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Autore: IreChan    15/12/2013    3 recensioni
" Parlami di lui. Di Giovanni, di mio padre, parlami di come l'hai conosciuto, di come avete deciso di... Avermi e perché... Mi avete... respinto” [...] “ Dimmi del Team. Voglio sapere tutto. Almeno ora che... lui è sparito. ”
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Memorie di Atena dopo l'ingresso nel Team Rocket.
( Silverspawnshipping )
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Giovanni, Silver, Team Rocket
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Manga, Videogioco
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Eccomi di nuovo, sono tornata ad aggiornare. Non vi ho abbandonati, non temete (?). Ci ho messo un po' ma, finalmente, aggiorno. Ah, e ci tengo a condividere questa gif che mi ha bloccato la scrittura per un giorno intero: http://i.imgur.com/Fwahn4n.gif
*Coffcoff*. Comunque, buona lettura. E Giovanni non vi sembrerà gentleman come prima ma più... boss ( ho preferito aggiungere "tematiche delicate" alle caratteristiche, preferirei non "traumatizzare" nessun lettore).
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Quel percorso sembrava non finire mai. Da quanto stavano camminando? Eppure si trattava soltanto di un tragitto minimo, dovevano soltanto arrivare all'ufficio di lui, quello del capo.
Ma perché, allora, sembrava durare ore? Migliaia di interrogativi continuavano a confonderla e a farle perdere il senso della realtà.

Riusciva a stento a credere che quel tragitto fosse iniziato, ma il fatto che entrambi fossero caduti in un imbarazzante silenzio che nessuno dei due pareva essere intenzionato ad infrangere, chi per un motivo, chi per un altro, non l’aiutava affatto.
Un passo, e poi ancora uno, ed un altro ancora.
Maledetto cuore che sembrava volerle esplodere in petto.
Ma perché? In fondo aveva sempre saputo, da quando si era unita al Team, che prima o poi l’avrebbero notata, no?
Tra sé e sé, tentava di darsi una spiegazione logica per quella reazione, che certamente era determinata dal fatto che il motivo della convocazione non fosse stato del tutto esplicitato.
Per fortuna riusciva a rimanere impassibile, almeno in quello era brava, ma probabilmente non abbastanza da convincerlo del suo assoluto distacco rispetto alla situazione.
Chiuse gli occhi per qualche istante.
Quella visuale era più rassicurante.

Il nuovo dubbio che stava iniziando ad attanagliarle la mente, però, riguardava un’altra cosa, ovvero la richiesta che lui le aveva fatto: parlarne in privato.
E se avesse voluto punirla per aver osato sfidare un Generale e, addirittura, vincere? O avrebbe potuto farle pagare l’arroganza della prima frase che gli aveva rivolto. Sì, il motivo era sicuramente quello.
Spalancò gli occhi di colpo e respirò a fondo cercando di immagazzinare più aria possibile nei polmoni, come se quel pensiero l’avesse colpita così duramente da svuotarglieli del tutto.
Strinse convulsamente una delle pokéball che teneva alla cintura stando attenta a non farsi notare, ma la maledetta le scivolò dai palmi delle mani imperlati di sudore.
E si sganciò.
E cadde.
Si udì un rumore sordo che infranse quel silenzio e i punti interrogativi che ronzavano nel suo cervello come uno sciame di Combee.
Entrambi si fermarono, lui inarcò leggermente un sopracciglio.
Atena si chinò con l'intenzione di raccoglierla e di sfuggire al suo sguardo, ma l'uomo la precedette.

“Stia più attenta la prossima volta.”

Disse quindi nel porgergliela.
Dannazione, non avrebbe dovuto lasciarlo fare.
Ma di nuovo lei non disse nulla e non compì ulteriori gesti che potessero tradire il suo imbarazzo, limitandosi a fare solo un piccolo cenno d’assenso. Con quest’ultimo, però, cercò anche di abbassare lo sguardo e possibilmente di mantenerlo fisso sul pavimento. Quello, almeno, non avrebbe tradito la sua agitazione.
Dunque recuperò in fretta la pokéball e la riagganciò alla cintura.
Non poteva permettersi altri problemi del genere, non in quel momento.
Figurarsi come l’avrebbe considerata il capo.
No, aveva degli obiettivi, ed essi andavano raggiunti ad ogni scopo. Ripresero a camminare ma, a dispetto dell’agitazione del momento, quell’attimo aveva alleggerito la sua tensione: quei pensieri, che fino a poco prima la tormentavano, adesso sembravano essersi dileguati.
Di conseguenza era persino mutata l’espressione dipinta sul suo volto: quest’ultimo aveva addirittura recuperato quella vaga aria di superiorità che la caratterizzava.
In fondo, pensò, perché avrebbe dovuto chiamarla nel suo ufficio per infliggerle una punizione? Farlo davanti alle altre reclute sarebbe servita da monito, no? Non poteva essere per quel motivo, dunque.
Sospirò, finalmente serena, mentre il tamburo nel suo petto aveva finalmente cessato la sua folle musica.

Ed ecco che, d’improvviso, il suono dei cardini di una porta che cigolavano la riportò alla realtà.
Significava una sola cosa: erano arrivati.

“Prego, avanti.”

La invitò lui.
Atena, nel muovere i primi passi all'interno della stanza, si sentì quasi intimorita dall'imponenza del luogo, che sembrava essere stato costruito proprio a quello scopo.
Era in assoluto la stanza più grande dell'edificio... o almeno di quelle che lei aveva visto.
Cercò di non guardarsi troppo intorno, sicuramente non l'avrebbe aiutata a mantenere quella fragile calma che aveva ottenuto con enormi difficoltà.
Sarebbe stato davvero fantastico continuare a concentrarsi su ogni singola venatura del legno del quale era costruita la scrivania sennonché, ad un certo punto, si sentì picchiettare insistentemente sulla spalla.
Si voltò di scatto e lo vide con un’espressione di lieve incredulità dipinta in volto.
Oh, no.
Si era piantata lì, in mezzo alla stanza. Alla faccia di “ingraziarsi il capo”. Non aveva dubbi sul fatto che l’avesse trovata decisamente ridicola in quella posa rigida e immobile, nemmeno a voler mettere radici nello splendido parquet che rivestiva il pavimento.

“Gradirebbe sedersi?”

Le domandò d’un tratto, e lei gli fu immensamente grata per non aver infierito.
Si sedettero, lui nella posizione di potere, lei, di fronte, che si sentiva sempre più minuscola e impotente, diritta e rigida come prima.
Sicuramente anche la scrivania era stata specificamente progettata a quello scopo.

“Come le ho accennato prima, vorrei farle una proposta.”

Incominciò il capo.
Lei annuì in maniera quasi frenetica.

“L’ho vista combattere. Non è assolutamente da sottovalutare, signorina—?”

“Atena.”

Rispose nel tono che riteneva più determinato e colmo di sicurezza possibile ma che, in quel momento, suonava
quasi un sussurro.

“Atena, dunque. Le ho già chiesto prima come ci sia riuscita ma non ho ottenuto risposta, quindi non insisterò su questo argomento. Ma, ora, ho una proposta per lei.”

Di nuovo quel sorriso. Anzi, più che un sorriso era un ghigno.
Lei cercò di ricomporsi.
Ora più che mai non doveva mostrare cedimenti, eppure il folle tamburo nel suo petto aveva ricominciato a suonare.
Si schiarì appena la gola.

“Che genere di proposta?”

Domandò.

“Una che si possa risolvere con una battaglia di Pokémon, insomma. Dato che lei mi sembra piuttosto ambiziosa,
credo non la rifiuterà, nonostante le condizioni da me poste.”

Il fine giustifica i mezzi, tentò disperatamente di ricordarsi, il fine giustifica i mezzi.
Avrebbe accettato, a qualsiasi condizione.
Fece un cenno con la testa, invitandolo a continuare.

“Ora, noi combatteremo. Cerchi di vederla come una semplice lotta tra allenatore e capopalestra, non le sarà difficile. Ma, ad essa, pongo due condizioni: se sarà lei a vincere, sarà nominata Generale, ma, se a vincere sarò io...”
Il cuore non sembrava volerle dare tregua.

“... Le concederò comunque questa possibilità ma, dato che devo trarre beneficio anche io dalla sua sconfitta...”
Perché prolungava l’agonia?

“...Come posso dirlo senza risultare volgare-? Diciamo, insomma, che trarrò benefici... da lei.”

Ne era sicura. Non avrebbe potuto essere altrimenti.
Doveva solo dare una risposta, ma la scelta era ardua. Rischiare e magari ottenerne i benefici o rifiutare e tornare insieme al branco di reclute?
No.
Avrebbe dovuto fare qualsiasi cosa per raggiungere la vetta, come ripeteva da giorni, settimane, mesi.
Così, lentamente ma in modo deciso, annuì.
Di nuovo il ghigno sulla faccia del capo.

“Perfetto. Iniziamo.”

 
   
 
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