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Autore: Nemainn    12/12/2013    13 recensioni
L'amore supera l'immortalità?
Un amore che dura da trent'anni, un saluto, un nome a fior di labbra.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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E nel corso dei secoli, attraverso le onde dell'oceano,
La voce del vecchio Dagdad parla, un'eco dal passato ...
Canto di Amergin


Labbra dello stesso colore del corallo, in un viso dalla pelle diafana e perfetta, candida come la neve.
La donna guardò il cielo sgombro da nubi, il solstizio d’inverno era vicino, ancora una volta il ciclo delle stagioni si ripeteva, mentre lei osservava il moto infinito degli astri.
Una mano, calda e grande, un tempo forte e sicura, si chiuse delicatamente sul suo polso, sollevandolo e omaggiando il palmo di un soffice bacio.
“Mia amata, vedo la malinconia dominare i tuoi occhi, abbiamo raccolto il vischio e Yule è vicino, dovresti essere lieta, invece vedo solo turbamento… cosa ti agita a tal punto?”
Gli occhi dorati della donna si posarono sull’uomo che, seduto accanto al fuoco come lei, la guardava.
Amergin era stato il bardo della corte del suo Signore ma, dopo averla vista un’unica volta, aveva deciso di seguirla nel suo infinito peregrinare, incurante dei suoi tentativi atti a dissuaderlo, colmo d’amore per lei. Dopo più di trent’anni passati assieme la barba e i capelli di lui, in gioventù del solare colore del grano maturo, erano ormai delle tonalità del ferro e dall’argento, segno della sua età, mentre lei era rimasta giovane, immutabile, intoccata dallo scorrere del tempo.
“Un altro anno è passato, sai, ricordo ancora quando chiamavano questa festa Alban Arthan, e il mito del Re Cervo che combatte il Re Agrifoglio, non era neppure stato inventato…” la donna sorrise, mesta, lo sguardo voltato al passato che si focalizzava sul volto dell’uomo. “Gli anni passano, implacabili, lasciando su di te il loro segno...”
“È questo che ti rende triste, mia amata? Mi hai donato un destino migliore di quello di ogni altro uomo: poter vedere i tuoi occhi, ogni giorno.” L’uomo strinse a sé la donna, vestita di un pesante abito di tartan rosso e verde, baciandole ora, con delicatezza, il viso freddo come l’inverno che li circondava.
Avevano fatto sosta in una grotta, accendendo il fuoco, per proteggersi dal gelo che attanagliava la terra, ammirando la volta celeste che, con le sue stelle di ghiaccio, illuminava il nero drappo della notte.
“Amergin, io…” L’uomo, sorridendo, posò un bacio sulle labbra di lei, uno sfiorarsi lieve e tenero, colmo d’amore.
“Lo so, io sono ormai nell’inverno della mia vita, essa mi sfugge dalle dita, sempre più rapidamente, e la mia ora è vicina... mentre tu sei la primavera eterna, mia Brighit dagli occhi d’oro!”
“Quanto tempo abbiamo ancora? Amergin, rinuncerei alla mia immortalità per te, ma non posso farlo!”
L’uomo scosse la testa, il capo di lei che si poggiava nella curva del suo collo, un tempo possente e robusto.
Non aveva mai avuto dubbi, aveva sempre saputo che lei era una creatura immortale, fin dal giorno in cui l’aveva vista la prima volta, alla polla della cascata. Lei si stava spazzolando i capelli, fiamme dorate che si avvolgevano sulla spazzola fluenti e morbide, i piedi a bagno nell’acqua cristallina mentre la sua voce, più dolce di quella dell’usignolo, intonava un antico canto d’amore. Biancospini in fiore, dal profumo intossicante, talmente dolce da essere, a volte, insopportabile, circondavano lo specchio d’acqua pura, riflettendosi, candidi e delicati, in quella lastra in movimento che ne spezzettava l’immagine in un gioco infinito.
Aveva sempre saputo di non essere incappato in una donna comune.
Fin da quel primo istante, però, il suo cuore era stato per sempre rubato da lei, dal suo sorriso, dalla sua forza. Quell’anima antica e giovane, quell’eterna primavera gioiosa e pura, unita alla saggezza di una vita senza età.
“Ogni momento è eternità, per me, se è al tuo fianco... e quando non ci sarò più, un nuovo Re Cervo verrà da te, mia Regina del Biancospino.”
“Tu non sei certo un vecchio Agrifoglio, mio amato! Sei ancora vigoroso e forte, un Re della foresta!” Una risata calda prese forma.
Amergin sapeva che a parlare, in quel momento, era il cuore della donna, talmente colmo d’amore per lui da non vedere il declino che, inesorabile, lo coglieva.
Ma la morte coglie ogni mortale, da sempre.
Lui non la temeva anche se, doveva ammetterlo, provava rimpianto all’idea di non poter più, un giorno, sentire il dolce peso di lei tra le sue braccia, il suo profumo dolce, di non poter più passare la sua mano tra le lunghe ciocche. Sentiva le nebbiose porte dell’aldilà aperte per lui, il loro vento freddo spirare attorno alla sua anima, erano vicine, molto vicine.
“Anche se io non sarò più, tu avrai il ricordo di me nel tuo cuore, Brighit, e tanto mi basta.”
La donna rimase in silenzio, mentre il fuoco cantava la sua canzone, ascoltando il tamburo del cuore dell’uomo che amava.
Infine parlò, un tono profetico aleggiava nelle sue parole.
“Immortale non è chi vive per sempre, ma chi lascia qualcosa di sé che durerà in eterno.” La donna accarezzò il volto rugoso e stanco, ammirandone i lineamenti, un tempo così avvenenti. Le bianche dita sottili scesero fino a fermarsi, aperte, sul petto che respirava a fatica, complice il freddo. “Tu sei già più immortale di me, il tuo canto è conosciuto ovunque, e tutti ti omaggiano. La tua parola di Bardo vivrà più di me: quando la memoria di Brighit sarà polvere, le tue parole, ancora, danzeranno sulle labbra degli uomini! Io questo posso prometterti, mio amato. Tu vivrai per sempre!”
L’uomo sorrise, i brividi avevano smesso di scuoterlo, ormai il gelo era diventato un compagno, in quella notte che lui sapeva essere l’ultima.
Alzando gli occhi al cielo, intonò, con voce profonda ma a malapena udibile, il suo più famoso canto:

“Io sono le onde del mare,
l'onda furiosa,
il mormorio della marea,
Io sono il ruggito del mare
Io sono il cervo dai sette palchi…”

La voce si spense, il respiro si fermò.
Un grido di angoscia e dolore eruppe dalla gola di Brighit, inconsolabile strazio del cuore che dilagava, ondata implacabile, per tutta la foresta. Il mondo si fermò, l’istante della perdita condiviso, il tormento di un’anima separata dalla propria metà.
Lacrime interminabili scesero, copiose, mentre cullava il corpo privo di vita, chiamando in dolci sussurri, spezzati dai singhiozzi, il nome di chi aveva amato con tutto il suo essere.
“Amergin…”

 

 


 

- Alban Arthan: Antico nome della festività dedicata al Solstizio d’Inverno.
Un antico, e poetico, significato è Luce di Arcturos

- Re Cervo e Re Agrifoglio: Quello della Quercia e dell'Agrifoglio è un mito tirato in ballo costantemente da Robert Graves nelle sue opere. Ovvero il sacrificio rituale di due divinità incarnate in esseri umani.
L'uno regnante per metà anno e poi detronizzato, ucciso e sostituito dall'altro, che sarebbe stato a sua volta ucciso, sei mesi dopo, da un successore. La lotta tra i due aveva come premio l'amore della regina-sacerdotessa, il che conferiva il diritto al trono come "consorte".

- Amergin: è il nome di due personaggi della mitologia irlandese, entrambi poeti.

- Brighit: Nella mitologia celtica era figlia di Dagda. Era protettrice dei poeti, dei guaritori, dei druidi, dei guerrieri
e degli artigiani, di cui in particolare dei fabbri.

Grazie a tutti quelli che hanno letto la storia, se vi piace fatemelo sapere, fa bene alla mia autostima!


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