Libri > Il diario del vampiro
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Autore: _Arya    06/12/2013    1 recensioni
[Per poter leggere Lost in the Darkness, bisogna essere a conoscenza degli eventi avvenuti in Ricordi di Sangue]
Non avevo la più pallida idea se la vita avesse continuato il suo corso, se il tempo avesse continuato a scandire quei minuti che, costretti dalla legge universale, si sarebbero trasformati in ore. Non ero in grado di percepire il trascorrere del tempo. Non da quella notte. Non più.
In quel frangente non avevo realizzato appieno quello che era successo. In quei minuti era stata l’adrenalina a dettare le mie azioni, i miei pensieri, le mie parole.
“Sarai per sempre giovane e bella nella tua tomba”.
Un suono velato di morte mi era stato sussurrato con una sottile inquietudine alle orecchie.
E poi…poi quelle parole che mi pungono nel vivo del mio cuore tremante…
“Dimenticherai tutto ciò che hai conosciuto questa sera. Non ricorderai niente, né di me né dell'esistenza dei vampiri. Addio mio piccolo uccellino.”
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie McCullough, Damon Salvatore, Quasi tutti, Stefan Salvatore | Coppie: Bonnie McCullough/Damon Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un Legame fatto di Ricordi'
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Birth and Death


 
Capitolo 4



 
 
“Più dolce sarebbe la morte, 
se il mio ultimo sguardo avesse il tuo volto.
E se così fosse, mille volte vorrei nascere
per mille volte ancor morire.”

 ( Amleto -  W. Shakespeare )




 



   Era come me la ricordavo. 
Con gli occhi fissi ed impegnati a non chiudersi anche solo per l’insignificante attimo di un di secondo per la paura nascosta che qualcosa potesse mutare, contemplai con nostalgia quel piccolo edificio, come se davanti a me si ergesse qualche monumento di inestimabile importanza e valore.
Sentimenti e sensazioni come tenerezza e malinconia mi iniziarono a cullare amorevoli, accostandosi a quello che i miei occhi erano intenti a studiare in ogni piccolo dettaglio.
Studiando i profili del famigliare luogo domestico, un lieve sorriso tirato comparve agli angoli della mia bocca. Ogni singolo oggetto o piccolo fiore era al suo posto, proprio dove doveva essere. Nel suo insieme, tutto era perfetto. Provai uno strano senso di gratificazione nel constatare che, almeno qualcosa da quel giorno, era rimasto uguale a come lo avevo lasciato.
Mi diedi della sciocca per quell’osservazione.
Cosa mai poteva cambiare nell’arco di pochissimi giorni? 
Tutto e niente.
Quella era la risposta giusta e più completa.
Un bagliore intenso catturò i miei occhi, attraendomi ad esso con un’intensità primordiale. La luce del salotto di casa era accesa, segno certo che al suo interno ci fosse qualcuno. A quel pensiero, su di me calò un velo di tristezza, mascherando dietro esso quel senso di primaria dolcezza. I volti delle persone a me care, che all’interno si aggiravano per i stretti corridoi, inondarono la mia mente.
Avevo agito senza pensare alle possibili difficoltà che avrei incontrato.
Il fulgido ricordo di quel pezzetto di stoffa nera mi ricordò quale fosse stata la causa scatenante la mia decisione di dirigermi verso casa. 
Qualcosa che avrebbe rappresentato un reale problema cominciò a stuzzicare i miei malinconici pensieri, ma prima che questo potesse scostarli del tutto, avvertì il suono di un suono con cadenza regolare, il suno di un cuore che batte. Abbandonando la guardia che i miei occhi attenti avevano preso ad esercitare sulla casa, le mie gambe si mossero da sole, costringendomi a ripararmi dietro un albero dal tronco largo. Portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, ascoltai i passi della figura avvicinarsi al mio nascondiglio improvvisato. Deglutendo e mordendomi un labbro per reprimere l'agitazione crescente, sbirciai il giardinetto di fronte casa, scostandomi di poco dal tronco ruvido dell'albero. I miei occhi individuarono un profilo mascile, alto e con la testa china, le mani affondate nelle tasche dei jeans. Riducendondo gli occhi a due fessure, questi riconobbero il profilo di Matt.
Spalancando la bocca e sgranando gli occhi, mi allontanai ancora di più dall'ombra dell'albero e, anche se per un attimo avevo sperato che non si trattasse di lui perché avrebbe significato che fosse lì per fare visita ai miei genitori, ebbi la conferma quando il viso limpido e giovane fu illuminato dalla luce pallida che diffondeva un lampione, posto lungo il marciappiede. 
Matt.
I ricordi di poco prima che Stefan arrivasse per andare a caccia, giunsero come una secchiata di acqua gelata, colpendomi violentemente, mentre un pensiero che prima aveva solo sfiorato la mia attenzione, divenne reale: dovevo essere invitata per poter entrare in casa.
La domanda di cosa ci facesse lui a casa mia iniziò a vorticarmi nella mente  e senza pensare alle mie azioni, scattai veloce, afferrandolo e trascinandolo con me alle spalle dell'albero.
<< Sono io >>, sussurrai piano al suo orecchio, prima ancora che potesse incominciare a ribellarsi.
Vidi Matt sgranare gli occhi azzurri per poi far ricadere le sue braccia lungo i fianchi.
<< Cosa…cosa ci fai qui? >>, mi chiese, prendendo una boccata d’aria. << Non dovevi essere con Stefan? >>
Cercai di nascondere quel turbamento che avvertivo crescente, concentrandomi e dando precedenza a quel mio bisogno che mi aveva condotto lì. Non sapevo come Matt avrebbe reagito, ma dovevo entrare in casa e l’unico che mi poteva aiutare era lui. Gettando una prima occhiata veloce alle ombre scure che si estendevano lungo i muri della mia stanza, sentì un nodo alla gola, accompagnato da un’ondata di malinconia. Sapevo che non sarebbe stato facile, ma dovevo provarci. 
<< Matt, ho bisogno del tuo aiuto. >>
<< Per cosa? >>, domandò lui scettico, irrigidendosi all’unisono.
<< Devo entrare in casa >>, risposi cauta, studiando la reazione di Matt. << Devo recuperare una cosa dalla mia stanza. >>
Ignorai le immagini che le mie parole crearono nella mia mente. Non volevo pensare a Damon e a ciò che avrei dovuto affrontare. Non volevo pensare a quell’incontro fugace nel parco e al suo comportamento, ai suoi occhi che gettavano al mio indirizzo ostilità e gelo. Non volevo pensare alle domande che avrei voluto rivolgergli senza la paura di una sua reazione e di cosa avrei potuto scatenare in lui.
Mordendomi il labbro inferiore, scacciando la tristezza e focalizzando ciò per cui ero venuta, alzai lo sguardo in direzione della finestra della mia camera e optai per quella decisione che non avrei voluto prendere.
<< Ti prego Matt, non te lo chiederei, se non fosse davvero importante >>, dissi, avvicinandomi a lui di un passo, sperando che potesse davvero scorgere quell’importanza nei miei occhi e nelle mie parole e che sentivo forte dentro di me. 
<< Posso sapere almeno di cosa si tratta? >>, domandò Matt, incrociando le braccia. Nei suoi occhi scorsi una sottile curiosità e propensione a quella richiesta.
<< Devo provare a vedere se una cosa che ho riposto tempo fa in un cassetto c’è ancora. >>


 
~



Era una seconda presenza che accompagnava i passi lenti di Matt nel salire le scale. 
Inumidendomi le labbra e concentrandomi sulla voce femminile in sottofondo, l’azione superò di velocità la mente, ancora una volta. Prima che questa riuscisse a fornirmi la soluzione a quel quesito che si era appena presentato, nella mia stanza vidi comparire una figura alta e sottile. I capelli lunghi e rossi erano tenuti legati da un elastico in una coda alta e gli occhi, velati di una profonda tristezza, erano di un verde chiaro che tendeva quasi  all’azzurro.
Alla sua visione, riconoscendo quella presenza, un tuffo al cuore e un vuoto allo stomaco si formò all’improvviso, lasciandomi interdetta e con la bocca semichiusa. La tristezza mutò in senso di perdita, invadendo la mia sfera emozionale con quelle stesse lacrime che avevano solcato le mie guance alla infelice notizia della mia stessa morte. I miei occhi nocciola, imperlati da lacrime salate che iniettavano bruciore, erano intenti a studiare e cogliere ogni centimetro di quel volto prezioso. Memorizzando ciascun elemento, lasciando che questo mi entrasse dentro, marchiandomi, pregando che riuscisse a fare ciò che il sole era in grado di fare e trasmettere per poi non riuscire più a liberarsi di quel ricordo rovente, mi ritrovavi a sussurrare un mi dispiace e uno scusa che aprirono la strada alle mie lacrime. 
“Mamma.”
La figura di mia madre si appannò, facendole assumere contorni sfocati. 
Presa da un impeto di paura nel vedere la sua immagine perdere nitidezza, mi asciugai quelle perle salate, riconquistando così la figura di quel mio punto fermo e costante che giorno dopo giorno mi aveva accompagnata instancabile nella mia vita quotidiana.
“Mamma.” 
I capelli ordinati e raccolti, erano del mio stesso colore: rosso, rosso intenso o delle fragole. I suoi occhi verdi rivelavano tristezza e le borse scure, che risaltavano sulla pelle nivea, producendo un contrasto netto di chiaroscuro, erano quel segno di stanchezza che accompagnava ogni suo gesto lento. 
<< Quando vuoi passare di qui, sai che sei sempre il benvenuto, Matt. >>
La sua voce, la voce di mia madre.
Giungendomi all’udito, mi ritrovai a socchiudere gli occhi e a sorridere. La voce femminile e delicata, per qualche ragione, riuscì a calmare i miei nervi, facendomi sentire più vicina. L'esatta sinfonia di suoni che ebbe un effetto calmante sui miei muscoli tesi e sul mio cuore freddo e fermo. Tuttavia, la mia mente, rapida e calcolatrice, portò alla mia attenzione una costatazione che incominciò a tormentarmi.
Come potevo intrappolare e fare mio quel suono per sempre? Come? 
Per il suo volto potevo avere fotografie e ricordi, ma per quel rumore che poteva avere mille e più venature e cadenze, come potevo ricordarlo per l’eternità?
A quel dilemma, la sensazione di immensa quiete mi abbandonò, gettandomi in un mondo di caos e scompiglio.
Brividi che mutarono presto in un tremore costante, spingenvano sull'esigenza di sentire ancora l'abbraccio di mia madre stringermi forte, intanto che la sua voce, in un lieve e dolce sussurro, mi diceva che tutto sarebbe andato bene. Come mai prima di allora, sentivo la necessità vitale di correre da lei e gettarmi tra le sue braccia. 
Eppure qualcosa riuscì a contrastare quell’urgenza, ad essere abbastanza forte da frenare quel bisogno. Ricordai la mia condizione e pensai alla reazione di mia madre nel vedermi ancora viva. 
Una parte della mia mente si chiese come avrebbe reagito mia madre, la mia famiglia, nello scoprire che, anche se non più umana e mortale, fossi ancora viva. Non appena formulai quel pensiero, incominciaia costruire quella scena, immagginarmi in essa, dove mi presentavo al cospetto dei miei genitori e rivelavo loro ciò che era successo davvero, iniziandoli ad un mondo del quale, forse, solo mia madre sospettava la sua esistenza.
La nonna sapeva di questo mondo occulto.
Una vaga speranza ebbe il vigore di incominciare a brillare dentro di me. Al pensiero che, in qualche modo, sarei riuscita a riprendere in mano la mia vita, ritornando ad un presente che si avvicinava ad essere il riflesso di un passato non troppo lontano, soggiogò la mia mente ad espormi quel che bastava per essere vista.
<< Sai Matt, forse ci trasferiremo >>, disse ad un tratto mia madre con un sorriso tirato.
Il cuore di Matt aumentò il suo battitto e con esso il tremore e i brividi fastidiosi che sentivo lambire la pelle del mio corpo.
Vedendo il suo sguardo indugiare per un secondo di troppo nella mia direzione, ebbi quasi la sensazione che mi stesse porgendo le sue scuse, che in qualche modo mi volesse proteggere anche da questa notizia. Nel volto divenuto leggermente pallido, vi lessi la fretta di formulare una risposta che accontentasse mia madre, in attesa della sua opinione.
<< A Chris è stato offerto un lavoro >>, continuò mia madre per placare la sorpresa nel volto di Matt, riflesso reale del mio, misto alla rassegnazione. << Dovevamo comunicarlo alle ragazze la settimana scorsa, ma…>>
La voce di mia madre si affievolì fino a quando non fu rotta da un solo singhiozzo.
Vidi Matt muoversi sicuro e abbracciare d’istinto mia madre. A quella scena di quel gesto amorevole e di conforto, provai una fitta di gelosia e irritazione. Avrei dato qualsiasi cosa per essere al posto di Matt, per godere del tocco di mia madre e del calore di un suo abbraccio.
<< Se questo potrebbe essere un modo per ricominciare, sono felice per voi >>, concluse lui, staccandosi con occhi bassi.
<< Per la mia Bonnie sei stato sempre un amico speciale. >>
Trasalì all’udire il mio nome. Alla bocca dello stomaco si formò un vuoto incolmabile e profondo, che riuscì a riempire fintamente con un sospiro, inumidendomi le labbra secche.
Un rumore ripetuto e squillante si frappose trai miei pensieri e la stretta al cuore che mi teneva ancorata sul posto.
<< Telefono. Vado a rispondere >>, disse mia madre con un sorriso tirato, uscendo così dalla stanza. 
Su quella stessa sensazione di vuoto, si posò qualcosa di più pesante, portandomi un senso di fastidio e di lontananza. 
Vidi Matt aspettare che mia madre rispondesse al telefono e che si immergesse in una conversazione con una sua amica, per poi avanzare verso la finestra cauto e, in modo lesto sbloccando la serratura, la aprì.
<< Entra >>, sussurrò piano e compiendo qualche passo indietro.
Ritrovarmi dentro quel mio piccolo mondo privato, mi regalò un altro senso di tranquillità. Facendo scivolare i miei occhi sui singoli oggetti, fissandoli per secondi, costatai che anche quel luogo era rimasto inalterato.
L'incontro con mia madre, avvenuto da una lastra fredda di vetro, aveva fatto passare in secondo piano quel mio mondo dove più di una volta avevo trovato un rifugio sicuro. 
Trovai conforto nel vedere che tutto era rimasto nel modo in cui io lo avevo lasciato. Vedere i miei libri, le mie cose, era un balsamo lenitivo per ogni parte di me, interna ed esterna. Non ascoltai quella triste novella che avevo appreso dalle parole di mia madre sul trasferimento.
I miei occhi tristi divennero vagabondi in quel modo, dove le pareti di un rosa pallido e antico facevano da sfondo ad un'unica libreria a più scaffali piena di libri, alcuni letti, altri iniziati ma abbondonati. Sorrisi quando incontrai una cassettiera dove su essa avevo posto quei vecchi peluche che raffiguravano animali di ogni specie.
Foto di momenti passati e felici, incorniciati accuratamente, una vicina all'altra con Elena, Caroline e Meredith, piccole ed ignare di un mondo del quale ognuna di noi era entrata a far parte.
Sospirando di quegli attimi persi, sorridendo malinconicamente, mi ritrovai a sfiorare con le dita la superficie della mia scrivania, ripensando alle sere passate a studiare. 
I miei occhi si soffermarono su quella fila composta da solo due cassetti e, secondo ciò che quei strascichi di pezzi di memoria passata mi suggerivano, la prova che avrebbe fatto crollare il mio mondo in modo definitivo si trovasse nell’ultimo. Chiudendo gli occhi e prendendo un grosso respiro, aprì decisa quel cassetto. La mia mano incontro sul suo fondo qualcosa di liscio. Quando il mio occhio intravide la stoffa nera, dando così un volto a ciò che il tatto percepiva, deglutì, ascoltando quella trsistezza svanire e sovrastata dalla rabbia che iniziò a fluire nelle mie vene.
<< Matt scendi >>, sussurrai piano, incapace di compiere pensieri razionali.
<< Bonnie… >>
<< Ho preso quello che cercavo. Grazie. >>
Il respiro si fece più grave e percependo i passi di Matt avvicinarsi a me, lasciai che l'istinto decidesse il compiere delle mie azioni: in una rapida folata abbandonai velocemente quel luogo a me tanto caro, senza pensare a chi l’abitasse. 


 
~



Avevo incominciato a correre senza pensare a dove i miei passi, portati ad un ritmo troppo incalzante, mi stessero conducendo. 
Non trovavo quel coraggio necessario a fermare quella mia folle corsa verso nessun luogo. 
Ciò che tenevo stretto con disprezzo tra le mie mani, bastava a confermarmi che tutto quello che nella mia mente compariva e svaniva in un ciclo continuo, era del tutto veritiero. Il volto di Damon, accompagnato da quei primi momenti che componevano il nostro primo vero incontro, mi faceva male. Quel dolore di quella menzogna scavava più affondo, lasciando spazio ad altro rammarico nel pensare a come mi aveva parlato poco prima.
Perché Damon si era comportato in quel modo?
Trattenendo per un secondo di più il fiato, ricordai quegli ultimi momenti da umana, dove la mia vita volgeva al termine. La mia mente ricordò con assoluta precisione il suo volto chino sul mio, le sue parole, le sue carezze e quella decisione che aveva preso più per se stesso che per me. Lo sapevo.
Sentivo la testa appesantita. I polmoni bruciare.  
La credenza che la fatica sia l’unico modo per far tacere pensieri, lasciandoti per qualche minuto sospeso ad ascoltare il tuo stesso respiro, in quel momento si rivelò falsa. Fermandomi, riprendendo fiato, ignorando la mia gola in fiamme, calai lo sguardo sul mio polso destro e chiuso. In esso quel pezzetto di stoffa nero. All’altezza degli occhi portai la mia mano sinistra, dove in un qualche passato vi era stato un graffio e dove un vampiro, dove Damon, lo aveva coperto con un lembo della sua camicia, quello stesso pezzetto che adesso era nel mio polso destro.
Deglutendo e guardandomi intorno, constati che dinnanzi a me si apriva uno dei vicoli bui e selvaggi dove le creature della notte, creature come me, ormai in città avevano preso il dominio. Illuminata da luci fioche, dove l'asfalto era sporco in alcuni punti di macchie scure e alcuni mattoni dei muri degli edifici, che delineavano il perimetro rettangolare e allungato, erano scalfiti e graffiati da segni di una pesante lotta. La stradina era stretta ed isolata, una stradina che i miei pensieri conoscevano bene.
Stralci di parole, urla, minacce mi ronzavano vicino all'udito, facendomi credere che fossi tornata a qualche giorno prima. Azioni veloci, mosse veloci, la paura e l'ansia che i respiri affannati cercavano di nascondere.
La mia mente, spinta dal ricordo, forse mi aveva condotta in quel luogo per far aumentare quel senso di perdita?
Disperata per quel pellegrinaggio da un posto significativo per me ad un altro, mi abbandonai contro un muro di uno dei due edifici ai lati del vicolo. Scivolando lungo questo, freddo e anonimo, mi sentì sprofondare in un’eterea sconsolazione. Portandomi le gambe al petto e abbracciandole, trovai un rifugio caldo in quel mondo freddo. Riparandomi lo sguardo tra le ginocchia e il mio petto, iniziai a singhiozzare solitaria.
Era come remare contro corrente, cercando di averla vinta contro quella forza vigorosa e padrona.
La prese di coscienza di quel luogo, di cosa rappresentasse per me, mi aveva tolto le forze, privandomi di queste e lasciando che i miei demoni mi abbattessero nella più buia delle oscurità.
Non ebbi la forza di contrastare il ricordo. Ad occhi chiusi, dinnanzi a me, si materializzo quello stesso vicolo, dove vi erano tutti gli elementi presenti quella sera, ogni rumore. Il ricordo ancora vivido, riuscì a trasmettermi quel silenzio serpentino ed inquietante, quella percezione di pericolo nell’aria e senso di terrore che aveva afferrato il mio cuore. Potevo ricostruire tutti i dettagli colti a primo impatto e in un secondo momento. Il sangue rosso. Sangue ovunque. E poi quell’odore acre, nauseante. La scoperta della fonte di essa. Stefan di fronte a quell'uomo da un potere sovraumano. Gli occhi di entrambi traboccavano dall'astio e dalla sfida. 
Mi si mozzò il respiro nell'immaginare, nel vedere quello che accadde dopo e, spalancando gli occhi, urlando, cercai aria da immettere nei polmoni. La testa poggiata contro il muro, rivolta al cielo. Avvertendo il mio respiro tornare regolare poco a poco, rimasi soggiogata nell'osservare la volta celeste, dove tutto era infinito ed eterno, con le sue stelle, punti luminosi, compagne della notte. 
Prendendo un respiro profondo, abbassai lo sguardo e trovai coraggio per lanciare una rapida occhiata nel punto esatto in cui il corpo di Stefan era martoriato dal dolore e da ferite, i suoi vestiti insanguinati e l'uomo trionfante in piedi a pochi centimetri da lui.
Non sapevo con esattezza come identificare ancora quella forza incredibile che era nata dentro di me e si era amplificata per poi esplodere in una corsa contro un potente cacciatore. Le gambe si mossero da sole e senza alcun permesso, la mia mente aveva preso quella decisione di frappormi fra un paletto di legno e un corpo duro come il marmo. Nell'istante in cui mi parai di fronte a Stefan, il colpo arrivo con precisione e potenza. 
Il tempo si era fermato all'improvviso e un silenzio gelido era calato intorno a me. Lo ricordavo bene.
Fu come un lampo che irrompe in una notte oscura seguito dal rombo imminente del tuono: improvviso e assordante. 
Nel momento stesso in cui sentì squarciarmi il petto, spalancai gli occhi.  Istintivamente portai le mani all'altezza delle clavicole e con mano tremante, osservai quelle dita macchiate del liquido ematico.
In quei secondi non vedevo il nero della notte, ma solo rosso. Rosso vivo, intenso. Quel rosso che poteva e aveva solo il sangue.
Una prima lacrima salata scappò al mio controllo che esercitavo io stessa su di me. Chiudendo gli occhi, lasciai che il ricordo continuasse con autonomia propria, lasciando che questo mi regalasse l'illusione di poter rivivere quel momento magico.




Un freddo inatteso mi colse impreparata, gettandomi in un tremito cosparso di brividi che, sparsi in tutto il corpo, mi incominciarono a pervadermi e ad agitarmi da dentro. Sentivo che da un momento all'altro le gambe non sarebbero state più in grado di sostenere il peso del mio corpo. La vista incominciò ad annebbiarsi e il freddo aumentò, penetrando le ossa.
Quando mi accasciai a terra credendo di sbattere la testa per terra, due braccia, contro ogni mia più improbabile previsione, mi avvolsero protettive. I miei grandi occhi color nocciola, desiderosi solo di abbracciare un buio lenitivo, che scacciasse via il dolre, riconobbero quei due occhi neri in cui milioni di volte avevo immaginato come sarebbe stato perdersi e non farvi più ritorno.
<< Damon. >> 
Ascoltai con rammarico la voce rotta dal dolore che aveva preso ad attaccarmi dall’interno del mio corpo.
<< Shhh >>, sussurrò Damon, accarezzandomi una guancia.
Anche in quel momento lui era arrivato, era vicino a me. Io non desideravo altro. Era comparso allo scoccare dell'ultimo secondo per salvarmi. Di nuovo.
Sentendo la sua mano lasciarmi una traccia infuocata sotto quel tocco delicato, chiusi gli occhi nella speranza di poter assaporare fino all'ultima fiammella di quel fuoco che ardeva nel profondo del mio cuore.
Poteva esserci della bellezza nella morte?
Ne bramavo ancora, ancora, ancora e ancora fino a che non avrei chiuso gli occhi per un eterno riposo. 
Una voce alle porte della mia mente mi suggerì un nome, una persona che necessitavo sapere come stava.
<< Stefan >>, incominciai aprendo gli occhi, ma Damon mi zittì, ponendo un dito sulle mie labbra.
 << Silenzio uccellino. >>
Alle mie orecchie arrivarono parole sussurrate e trafelate con velocità tale da poter stuzzicare la mia curiosità, eppure non volevo spostare il mio sguardo su quella fonte quando potevo ammirare quello di Damon, come non lo avevo mai visto prima. I suoi occhi esprimevano appieno ciò che la sua bocca non pronunciava. Quei due occhi rivelavano pensieri che nel vampiro si scontravano rumorosi, senza riuscire a sfogare la loro reale forza. Quei due stessi occhi che davano vita a uno sguardo così intenso che non accennava a voler distogliersi dal mo. 
Forse era questo il magnetismo: una forza che porta la tua stessa volontà a non volersi allontanare da quel polo negativo appartenente ad un altro corpo. Una forza che assotigliava la differenza tra opposti fino a renderla nulla, inesistente, così da confondere la mente. 
Si, forse era questo il vero magnetismo tra due persone. A quel pensiero, sorrisi.
<< Non ti lascerò morire, non te lo permetterò >>, disse Damon, continuando a familiarizzare con i lineamenti del mio volto a forma di cuore. << Chiudi gli occhi mia piccola streghetta. >> 
Non chiesi perché e ubbidì a quella voce tanto dolce che sembrava essere quella di un angelo.
Dapprima avvertì una lieve carezza sulla mia fronte, morbida e delicata, l’attimo successivo, senza che queste in apparenza avessero un qualche legame, sentì una pressione soffice e leggera, come la neve posarsi sulle mie labbra. Un sapore dolce inebriò i miei sensi, intanto che il mio cuore pulsò con forza, accogliendo così un senso di pace e di pienezza.
Ero già arrivata in paradiso? 
In realtà non mi interessava avere una risposta perché paradiso o no, in quel momento per me perfetto, mi sentivo bene, viva, completa.
Anche se qualcosa, come un bruciore misto al dolore mi sfiorò vicino alle clavicole non me ne curai. Tutto in me e di me era perso ad assaporare quel dolce aroma di quella neve, così fresca e delicata, ma totalmente inaspettata e questo rendeva la morte ancora più bella. Quando il tocco delicato di quella neve leggera sulle labbra si sciolse, aprì lentamente gli occhi, risvegliandomi da un mondo manipolato e creato da quelle sensazioni nuove miste al dolore.
Sbattendo gli occhi, riuscì a visualizzare Damon mordersi il polso e posarlo repentino sulle mie labbra. La bocca mi si riempì di sangue dal sapore disgustoso. Ebbi l'irrefrenabile impulso di togliermi il polso dalle labbra, ma ero troppo stanca per provarci o per combattere contro Damon che non me lo avrebbe permesso di fare.
Non potei fare altro che ingoiare quel liquido rosso e lasciare che il buio mi avvolgesse. Chiudendo gli occhi con l'immagine di Damon e una luce ad illuminare i suoi di occhi, l'ultima cosa che sentì, fu l'eco dell'ultimo battito del mio cuore.





Tornare alla realtà fu una lama a doppio taglio. Il ricordo di quegli ultimi minuti da umana rincorrevano la mia mente come un bambino desideroso di giocare rincorre la mamma per costringerla a giocare con lui.
Una folata di vento si sollevò, sfiorandomi fresca la pelle e con essa percepì una nuova presenza materializzarsi nel vicolo.
Rivolgendo il mio sgurado ad essa, incontrai la sua figura nera e bella, fiera ed elegante allo stesso tempo.
Damon.
In quel volto dai lineamenti scolpiti, freddi e inanimati, privi di emozione, rividi in rapida successione tutto ciò che era successo in quelle ultime ore. Senza che me rendermene conto, senza che ne fossi davvero e completamente consapevole, alzandomi d’impeto, mi scagliai contro di lui, spinta da una rabbia incontrollabile.


 








L'angolo di Lilydh

 

Buonasera Girls!

Puntuale, ecco qui il quarto e penultimo capitolo di “Lost in the Darkness”.

In So Cold abbiamo lasciato Bonnie, dopo un breve incontro/scontro con Damon, prendere una decisione: quella di ritornare nella casa in cui è cresciuta e recuperare ciò che poi le ha confermato quello che i suoi ricordi le hanno rivelato.

A fine commento dello scorso capitolo avevo preannunciato che ci sarebbe stato un incontro che avrebbe toccato particolarmente Bonnie.

Ha rivisto la sua mamma. Mentre scrivevo questo momento, immedesimandomi nello stato d'animo di Bonnie, tutto ciò che avrebbe potuto provare, mi ha fatto pensare davvero a come una persona possa intrappolare il suono della voce di un'altra che gli stia a cuore, soprattutto se è una figura importante come quella della mamma.

Per quanto triste possa essere stato, mi è piaciuto descrivere e scrivere di questo momento.

Per Bonnie c'era solo lei e tutti i pensieri, perfino la sua camera dove ci sono le sue cose, passano in secondo piano.

Tuttavia, in un crescere di emozioni, arriva la nota dolente: quello che Bonnie sospettava diventa reale. Damon e il loro primo incontro.

Successivo a questo momento, conosciamo anche il luogo e il momento, il modo in cui Bonnie viene trasformata.

Anche questo momento del ricordo passato mi ha emozionata. L'ho scritto di getto, le parole arrivavano da sole. Spero che comunque anche voi lo abbiate apprezzato e che vi sia piaciuto.

La nota dolente, come ciliegina (amara) sulla torta, abbiamo la comparsa di Damon nel vicolo e di Bonnie che si, sovrastata da ciò che è successo fino a questo momento, attacca il vampiro.

E adesso? Cosa succederà nell'ultimo capitolo di questa storia?

Vi dico che senza ombra di dubbio ci sarà il fatidico confronto e conosceremo le ragioni di Damon.

In che modo? Be, dovrete aspettare qualche giorno prima di scoprirlo. 

Detto ciò, non posso non ringraziare tutte le ragazze che leggono capitolo dopo capitolo e che li recensiscono, chi legge silenziosamente o a chi aggiunge la storia tra le preferite e le ricordate o le seguite, chi legge in silenzio e chi mi ha aggiunta tra gli autori preferiti.

Un grazie a ciascuna di voi! ^^

Spero che questo quarto capitolo vi sia piaciuto e che non vi abbia delusa.

 

Al prossimo capitolo,

Lilydh

 

P.S. Non so voi, ma io a.d.o.r.o la citazione tratta da Amleto ad inizio capitolo.

  
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