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Autore: Laylath    13/12/2013    5 recensioni
...la sensazione che il ciclo si era completato nel modo giusto e corretto lo faceva stare meglio
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Kain Fury, Riza Hawkeye
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Riposo



Era sereno, incredibilmente sereno quando suonò il campanello.
Per quanto nel suo cuore aleggiasse una profonda tristezza, c’era anche la consapevolezza che era solo una fase naturale della vita a cui non ci si poteva opporre… e per quanto fosse dolorosa, la sensazione che il ciclo si era completato nel modo giusto e corretto lo faceva stare meglio.
Ad aprirgli fu un uomo, alto con i capelli neri che gli cadevano nella fronte come quando era ancora colonnello e non Comandante Supremo di Amestris… a casa sua li teneva così. C’erano sottili, piccole rughe agli angoli degli occhi e intorno alla bocca, ma qualsiasi cosa in Roy Mustang contribuiva a dargli fascino, persino i segni della maturità.
“Ehilà, Fury – sorrise, dandogli una pacca sulla spalla per prevenire qualsiasi saluto formale: dalla sua amata squadra, in occasioni private, non ne voleva proprio sapere – vieni dentro, dai.”
“Mi dispiace che sia così tardi.” mormorò il Maggiore Kain Fury.
“Tranquillo, tanto Elisabeth dorme già. Scusa tu piuttosto per averti chiamato così all’improvviso.”
“Non avrei mai potuto…” non terminò la frase, scuotendo il capo ed il suo superiore annuì con comprensione:
“Riza è in salotto, vai pure.”
“Lei non viene, signore?”
“No, - scosse il capo Roy con un mesto sorriso – è giusto che in questo momento ci siate solo tu e lei. Io l’ho già salutato… sono in camera della bambina se avete bisogno di me.”
“Va bene…”
Con passo esitante si diresse nel salotto di quella grande villa: era una stanza davvero imponente, però accanto al camino Riza era riuscita a creare un angolino protetto ed intimo, racchiuso tra alcuni divani e poltrone. E lei stava lì, seduta sul morbido tappeto, a godere del tepore del fuoco che ardeva tranquillo in quella sera d’inverno.
Mentre si avvicinava, Fury iniziò a sentire l’inevitabile commozione che saliva.
Come lo vide, la donna sorrise: aveva i capelli biondi sciolti sulle spalle ed indossava un morbido maglione e dei pantaloni della tuta militare: poteva essere la moglie ed assistente del Comandante Supremo, ma Riza Hawkeye era un soldato che sapeva bene quanto fosse sciocco essere formali all’interno della propria casa.
“Ciao…” sussurrò, mentre il soldato si avvicinava.
“Come va?” chiese lui, tenendo il tono di voce basso e accoccolandosi sul tappeto accanto a lei.
“Ci siamo quasi ormai… ogni tanto si sveglia, ma penso che per te lo farà l’ultima volta.” una lacrima scese dalla guancia di quella donna così marziale, ma lei non fece niente per asciugarla.
Fury sorrise e dedicò la sua attenzione a colui che era venuto a trovare per l’ultima volta. Allungò la mano ed accarezzò il pelo morbido, dove il bianco la faceva da padrone anche dove anni prima c’era il nero.
Al suo tocco Black Hayate emise un guaito e aprì debolmente gli occhi.
“Ciao, amico mio – mormorò il soldato – siamo stanchi mi si dice eh? Beh, a più di sedici anni hai tutto il diritto di esserlo.”
Il vecchio cane alzò leggermente la testa e tirò fuori la lingua, ansimando; la coda si mosse stancamente ad esprimere ancora una volta la gioia di vedere il suo grande compagno di giochi. Provò anche ad alzarsi dal nido di coperte dove era sdraiato, ma tutti i suoi sforzi furono vani.
“E’ sempre stato così. – sussurrò Riza non potendo fare a meno di sorridere – Potevo insegnargli qualsiasi cosa, ma quando ti vedeva impazziva sempre di gioia e abbandonava ogni forma di disciplina.”
“Non c’è bisogno che ti alzi, amico mio – gli consigliò Fury, accarezzandolo e accostandosi ancora di più a lui – Lo vedi che sono accanto a te?”
Affondò il viso nel pelo dell’animale come aveva fatto migliaia di volte in quei sedici anni, sentendo il respiro affaticato e ansimante. Fu inevitabile iniziare a piangere… perché quel cane era stato un amico fedele, un compagno di giochi, un’anima affine per tutto quel tempo. E anche se ora stava morendo di serena vecchiaia, dopo aver vissuto una vita piena e felice, con persone che amava, al soldato che l’aveva trovato anni prima faceva veramente male dovergli dire addio.
“Tu sei stato il cane migliore del mondo…  – sussurrò –  E sei stato un amico fedele per me, e per la tua padrona… e lo sei stato anche per la piccola Elisabeth... e sono sicuro che White continuerà a vegliare su di lei, del resto è tuo figlio. Ma non potrà mai essere speciale quanto… Diamine, Hayate, ti giuro…”
Dovette prendere fiato perché i singhiozzi gli mozzavano il respiro; sentì che anche Riza piangeva sommessamente. Abbassando lo sguardo vide che Hayate lo stava fissando con un amore così assoluto e fiducioso… così umano che non aveva bisogno di spiegazioni…
“Ti giuro che una delle cose migliori che possa aver fatto in vita mia… è stata raccoglierti in quel giorno di pioggia e portarti in ufficio con me.”  
E il cane gli leccò debolmente la mano, la lingua ormai secca e rasposa.
Fury lo sollevò delicatamente, assieme alle coperte, e lo prese in braccio, sentendo quanto ormai fosse diventato leggero. Lo strinse delicatamente a se, in modo che anche Riza potesse includersi in quell’ultimo abbraccio verso quell’animale che tanto profondamente aveva segnato le loro vite.
Lo tennero così, in quegli ultimi stanchi minuti di vita, dove tutto quello che si desidera è finalmente addormentarsi, perché nel sonno respirare è meno faticoso…
Però questa volta, prima di perdere conoscenza, al cane sembrò di essere in un vicolo freddo e maleodorante… ma fu solo per qualche tremendo secondo: una mano si tendeva verso di lui e un giovane umano, fradicio per la pioggia, lo raccoglieva per portarlo dove c’era amore, calore, famiglia.  
Non poteva avere paura se era assieme a lui.





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Giuro che avevo in mente di scrivere tutt'altro...
E sto ancora piangendo.

 
  
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