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Autore: Cuscino e Candela    17/05/2008    4 recensioni
Prese a camminare lentamente, a testa bassa. Una mano in tasca e l'altra sul cuore, come per cogliere gli ultimi battiti prima di andarsene.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sole Freddo
Sole Freddo


Buttò quel bastoncino di legno nell'acqua del ruscello, guardandolo sparire tra le scintille di un sole tiepido, gentile, che filtrava tra i rami come luminosa pioggia estiva.

Già, quella di prendersi un giorno di vacanza era stata un'ottima idea. Essere liberi dopo tanto tempo, anche se per poco, sembrava così irreale: la testa apparentemente leggera, la musica degli uccelli come un dolce sottofondo che lo rilassava. Aveva scelto un luogo lontano e solitario dove poteva starsene in pace, e non se ne era pentito.

Si voltò. L'immenso campo dietro di lui era illuminato dalla luce del sole mattutino, sotto l'eterea tranquillità di un cielo terso e frizzante. Un sole dal quale non poteva sottrarsi.

La sua luce pura, sebbene quel giorno avesse aperto uno spiraglio di vita nel suo animo, non aveva il potere di dissolvere il buio che lo possedeva. Ma era lì per far finta che non ci fosse...

Dall'alba si era ripromesso più volte di ignorarlo, ma in quel luogo, solo con sé stesso e i suoi pensieri, il contrasto tra il suo animo e l'estate... no, non ci riusciva.
Forse avrebbe fatto cilecca nel cercare di alleviare lo stress, per riprendere le indagini con più calma.

Vittima del suo stesso autocontrollo che lo stava distruggendo...

No, non doveva fallire quella missione personale. Cercò di distrarsi pensando a qualcosa di innocente, ma non sapeva a cosa di preciso. Niente era innocente nella sua vita. Sapeva di sbagliare nel pensare che tutto prima o poi era destinato a fargli del male in qualche modo, ma le rare volte che gli capitava non poteva evitarlo.

Il pensiero lo portò meccanicamente al signor Yagami, a Mogi, ad Aizawa, a Misa, a Light e a quell'idiota di Matsuda, tutti segregati nel quartier generale.
Non gli fregava se per ora Light era incatenato a Matsuda; la sera prima si era tolto le manette e non gli sembrava il caso di attaccare Kira ad un tavolo. Un po' di svago ci voleva anche per i suoi sottoposti. Di certo non era un gran divertimento sorbirsi le proteste di Misa e le conseguenti suppliche dell'agente, ma lui aveva trovato un che di comico in quel ragazzo. Chissà, si sarebbero fatti quattro risate, o magari qualcuno lo avrebbe contattato supplicandolo di tornare il prima possibile? Per precauzione aveva spento il cellulare.

No, un detective non avrebbe mai dovuto farlo. Non al suo posto, non nel mezzo di un caso così complesso... ma per un giorno, come per tutti gli altri, non poteva fermare le morti, e per giunta Kira ce l'avevano sempre avuto davanti. Non avrebbe neanche dovuto concedersi un giorno di pausa per riflettere meglio su come dimostrare che aveva centrato l'obiettivo. Mancavano solo le prove, e sarebbe tutto finito... Prove che quel bastardo riusciva a nascondere con tanta abilità, per questo non gli andava di passare un'altra giornata con qualcuno che lo faceva stare sempre peggio.

Mai prima d'ora si era sentito così.

Per pochi istanti le sue iridi scure colsero una scintilla di luce tra i rami più alti, brillando, per poi tornare sotto l'ombra della frangia.

Era quasi sicuro che quel presentimento di sconfitta, la certezza della morte così vicina, non era per il fatto che si trovasse per la prima volta ad affrontare una mente di intelletto forse pari al suo... ma perché quella mente riusciva a prevedere ed anticipare le mosse che lui si aspettava dall'altro, comportandosi di conseguenza.

Una trappola...

Si mosse silenzioso tra l'erba alta e fresca, e iniziò ad interrogarsi su un'altra questione: era stupido o no pensare una cosa del genere?

Poteva sembrare tale se considerava che, se fosse stato vero, sarebbe stato più difficile gestire il quartier generale sotto un carico di panico represso, perché non avrebbe più saputo cosa fare. E lì avrebbe sbagliato di sicuro, dando a Kira la possibilità di sopraffarlo... sempre se non l'aveva già fatto, e stesse soltanto aspettando. Al contrario, se così non era, avrebbe vinto.

Ma non poteva dire quale fosse delle due.

Si bloccò, pietrificato, costretto a mantenere un precario equilibrio sul filo dell'incertezza.

Era davvero quello il suo destino?

Dopo una vita che gli aveva fruttato il titolo di miglior detective del mondo solo grazie alle sue capacità e alle persone che avevano riposto fiducia in lui, convivendo con una sofferenza che non avvertiva più da anni, solo, soltanto con il lavoro? Un lavoro che metteva a rischio le vite delle uniche persone a cui teneva, tra l'altro.

Pensò a Watari. Pensò a quando gli aveva sorriso dopo avergli detto che sarebbe andato a respirare un po'. Pensò a tutte le altre volte in cui gli aveva sorriso in quel modo, un inequivocabile segno di sincero affetto...

Nella mente passavano immagini fugaci, voci lontane, sguardi penetranti, gesti effimeri. Due bambini che si sfottevano alla grande, i loro sorrisi e i loro abbracci, e poi volti indistinti, celati dall'oscurità di ricordi che desiderava perdere.

Si costrinse a non farsi male, cercando di distrarsi.

Camminò per un paio di minuti fuori dall'ombra, sotto la luce tenue del sole.

Il sole che aveva raggiunto, ma che si prendeva gioco di lui...

Il sole che splendeva, ma lo riscaldava in superficie...

Una stella da cui voleva aiuto, ma...



*



La sua figura snella si stagliava contro uno sfondo di nubi dorate, lambite dagli ultimi raggi del giorno.

La perla incandescente stava scivolando in basso. Il tempo a sua disposizione era quasi scaduto: entro le ventitré doveva essere a Tokyo, ma per il momento preferiva rimanere su un'altura a godersi quei momenti fino in fondo.

Deglutì e strinse i denti. No, i suoi sforzi non sarebbero stati vani, in futuro: aveva fiducia in quei ragazzi. Ora più che mai, dato che era stato sempre sincero con sé stesso: non ce l'avrebbe fatta.

E stava crollando, poco a poco, in attesa del colpo di grazia...

In ogni caso, rimanere lì non sarebbe servito ad altro.

Prese a camminare lentamente, a testa bassa. Una mano in tasca e l'altra sul cuore, come per cogliere gli ultimi battiti prima di andarsene.
In quel momento si fermò di nuovo.

Era stupefatto.

Da tanto, troppo tempo non sentiva le lacrime scendergli sul viso.

Era inverosimile che Ryuzaki stesse piangendo.

Erano lacrime che scendevano da sole, impossibili da ricacciare indietro. Lacrime di rabbia e dolore represso, brucianti, così aspre che non sembravano appartenere al detective...

Erano le lacrime di L.

Non oppose resistenza, lasciandosi vincere da silenziose gocce di fuoco.

Tremava appena, i muscoli rigidi.

Ad abbracciarlo, soltanto il vento.

Abbassò di più il capo, a fissare l'erba che sfumava dietro una patina opaca, impotente contro sé stesso... Certo, anche le persone più forti hanno i propri momenti di debolezza, ma L non si lasciò abbattere. Il nodo alla gola e le guance bagnate avevano riportato a galla emozioni che aveva dimenticato, e che ora trovava persino piacevoli.

Già, era piacevole sentire che non era già morto prima del tempo.

Si stava semplicemente sfogando.

Rimase immobile sotto tremori contenuti e il colare di sangue trasparente; si era stufato di quella situazione, ma tutto quello che fece fu abbassare il braccio.
Poi, tutto d'un tratto, la rabbia sembrò sprigionarsi, scorrendo nelle vene come lava. Incurvò le spalle, inspirò profondamente, e con un movimento fluido le mani si sfilarono dalle tasche dei jeans, per accompagnare i movimenti felini di un lungo slancio verso l'orizzonte.








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Così la mia collega Candela ha commentato la fic:
cuscino*-*
*me salta sul cuscino e l'abbraccia*
è bellissima! me ti adora sempre di più.
Grazie mille Candela mia!
Era la mia prima fiction su L, uno dei più bei personaggi mai creati, a mio parere. Spero che sia piaciuta anche ai lettori! ^_^
  
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