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Autore: Michelle Verace    17/12/2013    5 recensioni
È esilarante in che modo rimpiangi di esserti ingozzata per più di un mese un secondo prima di uscire. Stai lì, di fronte allo specchio, fingendo di non ricordare di aver mangiato quella barretta di cioccolato supercalorica o quel pezzo di pizza che una volta ogni tanto non fa male, ma che masticato fino all’ultima briciola un po’ più spesso del dovuto contribuisce soltanto ad allargarti ancora di più il girovita. Ed è inutile dare la colpa alla fame, allo stress o a quel ragazzo che ti piace e che ogni giorno rivolge esclusivamente lo sguardo alla troietta di turno che pensi di non aver affatto bisogno di invidiare. Con finta noncuranza cerchi sempre di ripetere a te stessa che sei una bella ragazza, che se magari ti sciogliessi di più – testuali parole di tua madre – non saresti costantemente ignorata da quella giungla di scimmie ammaestrate che tutti si ostinano a chiamare “maschi”. E, anzi, rivendichi la tua verginità come se fosse una perla rara, un forziere di cui soltanto tu possiedi la chiave, pensando solamente per un nano secondo alle tue compagne di classe che, per ironia della sorte, con il sesso hanno già molta esperienza.
E vaffanculo tutto!
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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√ PROLOGO

 
È esilarante in che modo rimpiangi di esserti ingozzata per più di un mese un secondo prima di uscire. Stai lì, di fronte allo specchio, fingendo di non ricordarti di aver mangiato quella barretta di cioccolato supercalorica o quel pezzo di pizza che una volta ogni tanto non fa male, ma che masticato fino all’ultima briciola un po’ più spesso del dovuto contribuisce soltanto ad allargarti ancora di più il girovita. Ed è inutile dare la colpa alla fame, allo stress o a quel ragazzo che ti piace e che ogni giorno rivolge esclusivamente lo sguardo alla troietta di turno che pensi di non aver affatto bisogno di invidiare. Con finta noncuranza cerchi sempre di ripetere a te stessa che sei una bella ragazza, che se magari ti sciogliessi di più – testuali parole di tua madre – non saresti costantemente ignorata da quella giungla di scimmie ammaestrate che tutti si ostinano a chiamare “maschi”. E, anzi, rivendichi la tua verginità come se fosse una perla rara, un forziere di cui soltanto tu possiedi la chiave, pensando solamente per un nano secondo alle tue compagne di classe che, per ironia della sorte, con il sesso hanno già molta esperienza.
E vaffanculo tutto!
«Cazzo, cazzo, cazzo.»
Ecco, dovrei smetterla di pensare a me stessa con il “tu”, facendo finta di accusare un’altra persona dei miei stessi problemi. Probabilmente perché il primo passo, per un drogato, è ammettere le proprie colpe. E in questo caso la mia colpa più grande, la mia droga, è… il cibo. Pizza, patatine, cioccolato, hot-dog, carne… ed è meglio non continuare più, se non voglio che il mio stomaco cominci a brontolare dalla fame, e non è affatto il momento giusto per questo.
«Rebeckah! Ti muovi? Farai tardi alla festa!»
«Un minuto, mamma!» urlo, sforzandomi di aggiustarmi il vestito.
L’istinto mi dice di farla finita e andare al compleanno di Tallulah in jeans e felpa, o meglio: di declinare l’invito e restare semplicemente a casa. Ma sono stanca di nascondermi sempre, perciò… su, Reb, fregatene come hai sempre fatto e muovi il culo.
«Merda.»
Dai… ce la posso fare. Ce la posso fare. Ce la posso fare.
Rotoli di carne sui fianchi, taglia di seno di troppo, gambe corte, ginocchia…
«Non puoi ricordartene nei momenti meno opportuni.» sbotto al mio riflesso, storcendo il naso alla vista di quel vestitino striminzito che sulla copia di Britney Spiars – che altresì non è che la ragazza più popolare della scuola (bleah, stereotipi del ca… volo!) – si infilerebbe con un semplice fruscio. E invece no, io devo sentirmi come se la stoffa stesse per cedere, come se un respiro profondo potesse sganciare tutti i lacci che ho meticolosamente stretto fino a sudare.
«Rebeckah!»
Un’ultima occhiata. L’ultima, davvero…
Rotoli di carne sui fianchi, taglia di seno di troppo, gambe corte, ginocchia…
Scuoto la testa, sospiro.
Sarà una lunga nottata…
 
… devo solo evitare gli specchi per un bel po’.   
 


NdA: Non starò qui ad annoiarvi, lo prometto. Sentivo soltanto che… questa storia doveva venire alla luce. In un certo senso, è un po’ autobiografica; e se l’ho postata è proprio perché avevo bisogno di sfogarmi. Non sono né la prima né l’ultima con più grassi in corpo che autostima, ma spero che comunque questa storia vi piaccia. Probabilmente potrà sembrarvi il solito cliché… vi assicuro che, sotto certi punti di vista, non lo è. Reb è un po’ una Briget Jones, soffre davvero di problemi di peso e continuerà a soffrirne fino a quando non si sarà data una mossa per cambiare la situazione. È formosa, così come tante altre ragazze tende a “gonfiarsi” mentalmente più del dovuto… io mi auguro solo che il realismo che voglio dare a Specchi si sia già notato un po’. In ogni caso, gradirei che mi faceste sapere che ne pensate (anche perché non so se valga la pena di continuarla o meno), accetto qualsiasi tipo di critica purché sia costruttiva.
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