Capitolo 1
Era uno dei giorni più assolati dell’estate. Non
c’era un alito di vento e le foglie sui rami se ne stavano così immobili da
sembrare finte.
Me ne stavo seduta sul portico di casa per finire i
compiti d’inglese, ma era davvero un’ardua impresa con quel caldo.
Ogni cosa sembrava fatta apposta per distrarmi; i
bambini che passavano ridendo in bicicletta, il chiacchiericcio sommesso della
Tv in cucina, le risatine di mia sorella Ashley che giocava nella piscinetta
sul retro…
Chiusi di scatto il libro, innervosita da tutta la
situazione e decisi di andare da Jen.
Di studiare per quel giorno, non se ne parlava.
Improvvisamente una macchina che si fermava
stridendo davanti alla casa accanto alla mia, mi fece alzare gli occhi
incuriosita.
Dopo qualche secondo, una donna dai capelli biondi
aprì la portiera e uscì sul marciapiede, voltandosi verso quella che era stata
la casa dei Johnson, i miei vecchi vicini.
“Vuoi vedere che sono i nuovi vicini?” mi chiesi
con un pizzico di euforia.
Adoravo le novità, e soprattutto adoravo la
prospettiva di poter avere finalmente altre persone con cui scambiare quattro
chiacchiere, invece che sempre e solo la povera vecchia signora Claw dall’altra
parte della strada.
Mi alzai in piedi e mi diressi verso il cancello,
curiosa di vedere che tipi fossero.
Un ragazzo dai capelli spettinati e con le cuffie
del lettore CD nelle orecchie, stava trafficando con degli scatoloni nel
bagagliaio della macchina.
“Mark dammi una mano con le scatole più grandi!”
esclamò la signora di prima che intanto si era avviata nel vialetto d’ingresso.
“E’ quello che sto facendo mamma…” rispose lui
visibilmente seccato.
“Anne puoi alzare il culo e venire ed aiutarmi?”
continuò poi rivolto a qualcuno ancora dentro la macchina.
Qualche istante dopo una ragazza che doveva avere
più o meno la mia età, si sbattè con noncuranza la portiera alle spalle e
sbuffò.
“Sei proprio un rompicazzo…”
“E tu una sfaticata”
“Dio se ti odio!”
“Posso darvi una mano?” mi intromisi io cercando di
apparire il più cordiale possibile, aprendo il cancello e raggiungendoli sul
marciapiede.
Tutti e due si voltarono e mi squadrarono da capo a
piedi.
“Sono Josie!” mi affrettai a presentarmi
tendendogli la mano e dopo qualche secondo Mark me la strinse, senza smettere
di fissarmi con quell’espressione incredula.
“Mark…” disse.
“Anne…” gli fece eco la sorella, stringendomi la
mano a sua volta.
Sorrisi prima di aggiungere “Allora…posso darvi una
mano?”
“Oh..non preoccup-“ cominciò Mark ma venne subito
interrotto da Anne che mi piazzò tra le mani uno scatolone gigantesco.
“Puoi lasciarlo sul portico, ci penseranno quelli
dei traslochi a spostarlo…quando si degneranno di arrivare…”
Poi prese una scatola e si avviò dietro a sua
madre.
“Così vi trasferite qui…” chiesi a Mark mentre
facevamo avanti e indietro dalla macchina al portico.
“Eh già…”
Non era di molte parole, sembrava un ragazzo
abbastanza introverso ma mi piaceva comunque.
“Dove stavate prima?”
“Washington…”
“Ah capito. Forse
ci metterai un po’ ad abituarti allora qui a San Diego…ti mancherà la pioggia”
risi e lo guardai.
Anche lui sorrideva “Beh…direi che non ci metterò
così tanto…prima stavamo a Ridgecrest…poi i miei si sono divisi e noi siamo
andati con mio padre a Washington mentre mia madre è rimasta in California…”
“…e adesso tornate dalla mamma?”
“Più o meno…storia lunga…”
Chiacchierammo un altro po’ mentre finivamo di
scaricare la macchina e quando esausti lasciammo cadere l’ultimo scatolone sul
vialetto ormai stracolmo, si era quasi fatta sera.
“E quello cos’è?” feci indicando una custodia di
uno strumento musicale appoggiata sui gradini della veranda.
“Il mio basso…” fece lui, quasi vergognandosi.
“Maddai! Tu suoni?”
“Da quando avevo 15 anni…ho dipinto tutto il garage
di mio padre per averlo” alzò lo sguardo su di me e mi sorrise.
“Lo sognavo anche la notte…era diventata
un’ossessione…”
“E hai una band?”
Se c’era qualcosa che mi affascinava, quelli erano
i musicisti.
La sua espressione si incupì improvvisamente.
“Avevo…i The Attic Children…l’ho dovuta lasciare
per venire qui…”
“Dio sarai incazzato, allora….”
“Da morire! Sognavo di farcela ed ero quasi
convinto che sarebbe stato possibile dopotutto…”
“Hey…siamo in California…tutto è possibile qui!”
gli sorrisi e notai per la prima volta l’azzurro intenso dei suoi occhi.
Prima di allora non avevo mai visto tanta dolcezza
in uno sguardo.
“Ragazzi, che ne dite di una limonata?” esclamò la
voce di sua madre dalla porta di cucina.
Alzammo lo sguardo e le sorrisi cordiale.
“Ciao” fece lei “Tu chi sei?”
“Salve! Sono Josie…la vostra nuova vicina! Ho dato
una mano a Mark ed Anne con le scatole…spero non le dispiaccia!”
Lei mi sorrise felice.
“Oh tesoro…vorrai scherzare! E’ stato molto carino
da parte tua…ti va una limonata? L’ho appena fatta!”
Annuii sorridendo e non appena varcai la soglia di
casa e fui investita dall’odore delle pareti verniciate di fresco, fui invasa
da un nuovo sentimento.
Sapevo che avrei sempre potuto sentirmi a casa con
loro.
“Oddio è tardissimo!” esclamai non appena posai il
bicchiere vuoto sul tavolo.
“E’ meglio che vada”
Carrie, la mamma di Mark, mi sorrise “Torna pure
quando vuoi! Sei la benvenuta!”
Io la ringraziai e lei aggiunse “Mark accompagnala
alla porta!”
Tentai di nascondere una risatina alla vista di
Mark che sbuffava e si alzava dal tavolo.
“Mi comanda ancora come se avessi 5 anni…” mi disse
poi, una volta che fummo alla porta.
Io risi “Oh beh…non hai mai visto mia madre!”
“Già…credo sia un tratto caratteristico di tutte le
mamme. Comunque sia…grazie per tutto”
“Grazie a te…sono contenta che siete arrivati voi!”
feci io.
“Oh a proposito…stasera c’è una festa a casa di un
mio amico…tu ed Anne dovreste venire! Così cominciate ad entrare nel giro”
Mark annuì “Grazie…ma non so se avrò molta voglia.
Magari Anne…lei adora le feste…”
Abbassò lo sguardo a guardare il pavimento
“Ok…” feci io con circospezione “Allora passo a
prenderla dopo…facciamo alle 9?”
“Glielo dirò…”
Aprii la porta e saltellando tornai a casa.
Forse dopotutto, la fine dell’estate non sarebbe stata tanto noiosa.