Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: Patta97    23/12/2013    3 recensioni
Lo specchio aveva un lenzuolo tirato sopra, perché Mycroft evitava sempre di guardare il proprio riflesso, fin da quando era un bambino. Non si piaceva ed era una realtà con cui aveva imparato a convivere.
Perché anche Mycroft Holmes ha vissuto l'adolescenza...
- Continuo a pensare che il sassolino alla finestra sia un terribile cliché, Gregory.
- Pensavo ti piacesse, mia principessa.

Note: teen!Mycroft, teen!Lestrade, child!lock
Genere: Fluff, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao a tutti!
So che non ci sono molte storie con Mycroft ma, ehi, io amo troppo il suo personaggio per non scriverci su. E, insomma, lui e Lestrade sono la mia seconda coppia preferita nel fandom, quindi... Avevo trovato un prompt simile su tumblr qualche settimana fa, così ho aspettato il momento ed è uscita fuori questa storia/ammasso di fluff/mucchio di nonsense adolescenziale. Se vi va lasciatemi un parere,
Chiara


 
Glassa alla fragola
 


Mycroft si chiuse piano la porta alle spalle e si sedette compostamente sulla sponda del proprio letto.
Si fissò le mani in grembo per un po’ prima di alzare lo sguardo sul grande specchio che gli stava davanti. Aveva un lenzuolo tirato sopra, perché Mycroft evitava sempre di guardare il proprio riflesso, fin da quando era un bambino.
Non si piaceva ed era una realtà con cui aveva imparato a convivere. Sapeva che nell’adolescenza questo senso di inadeguatezza si sarebbe acuito ed infatti ora, a sedici anni, vedeva se stesso come troppo grasso, coi capelli troppo rossi, il naso troppo ricurvo, le sopracciglia troppo sottili e le gambe troppo lunghe.
Ma poteva accettare il non piacersi fisicamente: sapeva che avrebbe sempre potuto contare sulla propria intelligenza e senso pratico per sopravvivere. Non era più così, non da quando c’era Sherlock.
A sette anni aveva desiderato così tanto un fratellino, tanto da rendersi ridicolmente speranzoso nello scrivere lettere a Babbo Natale per pregare di averne uno(1). Da nove anni Sherlock era con lui e Mycroft lo amava terribilmente. Aveva così a cuore quel bambino, lo stesso che rendeva inutile ogni suo sforzo di distinguersi, di attirare l’attenzione.
Non solo Sherlock era bello in una maniera che - ne era certo - Mycroft non sarebbe stato mai, ma era anche problematico: quando lui aveva suonato da solista di pianoforte nel concerto della scuola, i suoi genitori erano dal logopedista di Sherlock; quel semestre aveva ritirato da solo la propria pagella - tutte A, naturalmente - perché i suoi genitori erano dallo psicologo di Sherlock; non c’erano neanche quando il Preside lo aveva pregato di tenere il discorso di fine anno in qualità di studente migliore, perché Sherlock era scappato di casa e lo stavano cercando.
E lui non riusciva ad essere arrabbiato. Si cuciva addosso quel sorriso affettato e triste che lo avrebbe accompagnato e contraddistinto per tutta la vita e rigava dritto, silenzioso, logico, mentre dentro qualcosa si incrinava, diventando di ghiaccio. Forse era il suo cuore.
Si alzò dal letto e scostò con un gesto secco il lenzuolo dal grande specchio, incrociando lo sguardo con due occhi grigi pieni di lacrime.
Cercando con tutto se steso di non auto compatirsi, prese il proprio cellulare dal comodino ed inviò un messaggio ad uno dei pochi numeri della sua rubrica.
 
Hai un minuto? MH
 
La risposta arrivò quasi immediatamente e questo lo fece sospirare in modo tremulo.
 
Stavo per andare a letto, in realtà. Oggi ho avuto la partita e sono stanco. G
Ti serve qualcosa? G
Myc, se vuoi vengo a casa tua, prendo la metro. G
Non farmi preoccupare, idiota! G

 
Vieni qui. MH
 
Agli ordini, signore. G

 
Quando, mezz’ora più tardi, un sassolino urtò la sua finestra, Mycroft scese silenziosamente le scale ed uscì non visto dalla porta sul retro, trovandolo ad aspettarlo lì, le mani affondate nelle tasche del giubbotto e un ridicolo cappello di lana in testa.
- Continuo a pensare che il sassolino alla finestra sia un terribile cliché, Gregory.
 
- Pensavo ti piacesse, mia principessa – scherzò il ragazzo, prima di accorgersi che qualcosa non andava. – Myc, tu hai pianto.
 
- Dovresti davvero fare l’ispettore di polizia, allora.
 
- Sul serio, Myc. In quattro anni non ti ho mai visto versare una lacrima. Che è successo?
 
- Nulla – la parola sospirata creò una nuvola bianca attorno alla sua bocca.
 
- Sono venuto qui ed adesso tu mi spieghi che succede. È un ordine.
 
Mycroft alzò lo sguardo su di lui, trattenendo di nuovo le lacrime: non ce la faceva a guardare il suo unico vero amico negli occhi e raccontargli le sue paure, perché una delle sue più grandi era che lui lo potesse lasciare.
Gregory Lestrade, ragazzo di una bellezza normale, media scolastica nella norma, capitano della squadra di rugby, con schiere di amici. Tutti si chiedevano perché fra quelli rientrasse anche Mycroft Holmes, il grassoccio studente modello con la puzza sotto al naso.
 
- Mycroft – lo chiamò ancora. – Parla con me.
 
- Sono grasso. E brutto. Antipatico, anche, e con tendenze asociali e apatiche e di superiorità. I miei genitori ricordano a stento la mia età, perché sono sempre occupati con mio fratello. Non fare quella faccia, dico sul serio! Si sono ricordati del mio compleanno una settimana dopo e mi hanno fatto gli auguri con una busta piena di soldi e un biglietto lasciati sul comodino. Inoltre, adoro Sherlock, ma lui mi sopporta a stento e non so come fare per rendermi simpatico o accettato o farmi… volere bene.
 
- Perché non mi hai mai detto…
 
- Perché ho paura che mi possa odiare pure tu. Tu che sei il mio unico amico e che sei perfetto ed adorabile con quel tuo cappello e le guance rosse dal freddo, mentre io sono solo… grasso.
 
Greg si sfilò velocemente il capello, rivelando la zazzera scomposta, e se lo infilò in tasca. Tirò su col naso e si schiarì la gola mentre spostava il peso da una gamba all’altra, a disagio, in cerca di cosa dire. Anche se scosso da sentimenti contrastanti, Mycroft poteva quasi vedere dei piccoli ingranaggi muoversi nella testa del suo coetaneo e gli scappò un sorriso veloce e genuino.
- Beh… non sei grasso.
 
- Ti ringrazio.
 
- No, davvero. Non sei né grasso né brutto, pel di carota che non sei altro. Forse sei leggermente antipatico e ti senti superiore agli altri, te lo concedo, ma puoi migliorare! Io ti posso aiutare, se vuoi… Per quanto riguarda la tua famiglia, non posso farci nulla. Ma puoi stare certo che io non ti odierò mai, né ti ignorerò o scorderò un tuo compleanno. Ti voglio ed accetto proprio così come sei… Davvero non capisci che… oh, lasciamo perdere. Ti ho portato una cosa.
 
Col cuore che batteva a mille dentro ed un’aria ostentatamente composta fuori, Mycroft guardò Greg estrarre una scatola dal marsupio che portava alla vita e scuoterla per aria.
- Ciambelle, Gregory, sul serio?
 
- Lo zucchero è la migliore delle fonti d’affetto.
 
- Come sapevi che avrei avuto bisogno d’affetto?
 
- Lo hai detto, no? Sarei perfetto come poliziotto.
 
Camminarono fianco a fianco fino a raggiungere il piccolo parco del quartiere, scavalcarono il muretto basso e si sedettero su una delle panchine di legno sulla riva del piccolo lago, alla luce della luna e di un piccolo lampione, mangiando con gusto le ciambelle con glassa alle fragole.
 
- Mi hai davvero chiamato ‘adorabile’?! – chiese Greg a bocca piena, stranito.
 
- Potrei averlo fatto. E tu hai detto che non sono né grasso né brutto.
 
- Solo la verità lascia questa bocca! – assentì l’altro, dando un morso a un’altra ciambella.
 
- Gregory. Sono visibilmente sovrappeso e sproporzionato e il mio volto è ben lontano dai canoni di bellezza.
 
- La tua pancia in più serve a contenere il tuo smisurato ego e la tua faccia ha una sua personalissima bellezza. Non offendere te stesso o ti assesto un pugno sul naso. E non te lo consiglio, perché ho le mani tutte appiccicose di glassa.
 
Mycroft sbuffò per non ridere. Aveva ancora quella strana sensazione di essere appena stato rivoltato come un calzino e che tutti i suoi organi fossero stati dati alle fiamme.
- Attento a ciò che dice, Lestrade, o potrei pensare che lei mi trovi attraente.
 
- Ti trovo parecchio attraente – sbottò Greg, senza pensare, per poi arrossire di colpo. – Hai capito, sai… cioè. Hai capito.
 
- No, la mia intelligenza sembra che abbia bisogno di una spinta verso la giusta direzione.
 
- È impossibile che tu non sappia quanto… come… che io… chiudiamo qui questo discorso, okay?
 
- Non ne ho la minima intenzione.
 
- Mycroft!
 
- Gregory.
 
- Mi piaci, va bene?! Per questo ti trovo bello. E non pensare che sia tuo amico per questo, io adoro la tua maniera pomposa di dimostrare il tuo affetto e il tuo modo segreto di aiutare gli altri e i tuoi sorrisi e tutto. Mi sento così stupido perché tu sei il dannatissimo Mycroft Holmes e… basta. Vado a casa, sentiti libero di non parlarmi, se non ti va…
 
Mycroft lo trattenne per un braccio con gentilezza e si alzò in piedi a sua volta, sovrastandolo appena con la sua altezza, a pochi centimetri l’uno dall’altro, vicino alla superficie nera e lievemente increspata del laghetto.
Il sedicenne abbassò la testa per mormorare all’orecchio del compagno, che tremò appena al contatto.
- Per quanto possa essere svantaggioso… anche tu piaci a me. Per quanto sia tremendamente un eufemismo e…
 
La bocca gli fu tappata da un bacio che sapeva di glassa alle fragole.
 
*
 
- Mycroft, sei tu?!
 
Il ragazzo si ritrovò soffocato da un paio di braccia e fu investito dal profumo costoso di sua madre.
- Eravamo così preoccupati, tesoro… dov’eri finito?! Va tutto bene?
 
- Mamma. Certo che va tutto bene. Benissimo, direi – rispose il rosso confuso, non abituato a tutte quelle attenzioni.
 
- Avvertici sempre quando esci, capito?! Adesso vai a letto e non far più prendere spaventi del genere a tua madre e a me! – gli intimò suo padre con voce dura, ma con il sollievo dipinto sul viso.
 
Mycroft aveva quasi raggiunto la porta della sua camera, quando una vocina lo fermò.
- Ti sei visto col tuo amico, vero?
 
- Sherlock. Perché non dormi?
 
- Non ci riesco…
 
- Vuoi che ti legga una storia sui pirati?
 
- Non ho più sei anni – annunciò il bambino, come se la proposta del fratello lo offendesse, ma facendogli comunque strada dentro la sua stanza.
 
*
 
Quando, più tardi, Mycroft chiuse la porta dietro di sé, si sentì enormemente più felice di solo qualche ora prima e si rese conto che, forse, al mondo c’era ancora qualcuno per cui sciogliere il ghiaccio attorno al suo cuore.
Prima di mettersi a letto, guardò il ragazzo nello specchio e gli sorrise.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
(1) Riferimento alla mia “Caro Babbo Natale…”
 
 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Patta97