La festa della mamma…
Come potevo averla dimenticata?
Se non fosse stato per quel
bambino, che correva
urlando Mamma! per il villaggio,
temo
proprio che l’avrei scordata. E non è bello,
né simpatico.
È
ingiusto, inizio a perdere la cognizione del tempo.
Il pozzo non mi è mai
sembrato così profondo, e non
avrei mai creduto che fosse così lungo da percorrere.
L’angusto hokora, poi, mi
irrita, così pregno di questo disgustoso odore il legno
marcio.
Voglio
uscire, mi sento soffocata.
Quand’ero piccola,
però, questo era il mio
nascondiglio.
Munita di una torcia – gialla, con il disegno di un pulcino
– e di un bento, correvo
sempre qui, a rifugiarmi, e nessuno
veniva mai a cercarmi.
Avevano paura del pozzo
mangia-ossa.
E io piangevo.
Piangevo, perché avevo
paura che si fossero scordati
di me. E avevo paura che si fossero scordati di me perché
non arrivavano, pur
sapendo perfettamente la mia ubicazione.
Sul calar della sera,
però, giungeva sempre mamma.
Sorridendo, mi indicava con un dito, e mormorava Trovata.
Io ridacchiavo, contenta, e lei afferrava un fazzoletto,
decisa a ripulirmi dalla terra con cui avevo giocato.
Mi
tirava sempre su di morale, la mia mamma.
Esco velocemente dal tempietto, e la
vedo: è nei pressi
della porta, e spazza il pavimento, canticchiando una ninna nanna che
tanto mi
piaceva ascoltare da bambina.
Non so
che fare.
Resto in silenzio, cercando
qualcosa da dire, qualcosa
che non suoni come una bugia, o che non la ferisca: non ho intenzione
di dirle
che ho dimenticato la festa della mamma. Non voglio che si sente triste
a causa
mia.
Ma non voglio neppure raccontarle
una bugia – è sveglia,
lei. Lo capirebbe subito, dalla colorazione rossastra che assumono le
mie gote
quando mento e dalla mia espressione colpevole.
Così
resto in silenzio.
Mamma continua a spazzare,
sorridendo.
Adulta.
Come fa…?
Come ci
riesce?
Lei è forte. Davvero,
davvero forte.
Paragonata a lei, io sono solo una
bambina, una
marmocchia urlante incapace di fare qualsivoglia cosa, da sola.
Come fa ogni volta a lasciarmi
andare senza chiedermi
nulla?
Come fa ogni volta a vedermi
piangere per Inu-Yasha, a
sedersi al mio fianco, a consolarmi, e a non chiedermi nulla?
Come fa ad essere una mamma così splendida e a non
chiedere nulla in cambio?
Io non ci riuscirei.
Io non saprei essere
così dolce, né così comprensiva.
E di certo non riuscirei mai lasciare andare mia figlia – la
figlia che agogno
avere un giorno – senza chiederle alcunché. E a
sorridere. E a consolarla.
Eppure,
lei ci riesce.
Guardandola, capisco cosa significa
essere una donna.
Guardandola, capisco cosa vuol dire
amare una persona.
È
magnifica.
Mamma mi ha vista,
perché mi fa cenno di avvicinarmi, sorridendo
radiosa.
“A-Auguri…”,
balbetto, guardandola terribilmente
imbarazzata, come una bambina che ha commesso una marachella.
“Oh! Tesoro, non dovevi
disturbarti! Tu e i tuoi amici
avete molto da fare… non dovevi preoccuparti!”. Mi
scompiglia i capelli con un
gesto affettuoso, e io sento le lacrime spingere per uscire.
Come fa ad essere sempre
così buona, con me?
Un’altra si sarebbe di
sicuro arrabbiata.
“Piccolina…
come va la vostra missione? Concluso
qualcosa?”, domanda, curiosa. Non vuole pettegolezzi,
però.
Vuole
solo ascoltarmi.
Non riesco a trattenermi, e mi
getto piangendo tra le sue
braccia, cercando protezione, come quando ero piccola e avevo la
febbre, e
volevo le sue coccole.
Lei non parla, mi carezza i capelli
e nulla più.
Dopotutto, le basta solo questo per capirmi: sono un libro aperto, sa
tutto di
me.
Sa tutto dell’amore per
Inu-Yasha, e della ricerca
della Shikon. Con un solo sguardo, la mia mamma mi capisce.
E io gliene sono grata.
E nonostante anche oggi io la lasci
di nuovo sola,
senza restare più di mezz’ora…
E nonostante ci siano ben 500 anni
a dividerci…
Una cosa è certa:
è la mia mamma, e le vorrò sempre un
mondo di bene!
[Nota:
“Revisione”
del 21 febbraio 2009]
Kami-sama
che
orrore.
Ok.
Dopo aver –
ancora una volta – dichiarato le ovvietà,
cercherò di dire due paroline serie:
non so cosa mi prese mentre scrivevo ‘sta roba.
Semplicemente,
era la festa della mamma, e mi sentivo in dovere di dedicarle qualcosa.
E così
feci.
Se
mi fossi resa
conto di quanto faceva schifo, però, non l’avrei
di certo postata.
Bah,
ho corretto
gli errorini sparsi, e ho inserito qualche periodo. Nulla
più, nulla meno.
Detesto
rivedere
i miei primi lavori, mi sento anche più incapace. XD
Comunque,
ho
fatto quel che dovevo fare, dunque posso congedarmi, e ringraziarvi per
essere
ancora vivi.
Alla prossima,
si spera.