilla infine Posy, prima di inseguire con sguardo confuso il
fascio di luce che sfugge alle zampe del gatto, per venire puntato verso il
soffitto.
“Dai, Ranuncolo,
prendilo!” lo prende in giro Rory, facendo roteare la
torcia. Ranuncolo insegue la sfera luminosa con gli occhi. Forse è un po’
perfido da parte mia, ma non posso fare a meno di provare soddisfazione nel
vederlo in difficoltà. Rory sembra pensarla allo
stesso modo, ma il suo sorrisetto beffardo svanisce quando il fratello maggiore
si apposta dietro di lui. Gale gli dà una sberletta
sulla nuca e si riappropria della torcia, facendo ridere Prim
e Vick.
“Andiamo, Rory,” commenta, sollevando l’oggetto conteso. “Non puoi
maltrattare Ranuncolo, solo perché Prim lo trova più
carino di te”.
I due Hawthorne più giovani si voltano di scatto verso mia
sorella. Prim, rossa in viso, cerca di nascondersi
dietro le ginocchia.
“Va’ al diavolo!”
ribatte con aria scontrosa Rory, dando una spallata
al fratello maggiore. Gale si mette a ridere.
“Rory
ama Prim!” canticchia Posy con espressione birichina.
“Non è vero!”
ribatte Rory, tempestando di pugni il torace di Gale.
Il fratello para i suoi colpi con facilità, prima di caricarselo sulle spalle.
Ridacchiano entrambi, riprendendo a litigarsi la torcia. Mentre lottano, il
fascio di luce illumina a caso frammenti di stanza. Intravedo l’espressione
imbarazzata di mia sorella, che si sta ancora abbracciando le ginocchia. Mentre
insegue con lo sguardo la baruffa di Rory e Gale, i
suoi occhi sorridono come non succedeva da mesi.
Mi siedo sul letto
di fianco a Prim e li osservo giocare, stordita dalla
vivacità che si è intrufolata in casa nostra con l’arrivo dei quattro Hawthorne. La torcia passa di mano a Vick, che riprende a
far scorrere il fascio di luce sul pavimento. Ranuncolo torna subito
all’attacco, seguito a ruota libera da Posy, che lo rincorre gattonando.
“Ti stai divertendo?”
chiedo a mia sorella, accarezzandole i capelli spettinati. Prim
annuisce, coprendosi la bocca con la mano per nascondere uno sbadiglio. “Potremmo
chiamarlo il gioco del gatto matto” aggiunge poi con una risatina, riprendendo
a osservare Ranuncolo. Sento il materasso che si piega e intuisco dal colpo di
tosse che sento che Vick deve essersi appena seduto accanto a noi: Rory ha di nuovo preso possesso della torcia. Assottiglio
lo sguardo per cercare Gale, ma non riesco a trovarlo; deve essere uscito per
prendere una boccata d’aria. Bacio Prim sui capelli e
mi infilo il cappotto. Devo fare la spola fra ragazzini che si rincorrono, un
gatto ammattito e fasci di luce che saettano per la stanza, prima di riuscire a
raggiungere la porta. Non appena metto piede fuori casa, le mie scarpe
affondano nella neve. Rabbrividisco, stringendomi nelle braccia. Trovo Gale con
lo sguardo rivolto verso l’alto, le mani in tasca e la schiena appoggiata al
muro.
“Cerchi anche tu di
afferrare una cometa?” lo prendo in giro, avvicinandomi.
Gale si gira verso
di me e scuote il capo, arrendendosi a un lieve sorriso. Infine, torna a guardare in
alto. Fa molto freddo, ma il cielo è limpido e si riescono a vedere bene le
stelle. Quei puntini luminosi farebbero uscire di testa Ranuncolo, se solo
incominciassero a muoversi come il fascio di luce della torcia.
“Dovrei aspettare
almeno venticinque anni, prima di riuscire a vederne una” mi ricorda in quel
momento Gale. Il rumore di qualcosa che cade a terra dentro casa precede un
silenzio improvviso; pochi secondi più tardi sentiamo delle risatine soffocate.
Non riesco a non sorridere, ripensando all’espressione allegra di Prim di poco fa.
“Pensavo che prima o
poi quelle pile finiranno” rivela improvvisamente Gale, mettendosi a braccia
conserte. Ha sul volto l’espressione distante di quando riflette, ma più che
altro sembra arrabbiato. “E non potrò comprarne delle altre”.
Per un attimo
rimaniamo entrambi in silenzio. Il fruscio del vento si mescola alle voci
concitate dei nostri fratelli.
“Dovremmo vederli
sorridere così ogni giorno” aggiunge poco dopo Gale in tono di voce secco.
“Sono solo dei ragazzini.”
Il tono accusatorio
con cui parla mi spinge a guardarmi attorno. È notte fonda e non si vede
nessuno in giro, ma non si può mai sapere. Non gli rispondo, perché non saprei
come replicare. Anche se ci provassi, probabilmente non riuscirei a togliergli
quel pensiero fisso dalla testa. In fondo ha ragione, ma a che serve
discuterne? Parlarne non cambierà comunque le cose.
“Sarebbe bello se
Ranuncolo fosse ancora vivo quando passerà la cometa” dico, cambiando discorso.
È la cosa più stupida che potesse venirmi in mente, ma sembra comunque
distrarlo dal pensiero delle pile. “Probabilmente cercherebbe di inseguirla e
magari riuscirei perfino a levarmelo di torno.”
“Ne saresti
contenta?” domanda Gale, voltandosi verso di me.
“Certo che sì”
rispondo. “Quel gatto mi odia.”
“Prim
ci rimarrebbe malissimo” mi fa notare lui. “E poi sono sicuro che alla fine ti
mancherebbe: non avresti più nessuno con cui litigare tutti i giorni.”
“Potrei litigare con
te” ribatto. Lui mi rivolge un’occhiata divertita.
“Non hai motivo di
litigare con me.”
“Farei in fretta a
trovarne qualcuno.”
Gale si mette a
ridere.
“Sai...” dico poi,
tornando a girarmi verso di lui. “...Il tizio che smercia le pile al Forno abita
vicino alla recinzione. Potremmo rubargliene qualcuna e poi scappare nei
boschi.”
Glielo dico per
scherzare, ma per un attimo mi pento di averlo proposto. Quando si tratta di
fare qualcosa di avventato per rispondere alle ingiustizie c’è sempre il
rischio che Gale si lasci tentare. Questa volta non sembra prendermi per
davvero sul serio, perché si mette a ridere.
“Ci prenderebbero”
replica, affondando la punta di una scarpa nella neve.
“Non se corriamo
abbastanza veloci.”
“La neve ci
rallenta” risponde Gale, con un guizzo divertito nello sguardo. Abbiamo il
vizio di perderci in questi botta e risposta continui, mettendoci in difficoltà
a vicenda solo per il gusto di scoprire cosa risponderà l’altro. “Potremmo
cadere.”
“Però non cadremo”
mi intestardisco, voltandomi verso di lui. “Abbiamo una cometa da vedere,
no?"
Gli do un colpetto
con la spalla e lui ricambia, facendomi barcollare. Continuiamo a punzecchiarci
come due bambini per almeno un quarto d’ora. Alla fine Gale mi circonda le
spalle con un braccio e mi stringe a sé; il contatto fra i nostri corpi mi
aiuta a scaldarmi. Appoggio il capo sul suo petto e continuo a guardare le stelle.
Non c’è malizia nel nostro abbraccio: siamo solo due ragazzi infreddoliti. Non
riesco comunque a non pensare che le braccia di Gale siano uno dei pochi posti
in cui riesco ancora a sentirmi al sicuro, da quando mio padre è morto. Sanno
di arance, di legna e di comete ancora lontane. Sanno di casa.
“Allora…” incomincia
lui, sciogliendo l’abbraccio e voltandosi per rientrare in casa. “…per quelle
pile?”
Sorride, sfregandosi
le mani indolenzite dal freddo. Scuoto la testa e mi chino per compattare un po’
di neve. Ne faccio una sfera piuttosto grossa e riesco a lanciarla prima che
abbia il tempo di difendersi. Gale rabbrividisce, tastandosi la parte di collo
colpita. Mi riparo il viso con le braccia, mentre mi scaglia contro la sua
palla di neve: mi manca per un soffio.
“Sei fuori
allenamento, Hawthorne?” lo prendo in giro, prendendo
di nuovo la mira. Lui sorride e schiva il mio colpo, seguendomi, mentre raggiungo
la porta di casa.
“Non sfidarmi, Catnip” risponde, bloccandomi il passaggio e appoggiando una
spalla contro il legno. “Non è conveniente per te.”
Cerco di
allontanarlo dalla porta con uno spintone, ma Gale mi afferra per i fianchi e
mi solleva da terra. Riesce a trattenermi, nonostante cerchi di divincolarmi
con tutte le mie forze. Mi fa sentire debole, ma una volta tanto non è una
sensazione fastidiosa. È come fermarsi per riposare dopo aver corso a lungo. È
come cadere, sapendo che ci sarà qualcuno ad afferrarti prima dell’impatto.
Ridiamo, come non ci
capitava di ridere da giorni. La nostra risata fa da eco a quelle dei nostri
fratelli che, a giudicare dagli schiamazzi, stanno ancora giocando con
Ranuncolo. Le pile della torcia di Posy reggeranno ancora un altro paio di ore
al massimo, ma due ore possono durare mesi, se dosate bene.
Il nostro momento di
euforia, probabilmente, no. Smetteremo di sorridere già questa notte, quando i
nostri fratelli batteranno i denti per il freddo e si buscheranno l’ennesima
influenza. O domani mattina, quando proveremo a spartire le poche fette di pane
di cereali rimaste.
Eppure continuiamo a
punzecchiarci come scolaretti all’uscita da scuola, ignorando il pensiero di
quello che ci aspetterà una volta rientrati in casa. Potremmo arrenderci sin da
ora, ma non si risolverebbe comunque nulla. Non riusciremmo a lasciare perdere.
Un fuoco non si spegne fino a quando c’è legna ad alimentarlo e di legna, Gale
ed io, ne abbiamo fin troppa: è nei volti scavati dalla fame dei nostri
familiari, nelle parole di libertà e ribellione dei nostri padri e nelle mani
screpolate della nostra gente.
Così, anche quando
vorremmo solo arrenderci e tirarci indietro, scrolliamo le spalle e ci diamo da
fare per rimetterci in sesto. Andiamo a caccia anche se è proibito. Facciamo a
palle di neve, anche se con questo freddo i vestiti impiegheranno ore ad
asciugarsi. Ridiamo, anche se le scorte di olio e cereali scarseggiano e siamo
ancora nel pieno dell’inverno.
Però andiamo avanti.
Impuntandoci, finché ne abbiamo le forze.
Potremmo
cadere, ma non cadiamo.
Ed è così che si
afferra una cometa.
Note finali.
Questa storia è un prequel della one-shot “La cometa del Distretto 12”. Da ciò ne derivano i vari riferimenti alla
cometa di Halley, che spero non siano risultati troppo forzati. Per una volta
mi sono divertita a immaginare Katniss,, Gale e gli altri personaggi in un
contesto un po’ più spensierato rispetto a ciò che siamo abituati a leggere
nella saga. Mi piace immaginare che di tanto in tanto abbiano vissuto anche
momenti come questo. E il passaggio del “gatto matto” ne: “Il Canto della
Rivolta”, mi aveva incuriosito in sacco, così ho provato ad approfondirlo. Quel
“noi non cadremo” ripetuto più volte nella storia è ispirato alla canzone We Might Fall di
Ryan Star, che ho citato nella premessa iniziale. Va bene, ho scritto troppo
anche questa volta. Scappo a inseguire il fascio di luce assieme a Ranuncolo v.v
Un abbraccio!
Laura