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Autore: A r y a    14/12/2013    1 recensioni
[Asa Butterfield]
Charlotte Waters è una ventenne londinese e la fotografia è la sua passione più grande. Nella sua città natale è riuscita ad aprire uno studio tutto suo e il lavoro va a gonfie vele, ma si sente come estranea in un mondo troppo caotico per lei: ragazzi troppo sicuri di sè e figli di papà sono all'ordine del giorno, e la cosa la sta facendo allontanare sempre di più dalla sua passione, facendole pensare di mollare tutto.
Passa quasi tutto il giorno nel suo studio, lavorando, e quando ha tempo libero preferisce leggere o stare su internet che uscire.
Ha paura dell'amore e lo evita, per non soffrire come ha visto soffrire molte sue amiche.
Ma le sue certezza crollano quando incontra il ragazzo che ha sempre sognato di fotografare e la sua vita prende una piega inaspettata.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The blue-eyed boy.






" Hey Jude begin, 
You're waiting for someone to perform with. 
And on't you know that it's just you. 
Hey Jude, you'll do, 
The movement you need is on your shoulder. 
Hey Jude, don't make it bad, 
Take a sad song and make it better, 
Remember to let her under your skin, 
Then you'll begin to make it better. "


Sin da bambina la fotografia mi affascinava.
Il fatto che potessi intrappolare una frazione di secondo in un pezzo di carta, riguardarlo riassaporando quel momento all’infinito, come se lo stessi vivendo ancora.
E poi la bellezza. La bellezza di alcuni paesaggi che avevo la fortuna di fotografare o che vedevo stampati sui giornali, quei colori perfettamente abbinati come solo la natura riesce a fare. E per questa ragione, il grandangolo è diventato il mio migliore amico. Ma mi piace fotografare qualsiasi cosa: dai paesaggi ai ritratti, dai fiori ai grattacieli della mia città natale, Londra.
La passione è l’unico motivo per cui continuo a lavorare come fotografa.
Se non avessi quella, penso che avrei già smesso da un pezzo: sono circondata da ragazzi montati che pretendono di avere più di quello che possa offrirgli, figli di papà, o gente che non sa avvero cosa fare nella vita e arrotonda posando (e sono quelli che preferisco). Le mie amiche mi ritengono la ventenne più fortunata della terra, perché sto a contatto con ragazzi bellissimi tutti i giorni, ma in un anno di lavoro non mi è mai capitato di conoscerne uno che si possa definire lontanamente umile. Inoltre, non sono molto interessata a trovarmi un fidanzato, e questo è un altro motivo per cui sono totalmente indifferente. Vedo tutte le ragazze che conosco insieme a qualcuno che, alla fine, le fa soffrire e mi viene da pensare che in fondo l’amore non sia bello come viene descritto. Mi danno della folle, ma sono semplicemente lungimirante e, sì, un po’ cinica.
Comunque vada, mi accontento della mia macchina fotografica, dei miei libri e del mio computer.
Non mi sono mai messa in mostra o cose del genere, per quanto le mie amiche mi spronino e vogliano che mi scopra di più, che non continui a vestirmi a strati e che smetta di mettere quei cappelli di lana che odiano, ma che io adoro tanto da indossarli, spesso e volentieri, anche in studio. Dicono che dovrei cercare di essere più appariscente, ma penso che i miei capelli ricci e rossi bastino e avanzino.
Due ore prima avevo cacciato un altro modello, il terzo di questa settimana. Mi aveva detto che non sapevo fare il mio lavoro, che non lo ascoltavo neppure. Doveva posare per una marca di scarpe, e pretendeva che mi focalizzassi sul suo viso. “Sei consapevole del fatto che quello che dici non ha senso, vero?” gli avevo detto. Lui mi aveva riempita di insulti e io l’avevo cacciato.
Forse dovrei mollare tutto, scappare da questo mondo caotico e folle che non mi appartiene, vivere del mio grandangolo fotografando paesaggi, lontano da tutto e da tutti.
Sento suonare il telefono dello studio e, ancora assorta nei miei pensieri, vado a rispondere
- Pronto?
- Charlotte Waters?
- Sì, sono io – rispondo.
- Salve. Vorrei chiederle un appuntamento per un servizio fotografico. Oggi alle cinque per lei va bene? – mi dice l’uomo dall’altro capo del telefono.
Deve essere il padre.
- Ehm, sì. Certo, non ho altri impegni – rispondo incuriosita, come sempre quando qualcuno si degna di chiamarmi e non di presentarsi nel mio studio senza appuntamento.
- Perfetto, allora ci vediamo alle cinque – dice l’uomo con tono definitivo – Arrivederci.
- Aspetti, non mi ha detto con che nome segn-
Ha riattaccato.

Ho passato le ultime tre ore a domandarmi chi potesse essere il ragazzo o la ragazza che stavo per fotografare. Ho ipotizzato che potesse essere il figlio di un terrorista, vista la riservatezza di quella telefonata, ma mi sembrava strano che avesse utilizzato un numero rintracciabile e non privato.
Mentre aspetto, sistemo il mio archivio e cerco di mettere in ordine la mia stanza. Perché quel loft non era semplicemente il mio studio: era la mia casa. Potevo rimanere alzata fino a tardi nel laboratorio a stampare foto ed eliminare quelle che non mi piacevano, senza che nessuno mi dicesse niente e, soprattutto, senza dover uscire di lì per tornare a casa da sola.
Sento suonare il campanello del portone e lo apro dal citofono vicino alla scrivania. Mi lego distrattamente i capelli in uno chignon, prendo il cavalletto, lo sistemo davanti all’aerea di scatto e vado verso la vetrinetta degli obbiettivi, senza sapere quale prendere, visto che non mi avevano dato “ordini” precisi e non sapevo neanche che tipo di servizio avrei dovuto fare.
Sento dei colpi di tosse alle mie spalle.
Io e il mio vizio di lasciare la porta aperta. Prima o poi mi rubano tutto.
Mi giro velocemente, e faccio quasi cadere il Nikkor che ho in mano per la sorpresa.
Quel corpo asciutto, che a molti sembra addirittura troppo magro. Quello strano neo sul labbro inferiore. Quei capelli scurissimi a contrasto con la pelle rosea. E quegli occhi, i più belli che abbia mai visto in vita mia, più blu del cielo più bello che abbia mai fotografato. Avevo perso il conto di quante volte avevo immaginato di intrappolare quei due fari in uno scatto, di fare una foto così nitida da riuscire a contare tutte le pagliuzze dei suoi meravigliosi iridi.
Davanti a me, in tutto il suo splendore, c’è Asa Butterfield.






ANGOLO AUTRICE
Salve gente! Allora, questo è il primo capitolo della mia fan fiction su Asa Butterfield. Non so neanche io il vero motivo per cui l'abbia scritta, mi è uscita di getto.
Anyway, devo chiarire alcune cose riguardo al tempo e lo spazio: questa storia è ambientata a Londra nei giorni nostri, MA è come se Asa fosse nato nel 1992. Lui ha ventun'anni e Charlotte ne ha venti, ma i film e tutto ciò che Asa ha fatto (nella realtà) fino ad ora sono gli stessi. In poche parole: le cose che ha fatto nella vita reale sono presenti (per ora no, ma probabilmente emergeranno poi) e l'unica cosa che cambia è la sua età.
Detto questo niente, spero vi piaccia! Accetto critiche e consigli per migliorare.
A r y a
X.
  
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