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Autore: Hekate    11/05/2008    0 recensioni
Gastone ha programmato un giorno importante per la sua vita di coppia con Clelia. Lo aiutano nell'impresa il coro di cui la ragazza fa parte ed un concerto. Bonjour racconta attraverso i pensieri di Gastone questo avvenimento speciale.
Genere: Romantico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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b

Bonjour

 

 

Avrebbe funzionato. Doveva funzionare. Non c’era alcun motivo di preoccuparsi.

Si, bhe, erano ormai giorni che se lo ripeteva in una sorta di continuo corroborante mantra.

Ed oltre a fargli dimenticare le parole il giorno della prova generale, non aveva portato alcun effetto tranquillizzante.

La cravatta. Quella maledetta non voleva saperne di annodarsi almeno passabilmente.

-Lascia, faccio io.-

Le sue mani riuscirono a domare l’infernale pezzo di stoffa con pochi movimenti. Resistere all’impulso di mandare tutto all’aria e spifferarle ogni cosa sul posto fu difficile da eseguire.

Non doveva preoccuparsi. Figurarsi se lei poteva rifiutare.

Poteva?

No, assolutamente. Era fuori questione. Oppure queste erano tutte paranoie non così tanto paranoie, bensì avvisaglie dal futuro che il suo subconscio gl’inviava per evitargli oltre ad un bruciante rifiuto l’immensa vergogna di quello che si apprestava a fare.

Naaa. Solo paranoie.

Quelle labbra non avrebbero mai potuto infliggergli un colpo mortale.

 -Lo scialle.. lo hai visto da qualche parte?- Così dolci, con movimenti così soavi come avrebbero mai potuto?

-Eppure l’ho messo qui prima.- Così morbide, così pericolosamente assuefanti.

Non come le sue mani capaci di fargli risuonare il vuoto nella testa.

-Ti ci sei seduto sopra!! Alzati!- Perché lo picchiava in testa il suo angelo?

-Lo scialle buzzurro! Ci sono le tue chiappe comodamente appoggiate sopra!-

Oh. Capita no?

 

 

D’accordo, forse avrebbe dovuto accorgersi dello scialle. È che era abbastanza nervoso.

Solo che non poteva dirglielo. Vorrebbe, per vedere la sua faccia mentre le racconta il suo, modestamente, genial piano. Però poi quegli altri lo avrebbero scuoiato.

Quindi zitti!

Non che fosse l’unico nervoso dell’abitacolo. Maledirlo solo per aver stropicciato un pezzo di stoffa non era sintomo di serenità interiore.

Si, ok, aveva una buona scusante.

La tensione e il concerto e il fatto di essere in un leggero, ironicamente parlando, ritardo.

Però tutto si sarebbe risolto come al solito.

L’adrenalina era una buona cosa. Almeno lo sperava, poiché altrimenti il volante stava soffrendo per nulla.

Avrebbe dovuto stringerlo meno. Le nocche stavano degradando velocemente ad un bianco latteo.

Rilassato, così doveva stare.

Però un’isterica in lotta con le stazioni radio non era affatto d’aiuto.

Forse,dopotutto, non era un’idea così geniale. Lei era troppo... troppo imprevedibile.

Se non avesse capito?

Una figura meschina valeva il rischio, andasse come andasse!

No, un momento, al diavolo l’andasse come andasse.

Vedeva già la scena. Lei  che si gettava tra le sue braccia in preda alla gioia.

Oppure c’era la possibilità non così remota di esser spinti giù dal palco.

Doveva evitare di farsi assalire da ansie inutili. Non aveva mai fatto sogni premonitori, non vedeva la necessità di iniziare in quel momento.

A meno che non lo fosse sul serio un sogno premonitore.

No. era solo colpa della cena pesante della scorsa sera. E della tensione. E dei calci che la donna della sua vita, che bisognava precisare,al momento stava torturando un’indifesa cartellina raccogli spartiti,seduta al suo fianco, gli aveva tirato nel sonno.

-Gira a destra.-

Oh, signore.

Un centimetro in più e lo investiva. A vederlo non aveva neppure una bella cera. Un momento e poi schiattava sul cofano.

Mandando in malora tutto il resto.

Vecchio di merda.

 

Il vegliardo non aveva terminato i suoi venerandi giorni sull’asfalto, erano riusciti ad arrivare straordinariamente in orario, le prove per il concerto erano iniziate.

E lui stava ricapitolando quasi fosse il narratore onnisciente di un racconto.

Bellissima.

Il viso le si illuminava durante il canto.

Adorava quelle occhiate maliziose che gli lanciava quando c’era una strofa particolarmente romantica.  Lei cantava e lui sapeva  che intendeva davvero dire quello che diceva, perché nel dirlo pensava a lui. Glielo aveva detto lei stessa anni prima.

In effetti si poteva definire quasi impossibile la possibilità che quell’intuizione provenisse da lui medesimo.

Lei sempre uguale, sorridente,strana, completamente fuori di testa.

Un solo scopo, stupire le persone.

Capire cosa le passasse nel cervello era zona off-limits per le sue capacità intuitive, però avrebbe volentieri trascorso altri anni ad alambiccarsi nel tentativo.

Le mani erano sudate, terribilmente appicicaticcie, peggio di quando ci si versa addosso una bibita gassata e non le si lava. Per quanto le strofinasse sui pantaloni non migliorava la situazione.

Magari avrebbe potuto provare sulla camicia.

No, meglio di no.

 

Eccola, LA Canzone. Lei radiosa sarebbe facilmente identificabile con il personaggio che rappresentava.

-Tutto qui, un bel paesino.

Ogni dì che non cambia mai.

È così che la gente vive con semplicità!-

Ora toccava al gruppetto di sclerati che lo aveva aiutato così tanto.

Guarda come urlavano immedesimandosi nelle loro parti.

-Ecco il fornaio con il suo vassoio

Lo stesso pane venderà.

È dal giorno che arrivai

Che non è cambiato mai.

Ma che vita è questa qua!-

Voleva cambiare, si sentiva dal tono.

Avrebbe potuto accontentarla subito, era ancora in tempo.

Sentiva la gola secca, la bocca impastata. Se si fosse alzato la sorpresa ci sarebbe stata e non avrebbe rischiato di rovinare il concerto.

Bastava alzarsi, nel momento esatto delle sue battute. Quante volte lo aveva già fatto?

Poi c’era il fatto positivo dell’evitare la brutta figura, soprattutto perché i presenti avevano assistito così tante volte alla scena che non ci avrebbero fatto caso.

Solo non si sapeva la sua reazione.

-La sua bella testolina non è qua!-

Neanche la sua lo era in quel momento. Ora che cosa dovevano cantare?

-La vita mia di certo cambierà!-

Ah, già questo.

Che carina vederla recitare, quelle smorfie  non necessarie per immedesimarsi nel discorso. E quell’altro che più che un vecchio libraio sembrava un macellaio.

Capiva perfettamente la sua smorfia nell’allentarsi la camicia.

L’aveva immaginato o si era rivolto a lui quando nominava il principe?

La sua solita occhiata strana.

-Oh, io sto sognando.

È il momento che amo più perché.. -

Perché doveva fare tutti quei gesti mentre cantava?

-Lei si sta innamorando

E tra poco scoprirà che lui è il suo re.-

Che occorreva agitare in aria le mani con aria trasognata?

Orami era questione di attimi.

Che fare? Alzarsi, provare? No.

Si.

Cantare.

Magari no.

Oh si?

L’altro aveva iniziato la sua parte recitativa.

Deglutire. Doveva farlo? Oh mamma.

Oh mamma.

Deglutire, ne sentiva il bisogno.

Troppo tardi, aveva perso una battuta. Però poteva usare anche solo la seconda.

Il coro replicò.

Andare? Buttarsi? Stava entrando in panico.

No l’occasione era sfumata. Doveva attenersi al piano.

Tutto il coro lo aveva guardato alla fine del pezzo. Erano con lui, l’appoggiavano.

Il cofanetto, doveva metterlo in un posto comodo, in modo da estrarlo facilmente. Oppure tenerlo già in mano dall’inizio?

Di certo così non ci sarebbero stati problemi.

Dov’era?

 

Credeva d’esser stato vicino all’infarto. Se il cofanetto fosse svanito, tutto sarebbe stato perduto, coronarie comprese. Invece era lì sano e salvo. Però questo non gli bastava dal trattenerlo nel controllare continuamente che fosse ancora al suo posto.

Sempre meglio assicurarsene.

La cravatta lo soffocava. Era meglio uscire.

Così non impazziva durante le prove e si rinfrescava le idee.

Lo stomaco brontolava. Aveva visto un bar dall’altro lato della strada, ce la faceva a prender un panino.

Però non sarebbe stato educato. Certo che ascoltare le prove era come sentire un concerto due volte.

Panino? Magari solo un tramezzino veloce e senza rucola, che poi gli s’incastrava tra i denti. O una barretta di cioccolato da sgranocchiare nell’attesa. Ed anche una bottiglietta d’acqua che lei aveva quasi finito, cos’ avrebbe avuto la scusa di voler fare un gesto carino nei suoi confronti, che lei avrebbe sicuramente apprezzato ed oltre a sorridergli grata sarebbe stata meglio disposta nei suoi confronti.

Si occorreva necessariamente una bottiglia d’acqua.

 

Iniziava il concerto. Aprì per l’ennesima volta il programma. Ancora cinque canzoni, poi si entrava in scena. Sarebbe andato tutto bene.

Tutto bene.

Anche se era l’omonimo del personaggio, non significava che lei avrebbe rifiutato.

Clelia non era Belle. Molto più manesca in effetti. Bionda, con dei chiletti in più così morbidi.

Doveva sperare che la sua trovata non la mettesse talmente in imbarazzo da portarla a rifiutare per principio.

Però lei lo sorprendeva ogni benedetto giorno: era giunto il momento di ricambiare.

Bel ritmo comunque.

 

Ecco. Il silenzio. Le prime note.

I violini. Poi i clarinetti. Botta e risposta.

La sua voce che s’innalza ed invade la sala. Dolce. Senza tanti fronzoli.

Doveva ignorare il battito incessante del cuore, ignorare le coronarie che rischiavano di staccarsi, ignorare il fatto che stesse rischiando la disidratazione.

Godersi il momento, questo il segreto.

Recitativo. Ottima interpretazione signor fornaio.

Ora il pezzo della libreria. Perché non si sbrigavano? Stupidi intrallazzi musicali.

Intervalli.

Quel che era.

Mancava poco. Relativamente.

Ma si sbrigavano? No, lo facevano apposta per farlo schiattare lì, sul posto.

Se ne sarebbe ricordato. Poi da fantasma li avrebbe tormentati nel sonno.

No. doveva concentrarsi.

Di nuovo il pezzo di lei che crede di parlare con una pecora. Guarda troppi cartoni animati, davvero.

Ecco era arrivato il momento.

Lo stacco musicale di qualche secondo.

Il tizio che interpretava il nanetto inizia a parlare, e velocemente lo incoraggia con un occhiolino.

Respiro profondo. E via.

-Lo so!-

Era in piedi, non doveva sbagliare.

-Ben detto tizio, ed adesso ti dirò chi sarà la mia prossima preda.-

Lui la indicò.

-Proprio lei sarà lei la fortunata che sposerò.-

-La più bella ragazza del paese-

-Quindi è la migliore... e non mi merito il meglio io?-ora doveva impostare la voce.

-L’ho detto subito dal primo istante

Non è possibile sbagliar

Così belle non ce né,.

È  avvenente quanto me,

Sono certo la desidero sposar!-

Ecco lo aveva fatto. Si era in un qual modo dichiarato cantando. E soprattutto l’aveva stupita. Lo poteva vedere nei suoi occhi.

Intanto le tre schizzate cantavano la parte delle bionde oche.

Non importava. Lei lo guardava in modo strano, ed il suo cuore sembrava non funzionasse più. Doveva rispondere. Doveva sapere.

–Largo!-

Si era avvicinato a lei, cofanetto in mano.

-Mi scusi... fammi passare!-

Si era inchinato, ed i suoi occhi non avevano mai smesso di seguire quelli ci lei, immobili a fissarlo.

Le aveva preso la mano.

Lei aveva sussultato, forse tornando al mondo reale. Toccava a lei.

-La vita deve darmi un po’ di più!-

-Vedrai che la mia sposa sarai tu!-

 

E mentre il coro concludeva la canzone, il cofanetto si aprì, facendo rotolare sul palco un anello argentato.

Tra gli applausi si levò una risata di gioia.

Poi l’uomo che aveva cantato la parte di Gaston, strozzato dall’abbraccio della cantante che aveva recitato la parte di Belle, informò il gruppo corale che la pazza aveva accettato.

Gli applausi raddoppiarono, accompagnati da un improvvisato alleluia a quattro voci.

 

 

 

 

 

Fin

 

 

 

 

Che dire. Questo è un esercizio di stile basato sulle due cose che amo fare di più: cantare nel coro e scrivere.

Quest’anno il coro doveva preparare le canzoni della Disney, e dopo l’ennesima ora passata ad ascoltare le varie colonne sonore, mi era piaciuta l’idea di scriverci sopra qualcosa.

Poi il tempo è passato, me ne sono dimenticata, e non se né fatto più nulla.

Almeno fino a quella specie di concerto in cui l’orchestra d’ensemble di Cittadella non si è messa a suonare il brano iniziale della Bella e la Bestia. E mi sono ritornati in mente Clelia e Gastone.

Ho pensato fosse bello tentare di trascrivere le emozioni che si provano prima di salire su un palco.

Ecco perché la narrazione avviene attraverso i pensieri sconclusionati di Gastone. Solo che ho voluto renderlo ancora più nervoso proprio per il fatto di dover chiedere la sua amata Clelia in moglie cantando.

Inoltre i pensieri sono scritti tenendo conto del tempo della canzone. Con alcuni momenti di pausa nell’ultima parte.

Spero di essere riuscita a trasmettere qualcosa.

Grazie per l’attenzione.

 

I personaggi della Bella e la Bestia appartengono a Walt Disney, così come la colonna sonora.

La canzone utilizzata è Bonjour.

  
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