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Autore: Its Ellie    06/12/2013    1 recensioni
La guerra è finita e sembra che finalmente la pace abbia bussato alle porte di Panem, un paese che sta cercando di migliorare. Tuttavia gli Hunger Games non sono ancora finiti e torneranno nella loro ultima edizione, la settantaseiesima, quella di Capitol City. Seguiremo le mosse della sedicenne Roselyn Snow, la famosa nipote del presidente Snow, attraverso gli ultimi giochi della fame, in un intreccio di amore, amicizia e alleanze, ma anche di odio, gelosia e vendette. Chi avrà la meglio?
Felici Hunger Games e possa la buona sorte essere sempre a vostro favore.
***
Questa fanfiction è una nuova versione di "Capitol City's Hunger Games", che avevo scritto sotto il nome di _Whity_ (che adesso ho cambiato) e che poi avevo eliminato per poterla riscrivere.
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Nuovi Tributi, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giardino delle rose appassite
Introduzione
 
«Nonno, chi sono quelli?» chiese la ragazza, indicando sul grande schermo due dei tributi che indossavano un completo nero avvolto dalla fiamme.
«Katniss Everdeen e Peeta Mellark» rispose semplicemente l’uomo, storcendo le labbra.
«Perché vanno a fuoco?» la ragazza fissava preoccupata i due tributi salutare la folla in delirio, incuranti del fatto che il fuoco stesse divampando intorno a loro.
«Sono fiamme finte, Roselyn, come nei film» la rassicurò l’altro, accennando ad un sorriso. «Non possono fargli niente.»
«Se lo dici tu...» la ragazza continuò ad osservare incantata la sfilata dei carri che intanto si era fermata davanti all'Anfiteatro cittadino, che era incorporato nella loro gigantesca casa. «Guarda nonno, ci sei tu!»
Il presidente Snow annuì senza commentare, mentre dallo schermo cominciava il suo discorso.
Le telecamere intanto inquadravano i volti dei tributi uno per uno, ma non appena finirono il giro tornarono ad essere fisse solo sui due tributi in fiamme.
«Da che distretto vengono, nonno?» chiese. Snow sospirò. «Ti piacciono così tanto?»
Lei fece spallucce. «Era solo per sapere.»
«Pensaci su, secondo te da quale distretto provengono?»
«Uhm, ci sono le fiamme. E loro sono vestiti di nero, come il carbone» la ragazza fece due più due. «Distretto 12, carbone!»
Snow annuì.
«Adesso ricordo!» esclamò lei. «Oggi, mentre uscivo da scuola, ho incontrato Effie Trinket, la loro accompagnatrice. Stava parlando con un gruppo di persone interessate ai suoi tributi e cercava di convincerle a sponsorizzarli.»
«Effie Trinket, eh? Ragazza molto allegra» si limitò a commentare Snow.
«Ad un certo punto ha detto che dal carbone possono nascere le perle, è stata una bella frase» disse Roselyn.
«Non credo che dal carbone nascano le perle» replicò Snow.
«L'ho pensato anche io, ma non sembrava che gli altri se ne fossero accorti» Roselyn sorrise. «Mi piacciono i tributi del Distretto 12.»
 
 
 
«Un applauso ai due vincitori del Distretto 12, Katniss Everdeen e Peeta Mellark, gli innamorati sventurati!» urlò Caesar Flickerman.
La grande televisione si spense di colpo.
Roselyn si voltò sorpresa e vide suo nonno in piedi dietro di lei con il telecomando in mano e un'espressione infastidita dipinta in faccia.
«Nonno!» esclamò irritata, incrociando le braccia al petto. «Stavo guardando la replica!»
«Direi che hai visto abbastanza» ribatté lui impassibile. «Adesso vai a fare i compiti in camera tua.»
«Cosa?» sbottò lei inarcando le sopracciglia, incredula. «Ma per chi mi hai presa, per una bambina di dieci anni?»
«Ne hai quattordici, non cambia molto» replicò il presidente Snow. Posò il telecomando sul tavolino in vetro e puntò i suoi occhi color del ghiaccio in quelli della nipote, che erano scuri ma brillanti. «Adesso fai quello che ti dico, io devo sbrigare del lavoro qui.»
Roselyn aprì la bocca per ribattere, per niente decisa ad arrendersi, ma la richiuse velocemente. Guardò il nonno sedersi sul divano accanto a lei e premere il pulsante di uno strano congegno che fece comparire alcuni ologrammi. Sapeva che discutere con il nonno era inutile, visto che era impossibile avere ragione con lui. Vinceva sempre, in qualsiasi discussione, che fosse di politica o su chi dovesse mangiare l'ultima fetta della torta al cioccolato. Decise che cercare di mercanteggiare era meglio.
«Almeno posso farli qui con te?»
«No.»
Mise il muso. «Perché no?»
«Perché dopo finisci col distrarti e li lasci a metà come al solito.»
«Non è vero!»
«Ah no?» agganciò di nuovo il suo sguardo gelido a quello della ragazza, che sospirò. «Va bene, forse un po' è vero.»
«Se li finisci in fretta dopo possiamo andare a fare una passeggiata insieme nel giardino delle rose.»
Gli occhi di Roselyn si illuminarono. «Dici sul serio?»
«Sì, ma li devi fare tutti e bene, altrimenti niente passeggiata.»
La ragazza annuì energicamente e si precipitò fuori dal grande salone. Sapeva quanto fosse prezioso per suo nonno quel giardino. In pochi avevano il diritto di accedervi, e farci una passeggiata insieme significava davvero tanto. Era uno di quei pochi momenti in cui Roselyn riusciva quasi a pensare che ci fosse qualcuno che provasse veramente un po’ di affetto sincero per lei.
Fece per dirigersi verso la sua stanza ma si bloccò improvvisamente. Dal salone cominciarono a risuonare delle urla e alcuni spari. La ragazza sbirciò appena da una fessura della porta che fortunatamente, o sfortunatamente, non avrebbe saputo dirlo, aveva lasciato socchiusa e la scena che vide la lasciò a bocca aperta e senza fiato.
Dagli ologrammi erano apparse alcune scene provenienti da tutti i distretti di Panem. Nel Distretto 11 la gente era scesa in strada con forconi e pale alla mano, urlando cose incomprensibili e andando incontro ad un esercito bianco di Pacificatori. Nel Distretto 7 un ragazzo ed una ragazza avevano appena finito di disegnare un’enorme Ghiandaia Imitatrice su un muro del Palazzo di Giustizia con le bombolette spray. Nel Distretto 3 le fabbriche stavano andando a fuoco.
Roselyn si coprì la bocca con le mani e distolse subito lo sguardo. Cosa stava succedendo? Mille pensieri le giravano vorticosamente in testa. Ma una parola le compariva chiara tra le altre.
Rivolta.
 
 
 
Roselyn quel giorno decise di aprire la porta in modo diverso, per cambiare. Le tirò un calcio furioso e questa si spalancò violentemente.
«I tributi verranno scelti tra i vincitori ancora in vita?» urlò incredula. «Che diavolo significa?»
Nel salone, suo nonno e Plutarch Heavensbee, il nuovo Capo Stratega dopo la scomparsa di Seneca Crane, stavano prendendo tranquillamente il tè. Tranquillamente fino a quel momento.
«Significa quello che hai appena detto» replicò Snow senza scomporsi minimamente. «Perché non ti siedi e bevi anche tu un po’ di tè?»
Così magari ti calmerai, aggiunse mentalmente Roselyn. Suo nonno aveva la capacità innata di riuscire a celare interi concetti dietro ciò che diceva.
Si sedette vicino a Plutarch, che le sorrise e le verso del tè dentro una tazzina di porcellana. La ragazza non lo toccò.
«Non puoi farlo» continuò, cercando di parlare in modo più civile possibile. «Non è giusto.»
«Posso farlo, invece. E ho anche spiegato il perché di questa scelta.»
La ragazza afferrò il tavolo con entrambe le mani e lo strinse fino a far sbiancare le nocche. Calma, doveva mantenere la calma.
«Gli abitanti di Capitol City non apprezzeranno mai questa scelta» sibilò. Per una volta, fu lei a fissare il suo sguardo su quello di suo nonno, intenzionata a non mollare. Snow scrollò le spalle. «Hai torto, la trovano un’idea molto brillante ed eccitante invece.»
Roselyn dovette fare appello a tutta la sua pazienza, che era davvero poca, per non esplodere. «Come... come fai a dirlo?»
«Me l’hanno detto loro. Ho ricevuto molti complimenti per l’idea eccellente e originale che ho avuto.»
«Te lo dici da solo?»
«Ripeto: me l’hanno detto loro.»
«KATNISS ASPETTA UN BAMBINO!» urlò all’improvviso. Non centrava assolutamente niente, ma solo il pensiero la faceva ribollire di rabbia.
«Non crederai mica che sia vero» ribatté il presidente Snow. Parlava con un tono così calmo da rendere la ragazza ancora più furiosa di quanto già non fosse. «Lo sappiamo bene entrambi che è solo finzione, come tutto il loro idillio, del resto.»
«E anche se fosse?» continuò Roselyn, alzando le braccia al cielo esasperata. «Cosa avresti fatto se fosse stato vero? Eh? L'avresti mandata a morire lo stesso, immagino.»
«Sì, negli Hunger Games va così, niente sconti per nessuno» replicò suo nonno. A quel punto Roselyn scattò.
Per anni aveva tenuto dentro di sé tutto ciò che pensava, senza dirlo mai. Non aveva mai detto ciò che pensava veramente degli Hunger Games, di tutta la situazione di Panem in generale. Era arrivato il momento di dar voce a quei pensieri.
«Davvero, nonno? Negli Hunger Games va così? Allora lascia che ti dica ciò che penso veramente di tutto questo!» esclamò. Non voleva dargliela vinta, non quella volta. Avrebbe avuto ragione lei, avrebbe vinto.
Plutarch intanto seguiva tutta la conversazione in silenzio, tenendo lo sguardo fisso sulla sua tazzina. A Roselyn non importava niente se in quel momento sembrava ridicola, se stava facendo fare brutta figura a suo nonno. Non le importava più niente. In quel momento voleva solo tirare fuori ciò che aveva tenuto nascosto per anni. Ma non riuscì a farlo, perché suo nonno si alzò in piedi di scatto lanciandole uno sguardo di fuoco.
Roselyn non l’aveva mai visto così. Era sempre stato un uomo impassibile, superiore a tutti, potente, irraggiungibile. Nascondeva le sue emozioni e si limitava ad essere sempre quello con la situazione in mano. A volte si comportava persino come se fosse stato un dio. In quel momento, invece, la sua espressione era furiosa e la ragazza si spaventò.
«Vai immediatamente nella sua stanza e non provare neanche a mettere piede fuori di lì» ordinò con un tono irremovibile. Stavolta Roselyn chinò il capo e se ne andò velocemente, senza neanche provare a protestare.
Suo nonno aveva vinto di nuovo.
 
 
 
«Sono... scappati?»
Roselyn ancora non riusciva a crederci. Aveva visto tutto in diretta ed era quasi svenuta.
«Sì» ripeté suo nonno per l'ennesima volta in quelle due ore.
«E tu hai dato fuoco al Distretto 12?»
«Mettila così se proprio devi.»
«In che altro modo dovrei metterla?»
Snow sospirò. «Non lo so, Roselyn. Dovevano pagarla.»
«E così hai ben pensato di farla pagare a delle persone innocenti.»
«Non erano innocenti.»
«No? Bambini piccoli, donne incinte e anziani non erano innocenti?»
«Molti si sono salvati.»
«Io e te abbiamo una concezione completamente diversa del molti
Il presidente sospirò di nuovo. «Non ho tempo ora per discutere, Rose. C'è una guerra da preparare.»
Fu come ricevere un pugno allo stomaco. All'improvviso la tensione raggiunse il suo massimo. Alla ragazza sembrò quasi che fosse scesa anche la temperatura. Rabbrividì.
«U-una... guerra?» ripeté piano. Faticava a respirare. Per fortuna era seduta sul grande divano del salone o sarebbe sicuramente crollata a terra.
«Sì, Roselyn. E' questo quello che abbiamo ottenuto da quella ragazza: guerra, e presto anche distruzione e morte ovunque.»
Roselyn si alzò di scatto e si allontanò velocemente dal divano, per quanto le sue gambe malferme glielo permettessero.
«Rose?» si sentì chiamare da dietro. «Rose, dove vai?»
Non rispose, si limitò a barcollare via, mentre il mondo le girava attorno vorticosamente.
A che gioco stai giocando, Katniss Everdeen?
 
 
 
«Lasciatemi andare!» urlò Roselyn, mentre dei Pacificatori cercavano di portarla via.
«Rose, smettila di fare così» suo nonno le si avvicinò e la ragazza riuscì finalmente a liberarsi dalla presa delle guardie, correndogli incontro.
«Non voglio lasciarti...» mormorò lei, lasciandosi avvolgere dalle braccia familiari del nonno. «Voglio restare qui con te...»
«Non se ne parla neanche» replicò Snow, usando quel tono che non ammetteva repliche. «Devi andartene.»
«Allora vieni con me! Non puoi rimanere qui da solo!» esclamò Roselyn scuotendo la testa. Sentì pizzicarle gli occhi e ben presto una lacrima le rigò la guancia.
«Oh Rose, non fare così» sentì la stretta di suo nonno farsi più salda, mentre altre lacrime scendevano copiose. «Lo sai che non posso permettermelo.»
«Sì che puoi, chi se ne importa di Panem! Che bruci pure!» sbottò Roselyn, allontanandosi di scatto da Snow. «Vieni con me» ripeté.
 «Ho dei doveri nei confronti di questo paese, Roselyn. Non posso andarmene e basta» disse lui risoluto. «Adesso va' e mettiti in salvo, prima che ti trovino e ti facciano del male.»
La ragazza si sentì di nuovo afferrare per le spalle dai Pacificatori. Cercò di divincolarsi e cominciò a scalciare con tutte le sue forze, senza però ottenere risultati.
Venne spinta dentro l'hovercraft che stava ormai per prendere il volo. Urlò e cercò di saltare giù, ma una lastra di vetro si frappose tra lei e l'uscita, bloccandola dentro.
«No!» girdò, gettandosi lo stesso contro la lastra e battendoci sopra le mani. «NO!»
L'hovercraft si staccò da terra e cominciò a salire sempre più in alto, sempre più lontanto da suo nonno, che intanto rimaneva immobile a terra con uno sguardo insespressivo.
«NONNO!» urlò, tirando un pugno contro il vetro. Lo vide muovere le labbra senza capire cose stesse dicendo e poi portarsi una mano al petto, indicando il punto dove c'era il cuore. Poi divenne un semplice punto nero in lontananza, finché non scomparì del tutto.
Roselyn lanciò un grido frustrato, per poi accasciarsi a terra. «Nonno...»
Un pensiero la colpì fulmineo e doloroso come uno schiaffo. Lo sapeva, il presidente Snow. Lo sapeva che sarebbe sicuramente morto, che i ribelli non lo avrebbero mai risparmiato quando lo avrebbero catturato, perché lo avrebbero catturato, di quello era certa.
Allora perché era voluto rimanere?
Ma certo, per servire quello stupido paese. Panem per lui era tutto. Per Panem avrebbe dato la sua stessa vita.
Nascose il viso fra le mani, ricominciando a piangere. Chiuse gli occhi. «Nonno...»
Sentì alcuni passi dietro di lei e poi qualcuno la prese in braccio, portandola via.
In quel momento giurò a se stessa che un giorno avrebbe avuto la sua vendetta.
Mi hai capita, Katniss Everdeen? Avrò la mia vendetta.
 
 
 
«Mamma, quanto manca per arrivare?» chiese una bambina insopportabile per la decima volta in quella mezz’ora di volo.
I passeggeri a bordo dell’hovercraft erano pochi: suo padre e sua madre, il senatore Greenhill e sua moglie, uno dei consiglieri fidati di suo nonno del quale Roselyn non aveva mai conosciuto il nome e sua figlia, ovvero la bambina insopportabile.
Non aveva smesso un attimo di piagnucolare e di ripetere che voleva tornare a casa da quando i passeggeri si erano radunati tutti insieme nella sala di controllo.
«Voglio tornare a casa!» urlò la bambina. Appunto.
«Non puoi» le rispose Roselyn con tono duro. Era la prima volta che parlava da quando l’avevano portata via e lasciata su un divanetto a riposare. «Casa tua è bruciata, non ci tornerai mai più.»
La bambina insopportabile la guardò stranita per un attimo, poi scoppiò a piangere.
«Roselyn!» esclamò sua madre in tono di rimprovero. La ragazza la ignorò.
Fece per alzarsi e abbandonare la sala di controllo, ma un fischio risuonò nell’aria, subito seguito da una raffica di spari.
«Maledizione!» urlò il pilota dell’hovercraft dalla sua postazione. «Ci hanno trovati!»
Greenhill imprecò e si affacciò dal finestrino. «Sono in tre, ci hanno circondati!»
Ci furono altri spari e poi un botto fortissimo, poi il pilota perse il controllo del veicolo e precipitarono nel vuoto.
Ci furono delle urla e un’esplosione fortissima. Roselyn perse la presa sul suo sedile e venne sbalzata in alto, sbattendo la testa contro il tetto dell’hovercraft.
Tutto si fece nero e non sentì più niente.
 
 
 
 
«Come sta?»
«Le sue condizioni sono stabili.»
«Tutto qui?»
«Sta bene, semplicemente non ne vuole sapere di svegliarsi.»
«Deve svegliarsi, abbiamo bisogno di lei.»
«Certo, solo per farla partecipare a…»
«Mamma!»
Roselyn cercò di aprire gli occhi, ma senza riuscirci. Le palpebre sembravano incollate. Provò a muovere un braccio, ma anche quello sembrava intenzionato a non rispondere ai suoi comandi. Si accontentò di strofinare i polpastrelli contro il tessuto morbido delle lenzuola in cui era avvolta.
Riusciva ad udire appena, come se fosse stato molto lontano, un suono ripetuto, come un bip bip, per il resto tutto era avvolto nel silenzio e nella tranquillità.
Dov’era?
«Guarda, sembra che si stia svegliando.»
«Riesci a sentirmi, Roselyn?»
Con un grandissimo sforzo la ragazza riuscì ad aprire gli occhi e venne subito accecata da una luce potentissima.
Sbatté più volte le palpebre, confusa, cercando di abituarsi all’intensità luminosa della stanza.
«Come ti senti?» le chiese qualcuno.
Roselyn provò a mettere a fuoco la stanza e riuscì ad intravedere due figure dai contorni sfumati.
«Dove… dove s-sono?» gracchiò con voce rauca. La gola le faceva male, faceva fatica a respirare e sentiva dolore in diversi punti del corpo. Si accorse di avere alcuni tubi attaccati al braccio.
«A Capitol City» ripose un’altra voce. «Tu e la tua famiglia siete stati gli unici a sopravvivere alla caduta.»
La bambina insopportabile non ce l’ha fatta, fu l’unica cosa che pensò Roselyn. Le dispiaceva un po’ per Greenhill, dopotutto era sempre stato gentile con lei le poche volte che si erano incontrati.
«Toglietemi questi cosi di dosso» ribatté invece con una smorfia. «Mi danno fastidio.»
Nessuno le rispose. Sentì alcuni passi, poi qualcuno entrò nella stanza. Cominciò a parlare con le due figure sconosciute, ma Roselyn non riusciva a capire cosa si stessero dicendo. Il tizio se ne andò, insieme a una delle due figure.
Quando finalmente riuscì a mettere a fuoco l’unica persona rimasta con lei, dovette fare appello a tutte le sue forze per non svenire di nuovo.
Davanti a lei c’era Katniss Everdeen.
«Roselyn» disse lei, inespressiva. «Tuo nonno sta per essere giustiziato.»






Angoletto dell'autrice
Salve a tutti!
Lo so che questa è un'idea fatta e rifatta ormai, ma tempo fa avevo scritto questa fanfiction che avevo chiamato "Capitol City's Hunger Games", che poi avevo anche eliminato perché non mi soddisfaceva abbastanza. Avevo cominciato a riscriverla, ma a causa di un guasto al computer ho dovuto rimandare il progetto. Adesso sono tornata!
Come tutti sappiamo, in Catching Fire (asdfghjkl) hanno fatto comparire la nipote di Snow, ma in questa storia non sarà fatto alcun riferimento al personaggio del film, visto che avevo creato Roselyn prima della sua uscita.
Il raiting potrebbe cambiare, ancora non lo so.
Spero che l'introduzione/prologo/quellocheè vi sia piaciuta e se mi lasciaste un commento, anche breve, giusto per farmi capire se devo continuare con questa ff o lasciar perdere, mi farebbe davvero piacere :)
Detto questo vi saluto, alla prossima!

Its Ellie




 
   
 
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