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Autore: Ale_mellark    16/12/2013    3 recensioni
ciao a tutti, eccomi di nuovo a scrivere un capitolo di percy jackson che mi aveva deluso...qui si parla del ritorno di Percy dall'isola di Calipso.
dal testo: "Così la rassicurai: “Stavo scherzando Annabeth, era una battuta. Non ci penso neanche morto a lasciarti andare proprio ora.”
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Chirone, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi con un’altra percabeth! Questo è il ritorno di Percy dall’isola di Ogigia…anche qui sono rimasta parecchio delusa dalla reazione di Annabeth, e per questo ho deciso di raccontare il capitolo come me lo immaginavo io. Ringrazio Elly 24, hernoa everdeen e Mina incandescente per aver recensito la mia precedente storia, “I know”. Ditemi se vi è piaciuta anche questa attraverso le recensioni, e se mi direte che vi è piaciuta, allora pubblicherò un’altra percabeth che ho già in mente... A presto, bacioni
 

Ore dopo, la mia zattera approdò al Campo Mezzosangue. Come? Non ne ho idea.
Il Campo sembrava deserto.
 Il poligono di tiro con l’arco era vuoto. Anche la parete di arrampicata. Il padiglione? Niente. Le capanne? Disabitate.
Poi notai del fumo che si levava dall’anfiteatro. Era troppo presto per un falò e immaginai che non stessero arrostendo marshmallow. Corsi a vedere.
Nessuno si accorse di me perché stavano tutti guardando avanti verso Chirone e Annabeth.
Lei prese un lungo telo di seta verde, con un tridente ricamato sopra, e lo consegnava alle fiamme.
Stavano bruciando il mio drappo funebre. Annabeth si voltò verso il pubblico: sembrava sconvolta con gli occhi gonfi di lacrime, ma riuscì a dire: “Probabilmente è stato l’amico più coraggioso che io abbia mai avuto. Lui…”Poi mi vide e diventò paonazza. “è qui!!
Tutti si voltarono dalla mia parte e rimasero senza fiato. Vidi una folla di ragazzini avvicinarsi a me, dandomi delle pacche sulla schiena. Solo la casa di Ares era arrabbiata del mio ritorno.
Chirone si avvicinò al trotto e tutti gli fecero largo.
“Bene” sospirò con evidente sollievo. “Non credo di essere mai stato più felice di veder qualcuno tornare al Campo. Ma devi dirmi…
“DOVE SEI STATO?!?” lo interruppe Annabeth, facendosi largo a spintoni. Pensai che stesse per mollarmi un pugno, invece mi stritolò in uno dei suoi abbracci che incrinano le costole.
Gli altri ammutolirono. Lei sembrò rendersi conto della scena e mi scostò. “Ti…ti credevo morto. Testa d’Alghe!”
“Mi dispiace” risposi “Mi sono perso.”
“PERSO?!” strepitò lei. “Per due settimane, Percy?”
“Annabeth” la interruppe Chirone “Forse dovremmo discuterne in privato, non credi? Quanto agli altri, tornate tutti alle vostre normali attività!”
Detto questo ci sollevò, ci caricò sulla groppa e partì al galoppo verso la Casa Grande.
Non raccontai tutta la storia perché non riuscivo a parlare di Calipso.
Spiegai quello che era successo sotto al Monte San’Elena e come fossi stato sparato fuori dal vulcano. Poi ero naufragato su un’isola e Efesto mi aveva trovato e aiutato a tornare al Campo.
Praticamente era tutto vero, tralasciando il nome dell’isola, eppure mi sudavano le mani mentre parlavo.
“Sei rimasto via per due settimane” la voce di Annabeth adesso era più salda, ma era ancora scossa.
“Quando ho sentito l’esplosione, ho pensato…”
“Lo so” la interruppi. “Mi dispiace. Però sono riuscito a capire come attraversare il Labirinto. Ne ho parlato con Efesto.
Raccontai tutto. E annabeth rimase a bocca aperta: “Percy ma è una follia!”
Chirone riflettè: “In effetti ci sono dei precedenti. Teseo fu aiutato da Arianna. Harriet Tubman, figlia di Ermes, usò molti mortali per la sua Ferrovia Sotterranea, proprio per lo stesso motivo”
“Ma questa è la MIA impresa” ribatté Annabeth “Sono IO a guidarla!”
Chirone sembrò imbarazzato: “Mia cara, l’impresa è senz’ altro tua. Però hai bisogno di un aiuto.”
“ E questo sarebbe un aiuto? Per favore! È sbagliato. È vile…è…..
“…difficile ammettere che ci serve l’aiuto di una mortale” continuai io “Ma è la verità”
Annabeth mi scoccò un’occhiataccia: “Tu sei la persona più snervante che abbia mai conosciuto in vita mia!” e uscì come una furia dalla stanza.
Io rimasi a guardare la porta imbambolato. Volevo prendere a pugni qualcosa. “E per fortuna che ero l’amico più coraggioso che avesse mai avuto….”
“Si calmerà” promise Chirone “è gelosa figliolo”
“Che sciocchezza. Lei non…non è che…”
Chirone ridacchiò: “Non è importante. Annabeth è molto possessiva con i suoi amici ed era molto preoccupata per te. E ora che sei tornato, penso che sospetti quale sia stata l’isola del tuo naufragio.”
Ecco, Chirone aveva capito tutto. Beh, addestrava eroi da tremila anni quindi ne avrà viste di tutte.
Parlai a lungo con Chirone, gli chiesi di Tyson e Grover, di Chris Rodriguez, e Chirone mi disse che negli ultimi tempi era peggiorato, perdendo la voglia di vivere.
Poi raccontai del Ranch Tre G, di come Quintus si fosse procurato lì i suoi scorpioni e che Gerione rifornisse l’esercito di Crono.
Gli confessai dei miei sospetti verso Quintus, non poteva aver abbandonato così il suo segugio infernale, la signora O’Leary e notai che anche Chirone era preoccupato…
Poi mi disse che dovevo prepararmi per il giorno seguente.
Lo lasciai sulla sua finta sedia a rotelle, lo sguardo triste, fisso sul caminetto.
Mancava ancora parecchio all’ora di cena.
Stavo per dirigermi all’area di scherma, quando cambiai completamente direzione e mi diressi verso le capanne.
Mi fermai, titubante, sulla soglia della casa di Atena.
Presi un bel respiro e bussai. Mi aprì il fratellastro di Annabeth, Malcolm. Quando mi vide disse: “Annabeth è di là. Io vado alla parete di addestramento.”
Detto questo se ne andò, chiudendosi la porta alle spalle.
La casa di Atena era proprio come l’avevo vista l’ultima volta: i letti erano addossati alle pareti e in mezzo alla stanza c’erano tavoli con sopra decine di fogli di appunti e disegni.
Annabeth era seduta ad un tavolo ed era china su una mappa.
Quando mi vide si alzò di scatto ed esclamò: “Che ci fai tu qui? Cosa vuoi?”
Balbettai: “Io…beh…mi dispiace Annabeth.”
Lei mi guardò, rassegnata: “Non c’entri nulla tu, Percy. Ero solo preoccupata, dopo averti creduto morto nell’esplosione per due settimane intere. Ti rendi conto di come mi sono sentita? Credevo di averti perso per sempre. Di aver perso una persona a cui tengo molto. Un’altra volta”
Non so cosa mi prese in quel momento. Non ricordo neanche se avessi pensato qualcosa, o se il cervello si fosse scollegato totalmente.
Baciai Annabeth. All’inizio eravamo incerti, non sapevamo bene come reagire.
Ma poi qualcosa scattò dentro di me. Le mordicchiai leggermente il labbro inferiore e lei schiuse le labbra. Io non ci pensai due volte e accettai l’invito.
Ci baciammo a lungo e a fondo. Io la afferrai per i fianchi, avvicinandola a me, cosa che a lei non dispiacque.
Una sua mano stringeva saldamente la mia maglietta mentre l’altra si fece strada fino ai miei capelli, che strinse, e mi provocò un brivido in tutto il corpo.
Le nostre lingue giocavano, mentre ci avvinghiavamo ancora di  più e fra i nostri corpi non c’era neanche un millimetro di spazio.
Indietreggiai e mi irrigidii quando sentii con il polpaccio il bordo di legno del letto.
Lei mi baciò ancora più appassionatamente, stringendomi a sé ancora di più e persi l’equilibrio.
Cademmo entrambi sul letto, con lei sopra di me.
Ci baciammo ancora a lungo, e quando entrambi non riuscivamo più a trattenere il respiro ci staccammo. Mi lasciò un lieve bacio a fior di labbra e poi mi accarezzò una guancia.
“Ci voleva tutto quello che è successo per baciarci sul serio, eh?” esclamai, con il fiatone. Sembrava che avessimo corso la maratona di New York. “Devo scomparire più spesso.”
“Non ci provare Percy.” Sembrava sul punto di piangere.
Così la rassicurai: “Stavo scherzando Annabeth, era una battuta. Non ci penso neanche morto a lasciarti andare proprio ora.”
E la baciai ancora. Non fu passionale come quello di prima, ma comunque fu lento e romantico.
Quando ci staccammo le sorrisi e fui io ad accarezzarle la guancia.
Ci alzammo dal letto e lei mi disse: “Promettimelo Percy. Che non mi lascerai”
“Te lo prometto.” Poi la abbracciai e affondai il viso nel suoi capelli.
Lei mi strinse forte e poi disse: “è meglio che andiamo. Si sta facendo tardi ed è ora di cena”
Ci avviammo verso cena. Arrivammo ai tavoli e ci separammo: lei andò nel tavolo di Atena e io in quello di Poseidone. Non potei evitare di sorridere, dopo quello che era successo nella casa di Atena. Spero solo che la dea non mi riduca come Medusa per aver “profanato” la sua casa.
 
 
 
 
 
  
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