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Autore: Sakura Hikari    20/12/2013    1 recensioni
Da un prompt di Ashtart: Maid!Grell durante la Nottebianca Grelliam: perché il 16 Dicembre non va dimenticato! indetta da BeaLovesOscarinobello.
Will aprì gli occhi e quello che si trovò davanti era assolutamente l’ultima cosa che si sarebbe aspettato di vedere: Grell, che reggeva il vassoio con la zuppa, con indosso un costume da Maid. Rosso, ovviamente. La parte superiore era un po’ larga intorno al petto per celare la totale assenza di seno, ed aderente ai fianchi, mettendone in risalto le curve; la gonna terminava ben sopra il ginocchio e lasciava in mostra le gambe nude; una crestina bianca da cameriera poggiata sulla testa completava il tutto. Will non aveva la più pallida idea di come se lo fosse procurato – non era da escludere che l’avesse cucito lui stesso - ma doveva ammettere che gli stava dannatamente bene.
“Su….Sutcliffe. Cosa…”, fu tutto quello che riuscì ad articolare, non sapeva bene se per la sorpresa o per il dolore alla gola.
“Cos’è quell’espressione confusa, padrone?”, chiese Grell fingendosi stupito. “Sono la sua maid~! E stasera mi prenderò cura di lei.”
Genere: Comico, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Grell Sutcliff, William T. Spears
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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D’ influenze di stagione

e costumi da maid

PROMPT: Maid! Grell, di Ashtart

 

 

 

 

 

William aprì lentamente gli occhi, senza avere la minima idea di dove si trovasse: la camera era completamente buia e lui si trovava disteso su un letto, con le coperte tirate fin sotto il mento. La testa gli pulsava e faticava a rimettere in ordine i pensieri. Si sentiva come se avesse dormito per decenni e si fosse risvegliato in un luogo sconosciuto. Era nella sua camera? Oppure giaceva in uno dei letti dell’infermeria?
Tentò di sollevarsi, ma delle fitte penetranti alle ossa lo costrinsero a ritornare nella posizione precedente. Per quale motivo poi, era ridotto così? Provò a richiamare alla memoria gli ultimi avvenimenti, ma era tutto molto confuso.
In quel momento un fascio di luce illuminò la stanza. Will si voltò e vide che qualcuno aveva aperto la porta ed era entrato: tentò di capire chi fosse, ma gli erano stati tolti gli occhiali, e senza tutto ciò che riusciva a distinguere era una figura dai lunghi capelli scarlatti… aspetta un attimo, scarlatti?
“Ottimo, sei sveglio. La zuppa è quasi pronta, attendi ancora cinque minuti.”
Quella voce non lasciava più adito a dubbi: Grell Sutcliffe, decisamente l’ultima persona al mondo che avrebbe dovuto vederlo ridotto in un simile stato.
Will sollevò un braccio e cercò a tastoni i suoi occhiali, presumendo che fossero stati appoggiati sul comodino adiacente. “Ecco, tesoro.”, disse Grell, porgendoglieli gentilmente. Si sedette sul bordo del letto e cominciò a fargli una raffica di domande: “Come ti senti? Va un po’ meglio? Sei abbastanza caldo? Hai bisogno di un’altra coperta?”
William rimase in silenzio: in realtà avrebbe voluto porgergli qualche domanda, ma si sentiva incredibilmente debole, ed anche parlare gli costava uno sforzo immane. Dovette schiarirsi la gola un paio di volte prima di riuscire ad articolare qualche parola: “Do-dove…dove mi trovo? Cos’è successo?”
Grell gli fece un sorriso dolce: “Beh, tesoro, sei a casa mia, e sei malato. Non ti ricordi? Hai lavorato come un matto nell’ultimo mese, il lavoro in ufficio, le raccolte e gli straordinari… non hai quasi chiuso occhio nell’ultimo mese e alla fine il tuo organismo non ce l’ha fatta più. Sei svenuto proprio davanti ai miei occhi quando sono venuta a consegnarti i rapporti delle morti di questa settimana e… insomma, avevi assolutamente bisogno di riposarti.”
Adesso cominciava a ricordare. Ma certo, aveva dovuto sostituire Grell nel lavoro sul campo finché questi era costretto agli arresti domiciliari, dopodiché gli erano stati assegnati degli straordinari a causa della carenza di personale ed infine c’era stata quella missione in quel circo e la convivenza forzata con quel demone… Non c’era da sorprendersi che il suo fisico non avesse retto.
Annuì: “Ora ricordo qualcosa. Beh, Sutcliffe”, e fece per alzarsi, tentando di ignorare le fitte di dolore. “Grazie per la tua... premura, ma davvero, non era necessario… sono perfettamente in grado di badare a me stesso…”
A queste parole Grell scoppiò a ridere: “Ma sentilo! Tesoro, non riesci neanche a reggerti in piedi, come pensi di riuscire a guarire senza nessuno che si prenda cura di te?”
William era ben conscio della sua situazione, e l’idea di restare bloccato a letto, alla completa mercé di quel ciclone in rosso, troppo debole persino per opporre resistenza, non gli piaceva per niente. Conosceva bene Grell, e non osava immaginare cosa avesse in mente per farlo star meglio: gli venivano i brividi al solo pensarci.
“Sutcliffe, davvero, questo non…” Will non riuscì a terminare la frase perché venne colto da un violento attacco di tosse. Grell gli posò una mano sulla spalla ed un’altra dietro la schiena e delicatamente, ma fermamente, lo costrinse a sdraiarsi di nuovo.
“Ho già mandato un piccione ad avvisare i piani alti che starai a casa per un po’ con l’influenza.”, disse Grell. “E se pensi che non sia poi così grave, ricrediti.” E ad un tratto i loro visi si trovarono a pochi centimetri di distanza e Will percepì la fronte gelida dell’altro premere contro la sua. Colto alla sprovvista, si irrigidì e serrò gli occhi. Cosa gli saltava in mente, per l’amor del cielo? Non aveva mica intenzione di…baciarlo? 
Rimase in attesa, il corpo teso come una corda di violino, pronto a reagire qualora il suo collega avesse azzardato di più.
“Lo senti, Will? Scotti. Mi dispiace, ma non andrai da nessuna parte finché non ti sarai completamente ristabilito.”, parlò infine. Will aprì gli occhi e vide che un sorriso solleticare gli angoli della bocca di Grell. “Stai arrossendo tesoro. È per causa mia? Dovrei farlo più spesso: il rosso ti dona da morire.”
Irritato, Will lo spinse via.
“Cerca di non affaticarti, va bene? Io vado a controllare la zuppa.”, disse Grell ridendo. Si alzò e si diresse verso la porta, ma si bloccò sulla quando sentì William parlare di nuovo: “Se adesso mi ritrovo in questo stato, la colpa in parte è tua.”
Grell si voltò verso di lui e scrollò le spalle. “Vero. E questo è il minimo che possa fare, no?”, disse prima di uscire.
William chiuse gli occhi e rimase ad ascoltare i rumori che provenivano dalla cucina. Doveva rassegnarsi al fatto che sarebbe rimasto bloccato a casa di Grell per un po’; sperò solo che non mandasse a fuoco la casa nel tentativo di cucinare qualcosa, o che la zuppa che stesse preparando non lo avvelenasse. Lo shinigami aveva già sperimentato in passato la cucina di Grell, ed era un’esperienza che si era augurato di non dover ripetere per nulla al mondo.
Inevitabilmente, si domandò di come sarebbero andate le cose in ufficio durante la sua assenza: sperò vivamente che nessun danno di alcuna sorta avesse luogo mentre lui era ammalato e che tutti rigassero diritto, Knox in particolare. Grell, com’era probabile, non si sarebbe allontanato da lui finché non si fosse ristabilito: e ciò poteva essere considerato sia un bene che un male.
Tutti quei pensieri non facevano che aggravare il suo già persistente mal di testa, e per tentare di alleviare il dolore portò le mani alle tempie e cominciò a fare dei lenti movimenti circolari, ma sembrò non sortire alcun effetto.
“La cena è pronta!”, giunse la voce squillante di Grell.
Will aprì gli occhi e quello che si trovò davanti era assolutamente l’ultima cosa che si sarebbe aspettato di vedere: Grell, che reggeva il vassoio con la zuppa, con indosso un costume da Maid. Rosso, ovviamente. La parte superiore era un po’ larga intorno al petto per celare la totale assenza di seno, ed aderente ai fianchi, mettendone in risalto le curve; la gonna terminava ben sopra il ginocchio e lasciava in mostra le gambe nude; una crestina bianca da cameriera poggiata sulla testa completava il tutto. Will non aveva la più pallida idea di come se lo fosse procurato – non era da escludere che l’avesse cucito lui stesso - ma doveva ammettere che gli stava dannatamente bene.
“Su….Sutcliffe. Cosa…”, fu tutto quello che riuscì ad articolare, non sapeva bene se per la sorpresa o per il dolore alla gola.
“Cos’è quell’espressione confusa, padrone?”, chiese Grell fingendosi stupito. “Sono la sua maid~! E stasera mi prenderò cura di lei.”
Si sedette accanto a Will poggiando il vassoio sulle gambe, e l’aiutò a sollevarsi; dopodiché raccolse un poco di zuppa col cucchiaio e ci soffiò sopra.
“Non avrai intenzione di imboccarmi… spero.”, disse William, indovinando le sue intenzioni.
Grell gli lanciò un’occhiata innocente: “Padrone, non dovrebbe fare i capricci. Lasci che sia la sua maid a pensare a tutto.”
“Faccio da solo, grazie.”, insisté; per nulla al mondo si sarebbe sottoposto a quella tortura; allungò una mano per prendere il cucchiaio ma Grell si premurò di tenerlo ben lontano dalla sua presa.
“No, no, no, Will”, cantilenò. “Niente da fare: su, apri la bocca.”
“Sutcliffe, questo è decisamente inappropriato”, ribatté Will, e a quel punto Grell sbuffò spazientito. “Oh insomma, mi sembra di avere a che fare con un bambino. Ti spiacerebbe collaborare?”
A quelle parole William corrugò le sopracciglia: eccoli lì, febbricitante, confinato in un letto in balìa delle molestie di quella zucca vuota, ed ancora si permetteva di dargli dell’infantile?
“Onestamente Sut…”, cominciò, ma Grell ne approfittò per cacciargli il cucchiaio in bocca.
“Visto? Non era poi così difficile”, gongolò soddisfatto. William deglutì e giurò a se stesso che, una volta ristabilitosi, gli avrebbe fatto pagare quell’offesa con almeno due mesi di straordinari. In ogni caso, doveva ammettere che la zuppa aveva un buon sapore. Si azzardò a prenderne un’altra cucchiaiata. 
Grell lo fissava, tentando di celare il proprio nervosismo, ma alla fine non resisté più: “Allora, Will? Che te ne pare?”
“Non è male”, ammise questi infine, e Grell lanciò un gridolino emozionato. “Ma non permetterti mai più di imboccarmi.”, aggiunse subito dopo.
Grell si imbronciò. “Sei il solito guastafeste. Dovresti assecondarmi invece, e lasciarti coccolare e servire dalla tua maid personale”, concluse con un sorriso malizioso.
William alzò gli occhi al cielo: forse due mesi erano troppo poco, rifletté, considerato che avrebbe dovuto passare lì i prossimi giorni, e chissà cos’altro avrebbe dovuto subire; e decise che sei mesi di straordinari erano la giusta punizione per quel trattamento e gli altri a venire.
Restarono in silenzio per un po’, mentre Will continuava a mangiare; si sorprese più volte a fissare le gambe nude di Grell, e si domandò perché diamine l’orlo della gonna fosse così corto.
“E così, hai condiviso una tenda con Sebas-chan.”, disse Grell ad un tratto.
William si irrigidì al solo sentir pronunciare il nome di quella creatura, ma mantenne il suo solito atteggiamento impassibile.
“Quindi?”, insisté Grell. “Sai, sono un po’ gelosa. I miei due bei uomini che per uno strano scherzo del destino si trovano da soli… non dirmi che non è successo niente”, scherzò, eppure Will capì che il suo tono alludeva a qualcos’altro.
“Non dire sciocchezze.”, disse seccato. Grell reclinò la testa di lato e lo guardò con aria interrogativa, ma l’altro non sembrava avere intenzione di proseguire il discorso, e non fece altre domande.
“Bene.”, esclamò soddisfatto una volta che Will ebbe finito. “Ed ora è il momento della medicina!”
Uscì e tornò con un bicchiere contenente un liquido trasparente, nel quale sciolse una polvere bianca. “Ecco, bevi.”, disse infine, porgendogli il bicchiere.
William esitò: “Sutcliffe, tu sei… sicuro che quella… cosa mi farà bene?”
“Ma certo!”, esclamò Grell, piccato. “È stata la dottoressa Turner in persona a prescriverla, e lei non si sbaglia mai!” A quel punto la sua faccia si rabbuiò. “Davvero William, a volte mi chiedo se ti fidi di me.”
Fosse stata un’altra situazione, William non avrebbe avuto dubbi su cosa pensare: riporre fiducia in Grell Sutcliffe era una di quelle cose su cui avrebbe riflettuto a lungo e con cautela, e in ogni caso una volta fatto sapeva che se ne sarebbe pentito amaramente. Quello shinigami era capace di tutto, dal rispondere male ai suoi superiori ad infrangere le regole senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze. L’ultima volta era scomparso per due anni per vestire i panni di un maggiordomo ed uccidere prostitute insieme alla sua ‘padrona’ umana.
Ma in questo caso lui stesso si rese conto di essere stato eccessivo nei suoi timori, ed ingiusto nei confronti dell’altro che si era sinceramente prodigato in modo che lui guarisse.
“Scusami.”, disse piano. Grell sembrò addolcirsi e con un cenno del capo gli comunicò che era perdonato. William prese il bicchiere e bevve: era amara, ma non se ne curò.
“Entro domattina la febbre dovrebbe essere scesa.”, disse Grell. “Ora, c’è altro che possa fare per lei, padrone?”, chiese sbattendo le ciglia. Ovviamente non bastava così poco per scoraggiarlo.
Il supervisore scosse la testa. “No, grazie. Solo mi chiedevo… tu, dove dormirai?”
“Oh, starò benissimo sul divano, non ti preoccupare” rispose Grell, per poi aggiungere maliziosamente: “A meno che non insisti ad avermi accanto anche durante la notte~”.
“Non ci contare.”, rispose l’altro freddamente, sdraiandosi. “Adesso vai, Sutcliffe. Ho bisogno di dormire.”
Il viso di Grell si illuminò, come se si fosse ricordato di qualcosa solo in quel momento: “Come va la testa? Hai bisogno di un massaggio?”, e senza aspettare una sua risposta le sue mani corsero a massaggiargli le tempie.
William aprì la bocca per protestare, ma cambiò idea non appena le dita di Grell cominciarono a toccare tutti i punti dolenti, dandogli immediatamente sollievo. Era un mistero come fosse riuscito là dove lui stesso prima aveva fallito. Suo malgrado cominciò a rilassarsi a quel piacevole tocco.
“Un po’ più…”, cominciò ma si interruppe appena in tempo. Sentì Grell soffocare una risatina e chiedere: “Sìììì~?”
Piuttosto che ammettere di trovare quel massaggio piacevole, William si affrettò a cambiare discorso e disse la prima cosa che gli passò per la mente: “Non so proprio come faranno al Dipartimento durante la mia assenza.”
“Oh, se la caveranno, vedrai.”, rispose Grell. “Non è certo la prima volta che sei assente così a lungo da lavoro, giusto?”
“Spero che Knox non combini danni.”, continuò il moro. “E quello nuovo, Sullivan, è ingestibile, dovrei avvisargli di tenerlo d’occhio. L’altro giorno si è presentato con due ore di ritardo e ha costretto tutta la sua squadra a fare straordinari inutili… Cielo, perché questi giovani sono così indisciplinati…”
"
Ci penseremo domani. Adesso riposati.”, gli disse dolcemente Grell. Poi aggiunse. “Però, sei diventato stranamente loquace. L’influenza ti fa davvero uno strano effetto.”
“Mmmh”, fu tutto quello che riuscì a dire, forse perché non voleva più dare modo a Grell di stuzzicarlo o perché si sentiva terribilmente stanco; o forse – ma solo forse – perché quel massaggio l’aveva rilassato più di quanto volesse ammettere.
Grell continuò ad accarezzargli la testa finché non sentì il respiro dell'altro farsi più pesante e capì che si era addormentato. Si chinò e gli posò un bacio sulla fronte.
“Buonanotte Will.”

 

  
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