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Autore: roro    11/05/2008    5 recensioni
Lei non parla, mi carezza i capelli e nulla più. Dopotutto, le basta solo questo per capirmi: sono un libro aperto, sa tutto di me.
Una piccola Shot per la festa della mamma: per ricordare che, in questo manga, non ci sono solo battaglie.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kagome
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Grazie, mamma. 

La festa della mamma… Come potevo averla dimenticata?

Se non fosse stato per quel bambino, che correva urlando Mamma! per il villaggio, temo proprio che l’avrei scordata. E non è bello, né simpatico.

 

È ingiusto, inizio a perdere la cognizione del tempo.

 

Il pozzo non mi è mai sembrato così profondo, e non avrei mai creduto che fosse così lungo da percorrere. L’angusto hokora, poi, mi irrita, così pregno di questo disgustoso odore il legno marcio.

 

Voglio uscire, mi sento soffocata.

 

Quand’ero piccola, però, questo era il mio nascondiglio.

Munita di una torcia – gialla, con il disegno di un pulcino – e di un bento, correvo sempre qui, a rifugiarmi, e nessuno veniva mai a cercarmi.

Avevano paura del pozzo mangia-ossa.

E io piangevo.

Piangevo, perché avevo paura che si fossero scordati di me. E avevo paura che si fossero scordati di me perché non arrivavano, pur sapendo perfettamente la mia ubicazione.

Sul calar della sera, però, giungeva sempre mamma. Sorridendo, mi indicava con un dito, e mormorava Trovata. Io ridacchiavo, contenta, e lei afferrava un fazzoletto, decisa a ripulirmi dalla terra con cui avevo giocato.

 

Mi tirava sempre su di morale, la mia mamma.

 

Esco velocemente dal tempietto, e la vedo: è nei pressi della porta, e spazza il pavimento, canticchiando una ninna nanna che tanto mi piaceva ascoltare da bambina.

 

Non so che fare.

 

Resto in silenzio, cercando qualcosa da dire, qualcosa che non suoni come una bugia, o che non la ferisca: non ho intenzione di dirle che ho dimenticato la festa della mamma. Non voglio che si sente triste a causa mia.

Ma non voglio neppure raccontarle una bugia – è sveglia, lei. Lo capirebbe subito, dalla colorazione rossastra che assumono le mie gote quando mento e dalla mia espressione colpevole.

 

Così resto in silenzio.

 

Mamma continua a spazzare, sorridendo.

 

Adulta.

 

Come fa…?

 

Come ci riesce?

 

Lei è forte. Davvero, davvero forte.

Paragonata a lei, io sono solo una bambina, una marmocchia urlante incapace di fare qualsivoglia cosa, da sola.

Come fa ogni volta a lasciarmi andare senza chiedermi nulla?

Come fa ogni volta a vedermi piangere per Inu-Yasha, a sedersi al mio fianco, a consolarmi, e a non chiedermi nulla?

Come fa ad essere una mamma così splendida e a non chiedere nulla in cambio?

Io non ci riuscirei.

Io non saprei essere così dolce, né così comprensiva. E di certo non riuscirei mai lasciare andare mia figlia – la figlia che agogno avere un giorno – senza chiederle alcunché. E a sorridere. E a consolarla.

 

Eppure, lei ci riesce.

 

Guardandola, capisco cosa significa essere una donna.

Guardandola, capisco cosa vuol dire amare una persona.

 

È magnifica.

 

Mamma mi ha vista, perché mi fa cenno di avvicinarmi, sorridendo radiosa.

“A-Auguri…”, balbetto, guardandola terribilmente imbarazzata, come una bambina che ha commesso una marachella.

“Oh! Tesoro, non dovevi disturbarti! Tu e i tuoi amici avete molto da fare… non dovevi preoccuparti!”. Mi scompiglia i capelli con un gesto affettuoso, e io sento le lacrime spingere per uscire.

Come fa ad essere sempre così buona, con me?

Un’altra si sarebbe di sicuro arrabbiata.

“Piccolina… come va la vostra missione? Concluso qualcosa?”, domanda, curiosa. Non vuole pettegolezzi, però.

 

Vuole solo ascoltarmi.

 

Non riesco a trattenermi, e mi getto piangendo tra le sue braccia, cercando protezione, come quando ero piccola e avevo la febbre, e volevo le sue coccole.

Lei non parla, mi carezza i capelli e nulla più. Dopotutto, le basta solo questo per capirmi: sono un libro aperto, sa tutto di me.

Sa tutto dell’amore per Inu-Yasha, e della ricerca della Shikon. Con un solo sguardo, la mia mamma mi capisce.

E io gliene sono grata.

E nonostante anche oggi io la lasci di nuovo sola, senza restare più di mezz’ora…

E nonostante ci siano ben 500 anni a dividerci…

Una cosa è certa: è la mia mamma, e le vorrò sempre un mondo di bene!

 

 

 

 

[Nota: “Revisione” del 21 febbraio 2009]

Kami-sama che orrore.

Ok. Dopo aver – ancora una volta – dichiarato le ovvietà, cercherò di dire due paroline serie: non so cosa mi prese mentre scrivevo ‘sta roba.

Semplicemente, era la festa della mamma, e mi sentivo in dovere di dedicarle qualcosa. E così feci.

Se mi fossi resa conto di quanto faceva schifo, però, non l’avrei di certo postata.

Bah, ho corretto gli errorini sparsi, e ho inserito qualche periodo. Nulla più, nulla meno.

Detesto rivedere i miei primi lavori, mi sento anche più incapace. XD

Comunque, ho fatto quel che dovevo fare, dunque posso congedarmi, e ringraziarvi per essere ancora vivi.

Alla prossima, si spera.

   
 
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