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Autore: taisa    16/05/2008    6 recensioni
Goku tornerà sulla Terra per il torneo Tenkaichi e la famiglia Brief si prepara all’evento, ignari che qualcosa sta per rompersi
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BREAKING POINT

BREAKING POINT

*

“Allora parteciperò anch’io!”

Goku…

Che strano pensare che tra meno di un mese lo avrebbe rivisto.

Goku, il suo compagno d’avventura, il suo amico d’infanzia, l’indiscusso eroe.

Sette anni erano passati da quando lui li aveva lasciati rifiutando di fare ritorno.

Erano stati anni molto lunghi, anni nei quali, spesso e volentieri, si era domandata come se la stesse passando il suo defunto amico nell’aldilà.

Si ritrovava di frequente a pensare a lui, lontano ed irraggiungibile, ancora più del solito.

Stentava a credere di come, quel ragazzino più simile ad un animale selvaggio, fosse cresciuto così tanto negli anni.

Il ricordo di una ragazzina con i capelli raccolti in una treccia, dal singolare colore azzurro, e di quel bambino primitivo che per la prima volta conosceva un essere umano diverso dal suo nonnino.

Lontano, quel ricordo, eppure così vicino.

Talmente solido nella sua mente da sembrare risalente solo a pochi giorni prima.

La realtà dei fatti la costringevano a rendersi conto che gli anni erano trascorsi inesorabili da allora.

In un frangente talmente breve da essersi volatilizzato e dissolto in un istante.

Nell’istante in cui lui era morto.

Doveva ammetterlo, Bulma del suo migliore amico sentiva la mancanza ogni giorno.

Non che da vivo fosse costantemente, giorno dopo giorno, nelle loro esistenze; ma la sola certezza che fosse in vita era fonte di una sicurezza inesauribile.

Goku era il difensore della Terra, era colui che proteggeva lei e la sua famiglia.

Così li aveva lasciati, Son Goku, da eroe qual’era nel gesto estremo di un sacrificio.

Il sacrificio di perdere la sua stessa vita pur di difendere le persone amate.

Solo Goku era capace di un gesto tanto eroico quanto grandissimo.

Chi lo aveva visto andarsene le aveva raccontato che lui aveva sorriso, a tutti loro, rassicurandoli com’era solito fare.

Era nel suo stile preoccuparsi più degli altri che della sua stessa vita.

Goku era fatto così.

Per sette anni, lei, seguitava a domandarsi chi avrebbe protetto l’amato pianeta, adesso.

Consapevole che sul suolo terrestre abitavano molti dei guerrieri più potenti della galassia.

Consapevole che non vi fosse più alcun pericolo.

Consapevole che la Terra era ben protetta.

Consapevole che Goku le mancava anche per questo.

Solo per un giorno lo avrebbe rivisto, ma tanto le bastava.

Lo stretto necessario per tirargli un pugno sul naso per averle attribuito parole dette in un momento di rabbia o di esasperazione, complici di una scelta difficile.

Solo il tempo di abbracciarlo e dirgli che era uno stupido e che le mancava da morire e che ancor di più mancava alla sua famiglia.

Dopotutto lui era Son Goku, imprevedibile nelle decisioni.

La sua natura selvaggia non l’aveva mai persa, in fondo.

Doveva ammetterlo, in fin dei conti era emozionata di poterlo rivedere.

Il suo amico Goku.

Al sol pensiero un sorriso si stampò sul suo volto senza motivo apparente.

Le sue mani afferrarono una confezione di latte dal banco frigo inserendo il prodotto all’interno del carrello già strapieno di cibarie.

Intanto, mentre attendeva con ansia il suo ritorno, doveva occuparsi di altri due Saiyan del quale non poteva di certo dimenticarsi.

Anche loro avevano bisogno della sua attenzione e, la scienziata, non poteva di certo negarla ai suoi due uomini.

Trunks e Vegeta si stavano allenando duramente per il torneo che avrebbe visto protagonista, oltre al momentaneamente ritrovato amico, lo scontro che il principe attendeva da ben più che sette anni.

Bulma ripensò al compagno, mentre la sua mano si fermò prima di afferrare delle uova, ed il suo volto si fece serio.

Chissà come aveva psicologicamente appreso lui la notizia di un imminente scontro.

No anzi, la notizia dello scontro per la quale aveva dedicato gli ultimi undici, o giù di lì, anni della sua vita.

Dalla distruzione del pianeta Namecc.

Già perché Vegeta, al contrario di lei, sembrava in qualche modo consapevole che il suo eterno rivale sarebbe tornato.

Forse era solo una sua impressione, forse solo una sensazione, ma l’ardore che il principe metteva nei suoi allenamenti non era mai diminuito.

A parte qualche momento d’impercettibile sconforto.

Impercettibile per chiunque, tranne che per lei.

Aveva imparato a conoscerlo bene nonostante i suoi silenzi, almeno così credeva.

Bulma scostò lo sguardo sulle tazze in omaggio con due confezioni di latte.

Scodelle come potevano esserlo tante altre, ma queste erano cesellate da due semplici parole: lui e lei.

Quale fu il motivo che spinse la donna a comprarle non le fu chiaro.

Poteva semplicemente definirsi il desiderio di condividere qualcosa con il burbero consorte.

Per questo, presa la sua decisione, afferrò un nuovo cartone del latte nella speranza di poter portare a casa quelle due semplici tazze.

*

“Gohan, Vegeta, voi parteciperete vero? Allora verrò anch’io!”

Kakaroth…

Quanto tempo attendeva questo momento.

Giorno per giorno aveva sperato, e creduto, di poter rivedere l’eterno rivale in uno scontro faccia a faccia.

Era ciò che voleva, che desiderava.

Kakaroth se ne era andato senza lasciargli il tempo di prendersi la sua rivalsa ed ora, dopo sette anni, poteva finalmente riempirlo di pugni per mostrargli la sua immensa superiorità.

Aveva atteso, Vegeta, aveva atteso e ora finalmente vedeva il suo sogno realizzarsi.

Nulla, nulla si sarebbe dovuto intromettere tra lui ed il suo obbiettivo.

Troppo aveva atteso, troppo aveva sperato, desiderato, voluto.

Kakaroth sarebbe nuovamente disceso sul pianeta che tanto amava, ed ora era giunto il momento di prendere la sua rivincita.

Gli era dovuta, dopo tutte le umiliazioni che aveva subito a causa sua.

Era obbligato, Kakaroth doveva battersi contro di lui.

Questo era il suo volere ed il volere del principe dei Saiyan andava rispettato.

Per qualche strana ragione era stato l’unico a non averlo definitivamente dato per morto.

Come se il suo stesso istinto gli dicesse che sarebbe tornato, che lo avrebbe rivisto prima di andare all’inferno.

Per questo, nonostante i primi momenti di difficoltà, aveva continuato il suo allenamento con costanza.

Forse era istinto, forse solo speranza.

Non sperava di poterlo rivedere, che questo fosse chiaro, lui voleva solo avere un obbiettivo.

In un certo senso era tutto lì, infondo.

Vegeta aveva perso il suo obbiettivo con la morte di Freezer, ed era stato proprio Kakaroth a strapparglielo.

Kakaroth era il suo obbiettivo, ora.

Morto o non morto non aveva alcuna importanza.

Strano ma vero la necessità di un target da raggiungere per Vegeta era fondamentale, anzi essenziale.

Come la stessa aria che respirava.

Lui doveva, necessariamente, puntare verso qualcosa o qualcuno, dimostrando di essere il migliore.

Dimostrandolo nel modo che lui riteneva il più degno per quelli della sua razza.

Sul campo di battaglia.

Kakaroth non glielo aveva permesso.

Ora ne aveva l’occasione; l’occasione di costringere il suo avversario ad uno scontro diretto.

La sua rivalsa.

Doveva riprendersi ciò che era suo, doveva sferrargli un pugno sul naso per spaccargli la faccia.

Per togliergli quel sorrisetto ebete che aveva visto prima che, l’eroe del pianeta, si lasciasse esplodere.

Per sette anni aveva rivisto davanti ai suoi occhi quella scena.

La stessa polvere, lo stesso odore di bruciato, di morte e lo stesso sorriso.

Lo stesso addio.

Un altro valido motivo, oltre a molti altri, per reclamare la sua vendetta.

Gli aveva salvato la vita, non poteva perdonargli nemmeno questa.

Un pugno sferzò l’aria circostante producendo un rumore sordo percepibile quasi in ritardo.

Un secondo pugno non tardò ad arrivare generando un nuovo spostamento d’aria percepibile per tutta la stanza.

Un’altra serie di scosse seguirono una dietro l’altra in un lasso di tempo brevissimo.

Vegeta sferrò un calcio con decisione, poi seguitò con una nuova serie di pugni.

Alle sue spalle i passi pesanti di un bambino si udirono distintamente costringendo il Saiyan a fermare il suo allenamento.

“Non sforzarti troppo, Trunks! Esci subito dalla stanza” ordinò perentorio senza muovere un solo muscolo, senza degnare di un solo sguardo il figlio, “Non potrai farcela ancora con la gravità centocinquanta volte superiore a quella ambientale”…

*

Le svariate buste della spesa erano disseminate per l’intera cucina.

Tutti sacchetti di carta marrone riempiti all’inverosimile.

Non poteva essere altrimenti, d’altra parte avere due pozzi senza fondo in casa la costringeva a comprare mezzo supermercato ogni volta che doveva andare a fare la spesa.

La scorta di cibo non sembrava essere mai sufficiente per quei due.

Bulma appoggiò sul tavolo l’ultima busta osservando l’intera stanza, poi portò lo sguardo all’unica borsa diversa dalle altre.

L’unico sacchetto a non appartenere all’emporio dov’era solita andare a fare la spesa.

In un gesto quasi istintivo si affrettò a nascondere la borsa dietro tutte le altre, affinché non saltasse all’occhio.

Quando fu abbastanza sicura di averla messa al riparo si guardò nuovamente attorno sospirando pesantemente.

Si rivolse verso il tavolo infilando le mani in una busta.

La prima cosa che estrasse fu la scatola contenente le tazze avute in omaggio con il latte.

Le rigirò osservando le immagini sulla scatola, contenta del suo acquisto.

Talmente rapita dai suoi pensieri non si accorse della persona che entrò in cucina proprio in quel momento.

Bulma dovette attendere di sentire l’anta del frigo richiudersi prima di percepire di non essere più sola.

Quando alzò lo sguardo riconobbe la figura del principe dei Saiyan immerso in chissà quali elucubrazioni.

I soli pantaloni che usava per gli allenamenti, l’asciugamano poggiato sulle spalle, e la bibita fresca in mano lasciò intendere che era appena uscito dalla Gravity Room.

“Ciao tesoro, guarda cos’ho comprato” lo assalì subito mostrandogli la scatola.

Vegeta non distolse nemmeno per un secondo la sua attenzione dalla bibita che fissava con uno sguardo perso ed un po’ confuso.

“Vegeta?” cercò nuovamente di attirare la sua attenzione lei, senza molto successo.

L’uomo si rigirò la lattina tra le dita, sbatté più volte le palpebre in maniera sorpresa e si appoggiò pensieroso al lavandino.

Bulma si avvicinò a lui piuttosto preoccupata, non era un atteggiamento consono del compagno.

Delicatamente gli appoggiò una mano sulla spalla chinando il capo per sbirciare la sua espressione, “Tesoro, stai bene?” domandò infine riuscendo ad attirare l’attenzione dell’altro.

Vegeta la guardò perplesso per pochi istanti; scrutò le pupille azzurre di lei, in silenzio, poi tornò ad osservare la sua bevanda, “Trunks è in grado di trasformarsi in Super Saiyan” annunciò improvvisamente aprendo la lattina.

Bulma sgranò gli occhi incredula socchiudendo la bocca con evidente sgomento “D… dici sul serio?” balbettò adagiando la scatola sul tavolo ed avvicinandosi al compagno nuovamente immerso nei suoi pensieri.

Il solo cenno che ottenne fu un leggero annuire.

Dopo un secondo di silenzio, Bulma, esultò giungendo le mani e saltando con gioia, “E’ fantastico! Trunks è un bambino straordinario!” gioì stridendo.

Nostro figlio è un vero portento. Sono così fiera di lui!” insistette la donna al culmine della felicità, orgogliosa del suo piccolo ometto.

Pochi secondi più tardi tornò a scrutare lo sguardo dell’uomo senza riuscire ancora a decifrarne il significato.

Sorpreso? Orgoglioso?

Con ogni probabilità entrambe le cose, nonostante seguitasse a non dimostrarlo apertamente.

“Non sei contento, Vegeta? Tuo figlio è diventato un Super Saiyan a soli otto anni” gli fece presente denotando la considerevole indecisione che, il principe, dimostrava nel non sapere quale sentimento palesare apertamente.

“Papà, quando andiamo al Luna Park?!” esordì il bimbo della coppia facendo capolino in cucina.

Bulma e Vegeta si rivolsero ad osservare il neo arrivato; e se la prima corse ad abbracciare il giovane guerriero, il padre restò immobile a fissarlo.

“Ohh Trunks! Tuo padre mi ha detto che sai diventare un Super Saiyan!” lo accolse inginocchiandosi di forte a lui ed appoggiandogli le mani sulle spalle.

Trunks osservò la madre preso alla sprovvista.

Gli ci vollero alcuni attimi prima di annuire piuttosto lentamente.

Secondo dopo secondo il suo cenno affermativo si fece sempre più deciso, finendo per diventare un assenso sicuro e risoluto accompagnato da un enorme sorriso.

“Sì! E papà mi porterà al Luna Park, me l’ha promesso” annunciò guardando ora il padre che non si era ancora mosso.

“D… dici sul serio?” si ritrovò ad esclamare per la seconda volta nel giro di pochi minuti volgendo la sua attenzione all’uomo che scostò velocemente lo sguardo.

Vegeta osservò oltre il vetro della finestra sorseggiando la sua bevanda e Bulma tornò a guardare il bambino.

Trunks sfoggiò un sorriso a trentadue denti, più entusiasta della possibilità di andare al parco giochi col padre piuttosto che essere riuscito a tingere i suoi capelli del colore dell’oro.

Denotando l’entusiasmo nei profondi occhi azzurri del figlio, Bulma non poté fare a meno di sorridergli a sua volta.

Si alzò appoggiandosi le mani ai fianchi osservando dall’alto il bambino, “Beh, in questo caso credo che potrei venire anch’io” si autoinvitò.

Le reazioni che ottenne furono le più inaspettate.

Vegeta le rivolse lo sguardo arricchito di un impercettibile segno di approvazione, Trunks al contrario le mise il broncio infastidito dalla proposta.

Bulma interpretò i vari sguardi giungendo alla conclusione più ovvia e più immediata, “Ripensandoci, ho un progetto da finire questo pomeriggio, non credo di poter venire” disse scrutando nuovamente gli sguardi di entrambi per constatarne l’umore.

Il bambino tornò a sfoggiare la sua dentatura perfetta in un sorriso pienamente soddisfatto, un giorno da solo con papà era il massimo!

Fu l’uomo ora a metterle il broncio, le sopracciglia si aggrottarono e un piccolo ringhio giunse rigoroso… fregato con le sue stesse mani!

Bulma guardò prima il figlio, poi il marito, sbuffò rumorosamente incrociando le braccia, “Insomma, voi due, avete deciso cosa dovete fare?!” sbottò infine, stufa di quello strano gioco di sguardi.

*

Certe volte si pentiva di esercitare in una grande azienda di meccanica e tecnologia.

Amava il suo lavoro, senza dubbio, ma certe giornate sembravano non voler girare nel verso giusto neanche sotto la più crudele tortura.

Indubbiamente trafficare con mezzi di ogni genere era la cosa che più si divertiva a fare, ma era dura dividersi tra l’essere il più grande genio della Terra e la donna più affascinante dell’intero universo.

Se da una parte macchiarsi di olio e lubrificanti era all’ordine del giorno dall’altra inzaccherare mani e capelli di quelle cose oleose era un grave danno per la sua immagine.

Ecco cosa odiava di più.

Giornate così andavano dimenticate alla svelta, dei motori ancora in elaborazione non ci si poteva mai fidare.

Quella dannata moto era riuscita a sporcarla completamente.

Viso, capelli, tutto quanto.

Una vera tragedia, per quel che la riguardava.

Il lato positivo?

Bagno caldo ed illimitato relax.

Approfittare dell’assoluto, ed irreale, silenzio era qualcosa di straordinario.

Il fatto che Vegeta e Trunks non fossero in casa era sinonimo di silenzio totale.

Niente esplosioni, niente terremoti e niente lamentele per un guasto alla stanza degli allenamenti.

Che fossero causati da esplosioni non meglio identificate erano solo dettagli, infondo.

Tanto toccava sempre a lei rimediare ai danni.

Bulma si lasciò cullare dai tepori della vasca da bagno, non c’era niente di meglio dopo una lunga giornata di lavoro.

Peccato che il tempo a sua disposizione fosse infine giunto al termine.

Conscia di dover riprendere le sue normali attività quotidiane decise di uscire dal piccolo angolo di paradiso che si era creata per andare a vestirsi.

Avvolta in un morbido asciugamano uscì dal bagno andando direttamente verso quello che era il suo armadio.

Ne aprì le ante sbirciando al suo interno alla ricerca di vestiti puliti.

I suoi occhi, però, si scostarono sulla busta che aveva portato a casa quella stessa mattina.

Osservò il sacchetto per alcuni secondi, indugiando.

Solo dopo svariati attimi decise di sbirciare al suo interno, nonostante conoscesse benissimo il suo contenuto.

La sua mano si insinuò all’interno della borsa afferrando la superficie di ciò che essa conteneva.

Le dita incontrarono una morbida sensazione al tatto e, Bulma, estrasse leggermente il lembo del misterioso oggetto.

“Mammaaaaaa siamo tornatiiiiiiiiii!” sentì urlare dal corridoio, mentre i passi del figlio si fecero sempre più vicini.

Bulma osservò la stoffa olivastra appena fuori dal sacchetto e con un gesto veloce della mano tornò a nascondere completamente il contenuto.

“Sono in camera tesoro” gli rispose afferrando i primi indumenti che le capitarono a tiro richiudendo lo sportello del mobile.

Trunks apparve trafelato sulla soglia della stanza ansimante per la corsa, il viso segnato da un largo sorriso.

In mano delle caramelle.

Bulma guardò alle spalle del ragazzino in cerca di un’altra figura che però non vide.

“Dov’è tuo padre?” gli domandò tornando a guardarlo negli occhi.

Il piccolo Saiyan si guardò alle spalle, poi tornò ad osservare la madre “E’ tornato ad allenarsi” disse entrando nella camera da letto dei genitori precipitandosi sul lettone con l’intento di saltarvi sopra.

La donna sospirò “Lo immaginavo” ammise con una leggera punta di rammarico, “Allora, racconta, com’è andata? Ti sei divertito?” domandò subito dopo osservando l’acrobata esibirsi sul suo materasso.

*

La pesante porta della Gravity Room si chiuse alle sue spalle con un rumore freddo e metallico.

Vegeta osservò il pavimento ai suoi piedi mentre leggere gocce di sudore gli solcarono il volto precipitando, una dopo l’altra, al suolo macchiando il terreno.

Il suo udito captò il rumore del suo respiro, pesante ed affannoso, causato da lunghe ore di allenamento.

Rimase così per alcuni secondi ripercorrendo, mentalmente, gli ultimi eventi.

Il ritorno di Kakaroth.

La trasformazione di Trunks.

I suoi allenamenti.

I ricordi lo portarono a dieci anni prima, quando fremeva per tingere di biondo la sua chioma.

Situazione simile ma diversa.

Il suo obbiettivo era sempre lo stesso, sempre lui, ma attorno era cambiato tutto.

Forse anche lui stesso.

Abituato a vivere sulla Terra e a comportarsi come un normale essere umano.

L’idea cominciava anche a piacergli.

“Ciao tesoro, hai terminato gli allenamenti per oggi?” gli domandò una voce femminile poco distante da lui.

Vegeta alzò lo sguardo scoprendosi a parlare con una catasta di libri dalle sinuosità che ben conosceva.

Il caschetto azzurro della compagna fece capolino da dietro gli svariati tomi squadrando l’uomo da capo a piedi “Sì” rispose laconico osservandola a sua volta.

“Che stai facendo con tutti quei libri?” domandò curioso inarcando impercettibilmente un sopracciglio.

Bulma alzò lo sguardo nel tentativo di guardare la punta della montagna di carta che reggeva tra le mani, “Mmm… devo fare una ricerca” spiegò tornando a guardare l’altro “La luce in laboratorio è troppo tenue, pensavo di portarli in cucina” aggiunse leggendo gli svariati titoli dei volumi.

Vegeta incrociò le braccia ed attese.

“Ah” esclamò improvvisamente la donna tornando a volgere la sua attenzione al Saiyan, “Tu non hai cenato, vero Vegeta?” gli domandò sbirciando la sua espressione.

Il principe scosse la testa in segno di diniego “No” mormorò lapidario, “Hai fame?” s’interessò la compagna.

Vegeta sembrò pensarci un po’ su, “Credo sia avanzato ancora qualcosa, se vuoi te lo riscaldo” si propose Bulma notando la sua indecisione.

L’alieno scostò lo sguardo con incertezza, ma a metà dei suoi pensieri il suo stomaco decise per lui.

Il gorgoglio che seguì rappresentò un chiaro cenno d’assenso alla proposta.

Bulma sorrise divertita “Vai a farti una doccia, sei tutto sudato e appiccicoso. Intanto ti preparo la cena…” stabilì perentoria “… magari ci beviamo anche una tazza di caffè insieme” aggiunse con una luce entusiasta nello sguardo.

Il fatto che Vegeta non le rispondesse in alcuna maniera, allontanandosi in silenzio, equivaleva ad un alla proposta.

La scienziata sorrise soddisfatta della sua opera di convincimento, non che ci volesse molto quando si trattava di cibo, cominciando ad avviarsi verso la cucina.

Quando entrò nella stanza si ritrovò, suo malgrado, ad osservare un vero campo di battaglia.

Tutte le caramelle che il figlio aveva portato dal Luna Park giacevano disordinatamente su tutto il tavolo.

Trunks doveva aver giocato con quei dolci dalla forma rotonda e dai colori più svariati abbandonando metà di essi in cucina.

“Che disastro!” brontolò ad alta voce aggrottando le sopracciglia in maniera nervosa.

Se quella piccola peste non si fosse già coricato lo avrebbe obbligato a mettere tutto a posto in quel preciso istante.

Non poteva nemmeno attendere il giorno seguente per riordinare tutto, sicché la cucina serviva a lei.

Si liberò dei pesanti tomi che ancora reggeva tra le mani posizionandoli in un angolo più libero del tavolo.

Un gesto così brusco, però, face cadere alcune palline al suolo, ma di questo Bulma non se ne avvide.

*

I dolci del bambino erano stati tutti perfettamente raccolti in una ciotola allontanandoli dal tavolo che fu invece apparecchiato per una persona.

Un Saiyan per l’esattezza, ciò implicava non riuscire più a vedere la superficie di legno lasciando quindi solo un piccolo angolo per tutto il resto.

L’odore di cibo, misto all’aroma di caffè, inebriava l’intera stanza.

Bulma adagiò le nuove tazze sul tavolo mentre il sonoro fischio della caffettiera risuonò stridulo annunciandole che la bevanda era dunque pronta.

Si avvicinò ai fornelli, spense la fiamma, afferrò la moka e tornò a voltarsi verso il tavolo con l’intento di versare il liquido scuro nelle rispettive tazze, ma una delle caramelle finì sotto il suo piede privo di calzature.

La donna sobbalzò dallo spavento finendo per sbattere contro il bordo del tavolo.

Nulla di grave, se su di esso non vi fosse un’immensa pila di libri posizionati uno sopra l’altro in maniera piuttosto precaria.

La leggera vibrazione bastò dunque al libro in cima per balzare giù colpendo in pieno una delle tazze.

Il rumore di cocci che seguì non dava adito ad alcun dubbio.

Quando Bulma rivolse lo sguardo al pavimento constatò, con enorme rammarico, quanto era accaduto.

“No!” esclamò ad alta voce liberandosi della caffettiera posizionandola nuovamente sul fornello.

S’inginocchiò accanto ai frammenti di ceramica e per un breve istante se ne rattristò.

Non era per la tazza in se che si dispiacque, ma l’idea di condividere qualcosa con il compagno, anche un semplice bicchiere, la faceva sentire ancor più vicino a lui.

Per questo le aveva comprate, per questo aveva atteso tutto il giorno per poterle usare.

Insieme a lui.

Bulma osservò mogiamente i frantumi, consapevole che era impossibile riuscire ad incollare tra loro i pezzi.

Con un profondo e rumoroso sospiro afferrò uno dei cocci con l’intento di ripulire.

Appena la sua mano entrò in contatto con la ceramica uno bizzarro brivido le percorse lungo la schiena.

Una strana e sgradevole sensazione la investì in pieno.

In uno stato d’ipnosi rigirò il pezzo che reggeva tra le dita scoprendosi a fissare la parola lui che era incisa sull’ex-tazza.

Le sue dita si strinsero involontariamente contro la superficie dell’oggetto incontrando un lembo leggermente più acuminato.

Tanto bastò a procurarle un leggerissimo taglio sulla punta del dito, ma il dolore che sentì non proveniva dalla ferita.

La sua mano si appoggiò quasi istintiva sul cuore sentendolo battere a ritmi forsennati come se fosse successo qualcosa, qualcosa di grave.

La mente umana ha uno strano modo di ragionare e per qualche bizzarro motivo il pensiero di Bulma si rivolse a…

Vegeta varcò la soglia della cucina in quel preciso istante, il suo sguardo vagò per la stanza notando immediatamente la donna chinata al suolo persa in chissà quali riflessioni.

“Che stai facendo?” le domandò risvegliandola dal suo strano stato di trance.

Bulma scosse il capo violentemente, si voltò incrociando lo sguardo col marito che inarcò un sopracciglio sorpreso, “Ho rotto una delle tazze” ammise parlando meccanicamente, scandendo parola per parola.

L’uomo si limitò ad incrociare le braccia attendendo ulteriori delucidazioni che non tardarono, “Le avevo comprate stamattina… per noi… però, l’ho rotta” mormorò Bulma alzandosi dopo aver recuperato alcuni frammenti dal terreno.

“Che importanza vuoi che abbia?” minimizzò l’altro limitandosi a guardarla scettico.

Contrariamente alle sue aspettative, la terrestre, non emesse un solo fiato.

Davvero molto strano, soprattutto considerando l’indole aggressiva che normalmente la contraddistingueva.

Bulma si limitò ad appoggiare momentaneamente sul tavolo i restanti pezzi nel più totale silenzio, ancora immersa nei suoi pensieri e nelle sue sensazioni.

Vegeta non distolse mai lo sguardo come a voler leggere le riflessioni della compagna.

Assottigliò gli occhi in cerca di una spiegazione che, razionalmente, non esisteva.

La scienziata raccolse tutti i rimasugli dal terreno e, ancora in silenzio, restò a fissarli per diversi istanti.

Che qualcosa non andasse, Vegeta si accorse subito, ma non riusciva a comprenderne la causa dato che, appena pochi minuti prima, non gli aveva dato l’impressione di aver alcun problema.

La ragione era davvero solo una tazza rotta?

“Comprane un’altra se tanto ci tieni” suggerì dopo alcuni, interminabili, secondi di silenzio.

Bulma scosse la testa restando tuttavia ancora ammutolita per propria volontà.

E questo non era da lei.

Vegeta ne contemplò i lineamenti decidendo infine di avvicinarsi.

La donna si sentì una mano appoggiarsi sulla spalla, senza alcuna delicatezza, costringendola a voltarsi e a guardarlo negli occhi.

I due fanali indagatori color delle tenebre scrutarono attentamente il cielo sconfinato.

“E’ solo una stupida tazza” le ricordò mascherando il suo tentativo di rassicurarla dietro parole dure ed inflessibili.

Bulma ricambiò lo sguardo “Lo so” ammise abbassando il capo accompagnato da un profondo sospiro.

Vegeta inarcò un sopracciglio, davvero aveva qualcosa che la stava turbando.

Con un gesto brusco e privo di ogni gentilezza la costrinse ad appoggiare le spalle al muro facendo sobbalzare la donna presa alla sprovvista.

Nuovamente il cielo notturno incrociò quello diurno.

“Non poi piagnucolare ogni volta che si frantuma qualcosa” le disse scrutandola con sguardo severo.

Bulma annuì tornando lentamente a calmarsi respirando profondamente.

Socchiuse gli occhi lasciandosi cullare dalle sue sensazioni, ora nettamente differenti.

Il profumo, forte e delicato, di lui la tranquillizzò accarezzandola dolcemente.

Andava tutto bene… ora.

Ora che, oltre al suo effluvio, sentiva anche la pelle di lui strofinarsi contro la sua.

Ora che sentiva le sue labbra intersecarsi con quelle sottili del compagno.

Ora che le mani vigorose dell’uomo si mossero sul suo corpo.

*

*

“Mammaaaaa… non sei ancora pronta?!?” urlò per tutto il corridoio il giovane Saiyan impaziente ed agitato.

“Un momento, un momento! Sto arrivando!” risuonò la voce della madre proveniente dalla sua camera da letto.

Trunks sbuffò sonoramente, intersecò le mani dietro la nuca e borbottando si diresse verso la cucina.

“Allora? Non è ancora pronta?” gli domandò il padre, altrettanto scocciato, appena lo vide varcare la soglia.

Il bambino alzò le spalle “Dice che sta arrivando” riportò le parole dalla madre accomodandosi su una sedia.

Vegeta lo guardò tramite il riflesso sul vetro della finestra per poi tornare a volgere la sua attenzione sul paesaggio esterno.

“Eccomi! Quanta fretta che avete entrambi!” si lamentò Bulma raggiungendo l’irrequieto figlio e il non meno smanioso marito.

Trunks si alzò dal sedile volgendosi verso la porta “Andiamo, andiamo!” saltellò fremente.

Anche Vegeta si rivolse a guardarla e i suoi occhi non poterono fare a meno di notare quel vestito rosso fuoco attillato ed estremamente provocante.

Il suo sopracciglio si inarcò lievissimamente apparentemente disinteressato, ma solo apparentemente.

Bulma non poté fare a meno di notare quell’impercettibile increspatura ridendo tra sé, poi si rivolse al figlio, “Aspetta un attimo, Trunks. Non vorrai combattere al torneo vestito così mi auguro” gli ricordò appoggiando sul tavolo un sacchetto che si era portata dietro dalla camera.

Trunks si pietrificò guardando la madre, rimase in silenzio pensando alle sue parole ed infine si scrutò da capo a piedi, “Perché?” domandò innocentemente volgendo i suoi occhi azzurri verso la donna.

“Ahhh… se non ci fossi io a pensare a voi…” sospirò guardando di sottecchi il principe che aggrottò pensieroso le sopracciglia.

Bulma estrasse degli abiti dal sacchetto mostrano una tunica dalla colorazione olivastra al figlio e, successivamente, un completo blu al marito.

“Wow!” esclamò entusiasta il bambino sottraendo l’abito dalla mano della madre, “E’ fantastico, grazie mamma!” esultò contento.

“Prego tesoro” rispose lei con un grande sorriso rivolgendosi poi al compagno.

Vegeta era invece rimasto immobile a fissarla, “Lo so che preferisci le battle suit, ma sulla Terra non ne vendono e io non ho avuto il tempo di fartene una. Perciò o combatti con quella vecchia, lurida e sporca, o indossi questi” gli spiegò la donna mostrandogli una maglietta blu senza maniche.

Il Saiyan ripensò alla sacca che si era preparato per l’occasione nel quale la sua vecchia armatura giaceva malconcia.

Quegli indumenti erano fin troppo terrestri per i suoi gusti.

Il principe dei Saiyan non poteva combattere con degli abiti di un popolo inferiore, ma d’altro canto non poteva neanche sembrare il re degli straccioni.

Infondo i vestiti che portava normalmente, anche in quel momento, erano pur sempre terrestri… ormai si era abituato anche a quelli.

Vegeta fece un passo verso la donna, le sottrasse la maglietta e la guardò seriamente negli occhi “Ma tengo guanti e stivali” puntualizzò.

Bulma rise della sua piccola vittoria, “Certo tesoro, come vuoi” lo rassicurò.

Pochi minuti dopo l’intera famiglia era pronta a partire, ma quando Bulma mise piede fuori di casa non poté fare a meno di ripensare a quella tazza andata in frantumi.

*

FINE

*

*

Le scommesse perse si pagano, quindi ecco il risultato.

Spero che sia di vostro gradimento, ma soprattutto che piaccia a chi ha vinto

Direi che non fa una virgola.

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Ultima cosa, per chi non avesse capito, il riferimento alla seconda scena è quella della trasformazione di Trunks.

  
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