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Autore: Phantom13    20/12/2013    2 recensioni
Dopo un'assenza di sette anni, c'è qualcuno, seduto su un ceppo nel mezzo di una foresta, che ancora aspetta di rivedere un caro amico.
Sotto le fronde degli alberi, un cuore che sanguina.
Genere: Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Link, Saria
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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 La canzone in questione è stata cantata da due diverse artiste, che ne hanno fatto due diverse canzoni: Cascada/Groove Coverage - 7years and 50 days 
 


Sette anni - Seven Years




Seven years and fifty days
The time is passing by
Nothing in this world could be
As nice as you and I

Saria alzò lo sguardo verso l’alto. Le foglie degli alberi schermavano frusciando la volta del cielo, lasciando intravvedere a tratti qualche biancore di nuvola. Il sole le illuminava da dietro, creando innumerevoli giochi di ombre che davano a quelle foglie infinite sfumature di verde, sia scuro che chiaro, con una qualche chiazza bruna o rossiccia che premoniva l’imminente autunno. Un soffio di vento le smosse tutte all’improvviso, facendole danzare tra loro, sollevandole, scuotendole, rivoltandole, permettendo a qualche goccia di sole di filtrare tra esse e andare a macchiare il manto erboso del sottobosco. Erano diventati più alti, quel alberi, negli ultimi sette anni.
Saria distolse lo sguardo, lasciando penzolare le gambe oltre il ceppo, mentre ogni parvenza di serenità scivolava via dal suo viso e lei piombava nuovamente in quel vortice di neri pensieri che negli ultimi tempi aveva imparato a conoscere tanto bene. Con le dita, accarezzò la ruvida corteccia del ceppo.
Il loro ceppo.
Una lacrima le solcò una guancia. Aveva un disperato bisogno di rivedere lui, di riaverlo indietro. Di sapere almeno se stesse bene.
 
And how could we break up like this
And how could we be wrong
So many years, so many days
And I still sing my song
 
Forse, qualcosa non era andato per il verso giusto. Forse lui era … no. Quello no. Lei sapeva che lui sarebbe tornato, se lo sentiva dentro, nel profondo del cuore. Aveva aspettato. E avrebbe aspettato ancora, e ancora, e ancora, fino a quando non l’avrebbe effettivamente visto tornare. Sfilò con cura la fidata ocarina dalla cintura, alla quale stava legata. Lentamente, con gesti misurati, la portò alle labbra e cominciò a suonare quella melodia, quella che, sette anni prima, aveva permesso a lui di venirla a trovare, superando il labirinto di legno vivente che era il Lost Wood. Forse, suonando quella canzone, lui sarebbe tornato, proprio come quella volta. Forse, suonandola, l’avrebbe aiutato a trovare la via di casa.
Un’altra lacrima le rigò una guancia, questa volta la sinistra.
 
Now I run to you
Like I always do
When I close my eyes
I think of you
Such a lonely girl
Such a lonely world
When I close my eyes 
I dream
 
Suonava e piangeva. Il vento aumentò d’intensità, scuotendo con violenza le chiome degli alberi, catturando e portando via con sé quelle note di quella melodia. Saria chiuse gli occhi. Per un attimo, si immaginò di vederlo arrivare davvero, di vederlo sbucare da dietro l’angolo e venirle incontro sorridendo, come aveva sempre fatto. Allora lei avrebbe deposto l’ocarina, sarebbe saltata giù dal ceppo, come aveva sempre fatto, e gli sarebbe corsa in contro. Forse, l’avrebbe anche abbracciato. Avrebbero riso tutti e due, come erano soliti fare un tempo. Ma Saria aveva gli occhi chiusi, stava sognando. Una ragazza sola in un mondo altrettanto solo. Come si può? Come si può sopportare il vuoto di un’assenza tanto dolorosa in un mondo che non fa nulla per alleviare le sofferenze?
Il vento, insieme alle note, si stava portando via anche il suo calore.
Seven years and fifty days
Now just look at me
Another girl I used to be
So then what do you see
 
Erano passati sette anni, ma lei non era cambiata. La benedizione e la condanna dei Kokiri, ragazzina per sempre. Non sarebbe mai cambiata ed ora sentiva più che mai che il proprio corpo non rispettava più ciò che era la sua anima. Si sentiva lacerata dentro, ingrigita come una pianticella appassita d’inverno che non può far altro che guardare i propri rami contorti stendersi nudi verso il cielo, come a reclamare quelle foglie che da tempo se n’erano andate. Lei di foglie ne aveva persa solo una, una fogliolina verde, con un cappuccio appuntito, che era volata via, sospinta da un destino che alcuni chiamavano “divino”, ma che lei riusciva solo a vedere come “dannato”.
Lei era sempre la stessa ragazza, stesso viso, stessa altezza. Stesso aspetto fiorente di ogni Kokiri. Eppure dentro si sentiva l’inverno.
Chi l’avrebbe vista, esteriormente, l’avrebbe senz’altro vista come una ragazzina normale, in salute e in forma. Solo Mido si era accorto di quale desolante tristezza regnava nel suo sguardo, una volta ridente come la primavera.
Le avevano tolto il suo sole e nessuno se n’era accorto. Fino a quando non sarebbe tornato, per lei sarebbe sempre e comunque rimasto inverno.
Una volta, lei era stata diversa. Lei era stata un’altra ragazza, sebbene il suo corpo non sarebbe mutato mai.
 
And how could we break up like this
And how could we be wrong
So many years, so many days
And I still sing my song

Come erano arrivati a quel punto? Lui era partito. Hyrule l’aveva scelto e chiamato, lui aveva risposto ed era partito. Non stava a lei fermarlo, quello era palese. Era il suo destino. Era il loro destino. Lui aveva un ruolo, lei ne aveva un altro. Lei lo sapeva, l’aveva sempre saputo che lui non era uguale agli altri. Che lui non apparteneva a quella tribù. Non un Kokiri ma comunque parte integrante di quella che una volta era la vita di una ragazzina chiamata Saria. Erano diventati amici, indispensabili l’uno all’altro. Sapendo al contempo che sarebbero sempre rimasti separati.
Tutti quei anni, tutti quei giorni. Lui aveva sicuramente seguito la sua natura, era sicuramente cresciuto, il suo corpo era certamente cambiato. Lui era probabilmente diventato un adulto, parola sconosciuta in quella foresta.
Forse lei si stava sbagliando. Sette anni erano tantissimi per una creatura soggetta ad invecchiamento. Lui avrebbe anche potuto dimenticarsi di lei, o smettere di vederla come un’amica.
Ma Saria si ostinava ancora a suonare la sua canzone.
Suonava tutti i giorni. Piangeva tutti i giorni. Sognava tutti i giorni. Sperava tutti i giorni.
Gli alberi e quel ceppo erano i suoi testimoni.
Lo erano stati per sette anni e cinquanta giorni esatti.
Lei suonava ancora la sua canzone.
 
Now I run to you
Like I always do
When I close my eyes
I think of you
Such a lonely girl
Such a lonely world
When I close my eyes 
I dream

I'll return to you
Like I always do
When I close my eyes
I think of you
Such a lonely girl
Such a lonely world
When I close my eyes 
I dream of you
 
Un ululato provenne dal Tempio, alle spalle della giovane Kokiri. Saria smise di suonare, lentamente si voltò mentre di colpo il vento cessò di soffiare. Un’immobilità innaturale avvolse la Radura, la Kokiri e gli alberi.
 
Saria doveva andare.
 
Il tempo era giunto.
 
  
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