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Autore: Illidan    11/05/2008    7 recensioni
Questo è un racconto surreale (e comico) che cerca di rispondere a una delle più importanti questioni che affligge l'umanità: dove sono le chiavi di casa???
Genere: Commedia, Demenziale, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era un tardo pomeriggio della fine di un agosto torrido

Il signor Cavaturaccioli

 

Era un tardo pomeriggio della fine di un agosto torrido.

A Milano in quel periodo cominciavano a ritornare dalla villeggiatura le prime persone che non volevano rimanere imbottigliate nel traffico degli ultimi giorni dell’estate. Purtroppo quei furbi erano tanti e le code ai caselli diventavano lo stesso lunghe chilometri.

Per fortuna, il signor Cavaturaccioli era stato ancora più intelligente degli altri e aveva preso l’aereo da Palermo a Linate, evitando così di passare gli ultimi anni della sua vita nel tremendo traffico della tangenziale.

Dopo che fu sceso dall’aereo e che gli ebbero sequestrato tutti i dolci che aveva preso in Sicilia, perchè, come disse una guardia, non si potevano importare generi alimentari da un altro Stato, uscì dall’areoporto e prese un taxi per tornare a casa.

Mentre era seduto sul sedile posteriore del mezzo privato, il signor Cavaturaccioli pensò che era felice di essere tornato a casa, dopotutto. Si passò una mano nei capelli neri che ormai cominciavano a essere grigi e guardò fuori dal finestrino. Vide piazza V giornate, corso Buenos Aires e Piazzale Loreto esattamente come li aveva lasciati: pieni di auto e di smog.

Poi scese dal taxi, prese la sua valigia, pagò il conto della corsa dicendo che con quella cifra sarebbe potuto andare a Parigi in limousine e si avviò verrso la metropolitana di Loreto. Dopo circa un quarto d’ora la sua figura bassa e grassoccia ricomparve in superficie alla fermata di Sesto Rondò. Attraversò la piazza omonima, ma dopo cinque metri, sopraffatto dal calore del sole che brillava nel cielo senza la minima intenzione di andarsene, si dovette sedere sul bordo della fontana che si trovava nel centro della piazza. La osservò con i suoi occhi marroni e grandi e notò che era leggermente cambiata, cioè faceva ancora schifo, dato che era grigia e tutta imbrattata da orribili graffiti, ma al suo interno nuotavano tantissimi pesci variopinti. Felice di questa scoperta, si rialzò, prese la valigia, arrivò al portone del suo palazzo ed entrò, siccome era aperto.

Con enorme sforzo salì le scale, visto che l’ascensore era guasto come al solito, e si arrampicò fino al quinto piano. Dopo aver ripreso fiato e aver pensato di prendere un appuntamento dal dottor Cuorebatti, si mise davanti alla porta del suo appartamento e cercò le chiavi. Ma la sua mano sudata e grassoccia non trovò niente nelle tasche dei pantaloni, nè in quelle della giacca. Allora frugò nella valigia e la svuotò completamente sul pianerottolo, però non trovò le chiavi.

“Niente panico!” si disse il signor Cavaturaccioli “Devo stare calmo, me l’ha detto il dottore. Adesso mi concentro e mi ricordo dove posso averle lasciate prima di partire.” E si rammentò che forse le aveva lasciate a casa del signor Rossi, il suo vecchio amico, che aveva visto poche ore prima di salire sull’aereo per Palermo.

Allora compose il numero sul suo cellulare preistorico e aspettò.

“Pronto?” disse una voce sconosciuta dall’altra parte del telefono.

“Pronto, è il signor Rossi?”

“No, mi spiace, io mi chiamo Marroni.”

“Ah... Per caso sa dove posso trovare Rossi?” chiese speranzoso il signor Cavaturaccioli.

“Magari lo sapessi! Io sono il suo padrone di casa e lui mi deve sette anni di affitto arretrato!” urlò il signor Marroni.

“In casa ha forse trovato delle chiavi che non sono di Rossi?”

“Senta, io qui ho trovato tutto quello che c’era sette anni fa, nè una cosa di più nè una di meno. Ciò che manca è solo Rossi!”

“Grazie, scusi il disturbo.” rispose il signor Cavaturaccioli e riattaccò.

Allora pensò che, dato che gli sembrava impossibile averle perse a Palermo, doveva averle smarrite quello stesso giorno mentre tornava a casa.

Credendo di averci visto giusto, scese le scale di corsa, lasciò alla portinaia stupita la sua valigia e uscì nella piazza Rondò.

La percorse in lungo e in largo, ma non trovò niente. Poi si accorse della fontana e pensò che le chiavi gli ci fossero cadute dentro mentre era sul bordo. Mise la mano destra dentro l’acqua e con un grido la tirò subito fuori: un pesce verde lo aveva azzannato al pollice e non voleva mollarlo.

Mentre urlava di dolore e cercava di togliersi quella belva dal dito si accorse di un cartellino sul bordo della fontana che diceva di non immergersi nell’acqua perchè i nuovi pesci erano dei pirañas, gentile dono del presidente brasiliano alla città di Milano, che a sua volta li aveva donati a Sesto San Giovanni. Bestemmiando contro i brasiliani e i loro regali, continuò la ricerca con il pesce attaccato al pollice, dato che non riusciva a toglierselo. Dopo un attentissimo a cautissimo esame della fontana, si accorse che non c’erano le sue chiavi, mentre era pieno di ossa di sventurati, che prima aveva scambiato per monetine.

Allora ridiscese nel metrò, tornò a Loreto e chiamò lo stesso taxi di prima, del quale per fortuna si ricordava il numero.

Dopo aver constatato che le sue chiavi non erano lì, chiese al conduttore di riportarlo a Linate in fretta. Il tassista partì in quarta, ma continuò per tutto il tragitto a chiedersi come mai quel signore avesse un pesce che gli azzannava il pollice. Una volta arrivato, il signor Cavaturaccioli scese dal taxi e pagò senza fiatare, perchè sapeva di avere poco tempo. Infatti il suo aereo ripartiva alle sette e mezza ed erano le sette e venti. Oltre a ciò, era ormai certo che le sue chiavi fossero lì.

Corse a perdifiato dentro l’areoporto, perdendo sangue dalla mano destra perchè il pesce gli aveva trafitto la carne, arrivò al gate e gridò a squarciagola di fermare l’aereo che stava partendo. Una guardia, la stessa che gli aveva sequestrato i dolci e che ora era intenta a mangiarseli, osservando il signor Cavaturaccioli con enorme disprezzo e credendolo completamente fuori di senno, gli assestò una manganellata in testa e lo portò al commissariato più vicino.

Il commissario, che stava dormendo della grossa sulla sua poltrona, si arrabbiò alquanto per la sveglia, ma, quando vide le condizioni dell’uomo che i suoi agenti gli portarono di fronte e che definirono come un “pericoloso terrorista”, ebbe compassione e lo liberò dalle manette e dal pesce, che si premurò di far riportare nella fontana di piazza Rondò.

A mezzanotte e un quarto il signor Cavaturaccioli riuscì a tornare a casa. Prese la sua valigia in portineria, salì le scale mogio mogio e, arrivato al quinto piano, si appoggiò alla porta del suo appartamento.

Nessuno potrà mai immaginare quanto fu grande il suo stupore quando vide che la porta era solo socchiusa e che le chiavi di casa erano sul tavolo di cucina.

 

FINE   

   
 
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