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Autore: EmmaStarr    10/12/2013    1 recensioni
{Child!Makoto {Child!Haru {slice of life {fluff {one-shot
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Haru sollevò lo sguardo, impassibile. – Sì, lo sgombro mi piace.
– O-oh, sì, anche a me piace, solo... No, niente. Lo sgombro va benissimo. – si affrettò ad assicurare Makoto, sorridendo.
Haru inarcò un sopracciglio. – Non credi che sia stupido?
– Stupido? – il bambino inclinò il capo. – E perché? Se a te va bene, non c'è problema.
Haru emise un mezzo sospiro, sorridendo piano. – Non c'è problema... – ripeté, un tono di voce quasi impercettibile. – Sì, hai ragione. – alzò lo sguardo verso la finestra, fissando un punto imprecisato nel limpido cielo primaverile. – Senti, Makoto...
– Sì? – fece quello, intimamente felice del fatto che Haruka Nanase – quell' Haruka Nanase – lo avesse appena chiamato per nome.
– Di' un po'... A te piace nuotare?
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Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Haruka Nanase, Makoto Tachibana
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Startin' with you ~ Haru and Makoto's umbreakable bond






Quando Makoto seppe che Haruka Nanase, quell'Haruka Nanase, sarebbe andato nella sua stessa scuola elementare, faticò a nascondere l'emozione.

Erano vicini di casa da sempre, ma Makoto non era sicuro che l'altro lo sapesse. Quel bambino dai capelli neri e gli occhi blu se ne stava sempre zitto, sempre in casa, sempre imbronciato. Eppure nessuno gli impediva di avere amici, se solo avesse voluto...

Sì, Makoto era curioso. Curiosissimo. Quella mattina salutò con un sorriso i suoi genitori, diede un buffetto sulle manine dei due bebé nella culla e si avviò a passo deciso verso la scuola.

Il posto non era male, decise. Colorato, sicuramente. Si guardò intorno nella speranza di adocchiare qualcuno con cui fare amicizia, e neanche a dirlo si ritrovò a fissare la schiena del suo vicino di casa. Sorrise appena: ma dai, era un segno del destino o cosa?

Però era un po' indeciso: come ci si comporta con uno sconosciuto che in realtà conosci, anche se lui non conosce te? Makoto non lo sapeva, accidenti. Vennero portati tutti in una grande sala bianca dal soffitto altissimo, e subito dopo arrivò una vecchia signora dall'aria materna che iniziò a chiamare i bambini della sua classe.

Quando saltò fuori che il nome di Haruka non faceva parte dell'elenco, il piccolo Makoto si ritrovò a sperare di non essere chiamato a sua volta, e tirò un sospiro di sollievo quando la donna si allontanò con un gruppetto di bambini al seguito.

Man mano che le altre classi venivano chiamate la sala si svuotava, e Makoto si ritrovò ben presto fianco a fianco con il misterioso bambino dall'aria annoiata e distante che tanto lo incuriosiva.

Era il turno di una giovane donna dall'aria distratta, e nella sala erano rimasti poco meno di trenta bambini. La nuova insegnante non si curò nemmeno di fare l'appello, facendo cenno ai bambini rimasti di seguirla.

– A quanto pare siamo in classe insieme. – disse improvvisamente Makoto. Bé, un modo come un altro di fare conversazione.

Haruka sembrò accorgersi solo allora della presenza del bambino, e aggrottò leggermente le sopracciglia. – Tu sei... Tachibana-kun, dico bene? – chiese, come sforzandosi di ricordare.

Il bambino annuì con forza. – Siamo vicini di casa. – confermò, allegro. – Però puoi chiamarmi Makoto, sai? Tanto è come se ci conoscessimo già. – ragionò.

Haruka si limitò ad alzare le spalle, continuando a camminare dietro alla maestra. Pochi istanti dopo, Makoto riprese a parlare. – Tu sei Haruka Nanase, dico bene?

Quello annuì senza guardarlo.

– E... va bene se ti chiamo solo Haruka? – tentò di nuovo Makoto, cominciando a chiedersi quanto senso avesse intrattenere una conversazione con una persona del genere.

Finalmente il ragazzino si decise ad alzare lo sguardo. – Haru. – lo corresse, fissandolo dritto negli occhi. Makoto era quasi ipnotizzato dalla forza, dalla bellezza che scaturiva da quello sguardo. Non c'era da stupirsi che non fissasse le persone tanto spesso, se l'effetto era quello.

– O-ok... Haru va bene! Sai che abbiamo entrambi un nome femminile? Io l'avrò chiesto un milione di volte ai miei cosa gli è passato nella testa quando mi hanno chiamato così, ma loro dicevano che era carino, quindi... Haru va bene. – ripeté, rendendosi conto che forse, ma solo forse, stava parlando un po' troppo.

Arrossì un po', e Haru abbozzò un sorriso. Era piccolo, quasi impercettibile, ma Makoto l'aveva visto. E tanto bastava.

Entrarono nell'aula e si sedettero vicini, come se fosse la cosa più naturale del mondo. – Cos'hai portato per pranzo? – domandò allegramente Makoto, appoggiando lo zaino di fianco a sé ed estraendo un astuccio colorato tutto pieno di bitorzoli che aveva dai tempi dell'asilo.

– Sgombro. – rispose Haru, posizionando con cura sul banco un astuccio blu dalla forma slanciata.

– Sgombro? – ripeté Makoto, incredulo.

Haru sollevò lo sguardo, impassibile. – Sì, lo sgombro mi piace.

– O-oh, sì, anche a me piace, solo... No, niente. Lo sgombro va benissimo. – si affrettò ad assicurare Makoto, sorridendo.

Haru inarcò un sopracciglio. – Non credi che sia stupido?

– Stupido? – il bambino inclinò il capo. – E perché? Se a te va bene, non c'è problema.

Haru emise un mezzo sospiro, sorridendo piano. – Non c'è problema... – ripeté, un tono di voce quasi impercettibile. – Sì, hai ragione. – alzò lo sguardo verso la finestra, fissando un punto imprecisato nel limpido cielo primaverile. – Senti, Makoto...

– Sì? – fece quello, intimamente felice del fatto che Haruka Nanase – quell'Haruka Nanase – lo avesse appena chiamato per nome.

– Di' un po'... A te piace nuotare?

 

 

* * *

 

Haru amava l'acqua.

E basta, perché questo era esattamente tutto ciò che bisognava sapere su di lui. Il mare, la piscina, il lago, la vasca da bagno, tutto purché si trattasse di acqua.

Era chiaro al mondo quanto amasse stare a mollo il più possibile, e finalmente i suoi genitori avevano avuto il buon cuore di iscriverlo ad un benedettissimo corso di nuoto.

Si sistemò la cuffia e gli occhialini, ben attento a far sì che l'acqua non potesse entrare. A differenza di, bé, praticamente tutti i bambini del mondo, Haru aveva sempre saputo nuotare. Non ricordava un periodo della sua vita in cui non ne fosse stato capace, l'acqua era la sua migliore amica per tutta la vita.

Era stato messo nel corso per bambini, ma l'istruttore l'aveva spedito via dopo praticamente due minuti, dirottandolo verso quello dei nuotatori più esperti. Se Haru avesse avuto voce in capitolo, e non l'aveva avuta, avrebbe comunque preferito il corso avanzato. Nuotare con i bambini della sua età gli dava fastidio.

Certo, c'era un'eccezione... Quel ragazzino della sua classe, Makoto. Il giorno precedente, in classe, aveva dimostrato di amare l'acqua quasi quanto Haru. “Scherzi? Io adoro nuotare!” aveva quasi gridato, rischiando di farsi ammonire dall'insegnante proprio il primo giorno di scuola. “Lo farei tutto il giorno, sono capace di nuotare sin da quando ho dei ricordi.”

Ecco, era la prima volta che qualcuno gli diceva una cosa simile, e a Haru sarebbe piaciuto provare a nuotare con lui. Non sapeva perché.

I miei mi hanno iscritto ad un corso di nuoto in una piscina qui vicino. Comincio domani.”

Haru detestava farsi false speranze. Si ricordava ancora di quella volta che doveva andare in vacanza in un villaggio turistico su un'isoletta sperduta con tanto di piscina, spiaggia, fiumi, correnti e parchi acquatici con i suoi per tre settimane. Non vedeva l'ora di essere là, ma alla fine suo padre aveva avuto un urgente impegno di lavoro e non se n'era fatto niente. Si era rinchiuso in camera per due giorni dalla delusione, e da quel giorno cercava di non darsi assolutamente false speranze di nessun genere. Ma andiamo, era così brutto sperare di ritrovarsi nello stesso corso di piscina con quel bambino tanto strano?
Oh, sì, per Haru quel Makoto Tachibana era davvero strano. Intanto, non si faceva problemi a parlare con lui. Era sbucato accanto a lui all'improvviso, e aveva preso a parlargli come niente fosse. Inizialmente gli dava fastidio, tanto che avrebbe voluto strozzarlo: non capiva che non voleva nessuno fra i piedi? La maggior parte della gente era per Haru priva di ogni qual tipo di interesse, quindi di norma preferiva stare da solo. Invece Makoto gli era stato appiccicato tutto il giorno, e alla fine Haru non poteva lamentarsene. Era tutto molto complicato, in effetti.

Scosse la testa, ripetendosi di non pensarci: era il suo turno, poteva entrare in acqua. L'acqua, la sua più grande amica e consigliera. Di certo avrebbe capito cosa fare, stando a mollo nell'acqua.

Si tuffò, e fu la pace dei sensi, l'estasi, la continua meraviglia: non era più solo Haru; era Haru in acqua, Haru e l'acqua, Haru per l'acqua. Dove finiva lui? Dove iniziava lei? C'era un confine o erano collegati da un filo indissolubile? Batté le gambe, spingendosi verso la superficie, pronto per riprendere fiato. Gli sembrò, solo per un istante, di vedere un ragazzino dal capelli marroni sbracciarsi dal bordo della piscina nella sua direzione, ma non ne poteva essere certo.

Quando ritornò al punto di partenza e fece per tirarsi su dal muretto, però, non poteva più sbagliarsi: a tendergli la mano, un sorriso enorme dipinto sul volto, stava proprio lui. Makoto Tachibana.

– Ciao, Haru! Sei davvero bravo, sai?

Haru lo squadrò con curiosità mista a soddisfazione, poi afferrò la mano che gli porgeva e si issò fuori dall'acqua.

Se la prima volta che l'aveva visto quel Makoto gli aveva fatto venir voglia di strozzarlo, ora l'avrebbe abbracciato.

 

* * *

 

– Mi spieghi perché esci sempre così tardi? Fa freddo! – si lamentò Makoto, saltellando sul posto e affondando il viso nella sua sciarpa gigante.

Haru non si prese il disturbo di scusarsi. Fissò Makoto per una manciata di secondi, imprimendo in quello sguardo tutto quello che c'era bisogno di fargli sapere (ero nella vasca, ho perso il senso del tempo, mi dispiace) e Makoto annuì, alzando le spalle.

– Muoviamoci, che facciamo tardi a scuola. – tagliò corto, affiancandolo continuando a saltellare.

Si conoscevano da meno di un mese, e già il giovane Tachibana riusciva a capire al volo quello che Haru intendeva dire con una sola occhiata. Davvero, il ragazzino si stupiva di quanto intuitivo fosse l'amico: aveva compreso al primo colpo la sua insofferenza nel dover sempre parlare, spiegare, esprimersi, e l'aveva assecondato senza chiedere nulla.

Haru stava bene in sua compagnia, doveva ammetterlo.

– Dai, forza! Un po' più veloce, siamo in ritardo!

Raggiunsero la scuola appena in tempo e per pura fortuna, secondo Haru; secondo Makoto perché non aveva fatto altro che urlargli di andare più veloce. Presero posto uno di fianco all'altro, come sempre, e si prepararono ad una nuova lezione.

– Haru, non dormire! – lo sgridò Makoto, pungolandolo con una matita. Il lunedì mattina non era mai una giornata propizia per il giovane Nanase, ormai era chiaro.

Haru sbuffò, girandosi dall'altra parte, e Makoto alzò gli occhi al cielo: a volte era davvero difficile relazionarsi con lui. Insomma, lui rispettava la sua volontà di non parlare se non era strettamente necessario e di fare quello indifferente eccetera, ma un minimo di contatto si doveva pur instaurare, no? All'intervallo vedeva gli altri bambini ridere e giocare insieme, mentre Haru si rintanava in un angolino del cortile con il suo panino allo sgombro, e Makoto subito gli correva dietro per fargli compagnia. Non è che gli facesse pena, questo no: sapeva benissimo che Haru stava bene anche da solo, grazie tante. Semplicemente, Makoto pensava che ci fosse qualcosa in più, in lui. Qualcosa per cui valeva la pena passare l'intervallo seduti a non parlare, aspettarlo la mattina fino a congelarsi, guardarlo nuotare e sapere che non sarà mai al livello della sua migliore amica di sempre, l'acqua.

Ma quel qualcosa, se c'era, era davvero ben nascosto.

– Haru, la maestra parla con te. – sussurrò, stanco, assestandogli una gomitata.

– Mh?

 

* * *

 

Makoto aveva qualcosa di strano, decise Haru dopo circa cinque secondi. – Che c'è? – chiese, guardingo.

– Eh? Oh, niente, sto bene. – fece Makoto senza guardarlo, impegnato a disegnare qualcosa al banco.

– Non... non vieni in cortile? – tentò di nuovo Haru, corrucciando le sopracciglia.

Makoto sospirò. – E perché? Non mi va di giocare alla corda con gli altri.

Decisamente, c'era qualcosa che non andava. Per quanto Haru ne sapesse effettivamente poco di cosa fosse educato e non educato dire, sospettava che un'uscita come “e perché non ti siedi in silenzio vicino a me a non fare assolutamente niente come al solito?” sarebbe stata decisamente maleducata.

– Oh. – si limitò quindi a rispondere, confuso sul da farsi. Poteva andarsene da solo, in fondo non gli era mai pesata la solitudine. Però... cos'era quel senso di sbagliato che gli attanagliava lo stomaco?

Makoto sollevò lo sguardo verso di lui. Forse l'intento era quello di sembrare scocciato o offeso, ma gli uscì solo un'espressione preoccupata. – Non... tu puoi andare, eh. Vai fuori, tranquillo. Io sto bene.

Haru dovette pensarci giusto una manciata di secondi, prima di prendere la sua decisione. – Resto qui anch'io. – affermò, sedendosi di fianco a Makoto.

– D-davvero? – balbettò quello, sorpreso, senza nemmeno cercare di nascondere l'incredulità.

Haru sospirò, passandosi una mano sulla fronte. – Tu fai sempre quello che faccio io, vai dove vado io... Oggi stiamo qua, va bene così.

Non bisognava essere dei geni dell'intuizione per capire quello che Haru non era riuscito a dire. Scusa. E grazie.

Makoto scosse la testa, l'ombra di un sorriso sul volto. – Non so mai se abbracciarti o strangolarti, sai? Sei così complicato...

Haru stava per ribattere, offeso, ma Makoto lo anticipò. – Sta' tranquillo, a me non dà fastidio. Va bene così, le cose semplici non mi piacciono neanche un po'. – assicurò, completando il suo disegno.

Haru diede una sbirciatina curiosa all'elaborato dell'amico: due delfini nuotavano uno di fianco all'altro, e poteva giurare che quello un pochino più avanti gli somigliasse.

 

 







Angolo autrice:
Primo esperimento in questo fandom! ^^
Ok, niente di particolare, in realtà. È un ipotetico primo incontro tra Haru e Makoto, visto che sappiamo come hanno conosciuto Rin mi sono chiesta, e loro due? Come è iniziato tutto? E ho sempre immaginato che Haru amasse alla follia il tonno sin da bambino! ^^
Quindi niente, grazie a chiunque  recensirà o leggerà soltanto!
Un bacione, vostra
Emma ^^
  
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