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Autore: Colli58    07/12/2013    4 recensioni
La ragazza scosse il capo. “Mi piaceva di più quando ti teneva a distanza, ma anche lei è finita nel tuo letto come tante altre, solo che tu da quando c’è lei non vedi altro.”
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexis Castle, Kate Beckett, Martha Rodgers, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La colazione venne consumata in serenità. Era un sabato mattina di quelli da ricordare, almeno così Martha giudicò. In quel quadro di calma apparente si intravedevano davvero spiragli di cielo sereno.
A tavola Richard aveva parlato del più e del meno con la sua solita verve vivace e Alexis e Pi avevano partecipato con ilarità alle sue battute. Più silenziosa Kate osservava di volta in volta lui e la figlia, immersa in chissà quali pensieri. Martha si trovò per la prima volta nella vita ad essere veramente interessata ai pensieri che affliggevano la sua futura nuora, pensieri che certamente erano meno materiali rispetto alle sue precedenti consorti i quali non meritavano nemmeno di essere presi a titolo di paragone.
La osservò a lungo tenersi in disparte dai discorsi, guardare Richard con sguardi alcune volte seri altri divertiti, ma stranamente non entrare nel discorso. Martha si alzò per portare il proprio piatto al lavello e riporlo in lavastoviglie. Kate la raggiunse dopo alcuni minuti facendo altrettanto.
“Se mangio dell’altro esplodo. Devo fare un po’ di moto.” Le disse con un sorriso e strabuzzando gli occhi.
Martha ondeggiò il capo. “Non me lo far notare tesoro, io sono notoriamente pigra, e quindi cerco di essere pigra anche con la forchetta. Tu però sei in splendida forma cara.”
Kate scosse il capo. “Dovrò rimettermi a fare box in palestra e poi ho deciso di portare Rick in piscina. Gli farà bene.”  Martha la guardò con curiosità.
“E lo hai comunicato all’interessato?” Chiese appoggiandosi al lavandino.
Kate la osservò stupita. “Ne stavamo parlando ieri pomeriggio prima del vostro arrivo. Mi sembri sorpresa.” Valutò quindi con un sorriso.
“Richard è molto pigro.” Rimarcò sottolineando la parola molto allungando il suono della emme.
“lo so.” Rispose lei.
“E ha accettato di fare sport con te?” Martha era davvero incredula.
Kate annuì. “Ho ancora qualche carta da giocare con lui.” Rispose facendole l’occhiolino.
Martha mormorò un “Wow!” Mimato con le mani. “Sono molto impressionata.”
Kate strinse un occhio facendo un’espressione buffa. “Ma non so per quanto riuscirò a coinvolgerlo, è davvero molto pigro.” Aggiunse ridendo.
“Sei preoccupata?” Chiese infine Martha.
Kate scosse il capo. “No, perché?”
“Ti ho visto distratta a tavola, non sei entrata nel discorso.” Osservò la donna guardandola con dolcezza.
“Ah, Martha in realtà…” Kate si spostò i capelli dalla fronte. “In realtà stavo solo godendomi la colazione in famiglia. E’ stato molto piacevole.” Ammise.
Martha le fece scorrere una mano sulla spalla. “La prossima volta organizziamo un bel brunch domenicale e invitiamo anche tuo padre, così la famiglia sarà al completo.”
Kate sorrise abbassando lo sguardo. “Grazie Martha, sei gentile.” La donna fece svolazzare la sua vestaglia e si allontanò ammiccando.
“Vado a ristrutturare la mia immagine da diva, hai il controllo del regno mia cara.”
Kate annuì ridendo e mettendosi le mani sui fianchi. “Terrò alte le bandiere.” Replicò.
“Quali bandiere?” Chiese Castle raggiungendola e portando con sé alcuni piatti sporchi per cominciare a rassettare la zona pranzo.
“Oh, nulla, una cosa tra donne.”
“Che prevede bandiere?” Chiese di rimando Rick più curioso che mai.
“Ed il controllo di un regno.” Rispose Kate sorridendo e tenendo le mani ben salde sui propri fianchi.
Lui acuì lo sguardo su di lei. “Un re non è nulla senza la sua regina…” valutò consapevole di aver dato a lei la condivisione dello scettro del potere. Lei sorrise e lui la baciò.
“Ehm… “ Li interruppe Alexis.
“Che ne dite se i nostri due uomini si fanno due passi da soli? Papà potrebbe accompagnare Pi a ritirare i libri che ha prenotato alla biblioteca pubblica.
Forse Alexis voleva trovare il modo di uscire da quella situazione tesa il prima possibile, ma dopo quella simpatica e piuttosto distesa colazione, Rick sperava almeno in un'altra ora di calma.
Si trovò quindi spiazzato. Pi lo stava guardando annuendo.
“Ok” rispose e Kate strinse la sua mano confortandolo. “Direi che è una buona idea.” Valutò quindi la donna, pensando che lontano dagli occhi interessati Rick e Pi potevano parlare liberamente. Era anche vero che dopo le sfuriate del giorno prima il suo uomo poteva essere un po’ suscettibile, ma forse farsi due passi in tranquillità, stare all'aperto avrebbe dato loro un certo agio per essere loro stessi senza influenze. E poi se erano in pubblico Rick non avrebbe mai dato in escandescenza.
Forse Alexis lo sapeva, forse con la sua proposta mirava a quello, doveva quindi fidarsi di lui.
“Mi vado a cambiare…” osservò Castle e Pi si ricordò di non aver nemmeno tagliato la barba.
“Un minuto e vado a sistemarmi.” Replicò e Alexis scosse il capo.
Entrambi gli uomini di incamminarono in opposte direzioni.
“Credi che ce la faranno?” Chiese Alexis dubbiosa.
Kate continuò a caricare la lavastoviglie. “Sopravvivranno.”
“Uomini…” Valutò Alexis e Kate rise pensando che per la ragazza quel tipo di exploit non calzava ancora del tutto a pennello. Fortuna voleva che Castle si fosse già allontanato.
“Beh è quello che si dice no?” Replicò Alexis lievemente imbarazzata. Kate annuì. “Non sono sempre facili da gestire ma… non possiamo farne a meno.” Disse guardandola di sottecchi.
Alexis si stava mordendo le unghie distrattamente. Forse il pensiero di sapere Pi alla sola mercé del padre non la tranquillizzava, ma era stata una sua scelta quindi Kate pensò ci fosse dell’altro.
Kate si voltò verso di lei e si appoggiò col fianco al bancone della cucina.
“Ti preoccupa molto vero?” Le disse distraendola.
Alexis mosse il capo. “Sono così diversi.” Valutò con serietà.
“Non per questo significa che non riusciranno a capirsi, tuo padre alcune volte carbura lentamente, ma poi è in grado di rifarsi. E poi ha molto spirito di osservazione e sa calarsi nei problemi delle persone. Riuscirà a trovare il modo di comunicare.” Rispose Kate continuando a giocherellare con un canovaccio.
“Del resto se vuoi che parlino da soli ti fidi di entrambi.” Rimarcò Kate.
“Conto su entrambi e penso sia un discorso che debbano affrontare tra uomini. Stando soli potranno essere più… diretti.”
Kate sorrise. “Diretti?”
“Beh dipende da discorsi che mio padre vorrà intavolare. Inoltre il suo spirito di osservazione può diventare molesto se esagera.”
“Non credo vorrà parlare di sesso, a quanto ho capito il discorso padre e figlia sul sesso è stato molto illuminante per lui. Gli dovrebbe bastare.”
Alexis rise e annuì. “E’ stato strano ma allora era anche divertente dopotutto.” Commentò.
“Però sai non so più a cosa pensare.” Aggiunse facendosi di nuovo pensierosa. “Papà è cambiato, quindi non so bene cosa aspettarmi.”
Kate si morse le labbra. “Cambiato in che modo? Tra noi tuo padre è probabilmente quello che è cambiato meno.”
“Le sue reazioni sono più… serie, meno giocose del passato.”
“Si chiama maturità.” Definì Kate con un sorriso divertito.
Alexis si voltò a guardarla con curiosità. “Per papà credo che non sia la definizione più calzante! Tu se cambiata?”
“Sì, moltissimo.”
“Non l’avrei mai detto.” Rispose la ragazza scuotendo il capo.
“Tuo padre è stato determinante in questo. Senza di lui…” Kate sorrise imbarazzata. Alexis la guardava con più curiosità di prima.
“Tanto per chiarirci, anche parlare di questi cambiamenti è una novità per me…” Disse sorridendo.
“Sei piuttosto riservata.” Valutò Alexis.
Kate annuì. “Già...”
Alexis si toccò una ciocca di capelli e poi deglutì cercando di trovare le parole giuste per fare quella domanda. “Il giorno del mio diploma… E’ davvero cambiato tutto tra voi?”
La donna sospirò annuendo.
“In un giorno?”
“Non esattamente. Mi ci sono voluti mesi. Poi ci sono stati problemi, il suo allontanamento e il suo addio. Quel giorno ho definitivamente accettato quello che provavo per lui, con tutto quello che ne sarebbe seguito. Se lo avessi perso non me lo sarei mai perdonata.”
Alexis le sorrise. “Trovi sia difficile da amare?”
Kate rimase spiazzata da quella domanda. “No, no… Però lui è Richard Castle.” Scosse il capo sorridendo a quelle paure che aveva avuto per anni.
“Con una vita non sempre edificante.” Aggiunse Alexis a terminare quella mezza frase.
“Però papà non è tutto quello che si dice su di lui.”
Kate si trovò d’accordo. Annuì passandosi una mano sul viso. “Ho imparato a conoscerlo.”
Trovò le sue parole sincere e se ne compiacque.  Poi trasse un profondo respiro e guardò verso le scale. Pi ci avrebbe messo un po’.
“Sarà comunque una cosa nuova per papà e non so…” Mormorò.
Kate strinse le labbra. “Saprà stupirti ancora. Lo fa spesso… intendo tirare fuori conigli da improbabili cappelli.” Alexis rise.
“Lo spero tanto. Se non dovesse accettare Pi, non tornerò sulle mie decisioni.” Disse con sincerità.
Kate abbassò lo sguardo. “Lo immagino. Ma non ti abbandonerà mai, su questo puoi contarci, anche se non sarà facile.”
“Papà è permaloso.” Confermò Alexis sorridendo e allentando la tensione.
“Vado a vedere se tuo padre trova i calzini…” disse Kate ridendo e abbandonando il canovaccio sul tavolo prima di dirigersi verso la stanza da letto. Forse era il caso di andare a verificare in che stato si trovasse il suo uomo. Entrò in camera da letto e lo vide abbottonarsi lentamente la camicia davanti allo specchio.
 Si appoggiò allo stipite e attese qualche secondo fino a che lui si accorse della sua presenza.
“Sei agitato?”
“Lo ero meno al mio primo matrimonio.” Confessò con un sorriso. “Ma lo sarò sicuramente tantissimo al nostro.” Aggiunse a mo’ di scusa per aver fatto un paragone infelice.
Kate lo raggiunse e si frappose tra lui e lo specchio. Lo aiutò ad abbottonarsi la camicia e lui si lasciò fare docilmente, felice della sua presenza.
“Non so da che parte iniziare Kate, non so nemmeno che dire. Mi sento… mi sento assolutamente impreparato.” Mormorò cercando i suoi occhi.
“Se gli parli con sincerità andrà tutto bene.” Rispose lei facendo scivolare le mani sul suo torace mentre lui si infilava la camicia nei pantaloni.
“Se sarò sincero potrei non essere gentile. Alexis si infurierà ed io la perderò per sempre.” Rispose sistemandosi ma senza allontanarsi da lei.
Kate sorrise pensando che padre e figlia erano fin troppo simili. Stessi pensieri, stesse preoccupazioni.
“Non essere drastico e resta calmo. Pi non è un ragazzo aggressivo, non ti farà stizzire. Cerca di conoscerlo meglio.” Valutò lei.
Lui scosse il capo. “Ma se non sopporto nemmeno l’idea di sapere che ha un nome ridicolo come Pi e senza la e perché la grammatica è un’opinione…” disse sbuffando.
Lei gli diede un colpo con la mano sul torace. “Smettila. Vedi di tornare nei ranghi. E non mi dire che non sei capace di investirlo di domande da quella più banale a quelle più imbarazzanti!” Lo riprese ma con un sorriso.
“No, quelle imbarazzanti non le voglio fare… Non voglio sentire la risposta.”
Castle fece una smorfia poi spalancò gli occhi tappandosi le orecchie.
“Le domande più banali! Certo.” Replicò quindi con un mezzo sorriso prendendo Kate per le spalle e dandogli un bacio in fronte.
Lei roteò gli occhi. Poi tornò a giocare con i suoi bottoni.
“C’è qualcosa che ti turba? La mia è stata una battuta infelice, lo so.” Chiese lui vedendola seria all’improvviso.
“Devo dirti una cosa prima che tu esca.” Mormorò a bassa voce.
Castle strinse le mani sulle spalle di lei e la guardò preoccupato. “Sono tutto orecchi.” Disse pensando che quella sarebbe stata una giornata faticosa quanto la precedente. Non immaginava quale fosse la ragione della serietà di Kate soprattutto dopo la piacevole mattinata.
“Prima a tavola è stato molto bello. Adoro la tua famiglia…”
“La nostra” la corresse lui.
Lei sorrise. “Ho commesso un errore pensando di allontanarti da questa casa, da questa nostra famiglia. Il mio è stato un gesto di egoismo.”
Castle strinse gli occhi e la tirò a sé abbracciandola e ondeggiando lentamente come a volerla cullare. “Non hai fatto nulla che io non volessi, non ti avrei fatto partire da sola. Non ti avrei mai lasciata sola.” Kate si strinse a lui appoggiando la testa sul suo torace.
“Mi sento a casa…” Mormorò sorridendo mentre Castle le baciava la fronte e raggiungeva poi le sue labbra.
Dondolarono qualche secondo spostando il peso da una gamba all’altra concedendosi quel bacio romantico e poi si sorrisero sereni fronte contro fronte.
“Ora vai a parlare con Pi. Andrai alla grande.” Gli disse mentre lui indietreggiava andando a raccogliere la giacca sul letto.
“Biblioteca pubblica e via…” Si disse Castle cercando di caricarsi. “Domande elementari.” Aggiunse sistemandosi il colletto. Kate gli regalò un sorriso divertito e la sua occhiata pungente allo stesso tempo.
“Uno strano mix…” rispose lui. “Incredibile come te.” Finì prima di uscire dalla stanza.

Pi osservava Castle guidare la sua berlina con estrema serietà. Erano usciti dal loft e Castle aveva proposto di uscire in auto. Da che avevano lasciato il garage del palazzo non aveva ancora detto nulla e così pensò di provare a rompere il ghiaccio. “Mister C, Alexis mi ha detto che lei è uno dei benefattori della biblioteca pubblica.” Disse cercando di richiamare la sua attenzione. Lui annuì ma non proferì parola.
“Mister C?” Chiese di nuovo Pi.
“Castle.” Rispose lui.
“Eh?”
“Sono Castle, Mister Castle, Signor Richard, fai tu ma non solo Mister C. Non sono una consonante Pi, tantomeno un rapper.” Rispose con lentezza scandendo le parole.
“Vorrei che ti mi chiamassi Signor Castle se non ti da problemi.” Rimarcò l’uomo sotto lo sguardo attonito del ragazzo, il quale annuì poco convinto.
“Certo Mister C… astle.”
Castle continuò a guidare in silenzio per ancora lunghi minuti senza che Pi osasse aggiungere altro.
Sembrava perso nei suoi pensieri e così era.
Castle non si stava concentrando su quello che poteva dire a Pi, stava piuttosto ripensando alle parole che Kate gli aveva rivolto prima di uscire. Quella donna sapeva come stupirlo ogni giorno e pensare a una vita senza di lei non era più concepibile. Le aveva chiesto scusa per averlo involontariamente allontanato da casa, ma la decisione era stata sua. Non avrebbe accettato di viverle lontano, non avrebbe accettato di perderla.”
“Ti dispiace se prima facciamo una deviazione?” Chiese all’improvviso all’indirizzo di Pi che trasalì.
“No, certo nessun problema… Ma potevamo prendere un taxi…” Rispose.
Castle sospirò. “Del resto la biblioteca era solo un espediente per farci parlare ed in quelle sale ad alta voce non è permesso.”
“Ha intenzione di urlare?” Chiese il ragazzo stupito.
“No! Ma che… vai a pensare no!” Sottolineò con forza.
“Ok!” Rispose Pi tornando a guardare la strada.
Castle cercò di concentrarsi. “Domande semplici” disse ad alta voce.
“Che razza di domande?” Replicò Pi.
“Al massimo di che genere.” Rispose Castle, guardandolo di sfuggita.
Pi scosse il capo. “Non capisco…”
“Come ti chiami?” Chiese infine Castle.
Il ragazzo sorrise. “Lo sa come mi chiamo mister C… aastle.” Finì con fatica.
“Credo tu ce la possa fare Pi. Ripetilo tante volte fino a che non ti sarai dimenticato di cosa significa, ma lo saprai pronunciare.” Replicò Castle con un ghigno. Svoltò ad un incrocio andando a dirigersi verso un isolato ben lontano dalla biblioteca pubblica e Pi cercò di fare mentalmente quello che gli era stato chiesto dal suo strano interlocutore. Pi osservò Castle e cercò di capire il suo umore.
“E’ arrabbiato? Lo è con me?” Chiese infine.
“No, non sono arrabbiato, ma fidati sono curioso. Molto. Come ti chiami?” Tornò a chiedere.
Castle raggiunse un viale alberato e andò a parcheggiare la macchina accanto all’entrata di quello che Pi costatò essere un cimitero.
“Come ti chiami Pi, realmente. Nome e cognome. Da dove vieni, chi sono i tuoi genitori e soprattutto dove sono.” Chiese Castle addolcendo il tono della voce.
Scese dall’auto ed il ragazzo fece altrettanto.
“E me lo vuole chiedere in un cimitero?” Domandò titubante.
Castle fece un ghigno divertito e diabolico. “Non intendo scolpirlo su una lapide, certo potrebbe essermi utile per il futuro, dipende da come ti comporterai.”
Pi guardò Castle leggermente preoccupato. “Lei è davvero un tipo strano lo sa?”
Castle annuì dirigendosi verso il piccolo chiosco di fiori dove una signora anziana stava seduta creando composizioni floreali. Le indicò un’orchidea bianca e lei gliela porse avvolgendo il gambo in un foglio di carta cerulea. Pi notò una certa dimestichezza tra i due mentre Castle pagava il conto.
“Arrivederci signor Castle.” Lo salutò la donna e Pi ebbe conferma ai suoi sospetti.
Castle gli indicò di seguirlo nel cimitero e il ragazzo si avviò al suo fianco tenendo le mani in tasca.
“Quindi come ti chiami? Perché sei qui a New York, perché a casa mia?” Aggiunse mentre camminava lentamente. “Io non ti conosco, Alexis pensa che tu sia un ragazzo speciale, dimostramelo. Raccontami di te.”
Chiarì con dolcezza.
Pi sorrise e strinse le labbra. “Pensa che non sia all’altezza di Alexis vero?” Disse il ragazzo, andando al sodo, ma Castle lo fermò con una mano.
“Forse. Ma ripeto io non so chi sei.”
“Mi chiamo Pierre, Pierre Duncan. Sono nato a Montreal, ma non ci ho mai vissuto.” Disse quindi ondeggiando la testa e la spalle.
Castle riprese a camminare lentamente. “Pi è quindi un diminutivo di Pierre.” Commentò.
“E così Mister Castle.” Rispose.
“Vedi che vai già meglio?” Castle Sorrise forzatamente. “Quindi dove hai vissuto?” Chiese curioso.
“Ah, prima a Boston, poi i miei si sono traferiti in Olanda per lavoro. Così vivo ad Amsterdam più o meno da quindici anni.” Rispose.
Castle si fermò all’incrocio con un vialetto. “Cosa fanno i tuoi? Vivono ancora in Olanda?”
Pi tentennò. “Sì, sono ancora lì. Mia madre è un dirigente della ABM Amro mentre mio padre si occupa di import export. Tulipani, fiori…”
Castle annuì compiaciuto. Era originario di una famiglia benestante ed era anche la ragione per cui poteva permettersi di gironzolare per il mondo senza pensieri. Ma dal suo tono di sufficienza percepiva che Pi non aveva un buon rapporto né col suo passato né con i suoi genitori.
“Ci vai d’accordo?” Incalzò quindi sempre più curioso. Il ragazzo negò.
“Da quanto sei lontano da casa, oltre ai due mesi passati sul mio divano?” Castle riprese a camminare dirigendosi verso le ultime file di un campo.
“Parecchio. Sono mesi che non li vedo né li sento. Ho fatto cinque mesi con Greenpeace e poi ho partecipato a quel progetto umanitario in Costa Rica. Ero già lì da tre mesi quando ho conosciuto Alexis.”
“Quasi un anno, è notevole. Ma di che vivi? Loro sanno dove sei?” Continuò Castle.
Pi alzò le spalle. “Sanno quello che gli scrivo di tanto in tanto. Mia madre mi passa dei soldi, ma io preferisco arrangiarmi con dei lavoretti. Mio padre… beh lui è come se non esistesse. Non ci parliamo da tempo.”
“Per quale ragione?”
“Voleva impormi la sua vita. Ma non era la mia…” si giustificò.
“Quando hai capito che Alexis era mia figlia?” Chiese Castle andando a scavare più a fondo.
“Me lo ha detto lei dopo qualche settimana che ci conoscevamo, non leggo i suoi romanzi, in tutta onestà non sono il mio genere.” Spiegò con un sorriso teso.
 “Non sono un cacciatore di dote se è questo che dubita.” Rimarcò Pi stringendo le labbra.
Castle lo squadrò, guardandolo negli occhi. “Che studi hai fatto?” Chiese quindi e Pi sentì di essere come ad un colloquio di lavoro ma molto più rischioso ed impegnativo.
“Ho fatto studi di agronomia perché mio padre mi voleva inquadrare nella sua azienda. Poi ho fatto alcuni anni di università ma non ho conseguito la laurea. Me ne sono andato prima.” Spiegò.
“Perché?”
“Non era un mondo che faceva per me.”
“E qual è il mondo che fa per te?” Replicò Castle con sarcasmo.
“Oh lei è davvero molto sarcastico… Lo fa sempre quando è sulla difensiva.”
“So fare di peggio. Fidati.” Pi deglutì piuttosto preoccupato. A colazione lo scrittore sembrava piuttosto rilassato. La presenza della sua compagna o della madre lo rendeva più trattabile, ma in quel momento un pizzicore molesto al mento lo stava avvertendo che scherzare con quell’uomo era da farsi solo sotto stretta sorveglianza delle donne della sua famiglia.
Le amava molto e lui era sicuramente un intruso ai suoi occhi, lo aveva capito però Alexis era importante e il futuro che volevano insieme non era così impossibile. Però quell’uomo era imprevedibile, troppo intelligente per lui, troppo acuto e Pi si sentì per la prima volta molto a disagio.
Non aveva pensato di sentirsi così alle strette, ma del resto non aveva avuto modo di conoscere il padre di Alexis veramente. Era sempre stato fuori casa almeno fino al ritorno di Miss B a New York.
Forse la scelta di Alexis di farli parlare da soli non era stata un’idea felice.
Camminarono lentamente sull’erba rasata.
Castle continuò ad avanzare fino a fermarsi davanti ad un cippo di marmo scuro a metà di una lunga fila.
Quando lesse il nome sulla lapide che Castle aveva raggiunto Pi si fermò di colpo.
“E la madre di Miss B!” Disse stupito.
“Beckett, te ne prego.” Replicò Castle correggendolo di nuovo. “Sì è lei.”
Castle appoggiò la candida orchidea alla base della lapide e tolse quella ormai appassita. Pi capì che l’uomo era uso fare quel gesto con una certa frequenza.
Guardò la lapide scura e lesse l’epitaffio.
“Bello” Commentò.
“Per quanto lo possa essere una lapide.” Castle tornò ad alzarsi ed allontanarsi andando a gettare il fiore appassito nell’apposito cesto.
Il sole era alto, ma la brezza era vivace e portava con sé una certa frescura. Castle si soffermò a guardare il cielo terso dai venti in alta quota. Il cimitero era vuoto, solo poche persone si potevano scorgere qua e là camminare placidamente tra le lapidi. Per essere tarda mattinata era poco affollato. Di solito quando ci veniva trovata varia umanità a passeggio alla ricerca di un po’ di pace dal caos della città.
Quel posto lo lasciava sempre pieno di dubbi, ma era un posto che aveva imparato a visitare con rispetto e devozione e lo faceva all’insaputa di Kate. Forse però era giunta l’ora di raccontarglielo. In fondo non c’era nulla di male e quando sarebbe stata pronta per farlo forse l’avrebbero visitato insieme.
Sospirò cercando di concentrarsi su Pierre. Era strano poterlo appellare con un nome vero, lo rendeva più umano e meno alieno. Lo guardò con occhi seri e inclinò il capo osservandolo con attenzione.
“Dimmi di più di te e Alexis. Perché lei? Perché la mia bambina.”
Pi sorrise. “Beh lei è suo padre, sa meglio di me che splendida persona sia sua figlia…” Iniziò a dire ma lo vide scuotere il capo, mettendo le mani in tasca.
“Lo so, ma anche una semplice amica può essere splendida. C’è però una bella differenza tra un’amica e un amore.” Sottolineò Castle con decisione.
“Non sono bravo con le parole come lo è lei, Mister Castle.” Si giustificò Pi e Castle tornò a posare gli occhi su di lui. Si passò una mano tra i capelli mossi dal vento e si girò fermando il suo sguardo sulla lapide di Johanna Beckett.
“Ti darò un indizio su quello che voglio sentire da te.” Disse con calma.
“Sai perché vengo qui?” Chiese quindi al ragazzo indicando la lapide, ma non attese una risposta.
“C’è stata una notte in cui nella mia testa è sorta una domanda. Semplice ma estremamente crudele.” Disse a bassa voce. “Ho tra le braccia una donna che è capace di stravolgermi l’anima, farmi bruciare fino al midollo, per poi calmarmi, rilassarmi e farmi sentire in paradiso. Una donna intelligente, bellissima, forte e fragile allo stesso tempo e che mi fa sentire completo. Una creatura che mi diverte, mi intriga, mi tiene sulla corda e mi inchioda anche solo con uno sguardo. Una donna estremamente sexy e al medesimo tempo dolcissima, che può rendermi schiavo con una semplice carezza o un bacio.”
Pi fischiò, stupito da quella descrizione.
“E quella notte mi sono fatto una domanda. Mi sono chiesto se sua madre non fosse morta in quel vicolo, io avrei mai conosciuto Kate? Sarebbe stata la stessa persona? Probabilmente no.”
Pi riuscì a sentire il dubbio nelle parole di Castle. Era davvero un grande con le parole.
“Vengo qui e le porto un fiore perché ho come la sensazione di essere in debito con questa donna. Un debito enorme. Lei è morta e Kate è diventata quello che è anche a causa del suo omicidio, così che io la potessi incontrare e imparare ad amare.” Castle deglutì.
“Forse è assurdo pensare a queste cose, in fondo i disegni del destino ci sono ignoti. Però mi faccio spesso questa domanda. Anche stamattina.” Finì facendo qualche passo.
Pi si morse un’unghia abbassando il capo e sembrando pensieroso.
“Adoro Kate con ogni cellula del mio corpo. So che lei è la mia metà, quella che ho cercato per anni” Spiegò Castle.
“Così come io ora ti ho detto queste cose, allo stesso modo voglio sapere perché credi che Alexis sia quella giusta per te.” Il viso di Castle era teso e Pi respirò facendo un fischio.
“Domanda importante mister Castle.” Commentò.
Castle lo guardò attendendo una risposta.
“Io non saprei come dirlo…”
“Non devi cercare le parole, devono uscirti dal cuore come sangue dalle vene.” Stavolta le parole di Castle lo impressionarono. Gli occhi dell’uomo erano arrossati e feroci.
“Non voglio vedere mia figlia confondere una cotta adolescenziale per un amore vero se posso evitarle il dolore che ne può nascere. Non le permetterò di andarsi a complicare la vita con una convivenza senza una minima possibilità di futuro. So di cosa parlo, perché l’ho vissuto sulla mia pelle.”
“Mister Castle noi stiamo bene insieme.” mormorò Pi sentendosi a disagio.
“Stare bene non basta. Ci vuole di più per affrontare una vita a due. Molto di più.” Spiegò gesticolando tornando ai pensieri che aveva condiviso con Kate prima di addormentarsi.
Castle si impose di calmarsi. Guardò la tomba di Johanna Beckett e scosse il capo.
“Nonostante lei non ci sia più io sono qui a cercare la sua approvazione. Tu devi conquistarti la mia se vuoi che io accetti la vostra convivenza.  Anche se Alexis perseguirà la sua scelta a testa bassa comunque.”
Castle respirava con la bocca semiaperta e il busto leggermente piegato in avanti.
Pi non riuscì a replicare. Così Castle, stizzito, si voltò scuotendo il capo.
“Non riesci nemmeno a dirmi cosa ami di lei…” disse con amarezza. “Come puoi pensare di andarci a convivere se non conosci i tuoi sentimenti?” Si mosse lentamente cercando di raggiungere il vialetto ghiaioso.
“Non sono forte con le parole, ma posso dirle che Alexis è davvero speciale.” Iniziò a dire Pi.
Castle si fermò e si voltò attendendo il resto.
“Al campo in Costa Rica molti dei ragazzi erano lì per evadere dalla routine della vita di città ma lei era davvero convinta dell’utilità del suo lavoro. Era convinta che lavorare e aiutare quella gente potesse essere un gesto da imitare e da consigliare perché era giusto nei confronti di chi ha meno e vive di stenti. Ci credeva veramente e ci metteva tutta sé stessa. Anche quando non era forte abbastanza si intestardiva e si impegnava fino a farcela.”
Castle sorrise. Non disse nulla e annuì. Pi cercò di continuare andando a raccogliere i pensieri.
“Ok, forse le sembrerò un po’ strano per il suo stile di vita, ma io adoro il modo con cui Alexis affronta le cose, è decisa ma è anche disposta a parlarne.”
Al quelle parole Castle strinse gli occhi. “Alcune volte.” Replicò.
“No, non tra noi, è romantica ma anche decisa e lo è davvero molto nel sostenere le sue posizioni.”
Castle rise. “Oh, sì fin troppo. Ieri mi è bastato come tocco finale.” Commentò.
“Voglio starle accanto perché è un anima pura, sincera e corretta. E poi mi fa impazzire a…” disse Pi guardando il suo interlocutore con occhi furbi e notò il volto di Castle farsi scuro di nuovo.
“No, Pierre non allarghiamoci su quella sfera.”
“Ma lei mi ha parlato di Miss Beckett.” Rispose stupito per l’essere stato chiamato con il suo nome per esteso.
“Non così a fondo e non è tua figlia. Alexis è mia figlia…” Sottolineò Castle con un velo di ironia.
Pi annuì. “Afferrato.”
“L’ami? Ne se sicuro? La vita di coppia è molto più che l’idea romantica dell’innamoramento.”
Pi sorrise e disse di sì in un sussurro estatico. “Moltissimo.”
Il silenzio calò di nuovo e da un certo punto di vista Pi ringraziò la sua buona stella per il posto poco convenzionale che Mister Castle aveva scelto per fare quella chiacchierata. Sicuramente era molto meglio della biblioteca e l’aria tranquilla del luogo doveva avere un influsso benefico sui nervi del suo interlocutore.
“Lo so che è preoccupato Mister Castle. Ma le assicuro che mi occuperò di Alexis con molta serietà. Non ho mai conosciuto una ragazza così gentile e intelligente e senza pretese nonostante la sua estrazione sociale, di solito sono tutte molto altezzose, ma Alexis è… diversa!” Spiegò.
“Lo sai che se le fai del male ti inseguirò in capo al mondo e non sarò gentile vero?”
Il viso di Pi si fece corrucciato. “Alexis mi ha raccontato di Parigi. Credo che lei non sia la sola persona di cui io dovrò temere le ire.” Castle annuì.
“Anche lei non va d’accordo con suo padre?” Chiese Pi incuriosito.
“Non lo conosco nemmeno. Ho giusto scoperto chi sia. Ma questo è un altro argomento.” Liquidò la discussione Castle con un tono severo. Pi si morse la lingua, avrebbe dovuto evitare quella domanda vista la sua reazione. Era stato un passo falso.
“Non pensavo mi avesse minacciato.” Replicò il ragazzo con un respiro lungo per liberarsi dell’inquietudine che Castle gli aveva messo in corpo.
“Non è una minaccia, è solo un preavviso.” Sottolineò lo scrittore.
“La vita a New York costa Pierre, come intendi fare per mantenere un affitto, per vivere decorosamente? Non desidero che Alexis perda anni di studio o che viva in un letamaio.”
Il ragazzo prese a camminare accanto all’uomo, stringendo le labbra.
“Ho intenzione di prendermi tutte le mie responsabilità. Alexis ed io abbiamo fatto un prospetto dei costi molto dettagliato e ci siamo prefissi degli obbiettivi.” Cominciò a dire.
“Che lavoro intendi fare?” Chiese Castle incuriosito.
“Sto facendo dei colloqui al dipartimento delle politiche agricole di New York e ho già passato alcune selezioni. I libri che devo ritirare alla biblioteca servono per approfondire l’argomento del settore su cui andrò ad operare.”
“Politiche agricole a New York? Esistono davvero?”
“Certamente.”
“E cosa coltivano? Grattacieli?” Rispose Castle divertito e Pi ridacchiò sorpreso del suo improvviso buonumore soprattutto dopo le parole dure di pochi minuti prima.
Era un uomo decisamente strano. Alexis lo aveva edotto su quanto potesse essere surreale e paranoico suo padre, sprezzante e allo stesso tempo molto comprensivo e dolce. Aveva pensato che fossero parole di parte, dettate dall’amore di una figlia per il padre. L’uomo che aveva conosciuto, placido e sarcastico fino allo sfinimento era solo una parte di lui. Evidentemente quando sentiva che qualcuno delle persone che amava poteva essere in difficoltà diventava un leone. Era un uomo pericoloso da affrontare come nemico, ma come amico doveva essere davvero di buon cuore, doveva quindi cercare di restare dalla sua parte e non sarebbe sempre stato facile.
“Pierre?” Domandò Castle vedendolo assorto.
“Oh sì, più che altro è incentrato sul mantenimento del verde e delle risorse sostenibili nell’area metropolitana e nelle zone di cuscino nell’entroterra.”
Castle strabuzzò gli occhi. Tutto sommato Pierre sembrava anche in grado di sostenere un discussione professionale. Era riuscito a spiegargli perché amava Alexis e le sue argomentazioni erano state abbastanza valide da essere prese in considerazione. Conosceva piuttosto bene il suo carattere e questo gli dava dei punti. Aveva capito quanto straordinarie erano le donne della sua famiglia e ora stava sostenendo una tesi di lavoro alternativa ma reale e non campata per aria.
Era un buon inizio. Si sentì placare l’animo e pensò a quanto detto da Alexis. Che Pierre era una creatura semplice. Era quello che era senza nascondersi.
“Un progetto interessante. I parchi metropolitani sono importanti per la qualità della vita e dell’aria. Che cosa andrai a fare nello specifico? Di che tipo di impiego parliamo?”
Castle indicò l’uscita sempre camminando lentamente.
“Un impiego a tempo determinato per due anni. Poi dipende dai risultati del programma. L’obbiettivo dell’ufficio per cui lavoro è il controllo e la reintegrazione delle varie specie di imenotteri nei parchi associate alla possibilità di dedicare aree a zone floreali e a piante da frutto non arboree.” Spiegò Pi e Castle lo guardò con interesse.
“Api? Andrai a lavorare per ripopolare New York di api?” Chiese quindi aprendo la portiera della macchina.
Pi sorrise annuendo. “Esatto Mister Castle. Le api sono creature fondamentali per il mantenimento del verde, e soprattutto delle colture.”
“E tu che sei fruttariano certo non ne puoi fare a meno. Ma lo sai che poi andrai ad ingrassare i rivenditori di insetticidi?” Disse scuotendo il capo e Pi assunse uno sguardo serio.
“E’ una lotta che dovremmo affrontare con le giuste campagne nelle scuole e in tv se fosse possibile. Ma ci vogliono soldi e quindi le scuole sono il primo passo per la diffusione di questo progetto.”
Spiegò il ragazzo con convinzione.
Castle si appoggiò al volante. “Ok, è tutto molto bello, ma a costo di sembrarti venale, quale sarà il tuo stipendio?”
Pi annuì serio. “Si parla di 500 dollari a settimana per il primo anno. Lo so non è certo molto considerato il dover pagare un affitto e l’assicurazione sanitaria e così via. Ma vanno aggiunti 200 dollari al mese di rimborsi spese e trasporti. Non ho intenzione di sprecare nemmeno un centesimo.”
La macchina ripartì e Castle si prese qualche secondo per valutare la cosa.
“Immagino che troverete una casa in zona Columbia University…”
“Per dare ad Alexis meno distanze possibili da percorrere.” Rispose tempestivamente Pi.
Castle si fece silenzioso. Non poteva dire che era una grande opportunità ma era un lavoro in cui credeva e doveva farsene una ragione. Lo stipendio di lui sommato a qualche centinaio di dollari a settimana per un part time fatto da Alexis non garantiva molto margine dopo aver pagato i conti di affitto e bollette varie.
Si morse il labbro. Poi alzò la testa e annuì.
“Ok…”
“Non ho intenzione di deludere Alexis.” Rimarcò Pi e Castle si voltò per guardarlo in viso per qualche frazione di secondo.
“Come ho detto ad Alexis, se questa vostra decisione è ponderata, potrò anche accettarla. Ribadisco anche a te che non intendo permetterle di usare i soldi dei suoi studi per pagare l’affitto o le bollette. Il mio legale controllerà lo stato dei depositi quindi saprò tutto.” Chiarì con calma e serietà.
“Non intendo mancarti di rispetto Pierre ma speravo in una vita più brillante per Alexis. Spero ardentemente che questo sia solo un trampolino di lancio per qualcosa in più, per una carriera. Sii uomo e cerca di garantirle lo stile di vita che merita. So che Alexis si adatta, la conosco, ma sono io a non volere che si accontenti.”
Spiegò quindi guardandolo di tanto in tanto.
Pi respirò profondamente. “Glielo prometto, vedrà non la deluderò. Cercherò di far avere ad Alexis il meglio che potrò. La capisco.”
“Ma se non funziona e siete nei guai venite da me ok? Se non ti appoggi ai tuoi genitori Pierre, fidati almeno di me, anche nel caso in cui Alexis non volesse parlarmene. Soprattutto se dovesse decidere di nascondermi problemi finanziari o altro. E’ orgogliosa e non vorrà farlo. Ma tu vieni a me. Chiaro?”
“Limpido.”
“Perfetto.” Concluse Castle e Pi tirò mentalmente un sospiro di sollievo.
Quando raggiunsero la biblioteca pubblica Castle si fermò all’ingresso parlando amabilmente con uno degli operatori che conosceva bene. Attese che Pi prendesse i suoi libri muovendosi tra gli scaffali e andando a sedersi nella saletta in cui Kate lo aveva arrestato. Sorrise divertito da quel ricordo e un po’ meno al ricordo successivo e all’angoscia di quei momenti.
Si guardò in giro, assorto nelle preoccupazioni per il futuro. Era così strano pensare che Alexis aveva ormai diciannove anni e stava per andarsene di casa. Quante cose avevano vissuto insieme, solo loro due persino in quel posto. Il loro sodalizio si stava sciogliendo lentamente a favore di una famiglia più ampia.
Pierre si era dimostrato un ragazzo assennato dopotutto. Che poteva dire? Forse non era l’ideale di fidanzato che un padre sogna per la figlia, ma sembrava onesto e quello era la prima cosa che importava: che fosse sincero con Alexis. Sarebbe andato a fondo, avrebbe cercato informazioni ma con prudenza, per non offendere ne lui ne Alexis, ma sentiva che fosse suo dovere di padre tutelare gli interessi della figlia. Avrebbe vegliato su di lei comunque anche se si fosse allontanata.
Sorrise ad alcune persone che lo avevano riconosciuto ma fortunatamente lo lasciarono in pace.
Con la mente fece un rapido excursus sugli eventi salienti della sua vita e si trovò a contarne a sufficienza per la sua età. Non si era certo annoiato ma non sentiva più come una volta il brio del cacciarsi nei guai per scoprire come andava a finire. Per una volta sentì di volere che la stabilità e la costruzione di un rapporto vero fossero alla base della sua vita. Non si voleva annoiare, ma voleva essere sentimentalmente stabile, sia come padre che come futuro marito di Kate. La vita accanto a lei gli avrebbe riservato sicuramente altre avventure.

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Siamo quasi alla fine. Una discussione alquanto strana...

 

  
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