Quando la solitudine facile
Soccomberà incontrandole,
Le tue sonore scapole,
Saranno solo favole e fiumi
Stanchi di pagine piante
Dalle tue palpebre bianche,
Povere ed aride lacrime,
Ad inondare di luce
La notte buia da stelle,
Come comete, lanterne,
Fugaci lucciole eterne.
Fugavi stragi e tempeste
Frugando nelle mie cerchie,
Stringevi patti col fato
Forte del fatto che tanto
Bastava rimaner solo
Per arginare l'orgoglio.
Piantavi il sole in un foglio,
Tremavi al solo germoglio,
Piangevi quando crescevi,
Sorgevi quando non c'eri,
Stringevi mani non tue
Nelle tue notti più tristi,
Ed i teoremi più misti
Cantavi come poesie.
Povere mani le mie,
Sempre inzuppate di sete.
Povere parole mie,
Sempre lasciate a marcire,
Sempre lasciate in un angolo
Stese sole a perire.
Provasti a fare di me
Ciò che volevi da sempre,
Temprasti spade di latta
Poggiando sulle mie tempie,
Guadasti fiumi di lava
Passando dalla mia bocca,
Posasti brina e rugiada
Sulla mandibola cotta.
Tu sospirasti soltanto
Quando sapevi che il mondo
Già aveva volto lo sguardo
Passando a qualchedun altro,
Soltanto una volta quando
Ne avresti avuto rimpianto.
Sparando a raffica in alto
Tu te ne andasti scappando.
Quello che pesi è pesante
Nei bracci di chi ti regge.
Quello che scrivi è per sempre
Negli occhi di chi ti legge.
Quello che vedi che importa?
Quando sei cieco di mente.
Quello che senti che conta?
Quando sei sordo di cuore.
Canti parole d'amore
Che sanno tanto di cielo
Ma qui nessuno ti crede,
Ti vede solo sereno.
Mi vedo solido io invece,
Marmoreo straccio di niente,
Tiepido errore perenne
Scacciato male da un ventre;
Sorbetto caldo al sapore
Di strutto astratto e salmone,
Cubetto sferico matto
Di ghiaccio, ghiaia e carbone.
Se solo fossi rimasto
A giocare a morra con Dio
Avremmo ancora del tempo
Disposto a fare da libro
Dei tuoi racconti notturni
Racchiusi tra le mie braccia,
Dei miei respiri più persi,
Coloni della tua faccia.
Distrutto ancora ripenso
Che avevo forse già tutto
Ma il mio problema è che il tempo
Non è che ne abbia per tutto.
Mia ballerina discreta,
Davanti a un pubblico esausto,
Ti prego di perdonare
Questo mio misero canto.
Di tutto ciò che ti serbo,
Da darti a fine serata,
Prendi le stelle che ho in cielo,
E queste pietre di giada.
Soccomberà incontrandole,
Le tue sonore scapole,
Saranno solo favole e fiumi
Stanchi di pagine piante
Dalle tue palpebre bianche,
Povere ed aride lacrime,
Ad inondare di luce
La notte buia da stelle,
Come comete, lanterne,
Fugaci lucciole eterne.
Fugavi stragi e tempeste
Frugando nelle mie cerchie,
Stringevi patti col fato
Forte del fatto che tanto
Bastava rimaner solo
Per arginare l'orgoglio.
Piantavi il sole in un foglio,
Tremavi al solo germoglio,
Piangevi quando crescevi,
Sorgevi quando non c'eri,
Stringevi mani non tue
Nelle tue notti più tristi,
Ed i teoremi più misti
Cantavi come poesie.
Povere mani le mie,
Sempre inzuppate di sete.
Povere parole mie,
Sempre lasciate a marcire,
Sempre lasciate in un angolo
Stese sole a perire.
Provasti a fare di me
Ciò che volevi da sempre,
Temprasti spade di latta
Poggiando sulle mie tempie,
Guadasti fiumi di lava
Passando dalla mia bocca,
Posasti brina e rugiada
Sulla mandibola cotta.
Tu sospirasti soltanto
Quando sapevi che il mondo
Già aveva volto lo sguardo
Passando a qualchedun altro,
Soltanto una volta quando
Ne avresti avuto rimpianto.
Sparando a raffica in alto
Tu te ne andasti scappando.
Quello che pesi è pesante
Nei bracci di chi ti regge.
Quello che scrivi è per sempre
Negli occhi di chi ti legge.
Quello che vedi che importa?
Quando sei cieco di mente.
Quello che senti che conta?
Quando sei sordo di cuore.
Canti parole d'amore
Che sanno tanto di cielo
Ma qui nessuno ti crede,
Ti vede solo sereno.
Mi vedo solido io invece,
Marmoreo straccio di niente,
Tiepido errore perenne
Scacciato male da un ventre;
Sorbetto caldo al sapore
Di strutto astratto e salmone,
Cubetto sferico matto
Di ghiaccio, ghiaia e carbone.
Se solo fossi rimasto
A giocare a morra con Dio
Avremmo ancora del tempo
Disposto a fare da libro
Dei tuoi racconti notturni
Racchiusi tra le mie braccia,
Dei miei respiri più persi,
Coloni della tua faccia.
Distrutto ancora ripenso
Che avevo forse già tutto
Ma il mio problema è che il tempo
Non è che ne abbia per tutto.
Mia ballerina discreta,
Davanti a un pubblico esausto,
Ti prego di perdonare
Questo mio misero canto.
Di tutto ciò che ti serbo,
Da darti a fine serata,
Prendi le stelle che ho in cielo,
E queste pietre di giada.