Libri > Le Cronache di Narnia
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Autore: HikariMoon    11/12/2013    1 recensioni
Seguito di "Tears of Memory". Peter e Susan sono andati in America, Lucy e Edmund presto arriveranno a casa Scrubb. A Narnia Caspian ha intrapreso un lungo viaggio sul Veliero dell'Alba. Una nuova avventura ha inizio: riusciranno Susan e Caspian ha riunirsi mantenendo la promessa che si sono fatti? Peter e Susan riusciranno a tornare a Narnia? Chi o cosa minaccia la pace di Narnia? Tra antiche magie, distese di mari sconfinate, pirati e battaglie riusciranno i Sovrani a sconfiggere la minaccia della nebbia verde e ciò che dietro essa si cela? Insieme a due nuovi eroi che per la prima volta arriveranno a Narnia, mille avventure aspettano i cinque Sovrani. Che aspettate? Salpate insieme a noi: per Narnia e per Aslan!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6 - Di Nuovo A Narnia

Rhynce sorrise accarezzando il capo della figlia. La bambina, avvolta nella coperta, dormiva serena, con un mezzo sorriso che piegava le sue labbra. Aveva cercato di resistere tutta la notte, ma un paio d’ore prima dell’alba era crollata. L’uomo, cercando di non svegliarla, le scostò una ciocca di capelli scuri dal viso. In quell’istante, la voce di uno dei compagni di Rhynce lo riscosse. L’uomo accarezzò ancora una volta la figlia e poi si alzò raggiungendo l’amico.

“Rhynce, fra poco arriveremo in porto.”

L’uomo annuì e si voltò a guardare il profilo delle Isole Solitarie, una sagoma scura contro il cielo che iniziava ad essere illuminato dal sole. Ogni volta era un’emozione grandissima, nonostante quelle isole non fossero più un luogo tranquillo da molto molto tempo. Lo sguardo di Rhynce si rabbuiò e l’uomo distolse lo sguardo.

“Non dovremo avere problemi, meglio però stare attenti.”

L’uomo accanto a lui scoppiò a ridere. “Rhynce, non sei tu l’unico ad aver navigato!”

Rhynce non rispose e tornò alle sue mansioni. Le ultime miglia fino al porto furono percorse senza alcun problema. Erano tutti marinai esperti, sapevano come muoversi tra quelle spiagge. Quando attraccarono, mentre i compagni ammainavano le vele e cominciavano a scaricare le ceste di pesce, Rhynce tornò dalla figlia. Inginocchiatosi accanto a lei, la scosse piano.

“Gael, svegliati. Siamo arrivati.”

Dopo qualche istante, la bambina aprì gli occhi sbattendo le palpebre. Lentamente si tirò su stropicciandosi gli occhi con una mano e nel farlo sbadigliò. Il padre sorrise.

“Ti avevo detto di andare a dormire.”

Gael scosse la testa, cercando di non mostrare quanto stanca in realtà fosse.

“No. Io volevo aiutarti, papà… e poi è stato così bello!”

Rhynce e Gael sorrisero. Poi la bambina si alzò stringendo la mano dell’uomo. Fu in quel momento, che, all’improvviso, la voce di una donna superò quelle dei marinai che chiacchieravano mentre scaricavano le ceste.

“Rhynce! Rhynce!”

L’uomo, sorpreso e preoccupato, si diresse veloce verso la passerella, seguito da Gael. Non appena misero piede sulla banchina, una giovane donna dai capelli scuri li raggiunse. Sembrava sconvolta e gli occhi erano leggermente arrossati.

“Rhynce, grazie ad Aslan sei arrivato!”

L’uomo guardò allarmato la donna, che altri non era che la sorella minore di sua moglie Helaine, e le posò una mano sulla spalle nel tentativo di calmarla. Gael li guardava con gli occhi sgranati, senza riuscire a capire che cosa stesse succedendo.

“Shalia, che cosa sta succedendo?”

“Rhynce… Helaine!”

L’uomo, al sentir pronunciare il nome della moglie, strinse istintivamente con più forza la mano attorno al braccio della cognata. I suoi occhi tradivano la sua preoccupazione.

“Helaine? Che cosa è successo? Shalia, che cosa è successo a Helaine!”

Gael, sentendo pronunciare il nome della madre, alternò lo sguardo spaventato dal padre alla zia.

“Papà, zia… che cosa è successo alla mamma?”

La donna, quasi in lacrime, si portò una mano al viso voltandosi verso la cittadina.

“Io… ero lontano… stavo per andare da lei… quando… quando sono arrivati loro… l’hanno presa… anche da altre case… l’hanno portata via, Rhynce!”

Gael si staccò dal padre gridando dalla paura. “Mamma!”

Rhynce, sconvolto, obbligò la cognata a guardarlo. “Chi, Shalia? Dove l’hanno portata?”

Shalia, orami in lacrime, indicò le case dietro alle quali si trovava la piazza centrale e il molo dove attraccavano sempre i pirati.

“I pirati!”

Rhynce non attese altro. Lasciata la presa dal braccio della donna, iniziò a correre tra gli altri marinai. Gael cercò di seguirlo, ma Shalia la riuscì ad afferrare e abbracciarla per impedire di correre via.

“Papà!”

La voce di Rhynce provenne dalla folla di marinai che si guardava sorpresa e preoccupata.

“Gael, rimani con tua zia! Hai capito? Rimani con lei!”

Shalia, scossa dai singhiozzi, abbracciò con più forza la bambina che cercava in tutti i modi di divincolarsi.

“Devo andare dalla mamma! Zia, lasciami!”

La donna scosse la testa, continuando a singhiozzare. “No, Gael! Devi restare qui, tesoro. Devi restare qui…”

Ma Gael non voleva sentire ragioni e alla fine riuscì a sgusciare dalle braccia della donna. La bambina iniziò a correre tra i marinai, sorda ai gridi disperati della zia che protese le braccia verso di lei.

“Gael, no!”

Ma la bambina continuò a correre, incurante delle ceste che colpiva e del vestito che ogni tanto si impigliava su qualche amo rimasto tra le reti. Se la sua mamma era in pericolo, lei doveva fare qualcosa.

Nel frattempo, Rhynce aveva attraversato quasi tutta la cittadina e si trovava ormai vicinissimo alla piazza. E già da lì, si rese conto che stava succedendo qualcosa. Grida e pianti si levavano nell’aria e decine di persone assiepate si guardavano a vicenda, sconvolte e spaventate. Rhynce si infilò tra di loro, facendosi spazio anche a gomiti e spintoni. Ma alla fine arrivò al margine della folla, tenuto d’occhio da una schiera di soldati armati. E quando vide ciò che stava succedendo, Rhynce sbiancò disperato.

In mezzo alla piazza, tenuti d’occhio dai pirati, c’erano una quindicina di persone legate: donne e anziani soprattutto. E tra di loro, Rhynce riconobbe la moglie. Una morsa gli strinse lo stomaco e istintivamente cercò di andare verso di lei, ma uno dei soldati lo spintonò di nuovo tra la folla. Fu in quel momento che l’uomo vide a poca distanza dei prigionieri Gumpas, il Governatore delle Isole Solitarie, e il capo dei pirati. Il primo si guardava attorno a disagio, passandosi ogni tanto la mano sulla fronte sudata, il secondo invece guardava lui e tutti gli abitanti con sguardo crudele e superbo. Come se fossero tutti oggetti di sua proprietà. Rhynce strinse le mani a pugno. Fu in quel momento che si riuscì a sentire il discorso dei due.

“Ma siamo sicuri che sia necessario?”

Il pirata si voltò con un ghigno sarcastico verso il Governatore.

“Preferite prendere voi il posto di uno dei prigionieri?”

Gumpas, a quelle parole, arretrò di un passo scuotendo la testa spaventato.

“No, no… io chiedevo soltanto. Fino a oggi…”

Il pirata gli impedì di finire di parlare. “Fino a oggi c’erano stati sufficientemente schiavi scartati da poter essere usati. Questa volta non c’è ne sono… e così abbiamo dovuto rimediare altrove i sacrifici.”

Quella parola risuonò nel silenzio irreale calato sulla piazza. Espressioni sgomente e terrorizzate si fecero largo sul volto di tutti. I primi a gridare e a scoppiare in lacrime furono i prigionieri. Subito dopo, tutta la folla iniziò a gridare, cercando di superare i soldati. Ma erano armati e alla fine furono costretti a rimanere indietro. A quel punto, il capo dei pirati sguainò la sua spada. Tutti tacquero di nuovo, soltanto dei singhiozzi sommessi rompevano il silenzio.

“Molto meglio. Non vi conviene ribellarvi, è meglio per tutti. Dovreste ringraziarmi. In questo modo permetto a tutti di vivere al sicuro dalla nebbia maledetta.”

Una voce si alzò tra la folla. “Non puoi portarci via le nostre mogli e i nostri parenti!”

Il pirata lanciò uno sguardo gelido verso la folla.

“Silenzio! Non credo siate voi a tenere la lama dalla parte del manico! Il prossimo che osa dire qualcosa, lo faccio imprigionare!”

Rhynce deglutì, quasi pronto a spingersi avanti incurante della minaccia. Ma improvvisa sbucò dalla folla una bambina dai lunghi capelli scuri e con indosso un vestito rosa. Rhynce sgranò gli occhi vedendola e anche Helaine, tra i prigionieri, gridò dal terrore.

“Mamma!”

A pochi metri dai prigionieri, Gael venne afferrate per i capelli e gettata indietro sul selciato. La bambina gridò e Helaine cercò di raggiungerla, con il solo risultato di venire fatta risedere di nuovo. Rhynce, a quel punto, si fece largo tra i soldati gettandosi a stringere tra le braccia la bambina. subito, alzò lo sguardo verso il capo dei pirati che lo guardava furente.

“Vi prego, lasciate andare mia moglie. Prendete me al suo posto!”

A quelle parole, Helaine gridò. “No, Rhynce! No!”

Il pirata si avvicinò lentamente, guardandolo divertito.

“E così vorresti prendere il posto di tua moglie?”

Rhynce annuì senza esitazione, mentre Gael si stringeva a lui gridandogli di non farlo. Il pirata lo fissò per un istante e poi scoppiò a ridere crudele.

“Ringrazia che non spedisca nella nebbia anche tua figlia! Tu sei un pescatore, sei utile. Vedrai che riuscirai a sopravvivere!”

Rhynce sconvolto cercò di rialzarsi. “No!”

Ma il soldato che gli stava vicino lo ributtò a terra. A quel punto, il capo dei pirati si inginocchiò e lo tirò per il bavero della camicia.

“Vedi di non farmelo ripetere, altrimenti la nebbia sarà l’ultimo dei tuoi problemi!”

Subito dopo, lo lasciò andare e Rhynce si accasciò a terra senza forze, stretto a Gael che  continuava a piangere tendendo le braccia verso la madre. Un istante e i pirati fecero alzare i prigionieri che iniziarono a gridare e a supplicare di risparmiarli. Ma non servirono suppliche o preghiere, né le loro né quelle del resto della folla.

Spinti dai soldati, i prigionieri furono condotti fino al molo e costretti a salire sulle scialuppe che erano già state preparate. Rhynce, quando la moglie scomparve tra la folla, si alzò e cercò, disperato, di farsi largo tra la folla.  Raggiunsero il molo e li la videro, mentre veniva spinta su una delle scialuppe. Anche Helaine li vide e si portò una mano al volto coperto di lacrime.

“Gael, rimani con tua padre! Promettimelo, Gael!”

Poi la donna fu costretta a sedersi. Nessuno poté fare altro. Coloro che erano nelle scialuppe furono costretti a remare, mentre una delle navi dei pirati li seguiva lentamente per controllare che non scappassero. Tutti alzarono gli sguardi e all’orizzonte, come ogni mattina, videro farsi avanti la nebbia verde. Tutti zittirono, rabbrividendo. Le donne piangevano, gli uomini si guardavano impotenti. Dopo un attimo di esitazione, Gael e Rhynce si allontanarono dalla folla, lontano dal molo, verso il piccolo promontorio di scogli. Arrivarono lì, quando la nave dei pirati si fermò e quando le piccole barchette proseguirono sole verso il loro destino.

Gael e Rhynce rimasero immobili sugli scogli per tutto il tempo. L’uomo teneva stretta tra le braccia la bambina che guardava in lacrime le piccole scialuppe ormai lontane, ai margini della nebbia verde. Poi, fu un attimo: non appena le barchette vennero avvolte da essa, la nebbia si dissolse. E, di coloro che stavano sulle scialuppe, non ci fu più nessuna traccia. Solo l’orizzonte scuro e il cielo azzurro. Gael cercò di divincolarsi, gridando con tutto il fiato che aveva in gola.

“Mamma, mamma!”

Lontano, da molo, si levavano simili grida disperate. Rhynce, invece, teneva stretta Gael, impedendole di correre verso il mare e di tuffarsi per raggiungere la madre. Non riusciva a parlare, non riusciva a fare nulla. Ma le sue guance, scurite e scavate dal sole e dal vento del mare, furono rigate da lacrime amare. Non aveva potuto fare nulla e ora sua moglie era scomparsa. Gael si voltò stringendosi a lui e affondando il viso sul suo petto. L’esile corpo della bambina era scosso dai singhiozzi. Rhynce continuava a fissare l’orizzonte, dove la moglie era scomparsa. Non sapeva come, non sapeva a che costo, ma l’avrebbe riportata a casa. Anche a costo di raggiungerla a nuoto. Lo avrebbe fatto, ma ora non poteva far altro che soffrire in silenzio, sentendosi, su quegli scogli, solo quanto mai prima di allora. Solo, come erano soli gli abitanti delle Isole Solitarie: sarebbe mai arrivato qualcuno a porre fine a tutto quello?

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Un altro giorno di navigazione in pieno oceano attendeva il Veliero dell’Alba, ignaro di tutto quello che stava succedendo sulle Isole Solitarie. Ancora pochi giorni separavano Caspian e il suo equipaggio dall’arcipelago. Sul veliero, ogni cosa avveniva come tutti i giorni precedenti. Il cielo era sereno, il vento a favore e la mano sicura di Lord Drinian facevano tutti sentire sicuri.

Caspian aveva appena finito di allenarsi con la spada. Attività a cui dedicava ogni mattina un paio d’ore. Il giovane Re non era ancora sceso a cambiarsi e indossava ancora soltanto la camicia. Finito l’allenamento, aveva raggiunto Drinian discutendo con lui i dettagli dell’imminente arrivò alle Isole Solitarie e dell’ultimo tratto di rotta. Tratto che si prospettava privo di sorprese o di cambiamenti del tempo. Fu per quel motivo che, quando la voce di un marinaio si levò sopra il brusio del ponte, Caspian e Drinian alzarono lo sguardo sorpresi.

“Uomo in mare!”

A quelle parole, Caspian scese di corsa le scalette che portavano al ponte principale e raggiunse il parapetto. Afferratosi ad una delle corde a cui erano fissate le vele, Caspian guardò nella direzione che indicava il marinaio. Accanto a lui, molti marinai si erano raggruppati attorno al parapetto fissando nella stessa direzione. Ben presto, tutti si resero conto di quattro teste che sbucavano tra le onde a pochi metri dalla prua. Caspian, vedendole, sentì il proprio cuore perdere un battito. Ma non doveva pensare a quello. Senza esitazione, Caspian salì sul parapetto voltandosi verso Drinian.

“Lord Drinian, fermate la nave e fate abbassare l’ancora!”

Il capitano del Veliero dell’Alba lo guardò sorpreso, rendendosi conto di quello che voleva fare. Accanto a Caspian, altri tre uomini si issarono sul parapetto. In quel momento, un’onda quasi sommerse due dei quattro naufraghi. Caspian non attese oltre e si tuffò, seguito dai suoi uomini. Non sapeva neanche lui perché lo stava facendo, avrebbe potuto benissimo lasciare il salvataggio ai suoi marinai. Forse era il senso del dovere… o forse, più probabilmente, la speranza che covava in fondo al suo cuore.

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Susan era seduta nella veranda di casa Evans. Tra le mani teneva il libro che stava leggendo. Accanto a lei anche Ann stava leggendo un libro. Entrambe le ragazze erano assorte nella lettura. Una leggera brezza proveniente dal mare muoveva loro i capelli e gli unici suoni che riempivano l’aria erano i cinguettii degli uccellini e il rumore della risacca. Improvvisamente, dei passi affrettati, distrassero le due ragazze. Un attimo e Peter uscì dalla casa tenendo, sorridente, una busta in mano. Susan, non appena la vide, si alzò in piedi sorridendo emozionata e raggiunse subito il fratello.

“È di Lucy.”

Susan sorrise e presa la lettera andando a sedersi sul divanetto bianco. Peter la seguì sedendosi accanto a lei. Le mani di Susan quasi tremavano mentre apriva la lettera. Erano giorni che aspettavano quella risposta. Ann, a qualche metro da loro, li guardava sorridendo: sapeva che cosa voleva dire ricevere una lettera da parte dei fratelli. Anche lei, quando William era all’accademia, aspettava trepidante una sua lettera o una sua chiamata. Consapevole di non aver diritto di intromettersi, Ann si alzò sorridendo e entrò in casa a bere qualcosa.

Susan aprì la lettera e sorrise vedendo la grafia semplice e chiara della sorella. Quanto le mancava. Preso un respiro, Susan iniziò a leggere…

Cara Susan, caro Peter,

non sapete quanto siamo stati felici di ricevere questa lettera. Per un po’, ci ha fatto dimenticare di essere a casa Scrubb invece che con voi in America. Sarebbe proprio bello che Narnia ci richiami… ci richiami a tutti e quattro. Non sarebbe fantastico riunirci a Narnia? Anche noi vogliamo continuare a credere che sarà così.
Qui da noi è tutto come al solito. Zia Alberta continua ad affibbiarci commissioni da fare perché dice che ci fanno diventare “maturi” e zio Harold riesce addirittura a salutarci, qualche volta: quando non legge il giornale, ovviamente. E per il resto… Edmund e Eustace litigano ogni giorno. Qualche volta cerco di calmarli, ma inutilmente. L’unica cosa bella è che gli Scrubb hanno nuovi vicini. E la loro figlia si chiama Jill: abbiamo fatto amicizia. In realtà, secondo le loro madri, a diventare amici sarebbero dovuti essere Jill e Eustace… un po’ improbabile, vero?

Susan si interruppe e sorrise divertita, come anche Peter. Era felice che avessero anche loro trovato una nuova amica: si sarebbe sentita troppo in colpa a saperli soli con Eustace.

Speriamo che presto potremo raggiungervi. Il posto dove state sembra bellissimo. Anche qui, però, c’è qualcosa che ci fa pensare a Narnia. Nella mia stanza c’è appeso un quadro che raffigura la distesa di un oceano. Quando lo guardi, sembra proprio che le onde si muovano. Ogni volta, immagino che siano le onde del Mare Orientale. Almeno così siamo un po’ più vicini.
Purtroppo, abbiamo sentito anche noi notizie brutte a proposito degli attacchi tedeschi… ma leggerlo nella tua lettera è stato ancora peggio. Il solo pensiero di dover stare qui magari mesi, ci deprime: non riusciremmo mai a sopravvivere con Eustace. Se voi non c’è lo augurate, immaginatevi noi quanto siamo contenti.
Dì a Peter che non si preoccupi… tanto lo so anche io che tu non potresti innamorare di quel William, per quanto carino possa essere. Però sono felice per te: avere qualcuno che apprezza la tua bellezza, deve essere bello.

Peter aggrottò le sopracciglia e guardò Susan interrogativo. “Cosa intente con: lo so anche io che non ti puoi innamorare di William? Susan?”

La ragazza sorrise guardando la lettera. Peter, però, non aveva intenzione di arrendersi.

“Non mi dirai che c’entra ancora Caspian! Non hai sofferto abbastanza? Lo sai che se anche torneremo a Narnia, saranno passati un sacco di anni.”

Susan non si voltò verso di lui e la sua voce uscì in un sussurro. “Non è detto… io lo so…”

Subito dopo, però, Susan riprese a leggere sorridendo divertita e ignorando le proteste di Peter.

Comunque, noi cerchiamo di farci forza il più possibile. E pensiamo praticamente ogni minuto a Narnia: è l’unica cosa che rende più sopportabile Cambridge (oltre che passare, ogni tanto, del tempo insieme a Jill).
Come stanno mamma e papà? Dite loro che ci mancano molto e dite a papà che siamo contentissimi che lui abbia avuto quel lavoro: così almeno non dovrà essere richiamato nell’esercito.
Speriamo che questa lettera vi raggiunga… e che la prossima volta che ci scriverete, ci direte che possiamo venire anche noi in America. Ci mancate da morire: vi vogliamo bene, a tutti. Tanti saluti, anche da Edmund.

                                                                                              Un abbraccio, Lucy

P.S. Susan, sono contenta che tu non voglia più dimenticare Narnia. Dopo il nostro primo viaggio, avevo paura che tu ti allontanassi da noi. Sono felice che tu creda ancora a Narnia: questo non è strano, era strano quando non ci credevi. Vi abbraccio.

Susan sorrise stringendo la lettera al petto. Le sembrava quasi che Lucy e Edmund fossero lì con loro. Era difficile immaginarli a chilometri di distanza, oltre l’oceano. I suoi occhi si inumidirono e Peter, accorgendosene, le passò un braccio attorno alle spalle. Susan si voltò verso di lui sorridendogli grata.

“Non devi essere triste, Susan.”

La ragazza scosse la testa ricacciando indietro le lacrime che volevano uscire dai suoi occhi azzurri.

“No. Non lo so.”

Peter sorrise. “Così si fa, Sue. Lucy ha ragione… era strano quando non credevi a Narnia.”

Susan sospirò e si posò con la testa sulla sua spalla. Era felice di aver recuperato quel rapporto di confidenza con Peter. Dopo il secondo viaggio a Narnia, il loro legame sembrava essersi allentato… entrambi si erano chiusi in sé stessi nel tentativo di sopportare la decisione di Aslan di non farli più tornare. Ma poi la speranza di tornare a Narnia li aveva riavvicinati, permettendo loro di recuperare il meraviglioso rapporto fratello e sorella che avevano da quando erano bambini.

“Lo so. Sono stata una stupida. Credevo che in quel modo avrei sofferto di meno… invece non ho fatto altro che soffrire di più.”

Peter la allontanò leggermente da lui sorridendole.

“Non pensarci… l’importante è continuare a sperare che Narnia ci richiami.”

Susan annuì sorridendo, stringendo con più forza la lettera di Lucy. “Sì. Succederà, lo so.”

Peter annuì a sua volta, sorridendo divertito. “Già, però dobbiamo stare attenti… ti ricordi cosa ci aveva detto il professo Digory?”

I due ragazzi risero, ripetendo insieme la frase che il professore, qualche anno prima, aveva detto prima a Lucy e poi a tutti loro.

“È probabile che succeda quando meno te lo aspetti… quindi meglio tenere gli occhi aperti!”

La loro risata risuonò per tutta la veranda e fu udita anche da Helen Pevensie che in quel momento stava scendendo per chiedere loro una cosa. Quando li sentì, la donna non poté che sorridere dolcemente.

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Lucy era accoccolata nel vano della finestra. Finite tutte le mansioni che zia Alberta le aveva affibbiato anche quel giorno, per farla diventare una signorina diceva lei, si era potuta prendere una meritata pausa. Per quel motivo, non aveva esitato a prendere il libro che aveva cominciato a leggere un paio di sere prima. Eppure, nonostante anche Edmund e Eustace sembrassero aver deciso di concedersi una tregua, Lucy non riusciva a concentrarsi. Iniziava a leggere una frase e, a metà di essa, distoglieva lo sguardo e i suoi occhi azzurri iniziavano a vagare distrattamente su ciò che vedeva al di fuori.

Improvvisamente, Lucy sbuffò e chiuse il libro posandolo sul comò vicino alla finestra. Poi cinse le gambe con le braccia e posò la testa sulle ginocchia. Si continuava a dare della stupida: perché continuava a pensare a quel ragazzo e a quella ragazza che aveva visto un paio di giorni prima, perché continuava a paragonarsi a Susan e perché quasi non si riconosceva in quei momenti di malinconia. La ragazza emise un sospiro triste.

Il rumore improvviso della porta che si apriva riscosse Lucy dai suoi pensieri e la fece voltare. Nel vano della porta c’era Edmund che fumava di rabbia. Decisamente aveva cantato vittoria troppo presto: una tregua tra Edmund e Eustace era decisamente impossibile.

Edmund entrò accostando la porta e si sedette sbuffando sulla sedia accanto alla scrivania. Lucy, a quel punto, scese dal davanzale e si sedette sul letto. Per alcuni istanti, fissò il fratello, ma visto che non sembrava non volerle dire niente, fu lei la prima a parlare.

“Che è successo questa volta, Ed?”

Edmund la guardò, alzandosi in piedi e iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza gesticolando con le mani e sottolineando con ogni gesto il suo crescente disappunto.

“Che cosa è successo? Niente. Che cosa vuoi che sia successo? Vado così d’accordo con quello!”

Lucy abbozzò un sorriso rassegnato. “Ed.”

Il ragazzo sbuffò per l’ennesima volta, voltandosi verso la sorella.

“Diventerò pazzo, Lucy. Lo capisci? Eustace è peggio di un’arma! Potrebbero usarlo contro i tedeschi: scommetto che dopo due ore, si arrenderebbero.”

La ragazza lanciò uno sguardo di rimprovero verso il fratello. “Edmund!”

Edmund, in risposta, sbuffò un’altra volta senza smettere di camminare avanti e indietro.

“Lucy, tu non sei costretta a dividere la camera con lui. Vuoi sapere la sua ennesima trovata? Bene. Io ero sul mio letto e lui è arrivato. Fin lì ho fatto finta di niente, dato che purtroppo è anche camera sua. Poi, però, invece di ignorarmi come lo ignoravo io, si è messo a fare ogni sorta di rumore possibile per infastidirmi! Prima fischiettava, poi colpiva il portapenne con la matita… e poi io me ne sono andato. Ancora un minuto e lo avrei picchiato. Non sai quanto sei fortunata ad avere una stanza tutta tua!”

Lucy sospirò e abbassò lo sguardo. Un velo di amarezza passò sui suoi occhi azzurri. La sua voce uscì dalle labbra poco più alta di un sussurro.

“Susan e Peter…”

Edmund la guardò senza capire. “Che cosa hai detto?”

“Susan e Peter: sono loro i veri fortunati.”

Un silenzio pesante calò nella stanza dopo quelle parole pronunciate da Lucy. La ragazza rimase immobile a fissare il pavimento e Edmund si fermò abbassando le braccia lungo il corpo. Per lunghi minuti nessuno dei due fratelli disse nulla. Alla fine fu Edmund, tornando a sedersi, a rompere per primo il silenzio.

“Loro sono i fratelli maggiori, Lu. Ormai dovremmo farcene una ragione… noi contiamo meno di loro.”

Lucy alzò lo sguardo e sospirò tristemente, pentendosi del tono risentito con cui aveva parlato poco prima.

“Non dovremmo essere così cattivi con loro… Sue e Peter non hanno nessuna colpa.”

Edmund sorrise rassegnato. “Lo so… è per quello che mi da più fastidio. È solo una convenzione sociale… e a farne le spese siamo noi. I grandi in America e i piccoli dal cugino. Equo, no?”

Lucy sorrise. “Per niente.”

Edmund si alzò sorridendo. “Lu, cambiamo discorso… non mi va di deprimermi. Ci pensa già abbastanza quel pesce lesso.”

La sorella scoppiò a ridere. Subito dopo, guardò Edmund. “Parliamo di Narnia?”

Nel pronunciare il nome del magico mondo di cui erano diventati Sovrani, gli occhi di Lucy brillarono di entusiasmo. Anche l’espressione di Edmund cambiò e anche nei suoi occhi scuri scintillò una luce diversa. Ma prima che lui potesse dire qualcosa, una voce lo interruppe.

“Lo sapete che siete veramente noiosi?”

Edmund si girò di scatto e anche Lucy alzò lo sguardo. Fu allora che i due fratelli videro sul vano della porta il cugino. Eustace, senza neanche chiedere il permesso, entrò nella stanza. Edmund lo fulminò con lo sguardo.

“Nessuno ti ha detto che spiare è da maleducati? Come entrare senza chiedere il permesso.”

Eustace alzò le spalle con un’espressione indifferente. “L’educazione non me la faccio certo insegnare da te. E poi, con quello che vi dite…”

Edmund lo guardò canzonatorio sorridendo sarcastico. “Non ti obblighiamo mica ad ascoltare, Eustace. Libero di tornare ai tuoi intelligentissimi passatempi: fischiettare, colpire con una matita il portapenne…”

Eustace lo ignorò camminando per la stanza e guardandosi attorno.

“Ma che c’è ti trovate nelle vostre sciocchezze? Cos’è, non avete letto nessun altro libro oltre che a quel libro di favole? O nessuno vi ha detto che sono storie inventate?”

Edmund strinse una mano a pugno e si chiese come riuscì a trattenersi dal colpire in faccia il cugino.

“Illuminaci tu, cugino. Sentiamo, quali sono i libri che dovremmo leggere?”

Eustace sembrò ignorare il tono sarcastico di Edmund e si voltò verso il quadro appeso sopra alla mensola centrale, fermandosi davanti ad esso.

“Che ne so… tutti i libri che leggo io, per esempio. Libri con notizie vere…”

Edmund si volò verso Lucy soffocando una risata: Eustace che leggeva libri che parlavano di cose serie. Era più facile che nevicasse in estate. Dopo un attimo, Edmund lanciò un’occhiata al cugino che se ne stava zitto.

“Nient’altro di intelligente da dire? Mi aspettavo qualcosa di più da uno come te che legge tanto…”

Eustace non si voltò neanche, continuando a fissare il dipinto.

“Che quadro orribile…”

Lucy alzò lo sguardo su di lui, fissandolo arrabbiata. “Non è vero. È un quadro bellissimo.”

Eustace sbuffò. “Ma fammi il favore… se mamma lo ha messo qua, vuol dire che non valeva la pena farlo vedere agli ospiti. E poi anche un bambino saprebbe disegnare quattro onde e una bagnarola con la vela porpora. Che poi che nave ha le vele di quel colore, vorrei sapere…”

A quelle parole, Lucy scattò su come se fosse seduta su una molla. Senza dare risposta allo sguardo interrogativo di Edmund, la ragazza si diresse immediatamente verso il quadro scostando quasi bruscamente Eustace che emise un verso di disappunto.

“Non è possibile…”

Gli occhi azzurri di Lucy fissavano quel quadro come se fosse ipnotizzata. Non era possibile. Lei se lo ricordava bene: non c’era nessuna nave in quel dipinto. Solo un puntino scuro che… improvvisamente Lucy si ricordò di quella mattina, quando aveva avuto l’impressione di riuscire ad intravederne la forma. E anche allora aveva avuto l’impressione che il giorno prima il puntino non fosse così grande da poterlo permettere. Un sorriso sempre più luminoso e speranzoso cominciò ad illuminarle il viso. Una sola parola continuava a riempirle la mente: Narnia.

“Lu, cosa non è possibile?”

La voce di Edmund la riportò alla realtà e Lucy si voltò verso di lui senza riuscire a frenare l’emozione, senza preoccuparsi minimamente del fatto che Eustace potesse sentirli.

“Edmund, quel veliero non si vedeva… il primo giorno che ho guardato il dipinto, c’era solo una distesa di onde. Edmund, lo capisci? Ti rendi conto di che cosa significhi?”

Edmund non rispose subito e i suoi occhi scuri si volsero verso il dipinto fissando il veliero. Ogni istante che passava un’emozione più forte cresceva dentro di lui. La voce di Eustace ruppe il silenzio.

“Nanerottola, tu sei tutta pazza. Quel quadro è sempre stato così.”

Edmund si voltò verso di lui guardandolo duro. “Vuoi stare per una volta zitto, quando non sai neanche di cosa parli?”

Eustace sgranò gli occhi e ridacchiò divertito, roteando un dito vicino alla tempia.

“Scusate, mi correggo… a quanto pare siete pazzi entrambi. Ma vi sentite? Pretendete che un quadro cambi per farvi un favore!”

Edmund non ascoltò neanche le parole di Eustace continuando a guardare il dipinto. E ogni istante che lo fissava, si sentiva quasi vibrare dall’emozione.

“Lu… ne sei… ne sei sicura?”

Lucy annuì con decisione, senza che neanche l’ombra di un dubbio velasse il suo sguardo.

“Mai stata più sicura, Edmund. E quel veliero assomiglia ad una delle sue navi.”

Il ragazzo sorrise, ripensando ai loro precedenti viaggi a Narnia. “Allora mi fido… se non sei tu che capisci quando c’è qualcosa che riguarda Narnia.”

L’emozione crescente dei due Pevensie venne di nuovo interrotta da Eustace che, guardandoli stralunato, si tappò le orecchie con le mani.

“Eh, no! Ora basta! Siete insopportabili! Dovreste farvi vedere da un bravo dottore, sì signore!”

Edmund e Lucy si voltarono fissando perplessi la reazione isterica di Eustace. Il ragazzo, continuando a tenersi le mani sulle orecchie, aveva raggiunto la sedia dove poco prima si era seduto Edmund e vi si era installato, lanciando loro di tanto in tanto un’occhiata scioccata.

“Con questa tiritera di Narnia mi avete stufato!”

Edmund lo guardò sarcastico, lanciandogli al contempo uno sguardo gelido.

“Puoi uscire da questa stanza, se vuoi.”

Eustace in risposta gli mostrò la lingua. A quel punto, Edmund decise che aveva superato il limite e si avvicinò a lui minaccioso. Eustace, rendendosi conto delle intenzioni del cugino, si alzò correndo dalla parte opposta del letto.

“Non osare toccarmi!”

Edmund sorrise perfido. “Io ti avevo detto di uscire… Lucy, non voltarti e ora che il caro cugino abbia quel che merita.”

Lucy, dal canto suo, sospirò. “Edmund, cerca di fare la persona matura.”

Edmund si voltò verso la sorella, stando però attento che Eustace non cercasse di uscire.

“Lucy, con lui è impossibile e lo sai. E mi sono trattenuto fin troppo. Non è lui che ha avuto per giorni un bernoccolo sulla testa.”

Eustace iniziò a ridacchiare, ma accorgendosi dell’occhiata omicida di Edmund, si tappò la bocca con una mano.

“Ti conviene non ridere troppo… potrei raccontare a tuo padre che sei stato tu a rubare i dolci a zia Alberta!”

Eustace sgranò gli occhi, ma subito dopo guardò torvo Edmund. “Bugiardo!”

Edmund incrociò le braccia e un sorrisetto ironico si allargò sulle sue labbra. “Ah, davvero?”

Lucy, ancora davanti al dipinto, sospirò rassegnata. Ma quando avrebbero smesso di comportarsi come cane e gatto? La ragazza alzò la mano e sfiorò il dipinto. Per un istante ebbe quasi l’impressione che la tela fosse umida. Lucy allontanò di scatto la mano, osservando affascinata e stupita la tela.

“Ed…”

“Li ho trovati sotto il tuo letto. E sai una cosa? Li ho leccati uno per uno.”

Lucy si voltò a quelle parole, rendendosi conto che il fratello non l’aveva neppure sentita. Facendolo, riuscì anche a vedere la smorfia disgustata che attraversò il voltò di Eustace.

“Bleah! Mi avrai infettato!”

Lucy tornò a voltarsi: non voleva neanche sentirli. Davanti a loro c’era la possibilità di tornare a Narnia e Edmund perdeva tempo con Eustace. Lei non li avrebbe mai capiti. Quando, però, i suoi occhi azzurri tornarono a guardare il dipinto, Lucy si rese conto che c’era qualcosa che non andava. La tela sembrava essere diventata lucida.

Improvvisamente alcune gocce d’acqua colarono dalla cornice e si infransero sulla mensola posata al di sotto. Lucy sgranò gli occhi, mentre sempre più gocce d’acqua uscivano dal dipinto formando delle piccole pozze sulla mensola. Ogni istante che passava, rivoli sempre più abbondanti colavano dal dipinto. Un leggero soffio d’aria mosse leggermente i capelli di Lucy portando con sé l’odore fresco e salmastro del mare. Le onde dipinte cominciarono a muoversi e si poteva quasi sentirne il rumore. Scioccata e sorpresa, Lucy arretrò di un passò portandosi una mano alla bocca per l’emozione.

“Edmund!”

Al tono sorpreso e allarmato di Lucy, Edmund e anche Eustace smisero di litigare e si voltarono verso di lei. Il primo la raggiunse guardandola preoccupato.

“Che succede, Lucy?”

Lucy sentiva il cuore batterle sempre più forte dall’emozione: stava succedendo, stava veramente succedendo. La voce le uscì in un soffio, mentre le labbra si piegarono in un sorriso.

“Edmund, il dipinto!”

A quelle parole, Edmund si voltò e vide anche lui quello che stava succedendo. Dell’acqua stava uscendo dal dipinto, scivolando fino a terra. E la nave, la nave della vele porpora che poco prima avevano guardato, si avvicinava a loro a vele spiegate. Edmund spalancò la bocca posando una mano sulla spalla di Lucy. Non riusciva a credere che le loro speranze si stessero avverando. Eustace, invece, quando vide quello che stava succedendo sgranò gli occhi dal terrore. Non sapeva come avessero fatto, ma quello era il peggior scherzo dei suoi cugini: come riuscivano a far uscire l’acqua dal dipinto?

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Al piano di sotto, nessuno sospettava quello che stava succedendo al piano superiore. Zio Harold stava parlando al telefono con un collega, ogni tanto sbuffando e guardando tristemente il giornale di cui aveva dovuto interrompere la lettura. Zia Alberta, invece, stava finendo di preparare il pranzo fischiettando una delle poche canzoni che trasmettevano alla radio nelle pause dei bollettini di guerra.

Fu in quel momento che qualcuno bussò alla porta. La donna, rendendosi conto che Harold non poteva andare ad aprire, si pulì le mani su uno strofinaccio e si avviò verso la porta. Mentre percorreva il corridoio, Alberta cercò di ravvivarsi i capelli.

“Sto arrivando!”

Quando aprì la porta e si rese conto che c’era solo Jill, la donna sorrise senza però riuscire a nascondere un lieve sollievo: sarebbe stato imbarazzante ritrovarsi in quelle condizioni, accaldata e quasi spettinata, di fronte ad una delle sue amiche. E questo a Jill non sfuggì, ma evitò bene di farlo vedere. Lucy e Edmund le avevano detto quanto la donna desse importanza all’aspetto esteriore. Era anche quello uno dei motivi per cui non le stava molto simpatica… ma del resto tutta la famiglia Scrubb non brillava per simpatia.

“Buongiorno, signora Scrubb. Abbiamo finito lo zucchero e, quindi, mia madre le chiedeva se gentilmente ce ne poteva prestare un po’.”

Alberta sorrise e aprì la porta. “Ma certo, cara. Entra.”

Le due arrivarono al centro dell’atrio da cui salivano le scale. La donna si voltò verso Jill indicandole il piano superiore.

“Tesoro, finché vado a prendere lo zucchero se vuoi puoi salire a salutare Eustace.”

Alberta non aspettò neanche la risposta e si diresse verso la cucina. In questo modo, non si accorse dell’espressione disgustata di Jill che aveva espresso a denti stretti i propri pensieri.

“Neanche se mi paghi…”

Perché nessuno riusciva a capire che lei e Eustace non si sopportavano? Non era così difficile. Anzi, al massimo se doveva salire andava a salutare Lucy e Edmund. Ma dato che la madre le aveva detto di non trattenersi troppo, Jill decise di aspettare lì. Dalla cucina, sentiva provenire il rumore di portelle aperte e rischiuse e di piatti e barattoli spostati. Jill sospirò e iniziò a guardarsi attorno. La casa non era tanto brutta… fu in quel momento che Jill si rese conto che, dal piano superiore, non provenivano i classici rumori che aveva imparato a conoscere: ovvero Edmund e Eustace che litigavano rincorrendosi per il corridoio. E quel particolare alimentò la sua curiosità. Che cosa stavano facendo?

Improvvisamente, Billy, il suo furetto che anche quel giorno aveva portato nascosto nella borsetta, sgusciò fuori e saltò sul pavimento. Jill, rendendosene conto, si abbassò di scatto tendendo la mano verso l’animaletto.

“Billy! Torna subito qui!”

Il furetto, da parte sua, però, non sembrava per nulla intenzionato a tornare da Jill e ne ignorò il tono perentorio. Tranquillamente, si rizzò sulle zampette posteriori e iniziò ad annusare l’aria. Jill, tesa come una corda di violino, si cercò di avvicinare a lui in ginocchio, continuando a gettare occhiate preoccupate verso la cucina: mancava solo che la signora Scrubb arrivasse in quel momento. Se avesse reagito come il figlio…

“Billy! Ti prego, vieni qui!”

Jill allungò la mano e il furetto si voltò a guardarla inclinando la testa di lato. Quando stava per prenderlo, Billy si voltò e iniziò a correre su per i gradini. Jill, terrorizzata dall’idea che quello sciocco di Eustace potesse far scoprire che lei si portava dietro il furetto, si alzò in piedi di scatto iniziando a correre su per le scale. Il furetto, nel frattempo, aveva già raggiunto il corridoio. Quando Jill fu a pochi metri da lui, riprese la sua corsa verso la stanza di Lucy. La ragazza, finite le scale, si fermò un attimo a prendere un respiro ringraziando che l’animaletto non si fosse diretto verso la stanza di Eustace. Sentendo provenire delle voci dal lato della stanza di Lucy, Jill si avvicinò lentamente e sempre più curiosa.

Quando fu davanti alla stanza, si accorse che Billy si era fermato. Jill si abbassò prendendo sollevata il furetto tra le braccia. Fu a quel punto che si accorse che la porta della stanza era socchiusa. Piano, Jill si avvicinò e guardò all’interno, rimanendo piuttosto stupita da quello che vide. Lucy, Edmund e Eustace erano in piedi davanti al quadro appeso sopra la mensola e i primi due cercavano di tenere il terzo lontano dal dipinto.

“Lo so che è un imbroglio! Smettetela o lo dico alla mamma!”

Quello era Eustace. Subito dopo sentì la voce di Edmund. “Piantala! Te l’ho già detto che non è colpa nostra!”

Poi fu la volta di Lucy. “Eustace, ti prego. Calmati!”

Ma che cosa stava succedendo? Jill cercò di guardare oltre ai tre ma, stando in piedi, le impedivano di vedere. Incapace di resistere un minuto di più alla curiosità, Jill entrò e, senza neanche farci caso, chiuse la porta posandosi ad essa. Il rumore della porta fece voltare di scatto i tre ragazzi.

“Jill!”

Fu allora che la ragazza si rese conto di quello che stava succedendo e stentò a crederci: ondate d’acqua sempre più abbondanti uscivano dal quadro e si riversavano nella stanza. Jill sgranò gli occhi, accorgendosi a quel punto dell’acqua che le arrivava alle caviglie. Billy, vedendo l’acqua, si rifugiò nella borsa. Jill continuava a fissare ciò che stava succedendo: se qualcuno glielo avesse raccontato non ci avrebbe creduto.

“Ma cosa…”

Prima che Lucy o Edmund le dicessero qualcosa, Eustace, approfittando della distrazione dei due Pevensie, tornò a voltarsi verso il quadro e lo afferrò per la cornice staccandolo dalla parete.

“Adesso lo spacco questo orrendo coso!”

A quelle parole, Lucy e Edmund, sotto uno sguardo scioccato di Jill, si voltarono cercando di fermare Eustace. I due ragazzi afferrarono anche loro il quadro sulla cornice nel tentativo di toglierlo dalle mani del cugino. Le voci dei due Pevensie erano allarmate, quasi spaventate che tutto quello che stava succedendo potesse finire.

“No! Eustace, no!”

“Per favore, smettila!”

Jill non sapeva che cosa fare e li guardava immobile, mentre l’acqua raggiungeva ormai metà del suo polpaccio. Nel frattempo, con Eustace che tirava da un lato e i due Pevensie che tiravano dall’altro, il quadro bagnato dall’acqua scivolò dalle loro mani. Un’ondata più forte bagnò completamente i tre ragazzi e subito dopo il dipinto cade in acqua. Nello stesso istante in cui il quadro venne sommerso, ondate sempre più frequenti si riversarono nella stanza facendo raggiungere in pochi istanti il livello delle loro vite. Lucy, spaventata, si afferrò al braccio di Edmund. Eustace, invece, si fece largo e a fatica riuscì a raggiungere la porta. Dopo aver spinto di lato Jill, che gli rivolse uno sguardo omicida, Eustace si afferrò alla maniglia. Gli bastarono pochi secondi per capire che la porta era bloccata. Per questo motivo, si voltò infuriato verso la ragazza, più che mai convinto che lei fosse in combutta con i due Pevensie.

“Cosa hai fatto alla porta?!?”

Jill, mentre cercava di tenere la borsetta fuori dall’acqua, lo guardò offesa. “Io non ho fatto niente!”

Eustace la ignorò e iniziò a battere sulla porta con il pugno. “Mamma! Mamma!”

Edmund si voltò verso di lui, guardandolo infastidito. “Eustace, smettila!”

Eustace si voltò verso di lui, ma le parole gli vennero bloccate da un’ondata salata che quasi lo sommerse. L’acqua ormai era arrivata quasi alle loro spalle e soprattutto Lucy e Jill faticavano a restare con la testa fuori dall’acqua. Quest’ultima aveva raggiunta, tenendo la borsetta sollevata sopra la testa, i due Pevensie che le erano sembrati molto più lucidi di Eustace.

“Che cosa facciamo?”

“Non voglio morire! Sono troppo giovane!”

Al tono lamentoso di Eustace, Edmund alzò gli occhi al cielo. Subito dopo gli abbassò tornando a guardare Lucy e Jill. Ormai stavano nuotando cercando di tenersi a galla. Ma se l’acqua avesse continuato a riversarsi ancora nella stanza, non avrebbero più neanche avuto la possibilità di respirare. Edmund e Lucy, però, sentivano, anzi sapevano, che quella era la magia di Narnia. Aslan non avrebbe fatto loro succedere niente. Fu in quel momento che i due si resero conto per la prima che in quel viaggio non sarebbero stato soli: ad accompagnarli, però, non c’erano Susan e Peter. A venire con loro sarebbero stati Jill e Eustace. E per certi versi ne furono sorpresi. Un’altra ondata riempì la stanza e i quattro ragazzi si ritrovarono a pochi centimetri dal soffitto. Edmund posò una mano su di esso e iniziò ad inspirare.

“Prendete più aria che potete!”

Lucy e Jill non replicarono e si strinsero uno mano facendo come aveva detto Edmund. Eustace, invece, quasi piangeva.

“Non voglio morire! Non voglio morire! È tutta colpa vostra!”

Edmund si rivolse a lui quasi ringhiando. “Respira, brutto stupido! O sarò io ad affogarti!”

Eustace si zittì e iniziò a respirare, maledicendo in tutti i modi possibili sia i due Pevensie sia il giorno in cui avevano messo piede in quella casa. Poi nessuno ebbe più la possibilità di fare nulla. L’acqua riempì la stanza completamente. I quattro ragazzi si ritrovarono sballottati dalle onde, mentre le sedie e gli oggetti della stanza venivano sollevati dall’acqua.

Per lunghi istanti, non riuscirono quasi a muoversi, incapaci di contrastare con mani e piedi la forza della corrente che usciva dal quadro ormai scomparso nell’acqua che li circondava. Annaspando tra i mulinelli, quasi non riuscivano a tenere gli occhi aperti. Quando, però, sentirono i polmoni bruciare, il movimento della corrente si placò. I quattro ragazzi si ritrovarono immersi in una distesa azzurra e cristallina. Le pareti della stanza sembravano essere scomparse sostituite da un impenetrabile muro d’acqua blu scuro. Sopra le loro teste, raggi di luce filtravano oltre la superficie delle onde. Edmund, Lucy, Jill e Eustace non si chiesero neanche come fosse possibile e nuotarono il più velocemente possibile verso l’alto.

Quando Lucy emerse i suoi polmoni quasi gridavano. La ragazza respirò per lunghi istanti, muovendo le mani per tenersi a galla. Non appena i suoi occhi azzurri si aprirono, davanti ad essi si dispiegarono un cielo azzurro illuminato da un solo luminoso e una distesa blu-verde senza fine. Lucy sgranò gli occhi e il suo cuore perse un battito. La ragazza si sentì quasi mancare il respiro, rendendosi conto di quello che era successo. Erano a Narnia, senza alcun dubbio, senza alcuna possibilità di sbagliarsi. Erano a Narnia. Tutto il suo corpo venne percorso da una scarica di adrenalina, mentre un sorriso enorme le si allargò sulle labbra. Erano a Narnia, non riusciva a smettere di ripeterselo.

“Dove siamo?!?”

La voce isterica di Eustace riportò Lucy la realtà. La ragazza si voltò cercando con lo sguardo gli altri tre e li vide a pochi metri da lei. Jill si guardava attorno con gli occhi sgranati, incredula di trovarsi a galla in pieno oceano. Poco distante da lei anche Edmund sorrideva come Lucy, consapevole anche lui di essere tornati nel mondo in cui avevano sperato di essere richiamati per sfuggire dagli Scrubb. E a un metro da lui, c’era Eustace che, in pieno attacco di panico, agitava le braccia come un matto. Con l’unico risultato di finire con la testa sott’acqua ogni pochi minuti.

“Riportatemi a casa! Io vi… io vi faccio arrestare! Siete matti… matti da legare!”

Edmund, che trovandosi a Narnia non aveva nessuna intenzione di rovinarsi l’umore a causa del cugino, lo raggiunse con poche bracciate e lo afferrò per un braccio.

“Eustace, smettila! Grida ancora una volta e giuro che ti affogo!”

Eustace, mentre Lucy li raggiungeva lentamente a nuoto, guardò Edmund con aria sconvolta e sull’orlo di una crisi isterica. Ma prudentemente abbassò leggermente la voce.

“Calmarmi? Mi chiedi di calmarmi?!? Mi calmerei se fossimo nella stanza dove eravamo cinque minuti fa… non ora che mi trovo chissà dove in quello che sembra a tutti gli effetti un oceano! Mi calmo solo se mi dite che è un sogno!”

Fu in quel momento che Lucy li raggiunse. I suoi occhi brillavano di emozione.

“Non è un sogno, Eustace. Siamo a Narnia!”

Eustace la guardò scioccato. “Ora si che sto meglio… sono impazzito anche io! Fra poco mi risveglierò con una camicia di forza!”

Edmund scosse la testa rassegnato e lasciò il braccio ad Eustace che, per la sorpresa, finì per un secondo sotto le onde interrompendo i suoi piagnistei. Non appena riemerse, però, guardò il cugino con astio.

“Riportatemi a casa!”

Edmund non lo guardò neanche. “Non possiamo… e stai zitto una buona volta, devo pensare.”

Eustace era sempre più isterico. “A cosa? A quante ore possiamo resistere prima di affogare?!?”

Lucy, seppur consapevole di trovarsi in pieno oceano, non aveva paura: erano a Narnia, quello era di sicuro il Mare Orientale. Aslan non avrebbe fatto loro succedere nulla. I suoi pensieri, però, vennero interrotti dal grido spaventato e agitato di Jill.

“Billy! Billy!”

Lucy e Edmund si voltarono subito verso di lei. Jill, a pochi metri da loro, si guardava attorno con sguardo angosciato e si capiva che i suoi occhi non erano bagnati solo dall’acqua del mare. Lucy la raggiunse subito e Jill si afferrò al suo braccio.

“Lucy, Billy non c’è! Se lui è… io…”

Lucy scosse la testa guardandola sorridendo per rassicurarla. “Non pensarlo neanche. Vedrai che sarà qui vicino. Fidati.”

Jill tirò su con il naso e annuì ricacciando indietro le lacrime. Non doveva mostrarsi debole. I tre ragazzi, senza l’aiuto di Eustace che continuava a gridare al vento i suoi lamenti e la sua sfortuna, cominciarono a guardarsi attorno. Per lunghi minuti non videro altro che onde azzurre. Jill dovette fare uno sforzo enorme per non piangere: voleva troppo bene a Billy. Non avrebbe mai sopportato di perderlo.

“Jill!”

La voce di Edmund richiamò all’attenzione Jill e Lucy che era vicino di lei. Le due videro Edmund raggiungere a bracciate quello se sembrava a tutti gli effetti il libro che Lucy stava leggendo. Sopra di esso, afferrato con le unghie, c’era Billy: tutto bagnato, ma sano e salvo. Edmund lo prese in mano e venne subito raggiunto da Jill che prese il furetto tra le mani e lo strinse al volto. Non le importava, in quel momento, di dove si trovasse: l’unica cosa importante era che Billy fosse sano e salvo. Lucy la raggiunse e le posò una mano sulla spalla, sorridendo sollevata. Anche Edmund sorrise, ma poi tornò serio.

“Ora che ci siamo tutti, dobbiamo capire cosa fare. Nel dipinto c’era una nave… potrebbe essere qui vicino.”

Il ragazzo non disse ad alta voce che quella nave doveva essere nelle vicinanze: Lucy e Jill lo capirono. I tre ragazzi sapevano che, se non venivano trovati presto da una qualunque nave, non avrebbero resistito a lungo.

“Ci viene addosso!!!”

Lucy, Edmund e Jill si voltarono di scatto al grido terrorizzato di Eustace. E fu allora che la videro. Distratti dalla ricerca di Billy, non si erano resi conto che la nave era molto più vicina di quanto credessero. Ma decisamente troppo vicina.

“Svelte, nuotate!”

Lucy e Jill, con Billy saldamente afferrato ai suoi capelli, non se lo fecero ripetere due volte. Edmund iniziò a nuotare e si voltò verso il cugino.

“Eustace, non fare lo stupido: nuota!”

Eustace, al grido di Edmund, sembrò riscuotersi e nel terrore più puro cominciò a nuotare come un forsennato e in breve tempo raggiunse anche Edmund. I due ragazzi nuotarono velocemente. Edmund, però, si rese conto che non potevano certo essere più veloci di una nave. Ma strinse i denti: non doveva aver paura.

“Continuate a nuotare! Forza, ce la possiamo fare!”

Eustace, nuotando accanto a lui, riusciva, nonostante tutto, a trovare la forza per piagnucolare. “Riportatemi a casa! Io non c’è la faccio più!”

Edmund lo spintonò per non farlo smettere di nuotare. “Sei un sacco di patate! Invece dei tuoi intelligentissimi libri dovresti fare un po’ più di attività sportiva!”

Eustace non replicò neanche, troppo stanco e spaventato. A pochi metri da loro, anche Jill e Lucy stavano avendo le loro difficoltà, soprattutto per l’impiccio che costituivano le gonne bagnate. Non si voltarono neanche per vedere dove fosse la nave: se lo avessero fatto, non sarebbero più riuscite a nuotare avanti. Improvvisamente un’onda rischiò di sommergerle. Jill, per un soffio, riuscì a rimanere a galla. Lucy, invece, ne venne sommersa. A fatica la ragazzina riuscì a tornare a galla, ma si sentì venire meno le forze: non era lei quella brava a nuotare. Non aveva l’abilità innata di Susan e neanche la forza di Edmund e Peter. Lucy vide Jill gridare spaventata il suo nome, ma non c’è la faceva più. E un’altra onda la sommerse.

Negli stessi istanti in cui la prima onda aveva colpito le due ragazze, dal ponte della nave si erano tuffati quattro uomini. I primi due raggiunsero Eustace e Edmund e li afferrarono, aiutandoli a restare a galla. Eustace, inizialmente, aveva gridato spaventato quasi stessero cercando di ucciderlo. L’occhiataccia di Edmund, però, lo fece zittire e gli fece rendere conto che erano venuti per salvarli. Gli altri due proseguirono accelerando le bracciate per raggiungere le due ragazze. Jill, ormai stremata e spaventata per Lucy, fu la prima ad essere raggiunta. Il quarto raggiunse Lucy un attimo dopo che la seconda onda l’aveva sommersa. Senza un attimo di indecisione, l’uomo inspirò e si tuffò sott’acqua. Pochi metri dopo raggiunse Lucy e la afferrò per un braccio. Pochi istanti dopo, i due riemersero. Lucy, sentendo l’aria rientrare nei suoi polmoni, si afferrò la braccio del suo salvatore, respirando grandi boccate d’aria.

“Tranquilla, ti tengo io Lucy.”

A quella voce, Lucy aprì di scatto gli occhi e lo riconobbe subito. Sorridendo dalla gioia, Lucy gettò le braccia al collo dell’uomo che l’aveva salvata.

“Caspian!”

Il giovane Re sorrise abbracciando l’amica. Era felice, ma i suoi occhi scuri non poterono non cercare tra gli altri naufraghi gli occhi azzurri che sperava di rivedere. Non vedendo colei che li possedeva, un’ombra passò sui suoi occhi. Ma Caspian la cacciò subito, sforzandosi di sorridere quando Lucy si separò da lui, illuminata da un’enorme sorrise.

“Edmund! C’è Caspian!”

La ragazzina, raggiante, si era voltata verso il fratello che insieme al marinaio che lo aveva soccorso si stava avvicinando alla nave. Il ragazzo si fermò e, vedendo il giovane Re accanto alla sorella, sorrise.

“Lo sapevo che eravamo a Narnia!”

Caspian sorrise e annuì. “Sì, siete a Narnia.”

A quelle parole, Eustace si riprese a dimenare. “Io non volevo venirci! Mi avete costretto! Riportatemi in Inghilterra! Voglio tornare in Inghilterra!”

Le proteste del ragazzo, però, vennero ignorate da tutti. In quel momento, Lucy e Caspian vennero issati su una tavola di legno. Quando furono sollevati fuori dalle onde, Lucy si tenne stretta al braccio di Caspian e sorrise. Non riusciva a smettere. Un’emozione fortissima la pervadeva. E i suoi occhi cercavano di vedere tutto, affascinati dal veliero.

“Tieniti forte, Lucy.”

La ragazza annuì senza distogliere lo sguardo dal veliero. Una leggera brezza muoveva i suoi capelli riempiendole il naso del profumo di Narnia. Quando i suoi piedi toccarono le tavole di legno del ponte, Lucy si sentì esplodere dalla gioia. Attorno a loro c’era tutto l’equipaggio e tra loro si vedevano anche alcune delle creature di Narnia.

“Come avete fatto ad arrivare fin qua?”

Lucy si riscosse e si voltò verso Caspian. “Il quadro… poi l’acqua… oh, non è ho idea! Sono solo felice di essere qui!”

Caspian sorrise, contagiato dall’entusiasmo della ragazza. “Anche io!”

“Caspian!”

La voce di Edmund fece voltare entrambi. Il ragazzo, appena issato a bordo, si fece largo tra i marinai. Caspian gli andò incontro e i due ragazzi si abbracciarono sorridenti.

“Edmund!”

Caspian e Edmund, dal precedente viaggio, erano diventati ottimi amici. I due ragazzi si separarono e vennero raggiunti di Lucy. Tutti e tre sorridevano.

“Caspian, non sai quanto sia felice di essere a Narnia!”

Caspian annuì. “Anche io. Sebbene non mi aspettassi di trovarvi in mezzo all’oceano!”

Edmund lo guardo stupito, come anche Lucy. “Non sei stato tu a chiamarci?”

Caspian scosse la testa. “No. Non questa volta.”

Edmund, ripensando ai giorni passati a casa Scrubb, scosse le spalle sorridendo.

“Non importa. Sono felice di essere qui.”

Poco lontano dai tre, anche Jill e Eustace erano stati issati sul ponte della nave. La prima, non appena vi posò piede, sgranò gli occhi dalla sorpresa. Immobile iniziò a fissare ogni particolare della nave. Fu allora che vide Lucy e Edmund chiacchierare sorridenti con un ragazzo dai capelli scuri. Sembrava si conoscessero… non riusciva ancora a capire come, ma doveva essere così. Anche prima… avevano detto che si trovavano a Narnia. Jill si guardò attorno e il suo sguardo vagò sull’orizzonte fino alla vela porpora illuminata dai raggi del sole. Sì, decisamente se qualcuno glielo avesse detto non ci avrebbe creduto. Non sapeva come o perché, ma erano finiti da qualche parte… una qualche parte che decisamente non si trovava in Inghilterra e tanto meno sulla Terra. Alla fine Jill sorrise divertita: chissà se suo padre avesse mai immaginato qualcosa del genere, quando le aveva detto che trasferendosi avrebbe vissuto una nuova avventura.

Ma c’era chi non l’aveva preso altrettanto bene. Eustace, non appena aveva posato i piedi sul solido, era scivolato a terra guardandosi attorno sconvolto. Vista la sua reazione e non sembrando aver nessuna ferita, i marinai lo avevano ignorato voltandosi verso il loro Sovrano. Eustace, invece, era arretrato fino al parapetto posandovisi con la schiena. No, doveva essere un sogno. Era l’unica spiegazione. Presto si sarebbe svegliato e…

“Ahhh!”

Il grido di Eustace fece voltare tutti, anche chi fino a quel momento non si era neanche accorto della sua presenza. Edmund nel farlo aveva sbuffato.

“Sono perseguitato! Toglietemelo di dosso!!!!”

Eustace si alzò in piedi agitando le mani davanti a sé. Neanche pochi passi e inciampò in una corda e si ritrovò di nuovo a terra. E a poca distanza da lui, videro un grosso topo con una piuma dietro l’orecchia e uno spadino al fianco. Lo sguardo di quest’ultimo andava dall’indignato al divertito.

“Credo che le vostre reazioni siano esagerate, signore. Vi pregherei di calmarvi!”

Eustace, che non lo aveva neanche sentito, vedendolo di nuovo vicino a sé, riprese a gridare e ad agitarsi.

“Va via! Stammi lontano! Brutta bestiaccia!”

Il topo scosse la testa rassegnato. “Strillate come un poppante!”

Poco lontano, Lucy e Edmund lo riconobbero subito e sorrisero felici.

“Ripicì!”

Sentendosi chiamare, il topo, che altri non era che il topo-guerriero che valorosamente aveva aiutato i Sovrani nella battaglia contro Miraz, raggiunse velocemente i due ragazzi, inchinandosi loro.

“Vostre Maestà, è un onore per me ricontrarvi!”

Lucy sorrise entusiasta. “Rip, sono così felice di poterti rivedere!”

Edmund accanto a lei annuì. “Un vero piacere!”

Rip si rialzò inclinando il capo sorridendo. “Oh, il piacere è tutto mio, Vostre Maestà. Posso chiedervi cosa ne facciamo di quell’isterico intruso? Per caso lo conoscete?”

Lucy e Edmund soffocarono una risata. Se lo conoscevano… anche troppo, per loro sfortuna. Edmund sorrise divertito.

“Purtroppo sì, Rip.”

Caspian lo guardò incuriosito, lanciando un’occhiata a Eustace che sconvolto si stava rimettendo in piedi sorreggendosi al parapetto. “Chi è ?”

Lucy lo guardò sconsolata. “Nostro cugino.”

Ripicì la guardò poco convinto. “Immagino di lontano grado… non avrei mai osato arrecarvi una simile offesa, Maestà, ipotizzando una sua parentela con voi.”

Edmund rise. “Purtroppo è la verità…”

Di nuovo le loro parole vennero interrotti dalle grida di Eustace. Il gruppo si voltò quasi esasperato verso di lui.

“Quell’orribile ratto gigante voleva strapparmi gli occhi! Perché tutta la specie c’è la con me?”

I tre ragazzi scoppiarono a ridere, mentre Ripicì si voltò verso di lui piuttosto irritato: non sopportava che qualcuno interpretasse male le sue buone intenzioni.

“Volevo solo accertarmi delle vostre condizioni, signore, dato che eravate accasciato a terra!”

A quelle parole, Eustace sgranò gli occhi e per qualche istante boccheggiò come se non riuscisse più a respirare. Alla fine puntò il dito contro Ripicì, fissandolo sconvolto.

“Ha parlato! Quel ratto ha parlato! Lo avete sentito? Qualcun altro lo ha sentito?!?”

Edmund sorrise ironico verso il cugino. “Se è per questo parla sempre.”

Caspian a sua volta sorrise e annuì. “La difficoltò è farlo stare zitto.”

Ripicì, che aveva capito che nessuno dei due ragazzi voleva offenderlo, si avvicinò e si inchinò sorridendo verso Caspian.

“Nel momento in cui non vi sarà niente da dire, Vostra Altezza, io vi prometto che me ne starò zitto.”

“Buon senso che qualcun altro non ha…”

A quella voce sconosciuta, Lucy, Edmund e Caspian si voltarono per capire chi avesse parlato. Ci vollero loro alcuni secondi prima di rendersi conto che a parlare era stato niente di meno che Billy, il furetto di Jill. Lucy e Edmund lo guardarono a bocca spalancata, mentre l’animaletto si fermò a pochi passi da Ripicì.

“Tu parli?!?”

Edmund era scioccato. Lucy quanto lui e la ragazza si rese conto, alzando lo sguardo, che anche Jill fissava la scena con gli occhi sgranati: neanche lei doveva esserselo immaginato.

“Sì, parlo. Così almeno potrò ribattere a quell’insopportabile ragazzo!”

Ripicì sorrise e sembrò apprezzare di trovarsi d’accordo con il nuovo compagno di viaggio.

“Credo che noi due potremo andare d’accordo.”

Eustace, vedendo i due animali parlare, stava credendo veramente di essere impazzito. Anzi, erano tutti gli altri che dovevano essere impazziti. E Lucy e Edmund ne erano i capi: doveva essere una specie di pazzia contagiosa.

“Ora basta! Voglio tornare a casa! Non avete diritto di tenermi qui!”

Edmund lo guardò sarcastico. “Se vuoi, Eustace, puoi ributtarti in mare di nuovo. Io di sicuro non ti tratterò. Anzi… approverei in pieno.”

Lucy gli lanciò un’occhiata di rimprovero. “Edmund!”

Caspian si voltò verso i due amici guardandoli perplesso. “Voi non vi siete comportati così la prima volta che siete venuti a Narnia, vero?”

Edmund scosse la testa. “No… è nostro cugino che deve avere qualche problema comportamentale. Infatti, Jill non ha fatto nessuna scenata.”

Caspian lo guardò senza capire. Lucy sorrise e raggiunse la ragazza, rimasta fino a quel momento in disparte, prendendola per mano.

“Vieni.”

Jill annuì e le due si ritrovarono davanti a Caspian e Edmund.

“Caspian, questa è Jill Pole. Una nostra amica. Jill, questo è Caspian… Re Caspian.”

A quelle parole, Jill sgranò gli occhi e cercò di inchinarsi, ma un gesto della mano di Caspian la fermò. Il ragazzo sorrideva.

“Non preoccuparti, non serve. È un piacere conoscerti Jill.”

La ragazza sorrise sollevata. “Il piacere è mio.”

La voce di Ripicì li fece voltare verso di lui. “Tanto di cappello, signora. Si vede che siete amica delle Loro Maestà.”

Jill sorrise senza capire, mentre Billy sgattaiolò accanto a lei e tornò a posizionarsi sulla sua spalla. Jill gli lanciò uno sguardo eloquente del tipo c’è qualcosa che tu mi devi spiegare.

“La mia Jill è una ragazza straordinaria… l’opposto di quell’altro.”

Quell’altro, ovvero Eustace, quasi lo avessero chiamato, riprese a lamentarsi guardando in cagnesco tutti coloro che si trovavano sulla nave.

“Vi farò arrestare per rapimento! Vi farò sbattere in galera! Esigo che mi riportiate a casa!”

Edmund lo guardò scocciato, parlandogli come se fosse tonto.

“Eustace, siamo in pieno oceano. O-CE-A-NO. L’unico modo che hai per liberarci della tua presenza è tornartene a mollo tra le onde!”

Lucy lo guardò leggermente più comprensiva. “Non possiamo tornare, Eustace.”

Eustace lo guardò sconvolto. “Non è possibile! Voi non potete trattenermi qui contro la mia volontà!”

Jill lo guardò irritata: non sopportava proprio la sua ottusità. Non ci voleva tanto per capire che momentaneamente non potevano andarsene. “Scrubb, anche uno stupido capirebbe che ora non possiamo andare da nessuna parte. Siamo a Narnia e…”

Eustace si tappò le orecchie. “Eh, no! Non cominciare pure tu, Pole! Voi volete vedermi impazzire, ne sono certo! Riportatemi a casa!”

Lucy, Edmund e Jill parlarono in coro. “Sei sordo? Non possiamo!”

Caspian li guardò sorridendo divertito. Il cugino di Lucy e Edmund non aveva decisamente preso bene il suo arrivo a Narnia. Il giovane Re si chiese cosa potesse fare quel ragazzo per Narnia… che cosa potesse fare più di Peter… e di Susan. Consapevole di non aver diritto di dubitare di Aslan, Caspian ricacciò indietro quei pensieri.

Eustace, a quella risposta, si era posato disperato al parapetto, guardando angosciato le onde.

“Che destino crudele… morirò lontano da casa, senza sapere dove mi trovo!”

Una voce profonda gli rispose poco lontano da lui.

“Siete sul Veliero dell’Alba, la più bella nave della flotta di Narnia.”

Eustace si voltò lentamente verso chi aveva parlato e per qualche istante lo fissò muto. Davanti di lui si ergeva un Minotauro dal pelo scuro. Si chiamava Tavros e durante la battaglia contro Miraz si era dimostrato un guerriero forte e fidato. Ma per il resto, era gentile e non faceva male a nessuno. Eustace questo non lo sapeva e, forse, non ci avrebbe creduto neanche. Il ragazzo emise un verso strozzato e si accascio privo di sensi sulle assi del ponte. Era stato tutto decisamente troppo per lui. Tavros, accorgendosi che era svenuto, si voltò preoccupato e quasi sentendosi colpevole verso Caspian e gli altri, che nel frattempo non erano riusciti a scoppiare in una sonora risata.

“Ho detto qualcosa di strano?”

Caspian sorrise e scosse la testa. “No, ma penso che per lui sia stato troppo. Occupati di lui, Tavros.”

Il Minotauro annuì. “Come desiderate, Vostra Maestà.”

Caspian, a quel punto, si voltò verso Lucy e Edmund sorridendo loro. Subito dopo, si diresse sulla scaletta che portava al ponte del timone. Tutto l’equipaggio si voltò verso di lui. Caspian li guardò per un istante prima di parlare con voce ferma e forte.

“Uomini, rendete omaggio ai nostri naufraghi…”

A quelle parole, Lucy e Edmund si guardarono sorridendo emozionati. Quanto era mancata loro Narnia. Era lì che si sentivano veramente a casa. Jill, invece, li guardò senza capire e, quando Caspian riprese a parlare, la ragazza sgranò gli occhi per lo stupore.

“… Edmund il Giusto e Lucy la Valorosa! Grande Re e grande Regina di Narnia!”

A quelle parole, tutto l’equipaggio del Veliero dell’Alba si inginocchiò sul ponte, abbassano il capo con rispetto. Jill, in disparte, li fissava affascinata, stringendo al petto Billy. Gli occhi dei Lucy e Edmund brillavano di emozione: ogni volta era come la prima volta. Come il giorno in cui erano stati incoronati, come il giorno in cui avevano capito che il loro cuore sarebbe per sempre rimasto legato a quella magica terra. Ed ora erano di nuovo lì, a Narnia. E una nuova avventura stava per iniziare.

Salve a tutti! ^-^ Anche sta volta è passato un po’ dall’ultimo aggiornamento… il fatto è che ho un sacco di cose da fare (in primis: l’università) e non voglio rischiare di buttare su! Dall’altra parte però… quando inizio non mi fermo più. O.O Ok, forse il capitolo mi è venuto giusto un tantino lungo… voi che dite? XD E che io mi faccio lo schema del capitolo e poi scrivo: solo dopo mi accorgo della lunghezza! XD Però poi non riesco a dire “questo pezzo lo metto nel prossimo cap”. Però, dai, almeno così mi faccio perdonare. Vero che mi perdonate se aggiorno circa una volta al mese? ^-^’
Ma veniamo al capitolo (che non ho avuto tempo di rileggere XD). Vi è piaciuto come ho descritto gli avvenimenti alle Isole Solitarie? Spero di sì. Poi siamo passati a Caspian… e subito dopo una sorta di flasch-back sull’arrivo a Narnia. Che ne dite? Beh, poi l’arrivo sul Veliero seguiva un po’ il film… spero di non averlo reso troppo simile. ;) Aspetto le vostre recensioni, mi raccomando! ^-^
E nel PROSSIMO CAPITOLO… beh, vedremo come si ambientano i nostri eroi sul Veliero: soprattutto Jill e Eustace. E dall’America… sarà finalmente arrivato il giorno del ricevimento del console! Con annesso William alla conquista della nostra Susan! XD Meglio che chiami Peter a controllarlo, vero? Chissà che succederà… XD

Ma ora veniamo alla porta più importante di questo mio angolino, ovvero i ringraziamenti:

·         Per le seguite: aleboh, ChibiRoby, ElenaDamon18, Fly_My world, GossipGirl88, ImAdreamer99, Joy_10, katydragons, Shadowfax e SusanTheGentle

·         Per le preferite: aleboh, english_dancer e MoonyMoon

·         Per le ricordate: katydragons

·         Per le recensioni del capitolo 5: Fly_My world, Shadowfax e SusanTheGentle

Grazie, grazie a tutti! ^-^ Non so veramente come ringraziarvi! ;)
Ops, quasi dimenticavo… vi ricorderete che vi avevo chiesto di aiutarmi a scegliere un’attrice per dare volto a Jill, vero? Forse ho deciso… ditemi che ne pensate, se non vi va cambio. Allora, ero indecisa tra Abigail Breslin e Dakota Blue Richards (non che le altre fossero da scartare, anzi me le tengo in serbo per possibili futuri personaggi… ma mi sono basata su criteri molto scientifici… sul fatto che sono le uniche di cui ho visto qualche film! U.U): e alla fine ho scelto. Basandomi anche sul fatto che di una delle due ho rivisto un film pochi giorni fa con mia cugina… ho scelto Dakota Blue Richards (non linciatemi! Lo so che è la stessa scelta di SusanTheGentle). Il fatto è che mi sembrava davvero adatta per tenere a bada il nostro Eustace… e poi nella Bussola d’Oro (il suddetto film) il suo daimon si trasforma anche in una specie di furetto! *-* Non me lo ricordavo! ;) Che dite? Se non vi va bene, cambio. Ditemi solo che ne pensate…

Sì, non vi lascio ancora in pace … perché ho un altro favore da chiedervi! ^-^’ (voi direte: aggiorna una volta al secolo e ci chiede anche favori? Lo so, scusate! T-T) Ma volevo sapere, tenendo conto di ciò che è successo fino ad ora e agli “sviluppi” che magari vi immaginate in futuro, chi vedreste a dare il volto ad ANN EVANS (non l’ho descritta nei particolari… ma non fatemela bionda, ok? Opterei più sul castano dato che il fratello ha i capelli scuri… e occhi a vostra discrezione - circa età Susan) e WILLIAM EVANS (capelli scuri, neri o giù di lì, e occhi azzurri - circa qualche anno più di Peter)?

Con questo vi lascio. Ancora grazie. ^-^ A presto, Hikari

  
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