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Autore: LuciaDeetz    23/12/2013    6 recensioni
È la sera di Natale e Jane approfitta dell'annuale cenone di famiglia per presentare un certo Theodore Odson a nonni e genitori. Perché a Natale sono tutti più buoni, o almeno così si spera.
Genere: Comico, Demenziale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jane Foster, Nuovo personaggio, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Thor, ti presento i miei

Immune, come qualsiasi divinità norrena che si rispetti, alla fervente temperatura di centonovanta gradi, Thor Odinson tiene il naso spiaccicato al vetro del forno elettrico in attesa che si compia il miracolo midgardiano: quella che è ora una massa informe di pasta sta per maturare in un morbido... aspetta, com'è che Jane l'ha chiamato?
A malincuore, Thor è costretto a distogliere l'attenzione dall'avvincente spettacolo.
«Jane,» dice ad alta voce per farsi sentire «mi rammenti ancora qual è il nome di questa particolarità midgardiana?»
La donna, che al momento barcolla in salotto sotto il peso di una torre di fondine in perfetto equilibrio, fa un rapido calcolo mentale e sbuffa sottovoce quando arriva a contare la stessa domanda per la ventiseiesima volta.
«Pa-net-to-ne!» scandisce, e spera di non arrivare a ventisette onde dover reprimere istinti deicidi.
Soddisfatto, Thor è tornato nel frattempo a fissare l'interno della fornace, dove pian piano l'impasto si sta modellando e gonfiando come un soffice tacchino all'ingrasso.
Un paio di minuti più tardi, dopo essersi disfatta del carico di porcellana e aver posato tutti i piatti in ordine militaresco sul tavolo della sala, Jane fa la sua comparsa in cucina e si dirige alla mensola dei bicchieri.
Mentre lei fa incetta di più calici possibili, Thor si limita ad emettere piccole esclamazioni concitate, finché non accade qualcosa di memorabile, ma così memorabile, che il dio del Tuono si sente costretto a richiamare ancora l'attenzione della tanto occupata Jane.
«Jane, Jane! Ammira!»
L'interpellata si volta e incrocia il luccichio incantato negli occhi celesti di Thor.
«Ciò che chiami uvetta sta scoppiettando sul... sul...» mormora questi.
Jane gli concede solo un sorriso indulgente prima di dedicarsi di nuovo ai bicchieri.
«... come hai detto che si chiama?»
Jane tentenna. Qualcosa nel suo equilibrio corporeo si incrina. Vuoi perché avverte un improvviso orgoglio di cuoca provetta per l'ottima resa del panettone, e perciò non presta più la dovuta attenzione a dove le gambe la stiano portando; vuoi perché Thor l'ha appena distratta come un bambino che urla a un trapezista in bilico sulla cordicella; vuoi perché i calici che ha fra le mani sono davvero troppi per le piccole dita. Il suo piede sinistro invade la corsia riservata alla gamba del tavolo, e la catasta di cristallo tirato a lucido si sfracella a terra insieme a cinquantadue chili di astrofisica.
Thor caracolla preoccupato in salotto, dove trova Jane distesa in mezzo al neo-defunto servizio regalatole dalla nonna giusto lo scorso Natale. Non sa che, date le circostanze, la cosa più saggia da fare è tornarsene ad ammirare il panettone sfrigolante, dunque aiuta un'adiratissima Jane a rialzarsi in piedi e comincia a raccattare i cocci di vetro come se fossero caramelle.
Ora la giovane donna sente davvero un insopprimibile desiderio di compiere una strage. Pur tuttavia fa uno sforzo e prosegue ad apparecchiare la tavola, perché teme che, a fronte del loro gioioso primo incontro durante il quale è sbocciata un'immediata amicizia, Odino attenda solo il pretesto per spedire la quasi-suocera-capra-midgardiana nel regno di Hel.
Il pensiero assassino viene in ogni caso dirottato da un'immagine mentale in cui la nonna materna, ospite da lei proprio quella sera insieme ad altri parenti, chiede spiegazioni riguardo al misero servizio di bicchieri sbeccati offerto dal convento Foster.
Jane ricorda ancora come, esattamente trecentosessantacinque giorni prima, la cara nonna le abbia consigliato - pardon, ordinato - di sfoggiare tale servizio alla successiva cena di famiglia.
Perché ha scelto proprio la sera di Natale per presentare Thor al parentado? Jane continua a chiederselo. Forse, spera che la regola "A Natale sono tutti più buoni" valga per davvero.

***

Jane sprofonda sul divano di fronte al camino acceso. «Allora, ripassiamo. Chi sei?»
«Theodore Odson.»
«Quando sei nato?»
«L'11 agosto dell'anno 1983.»
«Dove e per chi lavori?»
«Sono a capo di un'impresa che produce...» Thor corruga la fronte, i neuroni chiaramente sotto forte stress.
«Tacheometri, Thor. Tacheometri.»
Jane si maledice di aver scelto la topografia come possibile branca di studi per una persona che mostra difficoltà nel ricordare cosa sia un panettone. D'altronde, nessuno nella sua famiglia è mai stato ingegnere o geometra né conosce amici che ne esercitino la professione: spera che la completa ignoranza dei parenti non colga le possibili assurdità topografiche che potrebbero sfuggire - anzi, che sfuggiranno sicuramente - dalla bocca di Thor.
La donna riprende le redini dell'Inquisizione. «Dove ci siamo conosciuti?»
«Stavi conducendo degli esperimenti nel Nuovo Messico, e io nello stesso periodo avevo concordato un appuntamento con un cliente del posto. Abbiamo fatto la nostra conoscenza in una locanda di una stazione di servizio.»
Segue un fuoco di fila di domande, durante il quale Thor si dimostra stranamente brillante. Jane è piacevolmente sorpresa e vede un barlume di luce alla fine del tunnel addobbato di rosso e verde.
«Ok, è passabile» concede infine, una ventina di quesiti più tardi.
Thor è felice del proprio acume e si lascia andare sullo schienale del divano. Per alcuni secondi contempla sovrappensiero la neve che vortica come zucchero fuori dalla finestra, dopodiché si volta di nuovo verso Jane.
«Ora che facciamo?» le chiede.
«Aspettiamo.»
Jane lancia un'occhiata nervosa all'orologio a muro che segna le otto meno un quarto. La sua attenzione va poi alla porta d'ingresso, sopra la quale svetta un rigoglioso rametto di vischio attaccato alla bell'e meglio con del nastro adesivo, dopo che Thor ha quasi rischiato di sventrare la parete mentre cercava di affiggere un chiodo. Infine, gli occhi si posano sull'appendiabiti, dove albergano un paio di pelosi giacconi e...
«Oddio, il martello!»
Thor, che sta ripassando la recita fra sé e sé per meglio assimilare la sua nuova identità di Theodore figlio di Ogden, intercetta lo sguardo di Jane e alza le spalle, serafico. «Sì, non me ne separo mai.»
«No, voglio dire... fallo sparire!»
Il dio del Tuono è il ritratto della confusione. «Per quale motivo?»
«Perché loro non devono vederlo!» esclama Jane esasperata. Chiaramente il fattore "cosa ovvia" è soggetto a grandi variazioni di sensibilità da individuo a individuo.
Thor si erge in tutta la sua statura e con un grugnito provvede a fare piazza pulita del fido compagno.

***

Arrivano le otto, e con loro una coppia di arzilli e adorabili vecchietti che Jane accoglie sulla soglia con un caloroso saluto, due pacchetti regalo sottomano e tre bacetti sulla guancia. Il dio del Tuono attende paziente la fine delle usanze di rito, finché Jane non lo indica e gli fa cenno con un braccio di avvicinarsi.
Thor osserva la coppia dall'alto dei suoi centonovantadue centimetri di nordica divinità. Entrambi i vecchietti sono bardati da capo a piedi con abiti pesanti sui quali si stanno squagliando alcuni cristalli di neve. «Nonno, nonna... Theodore. Theodore... Adam e Louise Blake» dice Jane.
Thor pensa che i midgardiani abbiano dei nomi davvero singolari, poiché non riesce in alcun modo a collegarli a parole di senso compiuto come, al contrario, succede per i nomi della sua patria. Tra l'altro scopre solo in quel momento di avere problemi a dividerli per genere.
Il nonno è in evidente stato di soggezione, ma riesce comunque ad abbozzare un sorriso e tende lentamente una mano rugosa verso di lui. Lei ha le guance e il naso chiazzati di rosso per il freddo e un'espressione di diffidenza a cielo aperto.
Thor, che dopo tante lezioni di galateo midgardiano ha finalmente compreso come destreggiarsi fra quei convenevoli, tanto da non apparire come un cavalier cortese a zonzo nel ventunesimo secolo, stringe la mano del vecchietto nella sua. Forse ci mette un po' più di forza del dovuto, perché sta scuotendo l'omino come farebbe una centrifuga a mille giri, ma l'avo si apre in una risata e sembra deporre l'imbarazzo.
Sciaguratamente, il decalogo offerto da Jane non è durato abbastanza da comprendere i registri linguistici e uno studio approfondito sui nomi di persona e i generi ai quali sono indirizzati. Dato che Jane non ha mai parlato dei suoi genitori prima d'ora, Thor opta per una logica tutta sua.
«Sono onorato di fare la sua conoscenza, signor Louise Blake.»
Il vecchietto ridacchia sottovoce. «Io sono Adam» dice. Poi, divertito e perplesso allo stesso tempo, indica la moglie. «Lei è Louise!»
Se prima nonna Foster era circondata da un alone di sospetto, ora ha decisamente assunto un'aria di puro disprezzo, e non dà alcun segno di volersi scomporre dalla sua frigida posizione a braccia conserte.
Thor scorre mentalmente le nozioni imparate, ma non trova nulla sotto al capitolo "Come cavarsela dopo una magra figura", allora alza esitante una mano e la scuote come un bimbo che fa ciao.

***

Cinque minuti dopo, fatti accomodare i due ospiti sul divano (a nonna Louise è toccato il lato sfondato da Thor), il campanello trilla al ritmo di "Ammazza la vecchia col flit".
«Mamma, papà!» esclama Jane stringendo a sé la coppia di coniugi che ha appena varcato la soglia. A fine abbraccio si volta titubante verso Thor il quale, in mancanza di un secondo divano, si è goduto l'intera scena stando in piedi con il podice davanti al tepore del camino.
«Theodore... questi sono Helen e Bryan, i miei genitori» dice Jane, e fa bene attenzione a enfatizzare con vaghi gesti della mano chi sia Helen e chi sia Bryan, sperando che il tacito messaggio venga recepito.
Questa volta, il dio del Tuono non ha certo intenzione di deluderla. A prima impressione i signori Foster appaiono come persone serie e con la testa sulle spalle, e ognuno a suo modo ricorda alcuni tratti della figlia: lui dal fisico ben piantato, i capelli brizzolati sotto la cuffia e gli occhi nocciola, lei bruna e dalla lieve abbronzatura dorata.
La felicità nei loro volti riflette quella di Thor, che sfoggia un sorriso a trentadue denti mentre tiene il braccio levato e in poche falcate percorre la distanza fino all'ingresso.
Prima ancora che l'uomo possa levarsi la cuffia dal capo, Thor acchiappa la sua mano guantata mentre sente su di sé lo sguardo speranzoso di Jane. I sorrisi della coppia sono sinceri, stavolta Thor non può permettersi di sbagliare. E non sbaglierà.
«Chi di voi è Bryan e chi Helen?»
Jane si schiaffa un palmo in faccia e scuote la testa.

***

«Tesoro, queste paste ripiene sono favolose!»
Jane regala a sua madre un sorriso gratificante, ma non riesce comunque a togliersi dal viso il velo di terrore. Da quando i quattro ospiti hanno preso posto alla grande tavola avvolta in una tovaglia di ridenti Babbi Natale, non ha fatto altro che percorrere con incessanti falcate il corridoio dalla cucina al salotto, trasportando assaggi d'antipasto sempre più elaborati e senza dare il tempo ai parenti di approfondire le presentazioni. Ma ora, esaurita la carrellata di mini portate, Jane è costretta ad attendere che il tacchino e le patate arrosto raggiungano il grado perfetto di cottura, e teme che questa breve pausa possa dare inizio al fatale interrogatorio.
Dal canto loro, i parenti non aspettano altro che un pretesto per parlare tranquillamente senza il rischio di sputarsi addosso pezzettini di cibo. E fissano Thor a metà fra lo sgomento e la sorpresa, perché ora ricordano ancora come un'adolescente Jane abbia, tanti anni prima, dichiarato di deprecare i biondoni tutto muscoli e niente cervello. Questa è l'opinione che l'albero genealogico Foster si è fatto di lui. Tutta colpa di un paio di nomi piazzati sulla persona sbagliata, e ovviamente dei tricipiti che spuntano imperterriti da sotto il maglione di lana.
Bryan Foster si sta chiedendo se lo svalvolato che ha davanti sia il giusto uomo per la figlia, perché secondo il suo autorevole punto di vista è impossibile conciliare impegni lavorativi, consorte ed eventuale prole con la passione per i carapaci di tartaruga. No, non si può amare se stessi e una donna contemporaneamente. Quando un maschio decide di consacrare la sua vita al matrimonio, deve buttare nel gabinetto tutte le pillole di steroidi e bruciare l'abbonamento alla sala pesi.
«Abbiamo parecchia fibra lì dentro, eh?» scherza.
Jane potrebbe giurare di aver colto una punta di malevola invidia nel tono neutrale del padre. Uomini.
«Allora, Theodore...» riprende Bryan. «Non ti dispiace se ci diamo del tu, vero? Da uomo a uomo» mentre parla fa dei piccoli gesti cordiali con la mano, ma il modo in cui ha pronunciato le ultime parole rivela intenzioni tutt'altro che bendisposte.
Sul viso di Thor si dipinge un ingenuo sorriso: le precedenti figure da cioccolatino non hanno scalfito più di tanto la sua autostima. Il dio del Tuono è fiducioso quanto basta per ritenere di poter fare nel complesso una bella figura.
L'uomo, dal canto suo, è convinto che il fidanzatino lavori saltuariamente, o addirittura non lavori affatto, perché solo gli sfaccendati dedicano ore della giornata alla cura del proprio corpo. Lui infatti è un lavoratore serio, e in questi trentacinque anni di contributi i suoi pettorali non sono mai andati oltre la fase di piatta bonaccia.
«Cosa fai nella vita?» attacca Bryan Foster.
Il duello è iniziato. Jane si prepara psicologicamente, e quasi pensa di accendere lo stereo e caricare la colonna sonora de Il Buono, il Brutto e il Cattivo perché trova che sia tragicamente adeguata alla situazione.

***

«Proteggo i Nove Mondi dalle potenziali minacce.»
Jane avverte le dita sudare mentre sorseggia dal grossolano bicchiere che tiene in mano. L'ansia le fa andare l'acqua di traverso e inizia a tossire come un'appestata. Perché... maledizione... ha sbagliato... risposta!
I due anziani, che per tutto il tempo sono rimasti in fase catartica a contemplare i loro piatti vuoti, si risvegliano all'improvviso.
«Che?» fa nonno Adam, sturandosi un orecchio col mignolo per timore di aver sentito male. «Che razza di lavoro è?»
Una saetta rivelatrice pare attraversare Thor da parte a parte. «Lavoro, ma certo!» esclama. «Dirigo un'azienda che produce tacheometri!»
«Tacheometri? Non ne ho mai sentito parlare» dice Bryan.
Come previsto, i signori Foster non danno segni di aver compreso. La scritta "Grazie al cielo" si illumina nel cervello di Jane come un'insegna al neon.
«Cosa sono?» chiede interessata la signora Foster.
«Sono degli strumenti atti a rilevare il dislivello e l'ampiezza degli angoli fra più punti nel terreno» recita Thor con solenne sicurezza.
Jane è sorpresa. Sembra quasi che il compagno conosca davvero ciò di cui parla. Forse c'è ancora qualche possibilità.
«E riguardo a quella cosa sui... com'è che hai detto, "Nove Mondi"?» fa il signor Foster.
Forse anche no.
«Si tratta di un... di un...» Jane sforna subito almeno un lordo hobbitiano di scuse, ma nessuna di esse suona credibile quanto vorrebbe. Infine si accorge che sta ripetendo "di un" come un disco rotto, così tira a sorte e prega che il biglietto estratto sia quello vincente. «Si tratta di un videogioco chiamato La vita» spiega. «C'è un protagonista, una sorta di divinità, che deve fare prosperare le civiltà nei nove pianeti del sistema solare e nel frattempo proteggerle dai disastri ambientali o invasioni da altri universi. Io e Theodore ci giochiamo spesso insieme.»
Sente gli sguardi perplessi di tutti addosso, compreso quello del suo presunto compagno di giochi. «Cosa fai nella vita - cosa fai ne La vita!» aggiunge con una risatina isterica per consolidare l'alibi a cui non crede nemmeno lei.
«Notevole» commenta suo padre. Chiaramente sta pensando l'opposto.
«Il videogioco è un vero concentrato di astrofisica...» termina Jane, poi fa finta di aver sentito il segnale acustico del timer sul fornello e si defila in cucina senza fiatare un'altra parola.

***

«Di dove sei esattamente?» chiede il signor Foster in salotto.
«Ho vissuto a Sydney fino all'età di quindici anni, dopodiché i miei genitori si sono trasferiti qui per motivi di lavoro.»
Jane, che è in cucina a travasare le pietanze natalizie in un grande piatto da portata, non perde un respiro di quella conversazione. Sembra comunque che il divin fidanzato sia tornato sulla retta via senza l'aiuto della midgardiana Virgilia.
«Mi chiedevo infatti da dove venisse il tuo strano accento. Avevo intuìto che non eri di queste parti.»
Se è per quello, pensa Jane, Thor non è nemmeno di questo pianeta.
«Un australiano a New York...» sente dire dal padre. «Jane non ha parlato molto di te. Anzi, a dire la verità non ci ha detto proprio niente.»
Jane interpreta quel "non ci ha detto" come una velata accusa.
«Come vi siete incontrati?»
Thor snocciola con fare sicuro la messinscena preparata in precedenza mentre Jane trae un lungo sospiro di sollievo, come chi si addormenta sul treno e al risveglio scopre che nessuno si è involato gli effetti personali.
A quel punto tocca alla voce contrariata di nonno Adam sovrastare il brusio delle patate che friggono nel forno. «Ai miei tempi, la gente non attaccava bottone al primo incrociato all'Autogrill!»
«Anche perché, ai tuoi tempi, gli Autogrill ancora non esistevano» gracchia inaspettatamente nonna Louise. Jane quasi si commuove a sentirla proferire parola per la prima volta da quando ha messo piede nell'abitazione.
«Non fare come se tu fossi tanto più giovane, Louise.»
«Mamma, papà!» sbuffa la signora Foster. «Non a Natale!»
Tempo un minuto, e sulla tavola compaiono un tacchino fumante e un glorioso stufato di verdure assortite. Jane ha appena finito di distribuire a tutti delle generose porzioni, quando il signor Foster si sente in dovere di riprendere il discorso che ha prima interrotto.
«Immagino che la strada per diventare imprenditore non sia stata semplice. Dove hai studiato, Theodore?»
La risposta è semplice ed è stata studiata a menadito. Rassicurata, Jane mastica con gusto una patata. Un rapido sguardo ai commensali e al ritmo con cui inforchettano il tacchino le dice che tutti apprezzano la sua cucina. Sì, anche la nonna, dalla quale attende ancora l'acida critica per i calici tarocchi che hanno rimpiazzato i graal di cristallo.
«Dopo aver frequentato i primi anni di scuola a Sydney,» dice Thor pratico «sono entrato alla facoltà di Ingegneria della New York University. Ho conseguito la laurea, dopodiché ho lavorato come libero professionista per un paio d'anni prima di avviare l'attività imprenditoriale.»
Il signor Foster è impressionato - e anche un po' scottato, perché raramente il suo scanner di genitore fallisce, ma non lo vuole dare a vedere. In fondo, l'educazione non è indice di buon senso e fedeltà coniugale.
Ma ora è davvero invidioso, giacché non si capacita di come il bietolone sia riuscito ad elevarsi tanto in alto nel mondo del lavoro e a mantenere un fisico invidiabile quando lui ha dovuto sacrificare palestra, vita sociale e balli della scuola per farsi una cultura e ottenere solo una cattedra in una squallida Public High School di provincia.
«Una carriera fulminante» commenta, cupo.
Jane rivolge a Thor un sorrisino d'intesa prima di voltarsi verso il padre. «A proposito di attività lavorativa,» dice «come va con i ragazzi?»
Bryan Foster si esibisce in un sospiro frustrato, ma è contento che qualcuno gliel'abbia chiesto perché non attende altro di poter sciorinare il suo fastidio. «Lasciamo perdere. Occuparsi di cultura al giorno d'oggi è difficile. Meno male che ora c'è vacanza.»
«Come mai?»
«I giovani d'oggi sono sempre più maleducati.»
A Jane non va persa la frecciatina velenosa che scocca verso Thor.
«Uno del nono anno, ad esempio,» riprende il signor Foster «giusto la scorsa settimana, ha avuto il coraggio di contestare un paragrafo del libro di testo.»
Jane infila in bocca un pezzetto di tacchino in salsa. «Cioè?»
«L'ho mandato alla cattedra per essere interrogato, e ha affermato più volte che Cristoforo Colombo è stato un "fetido infame che si è abbellito di gloria non sua".»
«E perché l'avrebbe detto?»
«Continuava a dire che sono stati i vichinghi, con un certo Leif figlio di Eirik il Rosso, a spingersi per primi fino alle coste di Terranova e a piantar bandiera» dice il signor Foster. «Che per lui Colombo era un impostore bastardo. Alla fine mi sono scocciato e l'ho spedito al banco con una F.»
D'un tratto Thor smette di infilzare piselli e si inclina in avanti, interessato.
«Ma quello che ha detto è vero» contesta Jane. «Gli scienziati hanno confermato che Colombo non è stato il primo ad arrivare.»
«Già, ma è stato il primo ad aver piantato radici solide. I norreni non sono riusciti a stabilirsi in una colonia per circostanze ancora oggi sconosciute» risponde scocciato suo padre. «Lo studente non aveva ragione di insultare la memoria di Colombo.»
«Sarà, ma secondo me la F è stata un po' ingiusta» dice la signora Foster.
«Necessaria, Helen.»
«Io l'ho conosciuto, Leif Eirikson.»
Il boccone di cibo rimane a mezz'aria sulla forchetta mentre il cuore di Jane salta un battito. La donna vede la figura brizzolata del signor Foster corrugare la fronte e scrutare Thor con un'espressione indecifrabile.
«Prego?»
Nel cervello di Jane scatta subito l'allarme rosso sotto forma di risatine asmatiche che si guadagnano gli sguardi disorientati dei partecipanti alla cena. In men che non si dica il criceto in testa ha partorito un'altra galattica scusa.
«Nooo, Theodore!» esclama la donna a gran voce, ridendo per non piangere. «Ti stai confondendo con quel gentile commesso del Burger King! Noi...» si incanta per un secondo «... noi stavamo parlando di un Leif Eirikson vissuto molto, molto, molto tempo fa!» Agita la mano sopra la spalla in un gesto che spera inequivocabile perfino per la bradipa intuizione di Thor. «Non del ragazzo alla macchinetta del caffé... capisci, no?»
Un fulmine ti colga se non capisci, pensa Jane intanto.
Thor è una statua di granito. La compagna desidera tanto oliargli gli ingranaggi per mezzo di qualche pedata ben assestata, ma teme che la terapia del dolore dia l'effetto contrario e scateni altre dichiarazioni compromettenti. Alla fine, dopo un tempo che le pare interminabile quanto il tacchino nel suo piatto - perché ora l'ansia le ha bruciato l'appetito - Thor annuisce convinto e lei si rilassa sulla sedia.
Il signor Foster si pulisce la bocca col tovagliolo. «In ogni caso, ripeto che fare l'uomo di cultura non è affatto semplice» dice riprendendo il discorso interrotto. «Bisogna dare ai giovani delle notizie vere, comprovate, senza che si facciano strane idee su chi o cosa è successo prima di noi. Dare del lurido bastardo a un esploratore genovese, per quanto con nobili intenzioni, merita una F e anche una nota sul registro. E poi...»
Il dio del Tuono pensa che il signor Foster parli proprio bene, ma il suo discorso finora ha presentato non pochi lati oscuri. Non tanto perché i midgardiani ignorano che siano stati lui e Loki - pace all'anima sua - gli artefici della disfatta transoceanica per mezzo di una magia al momento sbagliato, che ha carbonizzato l'accampamento di Leif e anche il dreki nella baia, ma perché Thor non ha ancora compreso che lavoro faccia il signor Foster per sopravvivere.
Gli è ormai chiaro che ogni midgardiano deve sacrificare parte della sua giornata per il lavoro e, se Jane e i suoi parenti hanno capito - o sanno - di cosa si tratti, la stessa cosa non vale per il dio nordico che, nella risoluzione del grattacapo, si trova ancora in alto mare. Per una volta vuole fare bella figura: decide dunque di risolvere l'enigma da sé senza chiedere spiegazioni.
Pensa e ripensa, mentre il signor Foster sta ancora decantando le lodi e gli oneri dell'uomo di cultura, Thor viene colpito dalla folgorazione. La lingua degli umani è così semplice, così dettata dalla logica, che è per mezzo di questa stessa logica che Thor giunge alla conclusione. Se Ian e Darcy svolgono stage e sono stagisti (gliel'ha spiegato Jane, cosa sia uno stage), allora per forza di cose il signor Foster dev'essere un...
«Culturista. Lei è un culturista, vero? Un uomo di cultura» dice orgoglioso.
In lontananza, Jane sente la neve scendere e un cane solitario ululare tutto il suo dolore.

***

Nel paio di settimane precedenti al Natale, è consuetudine depositare sotto l'albero tutti i doni che mano a mano si ricevono, per poi aprirli in allegria quando arriva il giorno gioiglorioso. Così accade in molte case del mondo, e così anche in casa Foster, dove al momento, sotto l'abete nano nell'angolo di fianco al camino, sono accatastati tanti pacchi dai colori sgargianti che non aspettano altro di essere depredati.
Ma la lingua biforcuta di nonna Louise non risparmia niente e nessuno. Dopo aver commentato malignamente il mediocre servizio di terraglie ("A proposito, cara, dove sono i calici che ti ho regalato l'anno scorso?"), l'anziana signora esercita il suo diritto di critica sulle costose lucine che avvolgono l'abete di plastica come il mitico Jormundgandr la terra.
«Il Natale è diventato una festa commerciale» dice con sdegno.
Jane, attualmente in cucina a preparare le porzioni di dessert e mettere i piatti sporchi in lavastoviglie, storce il naso. Quel discorso, che riceve puntualmente con cadenza annuale, lo conosce come le sue tasche e sa già che finirà con un'osservazione sull'inutilità dei regali - specialmente di questi tempi che c'è crisi - e un invito a dispensare sorrisi anziché giocattoli e cartoline. Non che nonna Louise segua tanto i suoi consigli, comunque, perché non sorride quasi mai e di auguri ne dispensa pure meno.
Jane storce il naso, dicevo, dopodiché riprende tranquilla a tagliare fette di gelato per elefanti, sopra ciascuna delle quali poggia un'amarena congelata per dare un tocco personalizzato.
Oramai dovrebbe saperlo che la calma viene prima della tempesta.
«Theodore, tu sei cristiano?»
Per poco Jane non si affetta un dito. Se lascerà che risponda Thor, è sicura di votarsi al disprezzo eterno della religiosa nonna Louise per essersi accoppiata con un pagano. Sempre che Thor sappia cosa sia un cristiano, che ora come ora sembra un'ipotesi utopistica e orrenda al tempo stesso.
Ma non vuole essere toccata dal beneficio del dubbio.
Con ancora il coltello in mano (dalla fretta si dimentica di posarlo), fa la sua comparsa in sala appena in tempo per mettere a freno la lingua del compagno. «Oh, sì» dice, poi fa una pausa, moderando le parole. «Lui è molto devoto alla religione.»
«Bene» dice Louise, arraffando uno dei pochi grissini rimasti. Non è per nulla impressionata. «Che chiesa frequenti?» chiede poi di nuovo rivolta a Thor.
Ancora una volta, è Jane che si intromette. «Prima andava alla St. Mary, quella sulla Grand Street. Adesso andiamo entrambi alla St. Patrick.»
«Gioia, vorrei che fosse il tuo giovanotto a rispondere.»
Jane si morde un labbro.
Sebbene Thor non abbia afferrato una sola parola di quella conversazione, tanto da fargli dubitare di comprendere la lingua inglese, ripete a pappagallo e con più naturalezza possibile ciò che Jane ha appena detto. L'anziana signora annuisce pensierosa. «Ecco perché non ti ho mai visto. D'altronde, ci sono così tante chiese a New York...»
La nonna sembra finalmente deporre le armi e la morbosa curiosità. Con un labbro martoriato, Jane ritorna al semifreddo in cucina.
Intanto Thor ha deciso che, d'ora in avanti, non farà più congetture sulla realtà circostante e subisserà i midgardiani di domande ogni qual volta non capirà un aspetto delle loro abitudini. Ci sono ancora tante cose che non capisce!
«Mi fa piacere che ci siano ancora giovani devoti a Gesù» Jane sente la nonna complimentarsi (evento più unico che raro), al che il discorso sembra essere finito nel migliore dei modi.
Ora, pensa Jane, qualsiasi persona dall'intelligenza media seduta al posto di Thor si guarderebbe bene dal fiatare una sola sillaba. Forse è il fato che ha deciso così, forse c'è qualche subdola entità - Odino - che se la gode a vederla in difficoltà, perché quello che sta per accadere trascende i limiti della sua misera, midgardiana comprensione.
«Chi è Gesù?» alita Thor, e sugli astanti cala un artico silenzio.

***

Nessuno parla durante il dessert. Jane ha portato in tavola dodici generose fette tra panettone e gelato della casa, e tutti sono o troppo furiosi o troppo sconvolti per dire una parola (tranne il signor Foster, che attualmente si trova in bagno). In particolare, nonna Louise è chiusa in un religioso mutismo e Thor tiene gli occhi incollati al piatto con l'aria da cane bastonato. Chi fa per dire qualcosa è subito dissuaso dall'elevato grado di acidità dell'aria.
Inizialmente, nonno Adam asseconda questa riluttanza nel parlare. Con il passare dei minuti, però, il silenzio si fa sempre più asfissiante, tanto da ricordargli che, entro pochi anni, quella cappa di quiete diverrà la norma quando lui e Louise saranno internati al Carnegie East House for Elderly People. Dunque, dopo molte riflessioni sulle monotone condizioni di vita degli anziani, si ficca l'amarena in bocca e decide di rompere quella falsa serenità.
«Ai miei tempi, i commensali trascorrevano il tempo parlando e... bblurgh! gah! blrugh!»
«Adam!» urla nonna Louise.
«Papà!» urla la signora Foster.
«Nonno!» urla Jane.
«Signor Blake!» urla il signor Foster appena tornato dall'esilio.
Thor sta zitto. Osserva il volto di nonno Adam mentre raggiunge e supera varie sfumature di grigio fino a diventare d'un bel rosa maialino.
No, rosa acceso.
No, violaceo.
Il vecchietto sputa, si tiene una mano attorno alla gola, ricorda vagamente un paonazzo Volstagg quando ingurgita qualche boccone di troppo.
Ma certo, Volstagg! Questa è la sua occasione per redimersi!
In men che non si dica, Thor s'è alzato dal tavolo e ha raggiunto il caro signore. Tutto intorno a lui è un vociare, un gridare, uno strillare, ma Thor non ci fa caso perché sa esattamente cosa deve fare e che la cosa funzionerà. Del resto l'ha già fatto un sacco di volte, con Volstagg appunto, ed è con mani frementi che si appresta a riservare al vecchietto lo stesso salvifico trattamento.
Ma il venerando signor Blake non è un gigante di centotrenta chili e non è abituato a essere battuto come un tappeto al vento. Mentre Thor usa le sue mani a mo' di battipanni e cala delle pacche vigorose sulla schiena del vecchietto, questi non solo sputa la feral ciliegia, ma anche la protesi dentaria.

***

Sono appena le nove e mezza e i ranghi si sono già assottigliati.
Sotto le bibliche parole di nonna Louise, che ha bollato Theodore Odson come una punizione divina per la razza umana e una sicura futura disgrazia per la famiglia ("Bryan, non ti permettere di concedergli la sua mano!"), gli anziani coniugi hanno preso sciarpe, cuffiette, cappotti e regali e han tagliato la corda veloci come lepri.
Il signor Adam ha appena avuto il tempo di raccattare la dentiera e ringraziare il dio del Tuono per il suo intervento provvidenziale, prima di essere arpionato per un braccio e strattonato a forza lungo il vialetto esterno.
Al tavolo ora rimangono solo Thor, Jane e i coniugi Foster davanti a quattro sorbetti che la padrona di casa ha appena preparato. Nessuno dice una parola: di tanto in tanto qualcuno sorseggia imbarazzato con lo sguardo basso; Thor fa girare distrattamente la cannuccia lungo i bordi del bicchierino immacolato. Il silenzio è tanto fitto che il ticchettio dell'orologio a muro ricorda un campanile a mezzogiorno.
Finalmente, dopo una ventina di finti sorsi (Jane, per via dello stress, si è dimenticata di aggiungere lo zucchero all'imbevibile sorbetto), il signor Foster trae un lungo sospiro e si decide a parlare. «Jane» dice. L'interpellata deglutisce e alza gli occhi sul padre, pronta per la strigliata. E per giunta con Thor lì accanto...
Ma il genitore, stranamente, sta scuotendo la testa con aria mite. «A quando la fine della recita?» domanda.
«Cosa?» fa Jane. E stupidamente si chiede di quale altra recita stia parlando, perché il suo cervello sta rigettando il pensiero che possa essere proprio quella recita.
Bryan Foster sospira ancora. «Andiamo, puoi fare fessi i nonni, ma non...»
«Piano con le parole, Bryan» lo rimprovera mamma Helen. «E di che diamine stai parlando?»
«Sto parlando,» dice il signor Foster, paziente «del fatto che nostra figlia non è che una piccola bugiarda.»
La signora Helen si volta verso Jane con aria scandalizzata. «La pasta sfoglia ripiena non era opera tua!»
«No, Helen...» dice il signor Foster scuotendo il capo. «Parlo di qualcosa di più grosso. Qualcosa che si chiama Thor e che ha lasciato la sua firma di fabbro di fianco al gabinetto del bagno.»
Jane apre la bocca, fa per parlare, richiude la bocca senza aver enunciato alcun suono. Ha forse passato la serata a cucinare, pianificare, mentire, servire, mentire, servire e infine di nuovo mentire per poi scoprire che Thor ha lasciato la succulenta foglia dove perfino le talpe la possono raggiungere?
Apparentemente, sì.
Può salvarsi da quella situazione? Scodellare l'ennesima scusa? Ma sì, il martello in realtà è uno speciale batticarne che ha comprato a un discount... uno sturalavandini ultratecnologico... roba fantastica e utilissima a prezzo stracciato... no. Jane si dice che non può funzionare. Dunque, si volta verso Thor più furente che mai.
«Hai nascosto il martello in bagno?!» gli ruggisce contro.
Il compagno alza le spalle come per difendersi. «Mi hai detto di occultarne le tracce... non hai specificato come.»
«THOR!»
I coniugi assistono ammutoliti al siparietto. La signora Foster porta sul viso un'espressione incredula. «Non ci posso credere...» bisbiglia.
Jane ha tutta l'aria di voler innaffiare Thor con il sorbetto al limone (e così troverebbe una scusa per non doverlo bere). Come ha potuto, quello svampito! Ha già le dita chiuse sul bicchiere, il braccio pronto a dare il lancio, quando il signor Foster riprende a parlare.
«Jane, ascoltami» dice. «Avresti potuto - e dovuto - dircelo prima. Avremmo capito.»
La ragazza posa cautamente il sorbetto. «Avreste capito?»
«Sì. Beh... avremmo capito senz'altro meglio il perché dello strano comportamento del tuo compagno» risponde il signor Foster, il quale ha smesso di essere invidioso l'istante dopo aver accertato la vera identità di Theodore Odson. Non si può vincere una sfida a braccio di ferro con un dio.
Nel mentre, sotto la bella chioma dorata, la mente di Thor sta lavorando. È cosciente del fatto che Jane è furiosa con lui e vorrebbe tanto rimediare a ciò che ha combinato, ma col senno di poi constata che, ogni qual volta lui tenti di aggiustare le cose, puntualmente peggiora la situazione (e finora questo è stato il suo ragionamento più profondo).
Si limita così a una sola domanda. «E ora?»
«Tu non dire una parola» lo minaccia subito Jane con la cannuccia, una mossa che al povero Thor rimembra tanto i tempi in cui Odino soleva puntargli il dito contro e latrare arrrh! a mo' di pirata con la benda all'occhio. Il signor Foster sospira per una terza volta. «Jane, oramai sei grande. Sei una donna adulta, e credo - spero - che tu abbia abbastanza senno da scegliere quel che è meglio per te.»
Jane fissa il padre con tanto d'occhi. Non crede alle proprie orecchie. Si volta verso Thor, il quale condivide la sua confusione.
«Tacheometri» ridacchia il signor Foster. «Immagino che, se ora vi chiedessi come vi siete davvero incontrati, otterrei una risposta molto diversa da quella che ho sentito prima.»
«Nuovo Messico» dice Jane laconicamente.
«In un Autogrill?»
Jane esita un attimo. «Non proprio...»
«Ha investito la mia forma mortale con la sua autovettura.»
«E poi che è successo?»
«Mi ha investito nuovamente davanti a un centro di guarigione.»

***

«Credo che sia ora di andare, Helen. Si è fatto tardi.»
Le lancette degli orologi puntano verso nord quando i coniugi Foster fanno per alzarsi dal tavolo, rimpinzati come il tacchino della serata e con lo stomaco in lotta contro il sorbetto appena finito.
Alla fine dei conti, dire nient'altro che la verità è stata la cosa più semplice che Jane potesse fare. Deve ammettere che i genitori hanno preso la cosa tranquillamente e, sebbene considerino il comportamento di Thor alquanto singolare, sembrano comunque avergli perdonato le stranezze della serata in virtù della sua vera identità.
«Grazie della serata, cara. Singolare, ma... molto piacevole» dice la signora Foster, mentre il marito è occupato a sfilare i cappotti e sistemare i regali nella borsa. «E non ti preoccupare troppo per la nonna» aggiunge poi frettolosamente.
«Grazie a voi per essere venuti» dice Jane. E schiocca alla madre due baci sulla guancia.
«Non ti ho chiesto la ricetta di quella pasta sfoglia. Ti richiamo domattina!»
«D'accordo, mamma.»
«Statemi bene.»
Quando Jane avverte il freddo glaciale spirare dalla porta, sa che la serata è davvero finita. Sente la presenza di Thor al suo fianco mentre saluta i genitori sulla soglia.
«Thor...» il signor Foster, intabarrato nel suo cappotto grigio topo, tende deciso la mano verso il dio del Tuono. «È stato un piacere.»
Non fare il baciamano. Non fare il baciamano. Ti prego, non fare il baciamano, pensa Jane.
Ma Thor si comporta da perfetto midgardiano e si limita a stringergli la mano.
«Ci vediamo, Jane» fa ancora il signor Foster, scambiando con la figlia un abbraccio. Infine scocca un'altra occhiata in direzione di Thor.
«Sei un tipo a posto, Australia» gli dice. «Ma ricorda...» si indica gli occhi con indice e medio, il cipiglio serio «Big Bryan is watching you

***

Jane si rigira sotto le coperte e posa la testa sul petto di Thor.
«Allora, come ti è parso mio padre?» dice alzando lo sguardo.
«Una brava persona.»
«Quasi quasi è stato meglio così... che tu abbia lasciato il martello in bagno, intendo.»
«Sì, forse sì...»
«La nonna ce l'avrà sempre a morte con te, d'ora in poi» Jane sente un brivido di freddo e si avvicina ancora di più a Thor, che emana tanto calore quanto una stufa a pieno regime. Gli cinge la vita con un braccio, ma stranamente il compagno non fa altrettanto e Jane si decide a fare la domanda che le frulla in testa da un po'. «Mi spieghi perché sei così rigido da quando i miei se ne sono andati?»
«È che...»
Thor deglutisce mentre tiene gli occhi incollati al soffitto della stanza e cerca di non pensare al corpo di fianco al suo. Nell'oscurità della notte, fra le rachitiche ombre dei rami che il chiarore lunare getta lungo le pareti, Thor continua a vedere delle paia di occhi nocciola che trapassano la sua mente e sembrano leggergli ogni pensiero voluttuoso. E quelle parole, sì, quelle orride parole gli ronzano attorno come la melodia di un carillon fantasma.

Big Bryan is watching you.
Big Bryan is watching you.
Big Bryan is watching you.

«Dove dimorano i tuoi genitori?»
«Parecchio lontano da qui, fuori città. A quest'ora non saranno ancora arrivati a casa.»
«Rimangono spesso in contatto con te?»
Jane pensa che queste siano delle domande strane. «Ogni tanto ci chiamiamo per scambiarci le ultime novità... ma perché me lo chiedi?» Stufa di quell'interrogatorio, Jane si avvinghia a Thor come un polipo nel tentativo di far comprendere al compagno che parlare non è ciò che vuole. Il dio del Tuono rimane tuttavia immobile, le braccia lungo i fianchi.
E poi Jane comprende improvvisamente.
Albeggia quando la donna riesce finalmente, dopo mille rassicurazioni, a scongelare Thor e neutralizzare le sue fantasie. Ma proprio mentre il compagno dà segni di voler cedere ai propri istinti e alle richieste velate, ecco che dal piano di sotto si ode lo strillo del telefono: mamma Helen è già in prima fila, armata di penna e blocchetto degli appunti, e la noche de fuego è estinta ancora prima di divampare.
Al che Jane pensa che le fobie di Thor non siano poi così tanto incoerenti.

~fin~



Angolino d’autrice:
A Natale puoooi... fare quello che non puoi fare maaai...
Tipo presentare Thor all'allegra famigliola.
La Carnegie East House esiste davvero. ​Anche le chiese menzionate sono realmente esistenti.
I nomi dei genitori e dei nonni, invece, come si può immaginare, sono inventati di sana pianta. E così anche il videogioco "La vita" (peccato, ci avrei giocato volentieri).
Big Bryan is watching you si rifà a Big Brother is watching you, citazione dal libro 1984.
L'11 agosto 1983 è la data di nascita di Chris Hemsworth.
Leif Eirikson è realmente esistito ed è davvero approdato in America prima di Colombo. Ma, a quanto pare, i quattro gatti vichinghi sulla nave non erano abbastanza per far fronte all'orda Azteca, o Inca, o Maya del periodo e l'accampamento è stato così spazzato via dai nativi. Poi chissà, magari c'è stato davvero lo zampino di Thor e Loki! XD
E... credo che sia tutto! XD
Spero vi piaccia!
Ho impiegato quasi un mese a scrivere questa storia... A poco a poco si spera che riuscirò ad aggiornare anche le altre due fanfiction che ho in stallo da tempo immemore, ma fino a marzo 2014 l'andazzo sarà comunque altalenante per cause di forza maggiore (tesi, *sigh*).
Approfitto dello spazio autrice per augurarvi un Buon Natale 2013!

   
 
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