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Autore: bettyJi    05/12/2013    6 recensioni
Questo è un "breve" pezzo su ciò che è successo nel distretto 12 dopo il ritorno di Peeta e Katniss.
Sono una ragazza romantica e...ho allungato il finale del romanzo! Ho pensato a cosa potrebbe essere successo in quei giorni...
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Il giorno che arrivò il treno da Capitol City con il materiale che avevo chiesto fu Peeta a portarmelo.

-Ciao. Ero in stazione ed è arrivato questo per te. Ho pensato di portartelo. – mi dice, con un tono gentile ma non quello del vecchio Peeta.
-Grazie. Sarei andata io se avessi saputo che sarebbe arrivato oggi. –
-E, se posso, cos’è? –
-Me lo manda il dottor Aurelius. Gli ho detto che mi piacerebbe scrivere delle persone che sono... – Non riesco ancora a dirlo. Dirlo sarebbe ammettere che è vero. E ogni volta inizio a tremare e un dolore mi viene da dentro. E non è il caso di reagire così ora.
-Mi sembra una bella idea. – Continua lui. Non ho mai avuto bisogno di spiegarmi con Peeta. Probabilmente mi capisce meglio di quanto io capisca me stessa. Del resto è sempre stato così. Tutti sanno tutto prima che lo sappia io.  Sta per andarsene e...
-Vorresti darmi una mano? –
-A scrivere? –
-Si. Magari potresti anche fare dei disegni, come per il libro delle erbe. –
-Certo. Domani posso passare verso sera, prima sono impegnato a dare una mano in paese. Se per te va bene, ovvio. –
-Va benissimo. A domani. –

Esce di casa, sono di nuovo sola. Per poco, per fortuna. Arriva Ranuncolo a farmi compagnia. Perfino lui mi capisce meglio di me.
Guardo cosa mi ha spedito il dottor Aurelius ma da sola non voglio iniziare.Col mio nuovo compagno salgo in camera e mi addormento sul letto. Resto distesa finché il sole non mi da troppo fastidio. Probabilmente è già mezzogiorno. Per occupare il tempo provo ad andare a caccia. Sto migliorando piano piano. O meglio. Sto tornando brava come lo ero prima. Ogni tanto però vengo ancora colta da attacchi di panico: i miei incubi sono così reali nella foresta.
 
Aspetto sera e Peeta non è ancora arrivato. Resto sul divano davanti al camino a fissare le fiamme. Ranuncolo è sempre al mio fianco. Aspettiamo ma non arriva nessuno, probabilmente non verrà. Ci addormentiamo entrambi.
 
Tra le urla di bambini bruciati sento chiamare il mio nome.
-Katniss..!? Katniss!? –
Vengo svegliata, è Peeta a chiamarmi, con una pagnotta appena sfornata in mano.
- Ti ho portato da mangiare. Dovresti farlo, sai? Mangiare. Non ti fa bene stare a digiuno. –
- Grazie. – è l’unica cosa che riesco a dire.
Mangio in silenzio e iniziamo a lavorare al libro.
Le giornate seguenti si ripetono per lo più uguali. Dormire-caccia-dormire-lavorare al libro-dormire. Dormire. Non riesco mai a dormire tranquilla. Non c’è notte che gli incubi non mi tormentino. Che i volti di tutti coloro che ho perso non tornino a cercarmi. O di chi ho fatto soffrire.
Probabilmente è per questo che mi addormento così spesso e ovunque.
Vedo Peeta. Lo torturano, sento le urla di Johanna, e lui che soffre ed è solo. Io non posso fare niente, come quando ci hanno salvato la prima volta dall’arena, è come se si trovasse dietro un vetro e io non posso aiutarlo. Cerco di chiamarlo.
-PEETA! – Mi sveglio urlando. Sudata. Ci metto un attimo a capire che sono sul divano davanti al camino. Ranuncolo ha fatto un salto ed è scappato via. Spero di essere da sola ma sento dei passi correre verso la stanza.
-Katniss!? Katniss! – Arriva Peeta preoccupatissimo. Riesco ancora a farlo preoccupare... –Katniss, va tutto bene!? –
-Si, non era niente...io...scusa... –
-Ti eri addormentata, sono andato a scaldare dell’acqua per il te, non volevo farti spaventare... –
Non riesco a rispondere. Mi rendo conto di sembrare pazza ad aver urlato il suo nome solo perché non c’era ma sarei troppo imbarazzata a dire che lo stavo sognando.
Ovviamente non c’è bisogno che lo dica io.
- Hai avuto un incubo? – non so cosa rispondere. L’unica cosa che riesco a fare è attaccarmi a lui. Butto la testa sul suo petto e lo stringo. – Vuoi parlarne? Magari ti aiuta. – Non posso certo dirglielo. – Era Prim? – inizio a singhiozzare e non riesco a smettere. Mi abbraccia anche lui e la cosa mi calma. Le sue braccia stanno tornando forti come un tempo. Le sue braccia sono sempre state il posto più sicuro dove combattere i miei incubi. Solo che ora è diverso. So che quelle braccia non sono più quelle di un tempo a causa mia. E la cosa mi provoca forse ancora più dolore.
Poi mi rendo conto di quanto sia stupido che sia lui a confortarmi.
- Scusa. – Mi scosto. – Va tutto bene. Non preoccuparti. – Cerco di essere convincente ma mi trema la voce. E non solo quella.
- Vuoi che resti qui? Finché non ti riaddormenti? – Annuisco. So di essere egoista. Ma la realtà è che non voglio affrontare un’altra notte da sola.
- Resteresti...finché non mi sveglio? – Vedo che è sorpreso. Ma è troppo buono per dirmi di no.
- Va bene. – Non voglio che pensi male di me. Non voglio che creda che mi approfitto di lui. Gliel’ho già fatto pensare troppe volte. Prendo un po’ di coraggio e confesso.
- Continuo a sognare di te. Continuo a vedere che ti portano via, di nuovo. E se mi sveglio e vedo che non è vero...mi calma un po’. – La sua espressione è ancora più sorpresa e confusa. Non dice niente e resta con me.
 
Resta con me tutte le notti. La mattina si sveglia ed esce.
Passano i giorni e a volte non è solo il conforto delle sue braccia a consolarmi la notte. Non sono gli stessi baci del Tour della vittoria, non sono nemmeno come i baci dell’arena, sono una vaga via di mezzo. Nessuno dei due dice niente però. Durante il giorno ci comportiamo normalmente, anche se forse normalmente non è il termine più adatto.
Una sera decidiamo di coinvolgere anche Haymitch nel lavoro sul libro. Un po’ alla volta ricominciamo a parlare con più tranquillità. Haymitch ci racconta degli altri tributi ma riporta anche molti fatti divertenti così si scioglie un po’ la tensione.
Una sera come le altre però fa una domanda...strana.
- C’è una cosa che non è mai stata detta. Tutti hanno dato la loro interpretazione ma nessuno te l’ha mai chiesto. Perché hai tirato fuori quelle bacche, dolcezza?  Cosa stavi pensando? –
La domanda mi coglie alla sprovvista. Non ho idea di cosa stessi pensando in quel momento. Certo non di scatenare una rivoluzione.
- Amore? Rivolta? Sfida? Pazzia? Cosa Katniss? Qualcosa avrai pensato. – insiste Haymitch.
- Salvezza. Sapevo che non avrebbero permesso che morissimo. Sapevo ci avrebbero fermati. Per un attimo ne ho dubitato. Ma non potevano lasciarcelo fare. L’unica cosa che riesci a pensare nell’arena è “come torno a casa? Come sopravvivo?” –
- Quindi non hai mai pensato che saremmo morti lì, assieme? – C’è un fondo di irritazione nella voce di Peeta. - Giustamente hai pensato a come salvarci la pelle. –
- E se non vi avessero fermati? – Insiste Haymitch. E lo detesto per questo.
- Non ci ho pensato. Non era possibile. – è vero che non ho pensato di morire con Peeta, però nemmeno di lasciarlo lì.
- Katniss agisce per il bene degli altri. È per questo che l’amavo tanto. –
Cala il silenzio.
 
Ha usato il passato, questo forse mi coglie ancor più di sorpresa della domanda di Haymitch. Perché poi mi coglie di sorpresa? È ovvio che non mi ami più dopo tutto quello che è successo. Dopo essermi presa gioco di lui, averlo abbandonato e averlo tradito. Perché mai dovrebbe amarmi ancora?
Mi alzo di scatto prima che il mio corpo cominci a tremare, prima che probabilmente le lacrime sempre pronte a sgorgare si facciano vedere sul mio viso. Esco e vado verso il giardino.
Si è riempito di fiori, di primule. Mi ci sdraio a pancia in su. Mi lascio scivolare nel nulla. Penso a Prim e fingo che sia qui.
 
Vorrei non pensare a nulla ma sono troppo vicino alla finestra e sento Haymitch parlare.
- Uao. Si sono invertiti i ruoli, non l’avrei mai creduto possibile. – dice col solito sarcasmo.
- Cosa intendi. –
- Bè, è ovvio! Gli innamorati. Il tuo tono. Lei che esce dalla stanza. –
- Non ho detto niente di sbagliato. –
- Senti... – dice dopo una pausa. -...a me non importa degli innamorati sventurati, non me n’è mai importato! Se non come modo per attirarvi i favori di Capitol City. Ora non ci sono più telecamere per cui recitare. Potete essere voi stessi quindi si, non hai detto niente di sbagliato. Però, quella ragazza, è distrutta. Lo siamo tutti, è vero, ma Katniss  ha iniziato questa cosa per salvare sua sorella e l’unica cosa che ha ottenuto è che Prim non c’è più. Nessuno c’è più. Le siamo rimasti solo noi due. E io non sono esattamente una persona su cui fare affidamento. –
- E cosa dovrei fare? Fingere che mi vada sempre tutto bene? –
- No, ma potreste parlare, tanto per cambiare. –
- Lo sai bene che Katniss non parla. –
- Allora parlare tu. –
Silenzio. Sento la porta di casa aprirsi e richiudersi. Cerco di sprofondare tra le primule ma con scarso successo. Resto immobile e spero che il buio faccia il resto.
- Katniss? – mi chiama e io cerco di appiattirmi ancora di più ma Ranuncolo mi tradisce. Lo vedo saltare giù dalla finestra e evidentemente lo vede anche Peeta perché arriva poco dopo di lui lì dove sono nascosta.
Si siede accanto a me dandomi le spalle e restiamo in silenzio.
Ho paura di cominciare a piangere così chiudo gli occhi e provo ancora a concentrarmi su Prim. È qui.  La respiro. La sento. E cerco di rilassarmi. Ma non funziona.
- Scusa per quello che ho detto. Non sono stato molto gentile.- Io non rispondo e ripiomba il silenzio. - Vuoi giocare a Vero o Falso? – Mi chiede. Emetto un mugugno di consenso. – Comincio io. – pensa alla domanda e dice – Se non ci avessero fermato...avresti mangiato le bacche e saresti morta con me. Vero o Falso? –
- Vero. – rispondo. Sento che manca qualcosa, questo “gioco” è un po’ limitante. – non sarei mai tornata indietro senza di te. – Aggiungo.
- Ok. Vuoi fare una domanda tu? – Rifletto un po’ prima di chiedere.
- Credevi davvero a quello che dicevi quando mi hai difeso da un possibile coinvolgimento coi ribelli. Vero o falso? –
- Vero. E falso. Lo speravo. - ci sono lunghe pausa tra domande e risposte. - Eri a conoscenza del piano dei ribelli. Vero o falso? –
- Falso.-  Anche questa volta la risposta è incompleta. - Se l’avessi saputo non ti avrei mai perso di vista quella notte. - Ripenso al panico di non sapere dove fosse. Al cannone che spara. E probabilmente lui nella mia stessa situazione. - Hai creduto ti avessi abbandonato. –
- Vero. Mi sentivo abbandonato. Ero abbandonato. E sarei stato abbandonato se non fosse stato per te. – fa un’altra pausa. – Ho cercato di ucciderti, vero o falso? -
- Vero. Mi hai quasi lasciata senza voce. –
- Non è che parli molto comunque. –
- Già. – Sorrido per un attimo. Queste è il sarcasmo del vecchio Peeta. Ora tocca a me fare una domanda. Sarebbero molte le cose che vorrei chiedere ma nessuna mi sembra adatta. Nessuna mi sembra “pronunciabile”. – Vi ho sentiti parlare, tu e Gale, la notte a Capitol City. Avete detto che avrei scelto chi mi sarebbe stato più utile per sopravvivere. So che Gale lo pensava davvero...tu? –
- Non è un vero e falso. –
- Hai ragione. –
- No. Non l’ho mai pensato. Tu non hai bisogno di uno di noi per sopravvivere... Ti... – si blocca. Fa un respiro profondo e continua. – Ti sei pentita di quello che hai fatto nell’arena. Vero o falso? –
- Falso. – Non mi da il tempo di fare la domanda che mi chiede.
- Mi ami? Vero o falso? –
 
Da quando questa storia è cominciata tutti hanno deciso di chi io fossi innamorata. Solo Gale me l’aveva chiesto espressamente e non avevo potuto rispondergli, forse perché per lui la risposta sarebbe stata “No, non ti amo ma non posso stare senza di te.” e so che questo avrebbe distrutto il nostro rapporto.
Forse perché in realtà avrei voluto urlare a chiunque “Non lo so! Come potete chiedermi di chi sono innamorata mentre la gente là fuori muore? A chi importa!”.
Forse perché non ero pronta per la parole “amore”.
O forse perché mi stavo innamorando senza nemmeno rendermene conto. Perché tutt’ora faccio fatica ad ammetterlo.


Non ho ancora risposto e Peeta sta per andarsene.
- Vero. – Rispondo. Parlare mi provoca un vuoto in gola. Si risiede e allora gli chiedo. – Non mi ami più, vero o falso? –
Ora è lui a non rispondere. Penso al peggio. Penso a lui che dice “vero” , a come accettare la cosa. A quanto sono stata stupida a non capirlo prima e ad aver rovinato tutto.   
- Falso. – Bisbiglia infine. Si volta verso di me sorridendo. Io invece mi accorgo solo ora che sto piangendo. E ovviamente mi sento una stupida.
Si sdraia accanto a me e prende la mia mano.
Questo momento idilliaco dura poco perché veniamo raggiunti da Haymitch che si sdraia anche lui con noi.
- Oh, che bella serata. Sapete, c’è un ottimo audio da queste parti. –
 
Nei giorni seguenti praticamente decidiamo di vivere assieme.  Occupiamo due case ma stiamo sempre assieme.
Una mattina vado con lui in paese a dare una mano. Siamo in pochi ad essere tornati e le case, per quanto sembrasse impossibile, sono ridotte peggio di prima. Così la sera faccio una proposta a Peeta e Haymitch.
Non ha senso che loro vivano là quando qui ci sono tante case nuove e vuote. Qualcuno in realtà ci si è già trasferito ma molti sono ancora in paese. Potremmo trasferirci tutti qui e buttare giù quello stupido cartello con scritto “Villaggio dei Vincitori”.
Loro sono d’accordo.
 
- Dovresti dirglielo tu, Katniss, è un’idea tua. –
- Non so se mi ascolteranno.  Sono la pazza ragazza che ha ucciso la Coin. –
- Pft... – ridacchia Haymitch.
- Non sei questo. La gente del 12 non ti vede così. Sanno meglio degli altri distretti cos’hai passato e soprattutto cos’era la Coin. Hanno visto la vita del 13 e non penso che volessero lei come nuovo Presidente.
 
Quando restiamo soli mi dice che potremmo anche cambiare casa noi due. Le nostre due case sono piene di ricordi, e la maggior parte non sono felici. Sono d’accordo, non c’è nemmeno niente di nostro da portar via, non sarà difficile.
 
Il giorno dopo andiamo tutti e tre in paese, Peeta chiede a tutti di riunirci perché ho una proposta.
Non parlo in pubblico da molto tempo. Dagli ultimi discorsi fatti per i ribelli. L’ultima volta mi hanno sparato, spero non succeda ancora perché questa volta non ci saranno stormi di dottori pronti a salvare la loro Ghiandaia Imitatrice.
 
- Ciao a tutti... – inizio. Qualcuno mi guarda storto, qualcuno  sorpreso, poi vedo Delly che mi sorride. È incoraggiante il suo sorriso così proseguo. – Ho...abbiamo... pensato che...non sono tante le famiglie tornate qui al 12. Stiamo tutti dando una mano ma non sarà facile e...non è giusto che voi viviate qui quando ci sono delle case nuove al Villaggio.- Qualcuno tra la gente mi interrompe.
- Al Villaggio dei Vincitori? -
- Non sono per noi quelle case. –
- Non ci sono più vincitori. E noi non abbiamo più diritti di viverci di quanti ne abbiate voi. Qualcuno ci ha già pensato e vive là. –
- Voi però avete combattuto. –
- L’abbiamo fatto tutti. E tutti abbiamo perso qualcosa: la casa, gli amici, i parenti. Ora siamo qui per ricominciare. – faccio una pausa per prendere fiato e evitare crolli nervosi. - Potrebbe essere più facile stando vicini, in un posto sicuro. So che tanti di voi  vivono nelle loro vecchie case e che è difficile abbandonarle ma tante non hanno il tetto se non addirittura senza le pareti. Quelle case invece sono nuove e non sono di nessuno, e nessuno ci impone chi debba abitarle. –
 
Nessuno dice niente e io mi sento una stupida a star qui in silenzio osservata da tutti.
 
- Volevo solo dire questo. Possiamo andare avanti ora. – Mi allontano e ricomincio a spostare macerie. Lo sapevo che nessuno mi avrebbe dato retta. Sono la povera ragazza pazza rimasta sola. Avrebbe dovuto parlare Peeta che è sempre più convincente.
 
Torniamo al villaggio. Anche se gli altri non ci hanno ascoltato io e Peeta ci spostiamo in una nuova casa, più vicina ad Haymitch. Spostiamo le nostre poche cose. La casa è praticamente uguale alle altre. Cambiano sono leggermente i colori e gli arredi.
Ci addormentiamo nel nostro nuovo letto nella nostra nuova casa e per la prima volta dormo meglio. Non senza incubi ma almeno mi sono sembrati più sopportabili, appaiono in modo sfocato, confuso.
 
Mi sveglio e scendo nella nuova cucina uguale alla precedente. Sto quasi pensando di mettermi a cucinare qualcosa quando cambio idea. Aver ammesso di essere innamorata non vuol dire che sia diventata romantica. Non credo sarò mai una dolce mogliettina e Peeta lo sa. E poi io non so cucinare. È sempre stato lui la “dolce mogliettina”.
Saluto Ranuncolo che si è subito appropriato di una delle poltroni blu vicino al caminetto quando sento dei rumori che si avvicinano. Sono carri, persone...ho un attimo di panico finché non vengo raggiunta da Peeta, anche lui ha una faccia preoccupata. Resto paralizzata un attimo pensando che non può essere, è tutto finito e io sono stata assolta. Peeta è al sicuro e nessuno può volergli fare del male. Andiamo alla porta per vedere cosa succede.
 
La gente del paese sta attraversando l’enorme cancello guardandosi attorno. Qualcuno ha con sé solo una borsa, qualcuno è riuscito a salvare qualcosa di più dalla propria casa. Vedo Delly salutarci. E Sae. Lei è l’unica tra loro che è già stata qui e ha l’aria meno sorpresa degli altri.
 
- Ti hanno dato ascolto. –
- Non pensavo... –
- Sei ancora la Ghiandaia imitatrice. E lo sarai sempre finché sarai un modello da seguire. –
Rimango un attimo sulla porta a riflettere su cosa mi ha appena detto e se la cosa mi faccia o meno piacere. Non ho mai voluto essere la Ghiandaia imitatrice. Perché significava essere qualcun altro. Essere chi volevano che io fossi. E soprattutto portare un sacco di dolore. Però se la Ghiandaia può anche fare del bene...forse non mi dispiace così tanto.
- Vieni, ti preparo la colazione. – Mi dice Peeta. Sì, è lui la parte dolce della coppia.
 
Poco alla volta ricostruiamo la piazza principale. Riaprono alcuni negozi, riusciamo a tornare alle nostre attività.
I muri che ci separavano dagli altri distretti vengono abbattuti. Anche i contatti tra i distretti non sono più proibiti. Dal distretto di Beetee arrivano nuove tecnologie per  estrarre il carbone dalle miniere così che nessuno debba più rischiare la vita là sotto. In superficie cominciamo a lavorare la terra.
Aprono anche nuovi negozi, non solo di beni di prima necessità, il che è una cosa strana qui al 12.
Peeta continua a lavorare alla panetteria e io faccio un accordo con un ragazzo che lavorava in miniera e ora ha deciso che aprirà una macelleria. Haymitch beve finché non finisce il liquore, dopodiché alleva oche sino all’arrivo  del treno successivo. Per fortuna le oche sanno badare a sé stesse piuttosto bene1.
Passa qualche tempo. Il Distretto ha ricominciato a vivere e abbiamo molti scambi con gli altri distretti così conosciamo altri tipi di merci. Hanno riaperto le scuole e qualcun altro ha deciso di tornare a dare una mano.
Una sera, prima di addormentarci, Peeta mi chiede:
- Lo so che è una cosa stupida. E puoi rifiutare se vuoi ma...se ci sposassimo? –
Ormai stiamo assieme da così tanto che non ho mai pensato di dover “ufficializzare” la cosa. È come se ci fossimo già sposati. Poi penso a Annie e Finnick e a quanto erano felici e capisco che Peeta, il dolce ragazzo del pane, vorrebbe poter festeggiare. Ovviamente non per la festa ma per ciò che questa significa. Così accetto.
Lo dico a mia madre, non credo che verrà però credo le faccia piacere saperlo. Lo dico anche a Annie e ovviamente a Haymitch. Non so chi dei due abbia parlato ma la voce si diffonde. Plutarch ci contatta subito per farci uno speciale ma io mi rifiuto categoricamente. Non sono la coppia di innamorati sventurati a sposarsi ma siamo io e Peeta. E il resto del mondo non c’entra niente.
Riceviamo addirittura una lettera dalla Paylor, non ci aveva mai contattati  fin’ora, non che dovesse farlo,  sicuramente aveva altro a cui pensare ora che è Presidente. È  di un certo conforto quello che ci scrive. Ci fa sapere di come stanno organizzando il nuovo Stato, con maggiori dettagli di ciò che viene detto in TV, e quali sono i programmi per il futuro. Hanno già fatto molto ma tanto c’è ancora da fare. Dice anche di aver trovato dei vecchi documenti con i propositi  della Coin, poi cambia argomento e qualche riga sotto aggiunge: “Ammetto di essere sollevata da ciò che hai fatto”. Capiamo a ciò che si riferisce e che il riferimento è vago nel caso in cui questa lettera finisca in mani sbagliate.  
Si congratula con noi e ci fa le sue felicitazioni. Scopriamo anche di avere ancora molto seguito a Capitol City e che molti chiedono di noi. Lei risponde a tutti che siamo tornati alla nostra vita di sempre lontani dagli orrori che abbiamo dovuto affrontare ed è lieta che sia davvero così.
Con mia enorme sorpresa alla festa ci raggiungono Annie col suo bambino, lei sembra tranquilla e il modo in cui guarda il piccolo mi fa capire che lui è la sua ancora di salvezza, Plutarch senza alcun seguito di telecamere, il mio team di preparatori più eccitato che mai, Effie, ripulita del suo solito trucco e di tutti gli abiti assurdi ma sempre vistosa, e mia madre.
Mi abbraccia ma non dice niente. Quando vede Ranuncolo vedo le lacrime affacciarsi ai suoi occhi poi mi guarda e mi sorride. 
Si ferma poco, il tempo di qualche saluto e di portarci le congratulazioni e una lettera di Gale.
Peeta si irrigidisce in modo  quasi impercettibile ma appena mia madre si allontana lo abbraccio e capisce che non ha niente da temere.
La sera tutti sono ripartiti, grazie all’influenza di Plutarch hanno ottenuto un  treno con orari speciali. Annie ci saluta con un abbraccio e ci prega di rimanere in contatto con lei, il mio team e Plutarch non vedono l’ora di poter dire di averci visto. Finalmente restiamo di nuovo soli.
Entrati in casa c’è la lettera di Gale ad aspettarci. La guardo con sospetto e Peeta mi dice di aprirla, che se voglio posso farlo in privato.
- Magari domani. – Questa è stata la nostra giornata e ci sono già state più interferenze del previsto.
La mattina seguente vedo Effie uscire di nascosto da casa di Haymitch. Sono perplessa, non l’avrei mai creduto possibile. Dev’essere che Effie aveva bevuto un po’ troppo ieri sera probabilmente.  Si sveglia anche Peeta in tempo per vederla.
- Era...Effie quella che è uscita... –
- Temo di si! – gli sorrido e mi volto a guardarlo. È una delle poche cose che mi da ancora gioia, il suo sorriso, sfortunatamente tornati di là c’è la lettera che ci aspetta.
- Se vuoi vado via. – chiede titubante.
- È per entrambi. – Rispondo.
Si siede accanto a me e iniziamo a leggerla in silenzio. Peccato che effettivamente la lettera non sia per entrambi, infatti inizia con Cara Catnip.
- Sei sicura che...? –
- Si. – Non voglio che ci siano altri segreti, non voglio che lui possa pensare che ci sia qualcosa ancora tra me e Gale.
Non sono sicura che continui a leggere la lettera, è troppo buono per farlo sapendo che non è per lui, però resta al mio fianco.
Gale mi saluta e dice di salutargli anche Peeta. Spera che qui nel 12 vada tutto bene e i lavori procedano, magari n giorno verrà a dare un’occhiata.
È felice per me, per noi. Dice di non pentirsi della scelta che ha fatto, rimanendo a dare una mano e non tornando a casa, solo si chiede se le cose sarebbero andate ugualmente così. È convinto però che sia meglio per tutti lasciare le cose come stanno.      
Poi racconta di cosa sta facendo e cosa succede nel secondo Distretto.
La sera, dopo un’altra giornata di caccia, mi rannicchio come sempre tra le braccia di Peeta.
Durante il giorno ci sono ancora momenti in cui lui afferra lo schienale di una sedia e aspetta finché i flashback non sono finiti. Di notte io mi sveglio ancora urlando da incubi di ibridi e bambini perduti. Ma le sue braccia sono lì a darmi conforto, e le sue labbra. La notte quando provo di nuovo quella sensazione, la fame che mi aveva assalito sulla spiaggia, so che tutto questo sarebbe accaduto comunque.   
Gale si sbaglia se pensa che non avrei scelto Peeta per lui...d’altra parte aveva ragione nel dire che mi sarei innamorata di colui di cui ho bisogno per sopravvivere, e ciò di cui ho bisogno per sopravvivere non è il fuoco di Gale, acceso di odio e di rabbia. Ho abbastanza fuoco di mio. Quello di cui ho bisogno è il dente di leone che fiorisce a primavera. Il giallo brillante che significa rinascita anziché distruzione. La promessa di una vita che continua, per quanto gravi siano le perdite che abbiamo subito. Di una vita che può essere ancora bella.
E solo Peeta è in grado di darmi questo.
Così, quando sussurra :- Tu mi ami. Vero o falso? –           
Io gli rispondo,
senza esitazione, -Vero.1

<3

 

1 Le parole riportate in corsivo sono tratte direttamente dall'ultimo capitolo de "Il canto della rivolta"
 

Ciao! Se leggi qui vuol dire che sei arrivata alla fine della storia!
E' la prima volta che ne pubblico una, ho pensato che però non fossi la sola a desiderare qualcosa di...più romantico! dal finale del libro. Così ho immaginato questa breve storia e ho deciso di condividerla con voi!
Grazie di aver letto :)

 
  
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