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Autore: Sweet_eSSe    05/12/2013    1 recensioni
E' la mia prima storia quindi spero che vi piaccia.
Il profumo inebriante dei fiori e quelle dolci melodie la aiutavano a distendersi e a dare libero sfogo alla sua immaginazione. Quel magico duo riusciva perfino a farle studiare materie insopportabili.
Ogni qual volta aveva un problema si rifugiava sotto quel balcone per poter trovare la giusta risposta.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Il suono melodico del pianoforte arrivò fino alle sue orecchie.
Chiuse gli occhi per sentire ogni singola nota di quel pezzo.
Era ormai passata una settimana da quando aveva scoperto quel piccolo “angolo di paradiso”, un roseto all’interno del collegio su cui si affacciava un balcone di una delle camere del dormitorio maschile.
Il profumo inebriante dei fiori e quelle dolci melodie la aiutavano a distendersi e a dare libero sfogo alla sua immaginazione. Quel magico duo riusciva perfino a farle studiare materie insopportabili.
Ogni qual volta aveva un problema si rifugiava sotto quel balcone per poter trovare la giusta risposta.
Così fece anche quella volta.
Rifiutata dal ragazzo che le piaceva da molto tempo, era subito corsa nel suo rifugio segreto per cercare conforto in quel piano.
Ma anche la musica sembrava più triste.
Le note le sembravano spente e deboli, come se stessero uscendo fuori a forza.
Non riusciva a capire se fosse il suo stato d’animo o quello del pianista.
Sembrava che le due anime si fossero fuse e stessero provando gli stessi esatti sentimenti.
Il suo dubbio divenne una certezza quando una nota rovinò l’intero motivo.
Da quel che ricordava non lo aveva mai sentito sbagliare.
Pensò che probabilmente anche lui aveva passato una brutta giornata ma non poteva sapere quanto aveva ragione in quel momento.
 
Un ragazzo entrò brutalmente nella propria camera e buttò per aria tutto ciò che gli capitava.
La sua anima era dello stesso colore dei suoi capelli, nera come la pece.
Dire che aveva passato una brutta giornata era poco, era stata in assoluto la più brutta passata fino a quel momento.
Era arrabbiato, amareggiato, deluso.
Non voleva e non poteva accettare ciò che era accaduto poco prima.
Per calmare il suo animo decise di suonare al pianoforte. Di solito era l’unica cosa che riusciva a calmarlo, ma quella volta non fu cosi.
Le sue mani non erano delicate come al solito, erano rudi e violente. Sembrava quasi che stessero torturando quel povero strumento.
Il suono che ne usciva non era dolce e armonioso, era un lamento straziante come se stesse chiedendo pietà di non essere usato.
Continuò finché una nota errata uscì più forte delle altre alterando il componimento.
A quel punto si fermò. Non aveva mai sbagliato. Ma poi capì.
La “ nota stonata” non era quella nella musica ma nella sua vita, una nota che già da un po’ risuonava costantemente.
Ma non riusciva proprio a capire quel piccolo particolare cosa potesse essere.
Dopo essersi leggermente calmato si sdraiò sul letto e con quel pensiero nella mente si abbandonò al potere di Morfeo.
 
Si alzò un lieve vento.
I lunghi capelli della ragazza, di una tonalità simile ai chicchi di caffè, volarono leggeri sulle ali dell’aria e vi rimasero sospesi per un po’ per poi posarsi piano sul viso di lei, come a voler velare al mondo la vista di quegli occhi intrisi di tristezza.
Quei teneri occhi avrebbero voluto urlare e liberarsi dal dolore.
Quelle perle nate per perdersi nella gioia erano già da troppo tempo abituate alla sofferenza.
Accarezzò con la mente le sue dolci labbra, rosse come i petali delle rose circostanti, sfiorò col pensiero le proprie guance, bianche come la neve, rigate dalle lacrime.
Immaginò che il mascara si fosse sciolto, in quel momento doveva tanto assomigliare ad un panda.
Si alzò lentamente e tolse dalla divisa petali e rametti.
Il suo concerto preferito si era concluso già da un po' e pensò che fosse il caso di ritornare al proprio dormitorio prima di prendersi un raffreddore.
Troppo tardi.
 
Uno starnuto risuonò nella camera del ragazzo. Il moro si mise a sedere sul letto rabbrividendo.
Non si era accorto di essersi addormentato con la finestra del balcone aperta.
Guardò verso l’orologio sul comodino e notò con disappunto che aveva dormito per più di un’ora.
Si alzò dirigendosi verso la fonte del suo raffreddore per chiuderla ma al di sotto di essa notò una figura in mezzo alle rose.
Prese una felpa e uscì fuori per osservarla.
Era una ragazza praticamente sommersa da  fiori e fili d’erba ma sembrava non importarsene.
Notò due chiazze nere che le contornavano gli occhi, pensò giustamente che avesse pianto.
Continuò ad osservarla senza distogliere lo sguardo dalla sua figura.
Appena la ragazza si fu alzata, un tenero e piccolo starnuto ruppe il silenzio della natura.
A quel punto non riuscì più a trattenersi.
 
Una sonora risata risuonò da sopra il balcone.
Molto lentamente alzò lo sguardo verso l’alto, un ragazzo dai capelli corvini stava ridendo.
Pensò che la sua risata fosse simile a quella di un usignolo.
Guardandolo arrossì di botto. Quando la melodia finì i suoi occhi incrociarono quelli del ragazzo.
Due occhi freddi come il ghiaccio, dello stesso colore dell’oceano.
Occhi che sembravano voler chiedere calore e amore forse mai ricevuti.
 
Il moro, notando il rossore sulle guance della ragazza, smise di ridere.
Il suo sguardo cadde sugli occhi di lei.
Due perle lucide del colore degli alberi di ciliegio, un marrone caldo, dove piccole pagliuzze dorate si alternavano a ombre più scure.
Occhi in grado di donare amore e gioia solo a guardarli.
 
La campana del collegio spezzò quel contatto visivo.
Subito dopo aver fatto un piccolo cenno col capo, si girò e iniziò a correre.
Aveva il cuore a mille ma sapeva benissimo che non era a causa della corsa.
Quegli occhi gelidi le avevano provocato emozioni differenti contemporaneamente.
Nemmeno con il ragazzo che le piaceva si era sentita così bene.
In quel momento le vennero dei dubbi su cosa volesse significare realmente innamorarsi.
Stravolta dagli episodi della giornata e osservata la tarda ora decise di addormentarsi.
Il suo ultimo pensiero della giornata venne rivolto a quegli occhi accompagnati dalla dolce melodia dell'amore.
 
Quegli occhi l'avevano messo KO. Erano così caldi nonostante avessero provato dolore.
Guardandoli la frustrazione per non essere riuscito ad entrare nell'orchestra del luogo era scomparsa.
Gli sembrava un problema da nulla in confronto al non sapere il nome di quella ragazza che per chissà quanto tempo ascoltava la sua musica, i suoi componimenti, i suoi sentimenti.
Non conosceva nulla di lei ma giurò a se stesso che l'indomani avrebbe scoperto il più possibile.
 
Il pomeriggio seguente non sapeva se andare o no sotto il suo balcone.
Non sapeva se aveva ancora il diritto di ascoltare la sua musica.
Così decise di andare più tardi del solito, quando solitamente concludeva con un brano scritto da lui.
Si avvicinò cautamente nascondendosi dietro le siepi per non farsi vedere.
Quando però dalla camera non sentì alcun rumore, decise di uscire allo scoperto.
Delusa si girò.
 
Pensò che quella ragazza fosse davvero buffa. Più cercava di nascondersi più risultava goffa.
A stento trattenne un'altra risata. Quando però vide che stava andando via non riuscì più a trattenersi e mettendole una mano sulla spalla la fece voltare nuovamente.
 
Azzurro nel castano. Castano nell'azzurro.
Si parlarono arrossendo senza distogliere lo sguardo l'uno dall'altro.
-Mi chiamo Ryan.-
-Piacere, io sono Shana.-
Da quel momento tutti i pomeriggi lui suonava per lei e lei lo ascoltava e la "nota stonata" diventò una splendida melodia.Il suono melodico del pianoforte arrivò fino alle sue orecchie.
 
  
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