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Autore: Theris    23/12/2013    1 recensioni
Matteo è un sedicenne interessante, intelligente, attraente e pieno di amici. E' una persona particolare a cui tutti finiscono per voler bene. E' l'esempio vivente di quanto sia bella la vita e di come godersela. Ma Matteo non è davvero così. Solo poche persone lo conoscono per chi è davvero; e tutti indossiamo della maschere. Una personalità strana e contorta creata sulle basi di insegnamenti apparentemente immorali, sul cinismo e sui pensieri filosofici più impopolari. La vita e i pensieri più reconditi di un sedicenne dei nostri giorni attraverso le grottesche e variegate esperienze adolescenziali.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le Due Collane
By Theris


Capitolo 1.
Le sei di mattina. Parte Paradise City dei Guns N' Roses dalla sveglia del telefono. Matteo, attaccato al suo cuscino, apre gli occhi e si volta verso il telefono, posto sulla scrivania dall'altro lato della stanza.
"Ci risiamo..."
Pensò, mentre si metteva a sedere sul letto. La voce di Axl risuonava nella stanza, presto avrebbe svegliato gli altri. Alzandosi repentinamente staccò il telefono:
"okok... Sono sveglio"
Sbadigliando, si diresse verso la finestra dove alzò la serranda per poi dare uno sguardo fuori. Era ancora buio, una buia mattina di dicembre. La pioggia cadeva sottile e leggera sulle auto parcheggiate nel piccolo cortile sotto il condominio.
"Ok, sbrighiamoci"
Si preparò in fretta ad un'altra giornata di scuola e scese di casa. Erano circa le sei e quaranta, e la casa di Giuseppe era molto vicina al condominio di Matteo: in cinque minuti di cammino sarebbe stato lì. Quelli erano cinque minuti magici. I cinque minuti magici della giornata: era l'unica cosa per la quale valesse la pena scendere di casa a quell'ora. La città dormiva ancora, la città era praticamente sua. Con gli auricolari nelle orecchie e il buio tutt'attorno, era il momento perfetto per riflettere. Per riflettere sulle cose più assurde e filosofiche della vita. Erano cinque minuti di estasi pura: il freddo entrava attraverso i vestiti e lo faceva sentire vivo mentre la pioggia lo sfiorava cullandolo dolcemente. Il tutto accompagnato dalle note talvolta melodiche, talvonta no, di Hendrix. Per quanto bella fosse quella sensazione, finiva sempre con l'arrivo sotto casa di Giuseppe. Matteo estreva dalla sua tasca il telefono e gli inviava un messaggio. Subito dopo, Giuseppe usciva dal suo portone insieme a suo padre. Era un tipo piuttosto nella norma: capelli sul biondo scuro e tendenti ad un lato secondo la moda del momento, occhi castani e fisico robusto, dall'aspetto un po' imbranato e goffo. Vestiva quasi sempre con jeans e maglietta o con una tuta grigiastra. Era uno dei suoi migliori amici, si conoscevano da più di sei anni.
-Buongiorno-
Disse avvicinandosi ad Matteo, sorridendo, cercando di nascondere la stanchezza che si faceva largo sul suo viso. Ogni volta che sorrideva, si vedevano benissimo i sui denti estremamente storti. Ogni mattina salivamo sulla macchina di suo padre che li lasciava alla fermata dell'autobus. Il sole cominciava a sorgere, donando alle nuvole una tonalità rosacea piuttosto artistica. Questi piccoli dettagli erano sempre notati da Matteo, che si sarebbe soffermato a contemplarli per ore. Giuseppe non capiva questo aspetto di Matteo, che spesso si perdeva nel descrivere quei fenomeni con aggettivi e similitudini. Una volta arrivati a scuola, la giornata era ufficialmente cominciata. Il punto di ritrovo della classe di Giuseppe e Matteo era un muricciolo ad una decina di metri dalla scuola, un liceo scientifico. Seduti comodamente sul muretto c'erano già Maria, Francesca, Rita e Michele. Insieme ai due ragazzi arrivarono anche Alessia e Irene. Il gruppo era praticamente completo: quegli otto erano stati nella stessa classe per due anni, ma quell'anno avevano diviso la classe. Nonostante ciò, erano riusciti a restare insieme aggregandosi ad un'altra classe. Erano tutti amici molto stretti e si conoscevano benissimo.
-Ciao amore!-
Gridò Maria alla vista di Alessia. Alessia era senza dubbio la più ben voluta all'interno del gruppo. Era in un certo senso il loro "leader". Non che si comportasse come tale, ma aveva dei modi di fare che facevano si che le persone si affezionassero subito a lei e sapeva come coinvolgere tutti. Era piuttosto robusta per essere una ragazza e di certo aveva bisogno di una dieta, ma era una ragazza graziosa e gentile. Gentile... Lo era sempre, con tutti. Era una gran bella persona. Tante volte c'era stata per Matteo, tante volte lo aveva aiutato, consigliato nei momenti di difficoltà. Sapeva sempre cosa dire per tirarlo sù. E lei sapeva capirlo. Tante volte durante le loro conversazioni Alessia riusciva a descrivere i suoi pensieri ancor prima che questi venissero enunciati. Era davvero una ragazza eccezionale.
-Oggi c'è il compito di chimica... Io non so nulla... Chiediamo al prof se possiamo spostarlo?-
Continuò Maria con quella sua vocetta stridula. Quanto era irritante! Matteo la detestava segretamente. Ma le voleva davvero un gran bene, forse era quella a cui voleva più bene in quel gruppo. Ma la detestava davvero tanto! Maria aveva i capelli lunghi e lisci di colore castano (anche se si era da poco fatta la tinta rossa), degli occhietti vispi e un faccino carino; il corpo magrissimo e una seconda scarsa di reggiseno. Ma era solo una bambina di sedici anni, nulla di più. Forse era per questo che riusciva a farsi volere bene dagl'altri. Ma era anche stupida. La stupidità... Una delle cose che Matteo detestava proprio. Con un'espressione di sdegno in faccia, lanciò un'occhiata a Giuseppe, che capì al volo.
-Mari, ascolta... Siamo riusciti a rimandarlo già due volte il compito di chimica, ma il prof ha detto che chi oggi non lo avrebbe fatto avrebbe preso due in pagella. Non lo sposterà mai-
Giuseppe sapeva sempre mantenere la calma con Maria, cosa che a Matteo risultava ardua.
-Vabbè noi proviamoci lo stesso!-
Asserì comunque Maria. Il disappunto si fece largo fra la faccia di Giovanni, che sembrava trattarla come si tratta un bambino di cinque anni.
-Maria ma stai scherzando?-
Esclamò irritato Matteo. Di certo non sarebbe stato un genitore modello. L'espressione sul viso della ragazza cambiò repentinamente:
-C'è bisogno che fai così? Ho capito!-
Si mise un'espressione che assomigliava molto a quella di una bambina appena rimproverata in pubblico, alché Matteo si pentì immediatamente di averla trattata in quel modo.
-Dai dai fa nulla! Per il compito di arrangeremo!-
Si immischiò Alessia, che come sempre cercava di sistemare le cose.
-Guarda, c'è Sara-
disse Michele. Tutti si voltarono a guardarla. Era con la sua migliore amica: Danila. Sara era la ragazza di Matteo da poco più di un mese. Aveva i capelli lunghi, neri e ricci. Un viso seducente ma dolce e degli occhi castani, con rare striature nere. Piuttosto bassina, aveva un corpo snello ma sinuoso. Infondeva dolcezza e simpatia ad ogni sguardo o parola. Danila, invece era l'esatto contrario di Sara: la sua antipatia la coglievi di prima mattina dai suoi sguardi e dalle sue espressioni. Occhi verdi scuri, capelli biondi e lisci e un viso pesante: una vera vipera. Per niente carina, anzi. Matteo si chiedeva spesso cosa ci facesse Sara con una persona come Danila. Forse, alla fine, è vero che le ragazze belle si circondano sempre di ragazze più brutte per sentirsi superiori, eppure Sara non sembrava neanche lontanamente una persona simile.

A prima ora filosofia. Una martellata sui cosiddetti. La professoressa era noiosa e petulante, ma era una buona occasione per starsene un po' per i fatti suoi: Matteo spesso si estraneava dal mondo esterno nell'arco della giornata. I cinque minuti della mattina ne era un esempio. Così, mentre la simpaticissima professoressa Adelfio spiegava la concezione politica di Platone, Matteo stava con la testa direttamente nell'iperuranio.
-Guarino! Che conclusioni possiamo trarre da ciò?-
Matteo tornò nel mondo sensibile e si ritrovò davanti agli occhi la prof con i suoi occhiali spessi e la sua pettinatura stile anni '30. Giuseppe non poteva suggerire: la prof era troppo vicina e lui non aveva idea di che cosa stessero parlando. Senza perdere minimamente la calma disse:
-Bè prof, sono del parere che questo concetto sia troppo complicato per poter trarre delle conclusioni con tutta questa fretta. Il genio di Platone era troppo grande per poter parlare delle sue idee in maniera superficiale, credo mi serva un po' di tempo per riflettere.-
La prof lo fissò per un secondo con sguardo indigatore, Matteo ricambiava lo sguardo.
-Mmm giusto, ottima osservazione. Prenditi tutto il tempo che ti serve. Nel frattempo qualcuno vuole dire qualcosa?-
Disse distogliendo lo sguardo. Giuseppe si voltò ridendo verso Matteo sussurrando:
-ma come fai a cavartela sempre?-
Rise anche Matteo
-oh dai, che devo dire?-
Giuseppe era il più studioso della classe ed era sempre preparato, nonostante ciò Matteo era quello considerato più intelligente. Non riusciva a capire il perché di questa nomina.
Mentre Giuseppe prontamente suggeriva la risposta alla domanda della prof, Sara, dal primo banco, si voltò sorridendo verso Matteo. Anche lui, dall'ultimo banco, la guardò dolcemente. La loro relazione era nata così: un gioco di sguardi. Due sguardi che si incrociavano durante le lunghe e noiose lezioni della prof Adelfio. Quegli occhi di un castano accesissimo, quasi tendenti sull'arancione e con alcune striature di nero... Non si sarebbe mai stancato di guardarli. All'inizio dell'anno scolastico Sara era impegnata con un ragazzo di vent'anni, Biagio, da oltre quattro mesi. Non da molto, ovviamente, ma i genitori di Sara erano molto all'antica e adoravano quel ragazzo: l'avevano praticamente presentato a tutta la famiglia della giovane ragazza ed erano tutti sicuri che i due si sarebbero sposati. Dei pazzi, insomma. Già durante i primi giorni di scuola, però, Matteo e Sara erano diventati amici: messaggiavano e parlavano spesso al telefono anche per delle ore intere. Nel frattempo, il suo rapporto con Biagio andava scemando: lui voleva un rapporto troppo serio dalla sedicenne. Ed era pesante. Molto pesante. Dopo alcune settimane dall'inizio della scuola i due si erano lasciati, senza dubbio anche per l'influenza che Matteo stava avendo sulla ragazza. Il feeling tra i due era palpabile.

La campanella suonò due volte: era finalmente giunto l'intervallo. Tutti si alzarono, compresa Sara, che corse subito con le braccia tese verso Matteo per abbracciarlo.
-Vita non ne posso più!-
Matteo rise mentre si avvicinava per baciarla, ma fu prontamente fermato dalla ragazza.
-Non possiamo baciarci qui scemo... C'è ancora la prof-
Disse sorridendo, mentre si mordeva il labbro.
-Vieni, usciamo...-
Continuò trascinando Matteo verso la porta. Durante quei pochi passi, il ragazzo si accorse che dall'altro lato dell'aula Michele e Giuseppe li stavano fissando ridendo. Non erano risate di divertimento o gioia; era quasi risate di incredulità. Matteo li guardò con sguardo dubbioso per poi esclamare:
-Dopo noi dobbiamo parlare!-
Il "cortile" della scuola altri non era se non la palestra esterna: un semplice campetto di calcio, un campetto di palla canestro e una pista per la corsa. I due innamorati stavano passeggiando lungo i campetti fumando una sigaretta. Tutte le coppie camminano tenendosi la mano o stando a braccetto; loro erano praticamente per i fatti propri. Nessuno avrebbe mai pensato fossero una coppia.
-Guarda...-
disse Sara improvvisamente, indicando un angolo remoto del cortile mentre il suo sguardo diventava estremamente romantico e malinconico.
-E' lì che ci siamo baciati la prima volta... Ti ricordi quand'è stato, vero?-
-Certo che me lo ricordo-
Affermò tranquillamente Matteo. Non era vero.
-Dovrei crederti?-
Indagò la ragazza, ridendo dolcemente
-Te lo dimostro. Siamo venuti qui di nascosto durante l'ora di religione. Ci siamo appartati a scherzare e ti ho fatto ascoltare delle canzoni, non capisci un cazzo di musica.-
Disse ridendo, salvo poi subire un pugno sulla spalla da parte della ragazza.
-Okok chiedo perdono! Non mi picchiare di prego!-
Asserì in tono ironico.
-Dai scemo, smettila. Continua...-
Matteo tornò serio e continuò a raccontare:
-Stavamo ascoltando insieme la musica, quando ti dedicai la canzone I Don't Want To Miss a Thing, degli Aerosmit, e tu ti attaccasti alla mia spalla. Ti fece notare che eri arrossita, e tu per tutta risposta mi facesti il solletico; io saltai in aria facendo cadere a terra gli auricolari. Ti dissi <> e dicendo questo ti feci il solletico fino a farti arrivare con le spalle al muro. Una volta lì ti bloccai le braccia e ti guardai negli occhi. Smettemmo di ridere e ci guardammo negli occhi per qualche secondo. Ero sicuro che volessi baciarmi. E anche io lo volevo, così mi avvicinai alle tue labbra, ma all'ultimo momento tu ti levasti ed esclamasti <>. Devo dire che ci rimasi piuttosto male ed ero anche abbastanza imbarazzato, non potevo credere di aver interpretato male di tuoi segnali, ma non lo diedi a vedere. Ti risposti che era abbastanza evidente, e tu sorridendo mi spingesti contro il muro e mi baciasti.-
-Quindi te lo ricordi...-
Disse Sara baciando Matteo.
"Non mi ricordo la data... Vabbè, l'ha bevuta."
I due si staccarono
-Comunque non la bevo-
"Merda"
-Non hai detto la data, avevo ragione io-
Disse ridendo.

Una volta in classe, Matteo chiamò da parte Giuseppe e Michele:
-Si può sapere che avete voi due ogni volta che sono con Sara?-
-Niente bro!-
Disse in tono rassicurante Giuseppe.
-E' solo che... bè... è strano-
Continuò.
-Strano? Perché?-
Chiese Matteo.
-Tu che stai con una ragazza... E' strano! Non fraintenderci, siamo contenti per te, perché ti vediamo felice. Ma tu sei... sei tu. Chi l'avrebbe detto che saresti stato bene con una ragazza-
Concluse Michele. Matteo sapeva benissimo cosa intendevano dire. Era sempre un ragazzo contrario alle relazioni, poiché, affermava, che erano solo delle convenzioni sociali con l'unico scopo di limitare la libertà; e che l'esperienza andavano vissute senza limiti. O forse si riferivano al fatto che ogni relazione avuta da quel ragazzo non durava mai più di due settimane. Matteo si stancava spesso e finiva per trasformare le sue ragazze in un passatempo.
-Lo so... A volte fa strano anche a me. Ma mi diverto con lei... Il nostro rapporto non è pesante, per niente. A volte giochiamo e scherziamo come dei bambini, altre siamo dolci come una coppia di fidanzatini, altre ci pizzichiamo come fossimo sposati da trent'anni. Il tutto senza mai perdere il sorriso. Non abbiamo mai neanche litigato. Non un litigio serio, per lo meno.-
-Siamo contenti per te-
Disse Giuseppe sorridendo, per poi continuare con:
-E' bello vederti felice-
Felicità. Chi può dire cosa era davvero la felicità? Un adolescente è perennemente alla ricerca della felicità, ne è quasi ossessionato. Ma chi sa davvero cos'è? In cosa consiste? Matteo si poneva spesso quelle domande senza arrivare ad una soluzione. Ma aveva escluso alcune ipotesi, tra cui quella di avere una relazione. Possibile che adesso la fonte della sua felicità fosse la relazione con Sara? Era tutto così semplice? Trova una persona che ti fa stare bene, una persona di cui ti innamori e che è innamorata di te e raggiungi l'ambita meta? Era davvero così facile raggiungere la felicità? E Matteo era davvero felice? Di certo stava bene, ma chi poteva dire se lo fosse davvero?
-Dai comunque non è del tutto vero. L'anno scorso sono stato con Francesca e...-
Si interruppe guardando gli sguardi dei suoi amici prima che scoppiassero a ridere.
-...grazie ragazzi...-
Concluse sconsolato.
-Dai non te la prendere!-
Esclamò Michele mettendogli una mano sulla spalla.
-Noi due ti conosciamo benissimo. E sappiamo che bella persona tu sia. Ma non venirci a rifilare queste stronzate-
Continuò Giuseppe senza smettere di ridere.
-Ammettiamolo, Francesca era il tuo rimedio anti-noia. Lei moriva per te, e tu la usavi come passatempo.-
-O come strumento per scopare-
-Esatto. Il che va bene, sai com'è, ma non puoi dire che avevate una vera relazione-
Avevano ragione. Fin dal primo anno, da quando si erano conosciuti, Francesca si era presa per Matteo una cotta assurda. Lui l'aveva subito notato ma non le dava nessuna importanza. Francesca era una ragazza timida e introversa. Piuttosto estraniata dagli altri, faceva di tutto per farsi notare diversa dalla "massa", ma non ci riusciva. Ogni suo tentativo falliva miseramente mostrando che persona era: una finta alternativa che faceva la "diversa" solo per farsi notare dalla "massa" che tanto diceva di evitare. Una persona debole, che dipende dagli altri. Ed era anche bruttina: odiosa quella sua frangetta, o quel suo apparecchio brillantinato. Per non parlare del suo nasone. Certo, aveva dei punti forti: il suo seno prosperoso, per esempio. Oppure... bè ecco...sorvoliamo... Matteo chiamava o cercava Francesca solo nei momenti di forte noia, e la usava per tirarsi su. Erano arrivati a baciarsi e poi a fare sesso senza che stessero insieme. Francesca lo amava, lui era solo annoiato. La noia era sempre presente nella vita di Matteo, cercava qualsiasi cosa che potesse rendere diverse le sue giornate. E andare a letto con Francesca e la sua quinta di reggiseno era certo una di quelle. Così, i due erano finiti per stare insieme. Erano durati cinque giorni. Alla fine, Matteo l'aveva lasciata con un messaggio. Nonostante ciò, per alcuni mesi successivi i due hanno continuato ad andare a letto insieme. Matteo era un vero stronzo? O Francesca era una stupida? Forse entrambi, o forse nessuno dei due.

La campanella stava per suonare, in pochi minuti sarebbero ricominciate le lezioni. Sara entrò in classe e vedendo Matteo intento a cazzeggiare, come suo solito, si mise accanto a lui sorridendo con una strana luce negl'occhi, ed esclamò:
-Guarda! Voglio farti vedere una cosa-
  
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