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Autore: HisRose    19/12/2013    1 recensioni
Ciao! In questa fanfiction riscriverò la 3 stagione di Doctor Who inserendo anche Rose. Tra i vari episodi ci saranno anche delle avventure inventate da me. (So che questa introduzione fa davvero schifo, perdonatemi). Spero vi piaccia :)
Genere: Angst, Avventura, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Donna Noble, Martha Jones, Rose Tyler
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dopo settimane di ricerca finalmente il Dottore aveva trovato un modo per comunicare con il mondo parallelo. Un piccola crepa nell’universo che stava per chiudersi. Un mare di energia era richiesta per le proiezioni, ciò significava che doveva far volare il Tardis vicino una supernova, ma per Rose questo e altro. Si sentiva terribilmente in colpa per due motivi: il primo era che per colpa sua Rose non avrebbe mai più potuto rivedere sua madre ora bloccata nel mondo parallelo con Pete, mentre lei era bloccata nel Tardis con lui; il secondo motivo per cui si sentiva in colpa era che era felice che ciò fosse accaduto, perché la sua Rose era ancora con lui. Che egoista che era. Perciò,  per alleviare almeno un po’ quel senso di colpa aveva deciso di cercare un modo per contattare Jackie e finalmente ci era riuscito.
“Come funziona?”, chiese Rose, nervosa.
Il Dottore le fece cenno di raggiungerlo e la posizionò nel punto giusto affinché la proiezione avvenisse. “Ora sarai capace di vedere tua madre e lei di vedere te, ma non durerà molto, giusto il tempo di dirvi addio”, a queste parole Rose si irrigidì e un’altra ondata di senso di colpa invase il Signore del Tempo. “Ah, un’altra cosa… è solo una proiezione, perciò niente tatto, mi dispiace”. Rose si voltò verso di lui e gli rivolse un sorriso di rassicurazione. In quelle ultime settimane i due si consolavano a vicenda, o almeno ci provavano. Lei gli ripeteva che non era colpa sua, che era stata lei a scegliere di vivere con lui  per sempre e che quando aveva preso la decisione sapeva benissimo le conseguenze. Era normale che fosse triste per la mamma, già le mancava terribilmente e il pensiero che… che dopo un viaggio, un’avventura non sarebbe potuta tornare a casa e raccontarle tutto le spezzava il cuore. Ma cos’era quel dolore in confronto a una vita con il Dottore?
Lui, invece, cercava in tutti i modi di farla stare meglio e di farla sorridere, semplicemente perché vedere Rose in quelle condizione e sapere che lui era la causa gli spezzava i cuori. Le persone intorno a lui soffrivano sempre, lui lo sapeva, si era quasi abituato a questo destino, ma non se riguardava Rose. I suoi cuori smettevano di battere anche solo se Rose si faceva un semplice taglietto sul dito, non ci poteva fare niente, questa rigenerazione, questo corpo, era fatto per amarla, lui viveva per la sua umana. Sicuramente le vecchie rigenerazione, se lo avessero potuto vedere in quel momento lo avrebbero criticato, giudicato. Un Signore del Tempo infatuato di un’umana? Era caduto davvero in basso. Solo una rigenerazione, la nove, sarebbe rimasto in un angolino, con un sorriso sulla faccia, mentre scuoteva la testa, sapendo… capendo benissimo cosa la decima rigenerazione stesse provando in quel momento.
Ecco che la proiezione cominciò. Si sentirono i sussulti di spavento di Jackie e Pete e poi l’urlo di gioia della prima.
“Rose!”, esclamò correndo verso di lei, tentando di abbracciarla.
“Mamma!” gridò lei, la voce rotta dall’emozione. “Mi dispiace non ci possiamo toccare”, le spiegò.
“Dove sei?”, chiese girando la testa in entrambi i lati, cercando di identificare l’ambiente che circondava la figlia.
“Nel Tardis. Il Dottore… ha trovato questo modo per farci incontrare”, disse sorridendo mentre pronunciava le ultime parole, ma era un sorriso che non raggiungeva gli occhi.
“Non puoi passare di qua?” chiese Jackie cercando di controllare la sua voce. Le lacrime le scorrevano sulle guancie come fiumi in piena.
A quel punto il Dottore si intromise, creando una proiezione anche per se stesso. “Non può, i due universi collasserebbero”, spiegò con tono dispiaciuto.
“E allora?”, rispose Jackie. Sia il Dottore che Rose sorrisero a quella risposta. Conoscendo Jackie Tyler probabilmente prima o poi se la sarebbero ritrovata nel loro universo, venuta per stare con sua figlia di nuovo. Quanta forza e tenacia che aveva quella donna. Il Dottore non lo avrebbe mai creduto possibile, ma sarebbe mancata anche a lui. Dopo tutte le visite che le avevano fatto tra i vari viaggi Rose e Jackie erano diventati la sua famiglia, non aveva nessuno a parte loro.
“Mamma ti voglio tanto bene, te ne vorrò sempre, sempre, non te lo dimenticare mai, hai capito?!”, disse Rose, urgenza nella sua voce. Voleva davvero che la madre se lo ricordasse, perché se mai si fosse trovata in momenti difficili, lei non ci sarebbe stata per confortarla e voleva che in quei momento le sue parole le tornassero alla mente così da farla stare almeno un po’ meglio. Inoltre le disse perché non aveva mai espresso quei sentimenti verso sua madre. Li aveva sempre provati, ma mai detti. E tutto quello che voleva fare era ringraziarla per tutto quello che aveva fatto. L’aveva cresciuta da sola e non le aveva mai fatto mancare niente, si era spezzata la schiena per farla felice e lei come l’aveva ripagata? Scappandosene con Jimmy Stone, il ragazzo di cui si era follemente innamorata, il musicista che le aveva promesso il successo, il bastardo che dopo aver tentato di abusare di lei e che, non essendoci riuscito, l’aveva picchiata, lasciando cicatrici sulla sua pelle. E dopo tutto questo Jackie Tyler era stata lì a raccogliere i pezzi, perdonando gli errori della figlia e accogliendola a braccia aperte. Poi lei è scappata di nuovo, nel tempo e nello spazio, con un alieno che si metteva sempre nei guai, e, anche se dopo un po’ di riluttanza, Jackie non aveva fatto altro che accettare la scelta della figlia, appogiandola. Era una donna così straordinaria e fu quello che Rose le disse.
“Sei bellissima e forte e mi mancherai da morire”, confessò Rose.
“Oh tesoro tu non puoi neanche lontanamente immaginare cosa ho passato in questi tre mesi”.
Un senso di colpa invase Rose. “Mi dispiace”.
“Non vorrei interrompervi, ma resta poco tempo prima che la crepa si chiuda”, informò il Dottore.
“Promettimi…” incominciò a dire Jackie, ma si dovette fermare per fare un respiro profondo. “Promettimi che ti prenderai cura di lei Dottore”.
“Lo prometto”, rispose lui. Lo avrebbe fatto anche se Jackie non glielo avesse chiesto. Rose era più importante della sua stessa vita.
“Ti voglio bene Rose”, disse tra singhiozzi e lacrime non riuscendo più a trattenersi. Rose che si trovava nelle sue stesse condizioni le disse: “Anche io mamma tantissimo. Ti vorrò sempre bene, anche a te papà”.
La proiezione svanì e Rose si ritrovò a piangere tra le braccia del Signore del Tempo, mentre quest’ultimo cercava di confortarla carezzandole i capelli, stringendola il più stretto possibile a sé, cercando di farle capire che lui era lì per lei e che niente e nessuno lo avrebbe mai portato via da lei.
“Voi chi siete?!” chiese all’improvviso una voce femminile che fece saltare i due dallo spavento, sciogliendosi dall’abbraccio.
“Cosa?”, chiese il Dottore sconvolto.
“Dove sono?!”
“Cosa?”.
“Che diavolo è questo posto?”, urlò la rossa.
“Cosa?!” sembrava l’unica cosa che il Dottore in quel momento era capace di formulare.
Visto che il Signore del Tempo era in una specie di stato di shock, fu Rose a prendere le redini della situazione.
“Ciao…” disse nervosamente, “io sono Rose e lui è il Dottore”, quest’ultimo al suono della sua voce girò la testa verso di lei, come se fosse appena uscito da una trance.
“Ma siamo in volo… è fisicamente impossibile! Come hai…” incominciò a dire.
“DIMMI DOVE MI TROVO”. IL Signore del Tempo guardò Rose disperato, non riuscendo a capire come stesse succedendo quello che stava succedendo e impaurito dall’atteggiamento aggressivo della donna. Sembrava un cucciolo smarrito. Rose si morse il labbro per non ridere, per quanto fosse strana la situazione, non riusciva a non pensare che fosse anche un po’ comica. Il Dottore che era rimasto senza parole… questa sì che era nuova.
“IO PRETENDO CHE TU MI DICA IMMEDIATAMENTE DOVE MI TROVO”, ripeté la rossa dal momento che nessuno dei due suoi “rapitori” sembrava avesse l’intenzione di risponderle. Rose aprì la bocca per farlo ma il Dottore fu più veloce. “Nel Tardis”.
“COSA?”
“IL TARDIS”
“COSA?”
“IL TARDIS”
“IL CHE COSA?”
“SI CHIAMA TARDIS!”
Ok, ora la scena si era fatta decisamente comica, ma poi Rose si mise nei panni della povera donna, a giudicare dal suo vestito stava per sposarsi o si era appena sposata e tutt’un tratto si era ritrovata nel Tardis con due estranei. Rose non poté che provare dispiacere per lei, perciò fece qualche passo per avvicinarsi. “Sei nel Tardis, è una macchina che viaggia…” ma Rose non fece in tempo a finire che la rossa urlò di nuovo. “Questa non è una vera e propria parola, dici cose insensate!”.
D’accordo, per quanto capisse cosa la donna stesse provando, non le piaceva il suo atteggiamento. Non era più così divertente da quando era rivolto a lei e non al Dottore.
“Come sei arrivata qui?”, chiese il Signore del Tempo.
“Ma è ovvio! Sei stato tu a portarmi qui, mi hai rapito! Chi c’è dietro? Chi ti paga? È stata Nerys? Oh, ma è chiaro, alla fine è riuscita a vendicarsi…” . Il Dottore si grattò il collo, gesto che faceva quando era nervoso e/o confuso. “Chi è Nerys?!”.
“La tua migliore amica”, rispose la rossa in modo sarcastico.
“Aspetta un momento… perché sei vestita così?!”
Rose roteò gli occhi, per quanto il Dottore fosse un genio a volte poteva essere così… stupido.
“Stavo andando a giocare a bowling… CHE RAZZA DI DOMANDA DA SCEMO!”, il Dottor indietreggiò alla furia che la donna sprigionava, “sognavo questo giorno da una vita. Mancavano pochi secondi e tu…”, il Dottore iniziò a premere vari pulsanti sulla console, mentre la sposa si guardava intorno, Rose si avvicinò al Signore del Tempo. “…non lo so mi hai drogata o roba del genere”.
“Io non ho fatto niente”, urlò il Dottore esasperato.
Ok, la situazione si stava facendo troppo ridicola decise Rose. Si avvicinò alla donna, tentata di prendere le sue mani fra le sue, ma non facendolo per non farla spaventare maggiormente.
“Sei al sicuro qui, non ti faremo niente. Fidati la situazione è strana per te  quanto lo è per noi”, le spiegò Rose.
“Oh mio Dio, ha rapito anche te!”, urlò la rossa come se non avesse sentito una parola di quello che Rose le aveva detto.
“No, io vivo qui”, la rassicurò la bionda.
“Perché stavi piangendo? Che ti stava facendo?”, continuò la sposa preoccupata.
Il ricordo di cosa era successo prima che tutta questa follia iniziasse colpì Rose come un pugno allo stomaco. Prese un bel respiro. Non era il momento di riprendere a piangere, avrebbe soltanto peggiorato la situazione. Si stava spazientendo, qualunque cosa dicesse sembrava che la donna non la sentisse. “No davvero!”, disse esasperata, “lui non mi ha fatto niente. Ho appena perso mia madre”, le spiegò Rose.
Il viso della rossa sembrò addolcirsi. Resto così, ferma per un po’ di tempo fino a quando con la coda dell’occhio scorse la porta e vi corse incontro.
“NO ASPETTA UN MOMENTO. ASPETTA UN MOMENTO. NOO!”, urlò il Dottore.
Ma la sposa corse verso quella che pensava fosse la sua salvezza, ma non appena spalancò le porte non poté che sentirsi peggio. Lacrime le salirono agli occhi, ma le fece rimanere esattamente dove erano. Non voleva mostrarsi debole. Era assurdo. Semplicemente assurdo. Doveva ancora essere l’effetto della droga che le avevano dato per trasportarla… dovunque si trovasse in quel momento. Doveva essere così. Eppure la vista che si trovava davanti non le era mai sembrata più vera, né più bella, né più terribilmente spaventosa di come lo era quella.
Il Dottore guardò Rose, implorandola con gli occhi di dirgli cosa avrebbe dovuto fare. Normalmente avrebbe spiegato alla persona che si trovavano nello spazio, che lui era un alieno e che la sua nave spaziale viaggiava nel tempo e nello spazio, ma quella che si trovava davanti non era una persona qualunque. Ne era una a cui lui non stava tanto a genio e non voleva fare qualcosa di sbagliato per sentirla urlare di nuovo, ne aveva abbastanza. Rose, capendo tutto ciò, si avvicinò alla rossa.
“Sei nello spazio”, le spiegò.
Spazio cosmico, pensò il Dottore, ma non la corresse.
“Questa è.. una nave spaziale. Si chiama il Tardis”, proseguì cautamente. Studiando attentamente le espressioni della sposa. Dopo qualche minuto di assenza di reazione da parte di quest’ultima, Rose iniziò a entrare nel panico. Si girò verso il Dottore, ma riportò subito lo sguardo sulla rossa, sorpresa quando la sentì iniziare a parlare di nuovo.
“Come faccio a respirare?”. Da qui entrò in gioco il Dottore, sapendo che la parte tecnica spettava a lui.
“Il Tardis ci protegge”.
“Chi siete?”.
“Rose”
“Il Dottore, e tu?”.
“Donna”.
“Umana?”. La rossa lo guardò come se fosse pazzo.
“C’è da domandarlo?”.
“Be’ io non lo sono”.
Rose guardava ogni sua reazione, sembrava la stesse prendendo piuttosto bene. Forse, dopo aver chiarito tutto, le cose si sarebbero potute sistemare in un clima meno… aggressivo.
“Io non capisco…” inizi a blaterare il Dottore chiudendo le porte e ritornando verso la console, “...eppure io capisco sempre tutto. Questo non può succedere. È impossibile che un essere umano si agganci al Tardis e si autotrasporti dentro”, prese una sottospecie di lente di ingrandimento, che si trovava in una delle tasche appese alla console, e con essa iniziò a guardare nell’occhio di Donna. “Ci deve essere qualche connessione subatomica, qualcosa nel campo temporale che ti ha messo in allineamento con lo stato crono–”.
CLAP.
Rose spalancò gli occhi. Oltre sua madre non aveva mi visto nessun altro dare un ceffone del genere al Dottore. Corse al suo fianco e gli accarezzò la guancia. Il Signore del Tempo la guardò dritta negli occhi. Era incredibile come potesse prendere tanto conforto da quel semplice gesto e da come il dolore sembrava quasi sparito, dimenticato. Non era sorpreso però, perché era sempre stato così. Quando loro due si toccavano il Dottore si dimenticava tutto quello che stava succedendo intorno a sé. Esistevano solo loro due.
Fu Rose a rompere quell’incantesimo.
“E quello per cos’era?”, urlò alla sposa. Poteva urlargli contro, poteva insultarlo, Dio, anche Rose ogni tanto avrebbe voluto farlo – per quanto lo amasse a volte il Signore del Tempo davvero portava all’esasperazione –  ma non doveva mai e poi mai picchiarlo. Donna gli iniziava a essere meno simpatica.
“PORTAMI IN QUELLA CHIESA!”.
“Ok, bene. Tanto non ti vogliamo qua”, controbatté Rose.
“Dov’è questo matrimonio?”, chiese il Dottore prima che le cose si facessero più tese di quanto già non fossero.
“Saint Mary, Londra, Inghilterra,Terra, Sistema solare”.
Ok basta. Rose ne aveva semplicemente abbastanza delle urla. Non dormiva da quattro giorni per via degli incubi – che la perseguitavano dalla battaglia di Canary Wharf. All’inizio restava sveglia tutte le notti perché aveva troppa paura di addormentarsi, ma dopo essere stata cinque giorni senza dormire crollò e gli incubi ritornarono. Così aveva passato quelle ultime settimane: cercando di rimanere sveglia quanto più poteva e dormire quando arrivava al limite –  di cui il Dottore non sapeva nulla e finora aveva trovato la forza di stare ancora in piedi e di parlare e aveva anche trovato la forza di comprendere cosa stesse provando Donna, ma la rossa non aveva fatto altro che contraccambiare la sua comprensione con altre urla e lo schiaffo era stato la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, e adesso un mal di testa le stava martellando nel cervello. Avrebbe voluto andare in camera, se non per dormire, almeno per sdraiarsi un po’ sul letto, ma non voleva abbandonare il Dottore in questa situazione, perciò si appoggiò soltanto a uno dei coralli del Tardis e prese un respiro profondo tenendo gli occhi chiusi. In meno di un secondo si ritrovò il Dottore al suo fianco.
“Stai bene?”, chiese preoccupato.
Rose annuì, ma lui non sembrava tanto convinto, così lei confessò. “Sono solo un po’ stanca”.
“Da quant’è che non dormi?”. Questa domanda la sorprese. Come faceva a saperlo?
“Come–?”.
“Ti ho semplicemente osservato Rose. La mia umana rosa e gialla”, prese le mani di lei fra le sue guardandola dritta negli occhi,  “meno energica e chiacchierona del solito con le occhiaie che cerca di coprire con il trucco. Davvero pensavi che non me ne accorgessi?”. Rose non rispose, così lui continuò. “Perché non me lo hai detto?” chiese ferito, si poteva vedere il suo dolore negli occhi.
Non si fidava abbastanza da confessargli che c’era qualcosa che non andava? Aveva sempre pensato che loro due fossero migliori amici – anche se lui avrebbe tanto voluto qualcosa di più.
Rose si morse il labbro inferiore, si sentiva male perché la ragione per cui non glielo aveva detto era perché non lo voleva ferire eppure lo aveva fatto lo stesso. Sollevò una mano sulla guancia di lui, iniziando ad accarezzarla con il pollice. Il Dottore girò il viso per baciarle l’interno del polso, senza mai staccarle gli occhi di dosso. “Non volevo che ti sentissi in colpa”, confessò lei.
Lui prese un respiro profondo. “Vai a riposare adesso”, le sussurrò.
“No, non voglio lasciarti da solo”.
“Ooh, me la caverò”, disse sfoggiando uno dei suoi sorrisi tanto contagiosi che Rose non poté far altro che restituirlo.
“Sei sicuro?”.  Lui annuì per poi baciarle la fronte. “Verrò da te prima che tu possa dire wibbly wobbly”, le disse, per poi passare a un tono più serio, “e continueremo a parlare”. Rose annuì e si diresse in camera, passando al fianco di Donna che era rimasta per conto suo per tutta la durata della conversazione, la quale era sembrata troppo intima da essere interrotta con dei suoi urli, ricordando ai due delle sua presenza. Così era rimasta ferma ad aspettare che si ricordassero di lei.
La camera di Rose era stata spostata vicino la stanza della console. Probabilmente il Tardis aveva percepito la stanchezza dell’umana e aveva spostato la camera per non farle percorrere gli infiniti corridoi.
Grazie, le comunicò Rose. Da quando aveva assorbito il cuore del Tardis, anche se il Dottore gliel’aveva tolto in seguito, la connessione telepatica tra Rose e il Tardis sembrava essere aumentata. Tanto che a volte Rose riusciva meglio lei a capire la nave spaziale che lo stesso Signore del Tempo.
Si stese sul letto, aspettando che il Dottore andasse da lei ma le palpebre diventavano sempre più pesanti, fino a quando non si chiusero definitivamente e lei cadde in un sonno profondo.
 
 
Rose si era aggrappata per rimanere in vita. Il vuoto la stava risucchiando e lei non aveva le forze. Era troppo debole. Le voci che sentiva stavano mandando la sua testa in fiamme: Si avvicina un temporale. La ragazza sperduta. Io voglio stare con te per sempre. Sperduta. Così lontana da casa. Lui ha me,me, me mamma. Sempre. Si avvicina un temporale.  Corri per la tua vita. In Battaglia. Battaglia, battaglia, battaglia. La figlia valorosa. Pensavo di conoscerlo. Mi ha abbandonato. È saltato. Abisso. Nell’abisso. È morto. La figlia valorosa. Continuerai a cambiare. Tu invecchi e muori. Diventerai una strana donna. Tu muori. Per sempre. La ragazza. Tempesta. Abisso, abisso, abisso. Neanche più umana. Strana donna. Umana, umana, umana. Non sarai più Rose Tyler. Abbandonato. Morto. Morto, morto, morto. Tu invecchi. La figlia valorosa. Tu muori. Si avvicina un temporale. Che morirà in battaglia. Tu muori.
Troppe voci, troppe. Aveva l’urgenza di mettersi la testa fra le mani e infilare le unghie il più dolorosamente possibile nella sua pelle, le serviva qualcosa che la distraesse dalle voci.
Tu muori. Lui ha me,me,me mamma. Corri per la tua vita. Pensavo di conoscerlo. La figlia valorosa. È saltato. Abisso. Nell’abisso. Neanche più umana. Strana donna. Umana, umana, umana.
Ma non appena lasciò la presa iniziò a essere risucchiata nel vuoto. Anche Il Dottore aveva lasciato la presa, ma non volava. Anzi rideva, mentre la guardava cadere giù. Ad un tratto qualcosa la bloccò, un corpo. Si girò per vedere a chi appartenesse. Si allontanò dalle braccia tra cui si trovava. Un cyberman. Il cuore le batteva a mille. Poteva sentire tutto nella sua testa.
Bum. Tu muori. Bum Lui ha me,me, me mamma. Bum. Corri per la tua vita. Bum. Pensavo di conoscerlo. Bum. Si avvicina un temporale. Bum. La ragazza sperduta. Bum. Io voglio stare con te per sempre. Bum. Sperduta.
Tutto ciò avveniva a velocità della luce nella sua mente, stava bruciando.
“Tu sei Rose Tyler, conferma. Tu sei Rose Tyler, conferma”, disse con voce robotica.
“Chi sei? Chi eri prima che…” ma Rose non era capace di finire la frase senza essere assalita da un senso di nausea.
“Il mio nome era Jacqueline Tyler”
“No”.
Il cyberman d’un tratto si trovava vicino al Dottore e lo spinse. Adesso il vuoto risucchiava solo lui mentre lei era costretta a guardarlo cadere.
“Roooooooooooooooooooooooooooooose”, l’urlo agghiacciante del Dottore le risuonava nelle orecchie.
Roooooooooooooooooooooooooooooose.Tu muori. Abisso. Nell’abisso. Bum. Jacqueline Tyler. Sperduta. Si avvicina un temporale. Per sempre. Roooooooooooooooooooooooooooooose. Umana. Rose Tyler. Bum. Ha me, mamma. Bum. Neanche più umana. Corri per la tua vita.
 
TU MUORI. ROOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOSE.

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Ciao!! Spero che vi sia piaciuto questo capitolo. Se c'è qualcosa che non va e/o qualcosa che vorreste farmi notare fatelo pure, sono sempre aperta a nuovi consigli :) Lo so, lo so, non mi odiate... Donna non sta simpatica a Rose, non vi preoccupate non durerà per molto. 

 
  
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