Finalmente a casa.
Sospiro mentre chiudo la porta d’ingresso alle mie
spalle, indeciso sul parlare o meno. Ascolto il rumore dei passi di mamma
avvicinarsi e spontaneamente sorrido. Un attimo dopo appare sulla cima delle
scale e mi guarda felice come una Pasqua.
«Sei arrivato presto!» Sogghigna mentre scende i gradini
allargando le braccia, pronta a stringermi nonostante sia ancora distante
almeno un metro.
«Te l’avevo detto che sarei riuscito ad arrivare prima.»
Rispondo sorridendo abbracciandola a mia volta quando mi raggiunge.
Dio, quanto mi è mancata.
Respiro a pieno il suo odore mentre poso le labbra sulla
sua fronte. Odora di casa e di amore. Due cose di cui ho assolutamente bisogno
in questo momento.
Mamma mi allontana posando le mani sulle mie spalle e mi
osserva con fare critico.
«Stai bene?» Chiede guardandomi con la faccia di una che
la sa lunga e che non crederà mai alla mia risposta affermativa.
«No, ma mi riprendo.» Ammetto con un sorriso tirato e mi
guadagno un pizzicotto su una guancia.
«Certo che ti riprenderai. Sei mio figlio.» Dichiara
orgogliosa mentre si muove verso la cucina. La seguo a ruota abbandonando la
mia valigia/zaino in fondo alle scale.
«Abbiamo ospiti stasera?» Chiedo quando, arrivato in
cucina, noto la quantità del cibo presente sui fornelli.
«Un po’ di amici.» Risponde vaga poco prima di porgermi
un mestolo a livello della bocca ed invitarmi ad assaggiare il sugo che ha
prelevato da una pentola. «Com’è?»
«Ustionante.» Mormoro cercando di fare entrare aria nella
mia bocca per spegnere l’incendio che sta avvenendo sulla mia lingua. «Ma
buono.» Aggiungo allo sguardo contrariato di lei.
«Così va meglio.» Riprende ad armeggiare ai fornelli
soddisfatta. «Se vuoi andare in camera tua a riposarti fai pure.»
«Già ti vuoi liberare di me?» Domando sollevando un
sopracciglio.
«Esattamente.» Mi risponde agitando un coltello. «Per
questo e perché sembri uno zombie.»
Accenno un sorriso prima di passarmi le mani sul volto e
poi fra i capelli.
«Per questa volta te la faccio passare, perché sono
stanco sul serio.» Ribatto prima di uscire dalla cucina.
«Riposa bene.» Le sento dire ad alta voce mentre riprendo
da terra la mia borsa e inizio a salire le scale.
Tre ore.
Ho dormito tre ore.
Come ha potuto permettere che dormissi tre ore?!?! Passerò
la notte in bianco per questo motivo! Inoltre sono stato svegliato alle 17.40 e
ho solo venti minuti per prepararmi.
So benissimo che potrei presentarmi anche così, ma vorrei
farmi la barba, una doccia, cambiarmi…
Sbuffo rumorosamente mentre afferro i vestiti e mi dirigo
verso il bagno.
Mamma è già pronta e ha deciso di farmi passare per il
ritardatario di casa.
«Smettila di sbuffare e preparati!» Ordina da camera sua.
«Se continui così me ne vado prima di Natale.» Minaccio
prima di chiudermi in bagno ed iniziare a prepararmi.
Faccio una doccia veloce e mi prendo del tempo per farmi
la barba. Mi fa sempre uno strano effetto tornare a casa.
Ne sono felice, ma al contempo mi sembra di non essere
andato avanti per niente. Quando torno qui, il semplice fatto di percorrere la
strada dall’auto al portone di casa mi rallegra il cuore. Quella sensazione di
calore che mi invade non la provo da nessun altra parte e forse è proprio per
questo che non c’è nessun altro posto dove io stia completamente bene come qui.
Ho più di trent’anni e ogni volta che torno mi sembra di
riavvolgere il tempo e ritornare un bambino. Io, mamma, mio fratello e le mie
sorelle. Non c’era nient’altro che mi facesse stare altrettanto bene e la cosa
non è cambiata affatto.
Una volta pensavo che avrei trovato la mia strada, una
ragazza con cui crearmi una mia famiglia e costruire qualcosa assieme che
potesse rendermi felice come lo sono qui; dopo l’ennesima batosta inizio a
pensare che forse non fa parte del mio destino avere qualcosa di lontanamente
simile a quello che c’è nella mia famiglia, ma va bene così. Sono ben
consapevole di aver fin troppe cose per cui essere grato, quindi sorrido.
Sorrido alla gente. Sorrido alle fotocamere. Sorrido al me stesso riflesso allo
specchio. Nessuno riesce a vedere davvero cosa c’è dietro quel sorriso, solo io
e la mia famiglia.
Per una volta vorrei davvero riuscire a cacciare via
tutti questi pensieri negativi, fra poco sarà Natale, sono tornato prima a casa
proprio per questo: via la negatività e bentornato al Chris spensierato di
quando abitavo qui.
Sospiro e afferro la camicia bianca che ho posato su una
mensola accanto al lavandino ed inizio ad abbottonarla mentre esco dal bagno e
torno in camera. Il campanello suona quando sono ancora in mezzo al corridoio
fra bagno e camera, impreco accelerando il passo.
Osservo la giacca blu scura che ho posato sul letto e
decido di evitare di chiudere la camicia fino al collo e mettere la cravatta
che lascio abbandonata sulla coperta, osservo il mio riflesso allo specchio sul
cassettone subito dopo che ho indossato la giacca. Sorrido allo specchio.
Si va in scena.
«Chris, potresti aiutarmi con gli antipasti?» Mamma
chiede aiuto dalla cucina e mi libera dalla conversazione con il suo collega di
lavoro Martin.
Grazie al cielo.
Io amo mia madre, sono felice che lei abbia così tanti
amici e che faccia queste feste, ma sopravvivere a questa serata senza Scott o
le mie sorelle potrebbe essere più dura di quello che pensavo.
«Che posso fare?» Chiedo mentre entro in cucina finendo
di bere un bicchiere di prosecco.
«Potresti sistemare la salsa in quei recipienti che trovi
sul tavolo…» Mamma parla senza guardarmi, immersa dentro il frigo.
«D’accordo…» Rispondo prima di inzuppare un dito nella
ciotola e portarlo alla bocca.
«Christopher!» Mi volto verso mamma con il dito ancora in
bocca e sorrido smagliante. «Farò finta di non aver visto.»
«Me lo merito per aver sentito le parole “come sta la
vecchia Hollywood” almeno trecento volte da quando questa serata è iniziata.»
Rispondo pronto guadagnandomi un’occhiataccia da mamma. «Sul serio non hanno
ancora capito che abito a New York quando non lavoro?» Domando mentre sistemo
la salsa nella ciotolina.
«E tu diglielo di nuovo.» Mamma mi dà una pacca sulla
schiena e esce dalla cucina.
La seguo poco dopo con le scodelline che deposito sul
tavolo dove ha imbastito un buffet degno dei migliori catering. Decido di
afferrare un piatto e qualche crostino mentre mi muovo per la stanza cercando
di evitare lo sguardo degli ospiti attorno a me.
Ripeto: amo mia madre, ma mi sento come un pesce fuor
d’acqua. Sono il più giovane in questa casa e non c’è nessuno della mia età,
anche il figlio dei nostri vicini è riuscito a trovarsi una ragazza e si è
trasferito a Chicago.
Non posso credere di essere diventato il tipo di ragazzo
che passa le serate in casa con la mamma ed i suoi vecchi amici.
Che tristezza.
Il campanello suona, poso il mio piatto su un mobile poco
distante e vado ad aprire la porta. Sorriso cordiale mode: on.
«Ciao Lisa, scusa il ritar…» La
ragazza davanti a me si blocca con la bocca aperta. Sollevo un sopracciglio e
le rivolgo un ghigno divertito. «Christopher!» Urla e mi butta le braccia al
collo.
La abbraccio a mia volta, sollevandola leggermente da
terra. Questa sì che è una sorpresa degna di questo nome.
«Sayuri!» Pronuncio il suo nome
a mia volta mentre la riporto con i piedi per terra e la osservo risistemarsi
una ciocca dei lunghi capelli neri dietro l’orecchio. «Non sei cambiata per
niente.»
«Nemmeno tu, noto.» Risponde lei guardandomi male con i
suoi occhi scuri. «Il solito tatto di un elefante, nonostante siano passati…»
Si porta una mano sotto il mento mentre riflette.
«Undici anni, non sforzarti troppo.» La prendo in giro
mentre la invito ad entrare.
«Dodici.» Mi corregge prima di rubarmi un crostino dal
piatto. «Sto morendo di fame.» Parla con la bocca piena. «Dov’è tua madre?»
«Da qualche parte.» Faccio spallucce e porto alla bocca
l’ultimo crostino prima che lei lo rubi.
«Vado a cercarla.» Si sgancia il cappotto grigio che
indossa rendendo visibile un vestito corto bianco di lana. Mi sforzo di non
guardarle le lunghe gambe fasciate da un paio di calze con un disegno floreale,
fino a che lei non prende il piatto dalle mie mani e lo sostituisce con il suo
cappotto. «Grazie Alfred.»
E con questo gira sui tacchi e si allontana alla ricerca
di mia madre.
Rimango a fissarla per qualche secondo poi scuoto la
testa e vado a depositare il suo cappotto nella stanza dove sono quelli di
tutti gli altri ospiti.
Quando torno in sala, Sayuri
sta parlando con mamma, il mio piatto fra le sue mani è pieno di roba da
mangiare e lei sorride tranquilla. Assottiglio lo sguardo pronto ad andare a
riprendermi ciò che è mio e magari anche il suo nuovo squisito contenuto, ma vengo
intercettato da Martha.
«Christopher, quando ti vedremo nuovamente sul grande
schermo?» Chiede con un sorriso cordiale.
Dio, ma perché non mi chiedono qualcosa che non coinvolga il mio lavoro?!
«Il prossimo anno uscirà Captain
America: il soldato d’inverno.» Rispondo con un sorriso che spero risulti
cordiale e non di circostanza come realmente è.
«Mia nipote adora questi film sui supereroi, nonostante
siano una cosa da maschi.» Mi dice sghignazzando.
«Beh, ci sono anche ottime supereroine…» Rispondo vago
mentre studio con lo sguardo le pietanze sul tavolo alle spalle della donna.
«Credo che sia un bene se si identificano in soggetti come Wonder
Woman o la Vedova Nera piuttosto che altre…cose…» Finisco la frase aggrottando
la fronte, non è esattamente il modo in cui avevo pensato di concludere la
frase, ma è sicuramente quello più diplomatico.
«Immagino…» La donna non sembra molto convinta della mia
risposta. «Certo che un così bel ragazzo come te, da solo…Non è che ci stai
nascondendo la tua ragazza?»
Allarme rosso.
Lo sapevo che prima o poi sarebbe accaduto. Martha Milles è una delle amiche più pettegole di mia madre;
dubito che non sappia che mi sono lasciato non troppo tempo fa. Ricordo che mia
madre ha scoperto tutte le volte che saltavamo scuola per colpa sua. Ogni
Halloween con Scott le riempivamo il giardino di carta igienica e tagliavamo
tutti i fiori delle sue amate piante solo per vendicarci. Ripensandoci bene i
fiori li tagliavamo appena si presentava l’occasione non solo per il trentuno
Ottobre.
Con questa domanda puoi dire addio ai tuoi amati ciclamini.
Serro le labbra trattenendo una risata diabolica. Prendo
un grosso respiro e mi preparo a rispondere alla domanda.
«Beh…»
«Christopher!» Sayuri appare al
nostro fianco sorridendo smagliante. «Devi assolutamente assaggiare questo.»
Senza darmi il tempo di reagire mi infila in bocca un involtino di pasta
sfoglia con un wurstel all’interno e si gira verso la mia interlocutrice.
«Scusami tanto Martha, ma Christopher va pazzo per quegli affari e stavano
finendo, dovevo per forza farglielo
mangiare prima che fosse troppo tardi.»
La donna la guarda confusa, poi le indirizza un sorriso
incerto e mi guarda, le rivolgo una specie di sorriso con la bocca piena.
«Venendo qui sono passata davanti alla vostra casa…» Sayuri attira di nuovo l’attenzione della donna.
«Bellissimi addobbi, li hai fatti tutti tu?»
Potrei casualmente mandarli in corto circuito. O pestare
le lampadine adiacenti al terreno. Devo dirlo a Scotty
quando arriverà.
«Ovviamente. E
Andrew e Mark mi hanno aiutata.» Martha risponde pronta ed orgogliosa.
Decisamente non si illumineranno a Natale.
«Sul serio?» Sayuri mi sembra
anche troppo entusiasta della cosa. «Avrei giurato che per l’addobbo del tetto
vi avesse aiutato una ditta.»
«Per niente.» La donna sorride compiaciuta. Sayuri mi rivolge un occhiolino di soppiatto. Genio del male.
«Complimenti davvero. Gli addobbi migliori che ho visto
quest’anno.» Sayuri sorride cordiale, poi si volta
verso di me. «Mi porteresti da bere?»
«Mi hai scambiato per il cameriere?» Chiedo sollevando il
sopracciglio.
«No, avresti dovuto avere il papillon e saresti stato più
cordiale.» Al mio sguardo poco convinto aggiunge. «O almeno avresti avuto la
decenza di startene zitto.»
«O di sputarti nel bicchiere.» Puntualizzo strafottente.
«Vado a prenderti da bere.» Aggiungo subito dopo muovendomi verso il tavolo
dove si trovano i bicchieri.
«Scusa Martha.» La sento dire frettolosamente e dopo
pochi secondi è al mio fianco, attaccata al mio braccio e sghignazza. «Quanto
ti sono mancata da uno a dieci?» Gongola.
«In momenti come questo…Undici.» Ammetto prima di tornare
a sorriderle.
«Christopher. Tu mi lusinghi.» Dice con fare drammatico
portandosi le mani al petto. «Seriamente. Vorrei sapere come fai a sopravvivere
in situazioni del genere senza me.»
«Sinceramente non ne ho idea.» Rispondo fra me e me,
mentre riempio il mio piatto. Lei mi dà una pacca sulla spalla.
«Non demoralizziamoci adesso. È il ventitré di Dicembre e
sei a casa a festeggiare.» Afferma allegra.
«Ed ho ritrovato te.» Aggiungo prima di mangiare
qualcosa.
«Appunto.» Mi guarda divertita. «Quindi non c’è motivo di
stare giù.» Mi osserva seria, come se potesse sapere quello che mi passa per la
testa.
«Tu invece?» Le chiedo quasi distrattamente. Lei si
blocca con il braccio sollevato nell’atto di afferrare una porzione di insalata
russa.
«Cosa?» Domanda dopo qualche attimo di smarrimento che
non passa inosservato.
«Cosa fai? Quando sei tornata…» Inizio mentre le faccio
strada verso una parte della sala più isolata. «Le ultime cose che so di te è
che eri tornata in Giappone con la tua famiglia.»
«Già.» Serra le labbra. «Devo ammettere che hai fatto
molti sforzi per mantenere i contatti.» Mi fa notare. Entrambi andiamo a sederci
sull’ultimo gradino della scalinata che porta al piano superiore. Immersi nella
semi oscurità del corridoio, il chiacchiericcio degli altri invitati di mia
madre che ci fa da sottofondo.
«Avevo venti anni…E la mia vita ha preso una piega…» Mi
giustifico.
«Popolare.» Mi precede prima di portarsi la forchetta
alla bocca.
«Avrei detto inaspettata e complicata.» Dico prima di
mangiare qualcosa a mia volta. «E comunque neanche tu ti sei impegnata molto.»
«Scusa se mettersi in contatto con una celebrità non è così
semplice.» Risponde offesa.
«Ci hai provato?» Chiedo piacevolmente sorpreso.
«No. Ma so come funzionano queste cose.» Afferma prima di
bere un sorso di vino.
Mugolo poco convinto.
Direi piuttosto deluso nel scoprire che in realtà lei non
mi ha mai cercato. Come me d’altronde. Come avevamo deciso di fare.
Mi rimprovero mentalmente, ma lei ricomincia a parlare.
«Ad ogni modo.» Si volta verso di me sorridendo. «In
Giappone ho finito gli studi, ho fatto l’università e ho iniziato a lavorare
per una ditta e sono diventata responsabile delle relazioni estere, quindi con
l’apertura di una succursale qui a Boston, hanno deciso di affidarmi la
gestione, mi sono trasferita circa un mese fa.» Dice tutto d’un fiato mentre
dopo essersi raccolta i capelli ne ha improvvisato una treccia.
Con fatica sposto lo sguardo dalle sue mani fra i
capelli, impegnate a finire l’acconciatura.
«Aspetta.» Affermo portando una mano in alto. «Sei un
pezzo grosso di una società e sei tornata a vivere qui?»
Lei semplicemente annuisce e fa spallucce e subito dopo
sposta i capelli dietro la schiena. Ammetto che è la cosa più tenera e sexy che
ho visto negli ultimi giorni.
«Ma è una bellissima notizia.» Dico preso
dall’entusiasmo, ma lei non mi segue. «Non lo è, vero?»
«No. Lo è.» Dichiara con un sorriso forzato. «È un ruolo
importante, ero contenta di essere tornata. Sono nata e cresciuta, per i primi
vent’anni della mia vita, qui e la cosa mi riempiva di gioia…»
«Ma?» la incalzo.
«Ma…» Si prende il volto fra le mani. «È una cosa
infantile, ma mi manca casa.» Ammette da dietro i palmi. «Fondamentalmente mi
sento sola e mi manca la mia famiglia.» Dice tornando a guardarmi.
«Sei una ragazza forte.» La fermo.
«Forse lo ero.» Fa spallucce. «Non puoi sapere se lo sono
ancora dopo dodici anni.» Mi punta il dito indice sotto il mento e sorride
orgogliosa.
«Hai gestito Martha Milles come
la miglior bodyguard di questo mondo, quindi direi che lo sei ancora.» Rispondo
facendo cozzare la mia spalla contro la sua. «Grazie per prima.»
«Figurati.» Serra le labbra per un attimo poi mi guarda
di sottecchi. «Lo so che non sono affari miei, ma…Stai bene?»
«Sì…» Rispondo pronto e sorrido, lei mi guarda scettica.
«Almeno ci provo.»
«Non deve essere facile affrontare una rottura con tutta
l’attenzione del mondo puntata addosso.» Lo dice senza neanche guardarmi,
riflettendo con sé stessa.
«Non sono così famoso.» Ribatto.
«Rimarresti sorpreso dei discorsi che ho sentito fare su
di te.» Risponde sorridendo fra sé e sé.
«Adesso sono curioso.» Scherzo.
«Alcune cose sono molto…» Lei
sorride leggermente imbarazzata. «Non adatte a questa occasione.»
Faccio spallucce e mi alzo in piedi.
«Facciamo due passi?» Chiedo distrattamente osservandola
dall’alto in basso. Sayuri si alza e liscia la gonna
del vestito con le mani.
«Potrebbe essere un’idea.» Sorride. «Ma non ti dirò
niente.»
«Potrei estorcerti informazioni con la forza.» Lei
scoppia a ridere.
«Usciamo è meglio.» Si limita a rispondermi così.
Dopo due minuti sono con il mio piumino ed il suo
cappotto in mano e sto avvertendo mamma della nostra fuga.
«Ci vediamo domani mattina?» Chiede mamma con lo sguardo
di chi la sa lunga.
«Sì, vai pure a dormire. Non sono più un ragazzino.» Le
ricordo mentre le lascio un bacio leggero su una guancia e con un movimento
della mano saluto il resto degli ospiti.
Sayuri saluta dopo
di me e mi raggiunge alla porta uscendo di casa per prima.
«Tua madre ha insinuato che ti saresti trattenuto molto a
lungo con me?»
Domanda guardandomi divertita ed istintivamente gratto la
nuca.
«Ha il maledetto vizio di volermi trovare una ragazza.»
Dichiaro evitando di guardarla.
«Certe cose non cambiano.» Mormora sghignazzando.
«Potrebbe allearsi con mio padre.»
«Tuo padre?» Chiedo sollevando un sopracciglio.
«Si vuole disfare di me.» Dice seria poi scoppia a
ridere. «Non fare la faccia da idiota, ovviamente sto scherzando!» Ride di
gusto e poi torna seria. «Vorrei avere un padre geloso dei miei possibili
fidanzati, ma la realtà è che mi vorrebbe sistemata e intenta a sfornare
bambini in Giappone invece che single, in carriera e a Boston.» Continua
divertita. «Meno male c’è mio fratello che lo riempie di nipoti.»
«Zia Sayuri.» Dico
sovrappensiero.
«Oba-san.» Specifica poi si
volta guardandomi minacciosa. «E non ti azzardare a ripeterlo allungando la “a”
di Oba, altrimenti dovrei ucciderti.»
«Che vuol dire Obaaaa?» Allungo
la vocale a sproposito facendola scoppiare a ridere.
«Non lo saprai mai!» Sorride sorniona. «Vivrai
nell’ignoranza.» Estraggo il telefono dei pantaloni ed entro su internet. «Che
fai?» Domanda allarmata.
«Google.» Rispondo digitando velocemente le parole sul
motore di ricerca.
«Sei un bastardo!» Sayuri mi si
scaglia addosso come un rinoceronte in piena carica. «Non lo guardare! Non farlo!!»
Si agita contro di me, cercando di accecarmi con le sue unghie curate.
«Stai ferma.» La cingo con un braccio mentre con l’altro
cerco di portare il cellulare fuori dalla sua portata. «Devo sapere, non
capisci?» Affermo con un sorriso sornione riconcentrandomi sullo schermo del
cellulare. «Potrei sfruttarlo per sapere le fantasie che hai fatto su di me.»
Sayuri rimane
immobile ed in silenzio avvolta dal mio braccio, stretta contro il mio petto.
Trovo la cosa piacevole e sospettosa allo stesso tempo, ma cerco di portare a
termine la mia missione senza prestarci troppo caso.
«Nonna!» Sghignazzo mentre allontano il braccio da lei,
liberandola.
Lei sbuffa rumorosamente.
«Baka.» Mi dice e si incammina lungo la strada, poi si
volta verso di me. «Ti muovi?»
«Mi hai appena dato dello stupido?» Domando nascondendo
il telefono.
«Hai “googlato” anche questo?»
Chiede esasperata.
«Parli lingue a me sconosciute.» Mi giustifico mentre la
raggiungo. «Devo per forza usare Google, devo capire se mi stai dichiarando amore
eterno o meno.»
«Vedi che sei stupido allora?» Mi tira un orecchio e
riprende a camminare.
«E due.» le mostro le dita della mano destra. «Dovrai
farti perdonare per questo.»
«Dopo.» Afferma prima di sollevare il volto verso il
cielo. «Adesso devo assolutamente passare da casa a cambiarmi.»
La squadro dalla testa ai piedi, poi mi decido a parlare.
«Non vedo niente che non va.»
«Questo lo so.» Muove i capelli sopra le spalle con fare
da diva e mi mostra il solito sorriso sbarazzino. «Ma potrei rischiare di
morire assiderata.» Afferma incamminandosi per una via alla nostra destra.
«Specie se ricomincia a nevicare come ieri sera.»
Rimango fermo a fissarla allontanarsi. Incantato dalla
sua figura e dai suoi movimenti.
Mi sembra di essere tornato indietro nel tempo e questa
volta non credo sia dovuto alla città o alla mia nostalgia. È semplicemente il
mio cuore che batte come un forsennato quando lei è intorno. Proprio come
allora.
«Saresti così gentile da scortarmi o vuoi lasciare che mi
stuprino in mezzo alla strada?» Si volta e solleva le mani verso il cielo in
attesa. Mi lascio sfuggire un sorriso prima di
affrettare il passo e raggiungerla.
«È quasi Natale…tutti sono più buoni.» Affermo. «Anche i
maniaci.» Aggiungo divertito.
«Vorrei evitare di testare questa tua teoria, grazie.»
Dice tutto di un fiato prima di stringersi nel cappotto e poi attorno al
braccio che le ho passato dietro la schiena.
«Stai tremando.» Dichiaro mentre la stringo nel vano
tentativo di riscaldarla.
«Il cappotto mi fa carina?» Domanda sollevando
leggermente il volto verso di me. Annuisco impercettibilmente. «Questo è il
prezzo da pagare.»
«Quindi congeli per apparire carina?» Domando
retoricamente mentre lei inizia a cercare qualcosa dentro la sua borsa.
Sospetto le chiavi.
«Prova a dirlo a qualche casa di moda, magari a te danno
retta.» Dice da dentro la borsa. «Dove siete finite, brutte stronze!»
Decisamente cerca le chiavi.
«Eccole!!!» Estrae mano – e testa – dalla borsa ed
esulta. «Giuro di metterci due secondi. Tornerò fuori che somiglierò l’omino Michelin, ma almeno non avrò la
temperatura corporea di Edward Cullen.»
«Non c’è problema.» Rispondo portando le mani in tasca e
dondolando sul posto.
«Prima di farti entrare…» Sayuri
si volta verso di me, la schiena contro la porta di casa sua. «Ho un cane. Non
è molto amichevole con gli estranei.»
Non sono rimasto deluso che volesse dirmi quello e non
rinvangare i ricordi dell’ultima volta che siamo stati insieme in quella che
era casa sua. Non sono rimasto deluso. No.
«Tranquilla.» Accenno un sorriso e lei annuisce prima di
aprire la porta.
Subito un Husky le corre incontro a farle le feste.
«Ciao Peggy!!! Bella cucciolona della mamma!!» La osservo
abbassarsi all’altezza della cagna e coccolarla con un sorriso enorme sul
volto. «Questo è Christopher, è un amico.»
«Ciao Peggy.» Prendo a parlare quando entrambe si voltano
verso di me. Faccio qualche passo e poi mi abbasso al suo livello permettendole
di annusarmi. Sayuri si alza e passa una mano prima
sulla mia testa e poi su quella di Peggy. «Fate i bravi.»
Si allontana lungo il corridoio e scompare alla mia
vista. Mi volto verso l’animale che ha iniziato a leccarmi la mano.
«Meno male non eri socievole.» Mormoro prima di iniziare
ad accarezzarla.
«È bellissima.» Esclamo ad alta voce.
«Per forza. È mia!» La voce di Sayuri
arriva da una stanza sulla destra. «L’ho adottata due mesi fa. È stata
abbandonata quando era solo un cucciolo, per questo è molto diffidente, ma con
me è stata subito affettuosa.»
«Anche con me.» Rispondo prima di strapazzare le orecchie
a Peggy. «Vero, bellissima?»
Per risposta mi ritrovo con la sua lingua sulla mia
faccia.
«Non posso crederci.» Mi volto verso Sayuri
che è ferma in piedi in mezzo all’ingresso. Il vestito è stato sostituito da un
paio di pantaloni neri e un maglione di lana, ma è sempre bellissima. «Come hai
fatto?»
«Probabilmente anche lei subisce il mio fascino.»
Rispondo gongolando.
Sayuri fa spallucce
mentre io mi alzo. «Il bagno è la seconda porta sulla destra.»
Le scompiglio i capelli prima di andare a sciacquare il
viso. Quando la raggiungo di nuovo indossa un piumino beige e sta legando il
guinzaglio attorno al collare di Peggy.
«Come mai le hai dato quel nome?» Chiedo mentre chiudo la
cerniera del mio giubbotto e apro la porta di casa.
«Perché è lo stesso della fidanzata di Pongo. Che domande
fai…Era ovvio!» Mi prende in giro mentre mi segue all’esterno della sua casa.
«Ma non è un dalmata.»
«Sul serio?» Sayuri si ferma e
guarda il suo cane. «Se non me lo avessi detto non me ne sarei mai accorta!»
Dichiara fingendosi sorpresa.
«Ok, afferrato il concetto.» Incrocio le braccia al
petto. «Che vuoi fare adesso?»
«Gelato?» Domanda con un sorriso incoraggiante,
inclinando la testa verso destra.
«Ma è Dicembre!»
«Smettila di fare capitan ovvio e cedi alla tentazione.»
Dice mentre avvicinandosi a me e toccando con un dito la punta del mio naso.
«So che vuoi farlo.» Aggiunge sottovoce.
«Forse sei tu che sei tentata.» Le rispondo senza
allontanare il viso dal suo.
«Sì.» Si allontana e sorride smagliante. «Ho voglia di
gelato.»
Inizia a camminare seguita a ruota dal suo cane e poi da
me.
Ha sempre fatto così.
Fin da quando abbiamo iniziato a stringere i rapporti
durante il liceo, è sempre stata una specie di uragano, ha sempre colpito tutti
con la sua vitalità ed i suoi modi di fare. Arrivava con la sua esuberanza e ti
sconvolgeva. Sono sempre stato colpito da tutto quello che causava, nel bene e
nel male, sempre in mezzo a prendermi la colpa per qualcosa o a subirne gli
aspetti positivi.
La mia vita senza di lei sarebbe stata sicuramente meno
avvincente e forse anche più vuota. Sicuramente i primi tempi ha lasciato un
vuoto nella mia vita, ma poi la vita continua. Non si può restare troppo legati
al passato, altrimenti si rischia di perderci sia il futuro che il presente.
Non si può continuare a domandarsi “E se…”, quindi mi
sono rimboccato le maniche e sono diventato quello che sono adesso. La prima
volta che ho partecipato ad una premiere in Giappone l’ho pensata.
Egoistico ed egocentrico.
«Che pensi?» La sua voce mi fa sobbalzare.
«Niente.» Mi affretto a rispondere. «Credi che troveremo
un negozio aperto a quest’ora?»
«Al massimo ci prendiamo una di quelle coppette schifose
al McDrive
qui dietro, ma spero con tutto il cuore che Joe sia
aperto.»
«Joe?» Chiedo sollevando un
sopracciglio.
«Il gelataio in Charles Street!» Mi guarda sconvolta. «Ci
andavamo sempre! Non puoi esserti scordato di lui!!» Mi rimprovera.
«Avevo solo scordato che si chiamava Joe.»
Bofonchio.
«Infatti quando eravamo adolescenti ci serviva suo padre,
Mike.» Mi riprende fra il divertito ed il saccente.
«Quando torni in Giappone?» Chiedo per cambiare argomento
e farla smettere di gongolare.
«Quest’estate probabilmente.» Risponde sovrappensiero,
poi il suo viso si illumina e saltella sul posto. «È aperto!» Mi stritola un
braccio e accelera il passo verso il negozio.
«Aspettami.» Accelero a mia volta per riprendere posto al
suo fianco. «Ti preferivo traballante sui tacchi.» Per tutta risposta si volta
e mi fa una linguaccia.
«Sempre crema e biscotti?» Chiede lasciandomi interdetto
per un attimo.
«Come fai a ricordartelo?» Chiedo quando capisco che si
riferiva ai due gusti di gelato che amo.
«Potrei avere una memoria da elefante…» Risponde mentre
mi porge il guinzaglio di Peggy, che è intenta ad annusare il lato di una
panchina poco distante da noi. «Oppure potrei aver visto qualche tua
intervista.» Finisce tutto d’un fiato. «Vado, conquisto e torno.» Si volta
verso il cane. «Sorveglia Christopher.»
«Chris.» La ammonisco mentre lei scappa all’interno del
negozio.
«Perché si ostina a chiamarmi Christopher?» Chiedo
guardando Peggy. Lei scodinzola e abbaia per un attimo nella mia direzione. «Si
comporta come se non fosse passato un giorno dall’ultima volta che ci siamo
visti, ma continua ad usare il mio nome per intero e la cosa mi spiazza più di
quanto dovrebbe.» Peggy uggiola intorno alle mie gambe. «E adesso parlo anche
da solo.» Mormoro guardando il cielo.
Poche nuvole sopra la mia testa, forse non nevicherà. Se
fossi in uno dei miei film in questo momento fisserei il cielo stellato
nell’attesa del ritorno della ragazza che mi fa battere il cuore. La distanza
fra di noi che non esiste più. Direi una qualche frase ad effetto ed avremmo il
nostro lieto fine.
In realtà la luce dei lampioni e dei negozi non permette
la visione delle stelle, lei fra poco arriverà, ma non avverrà il lieto fine
che si aspetterebbe chiunque, perché comunque dodici anni di distanza non si
cancellano in un attimo.
Scuoto la testa e vado a sedermi su una panchina al lato
della strada.
Il pensiero corre per un attimo a quella che è stata la
mia vita fino ad ora. Si ferma su Minka che mi ha
spezzato il cuore per una seconda volta.
Sposto lo sguardo verso il negozio.
Le seconde occasioni fanno schifo.
Vorrei avere davanti il genio che ha pensato che tutti
meritassero una seconda occasione. Per fare cosa? Rovinare la vita ad un’altra
persona per la seconda volta?
Sbuffo rumorosamente.
«Cosa c’è?» La voce di Sayuri
mi fa sobbalzare. «Tieni.» Mi porge una coppa di gelato.
«Grazie.» Sussurro mentre osservo la coppa.
«Non si mangia da sola, sai?» Mi canzona mentre si porta
la palettina alla bocca e poi mugola estasiata.
Decido di intaccare la superficie di gelato alla crema
con la mia palettina celeste e la porto alla bocca.
Buono.
Lascio che si sciolga lentamente sulla lingua mentre mi
godo la sensazione piacevole del gusto dolce e fresco nella bocca.
«Che hai fatto?» Mi chiede mentre mi concentro sul lato
dove è presente il gelato al biscotto. «Lo so che c’è qualcosa che non va.
Cos’è?» Incalza di nuovo prima di portare alla bocca un altro cucchiaino.
«Niente di particolare.» Rispondo schivo. «Che gusti hai
preso?»
«Yogurt, per mantenere la linea. Caffè, per rimanere
sveglia e chiederti cosa c’è che non va fino a che non mi risponderai.» Afferma
sorridendomi incoraggiante.
«Perché ti importa?» Chiedo prima di riempire la mia
bocca con altre porzioni di gelato in modo da non fare altre domande cretine
che possano far pensare che in realtà non voglia parlare con lei.
«Perché siamo amici.» Si porta i capelli dietro
l’orecchio. «Eravamo amici e possiamo esserlo di nuovo.» Specifica. «Almeno me
lo auguro.» Aggiunge con un sussurro.
«Non eravamo proprio amici quando ci siamo salutati…»
Bisbiglio a mia volta.
«Lo so, ma…» Per la prima volta sembra in difficoltà. «Mi
sarebbe piaciuto riprendere il rapporto da prima di quello che è
successo…Insomma non potevamo sapere che sarei partita appena una settimana
dopo…» La vedo stringere la coppa fra le mani, poi si volta verso di me e
sorride. «La svolta…»
«La svolta?» Domando non riuscendo a trattenere una
risata. «Come sei pudica.»
«Beh…È stata una svolta.» Si giustifica prima di
riprendere a mangiare il gelato. «E comunque non mi hai ancora risposto.»
«Stavo pensando alle seconde occasioni.» Rispondo dopo un
attimo di silenzio. «E a quanto facciano schifo.»
Lei mugola al mio fianco, si muove leggermente. Sembra
improvvisamente a disagio.
«Mi spiace se ho fatto qualcos…»
«Frena.» Dico prima che finisca la frase e poso una mano
sopra la sua. «Non pensavo a me e te.»
Lei sospira e torna a sorridere.
«Ok, perché non volevo aver sbagliato qualcosa.» Gioca
con la palettina sulla superficie del gelato. «Io sono rimasta sorpresa di
vederti oggi e…» Sembra cercare le parole giuste. «Mi sono sentita bene.» Mi
sorride prima di mangiare il gelato. «È stato come se non fosse cambiato nulla
e ne avevo bisogno.»
«Anche io.» Dico senza rendermene nemmeno conto.
Le sorrido e rimaniamo qualche secondo di troppo a
fissarci. Mi riscuoto e le prendo un po’ di gelato allo yogurt.
«Mangia il tuo. Ladro che non sei altro!» Mi colpisce
dietro la nuca con la mano gelida.
«Ferma con quelle mani!» Mi allontano di qualche
centimetro facendo solo aumentare il sorriso malefico sul suo volto. «Non
pensarci nemmeno!»
«Solo perché sei armato di gelato e rischierei di
riceverlo tutto in faccia.» Risponde tornando al suo posto e gustandosi il
gelato.
«Come mai non torni a casa per Natale?» Chiedo fra un
cucchiaiata e l’altra.
«Perché sono qui da poco.» Sussurra fissando la coppetta
mezza vuota. «Perché casa mia sembra ancora un magazzino a causa di tutte le
scatole che ancora non ho sistemato.» Si volta verso di me. «Io non festeggio
il Natale…Non alla maniera occidentale.»
Aggrotto la fronte e resto in silenzio.
«Pensavo che festeggiassi il Natale.»
«Non in famiglia.» Giocherella con una ciocca di capelli.
«Quest’anno non lo festeggio proprio. Mi manca la materia prima.»
«I soldi?» Chiedo sovrappensiero.
«No!» Mi guadagno un’altra pacca contro il braccio. «In
Giappone il Natale si passa col proprio partner.» Spiega sempre senza
guardarmi.
«Oh.» Sento il bisogno di spostare lo sguardo sul mio
gelato e mangiarne un altro po’.
«Quindi sono il tuo appuntamento di Natale?» Chiedo
sollevando il volto verso di lei. «È un inganno bello e buono questo.»
«Christopher, non è Natale.» Mi ricorda.
«Intanto chiamami Chris e poi è la Vigilia dato che è
passata la mezzanotte.» Specifico.
«Non è comunque Natale.» Puntualizza.
«Vuoi dire che domani non festeggi con noi?» Chiedo
«Cosa?» Domanda sorpresa.
«Non sei ospite di mia madre anche domani?» Insisto.
«No!» Risponde categorica.
«Bene, quindi sarai mia ospite.» Aggiungo prima che lei
parli ancora. «Così ti ripago del gelato che mi hai appena offerto.» Finisco
prima di prendere la coppetta vuota fra le sue mani e impilarla sopra la mia.
Mi alzo per avvicinarmi ad un cestino e lei mi imita.
«Christoph…» Le lancio
un’occhiataccia. «Perché è tanto importante che ti chiami Chris?» Esplode
esasperata.
«Perché è tanto importante chiamarmi Christopher?»
Chiedo.
«Non è una risposta.»
«Nemmeno la tua, Lil.» Rispondo
pronto e la vedo sorprendersi.
Ok, forse è stato un colpo basso
usare il nomignolo che usavo.
Indietreggia di un passo e abbassa lo sguardo.
«Fai finta che tutto il tempo non sia passato. Sembra che
vada tutto ok, ma non mi chiami più Chris come facevi, mantieni la distanza in
questo.» Esterno il mio pensiero.
«Ma non è strano per te?» Chiede alla fine guardandomi negli
occhi. «Sono passati dodici anni! Dodici! Non abbiamo avuto il tempo di vivere
niente di quello che avremmo voluto. L’ultima volta che ti ho chiamato Chris è
stato quando abbiamo deciso di chiudere…» Abbassa di nuovo il volto e abbandona
le braccia lungo i fianchi in segno di resa.
«Lo so.» Rispondo con un sussurro. «Lo so ed è per questo
che è importante.»
Lei solleva di nuovo il volto verso di me. I suoi occhi
sono pieni di domande a cui non so dare risposte.
«Le seconde occasioni fanno schifo.» Dice facendo qualche
passo verso di me. «Lo hai detto tu stesso.»
«Non abbiamo neanche avuto una prima occasione, io e te.»
Specifico camminando al suo fianco.
«Cosa vorresti fare? Riprendere dove avevamo interrotto
dodici anni fa?» Chiede confusa. «Non è possibile, lo sai bene.»
«Perché no?» E sul serio, al momento, non trovo una
motivazione reale.
«Cosa c’era in quel gelato?» Domanda cercando di
alleggerire il tono della conversazione. «Ti hanno drogato?» Al mio sguardo
riflessivo ritorna seria. «Non ha senso. Dodici anni fa eravamo uniti e avevamo
deciso di tentare a stare insieme, ma una settimana dopo è arrivata la notizia
del Giappone e abbiamo troncato tutto. Abbiamo perso la nostra occasione. Non
puoi cambiare il passato. Adesso io ho una vita e tu ne hai un’altra. Non
possiamo tornare indietro.»
«Ma potremmo andare avanti e vedere come va…» Propongo e
non riesco a credere di averlo detto sul serio.
«Lo dici perché è Natale e ti senti solo.» Declina lei.
«No.» La fermo per una mano prima che riprenda a
camminare. «Lo dico perché non stavo così bene da molto tempo. Perché forse sei
quello che mi serve davvero e perché penso che, forse, a volte le seconde
occasioni possono servire a cambiare quello che è andato storto.»
«Io non sono sicura.» Scuote la testa, ma non allontana
la mano dalla mia. «È passato troppo tempo.»
«Un po’ ti piaccio ancora.» Affermo accennando un sorriso
divertito. «Lo so.»
«Io so che sei un pallone gonfiato.» Risponde e libera la
sua mano dalla mia presa. «Molto simpatico, davvero.» Parla mentre riprende a
camminare verso casa sua. «Per un attimo mi avevi fregata.» Dice mentre
continua a camminare.
«Per un attimo?» Sogghigno.
«Non sei ancora così bravo come attore.» Replica. «Lo
schermo inganna, mi eri sembrato più talentuoso.»
«Questa era tutta improvvisazione, cara.» Affermo. «Per i
film mi forniscono un copione.»
«Ma quale onore.» Si porta le mani al petto e sbatte le
palpebre. «La prossima volta impegnati di più.»
«Hai suggerimenti?» Chiedo mentre la osservo cercare le
chiavi di casa dentro la borsa.
«Potresti essere più fisico la prossima volta.» Estrae le
chiavi dalla borsa ed apre il portone permettendo a Peggy di entrare in casa,
poi si volta verso di me. «Non pensarci nemmeno.»
«Cosa?» Domando senza staccare gli occhi dai suoi.
«Sei decisamente troppo vicino e ricordo quello sguardo.»
Dichiara senza allontanarsi da me. Atteggiamento che mi fa sogghignare.
«Ricordi?» Domando spostando lo sguardo dai suoi occhi
alle sue labbra.
Quando riporto gli occhi verso i suoi la vedo studiare le
mie labbra nello stesso identico modo in cui ho fatto io. Il passo successivo
lo conosco fin troppo bene e non sono certo uno che si tira indietro.
Sento le sue labbra sfiorare le mie e muovo la mano
dietro la sua nuca, sobbalza quando le mie dita fredde sfiorano la sua pelle
calda, i suoi denti afferrano il mio labbro inferiore per vendetta.
Sorrido contro la sua bocca mentre lascio che la sua
lingua incontri la mia in una lotta dolce e amara. Crema e caffè si mescolano
lasciando un sapore piacevole all’interno della mia bocca.
Quando si allontana da me per riprendere fiato, la guardo
come catturato.
«Sei migliorato.» Sussurra strappandomi un sorriso.
«Ho perfezionato anche la mia tecnica anche altrove.»
Bisbiglio nel suo orecchio destro prima di baciarle la nuca.
«Vedremo.» Dice facendo aderire la sua guancia destra
contro la mia sinistra. «Adesso vattene però.» Mi allontana posando una mano
sul mio petto.
«Sei sempre molto romantica.» Le faccio notare.
«Non volevo rovinare le tue aspettative…» Risponde
pronta.
«Le avresti già rovinate le mie aspettative…» Mugolo,
facendo la mia migliore faccia da cucciolo abbandonato.
«Non attacca quella faccia con me.» Mi rivolge una
linguaccia.
«Ti aspetto domani?» Chiedo prima di indietreggiare sul
vialetto.
«Eri serio?» Mi guarda sorpresa.
«Sono stato serio tutta la sera.» Rispondo guardandola
dritto negli occhi, la vedo passare dal divertito al serio, al consapevole.
«Sempre?» Chiede allungando una mano verso le mie.
«Sempre.» Rispondo afferrando la sua mano con la mia e
sfiorando il dorso con le labbra. «Ti vengo a prendere domani.» Ripeto prima di
voltarmi e incamminarmi verso casa.
«Chris?» Mi sento chiamare quando sono alla fine del suo
vialetto e sorrido prima ancora di voltarmi. «È una seconda occasione.»
Dichiara sorridendo a sua volta.
Mi limito ad
annuire e sorridere. La saluto con la mano, in silenzio; non esterno il mio
pensiero.
«Magari questa volta non farà così schifo. Lo fa lei al
posto mio. Incorreggibile come sempre.
Scuoto la testa e percorro il vialetto verso casa sua a
grandi falcate fino a che non poso di nuovo le mie labbra sulle sue. Stavolta
con più passione, la stringo contro di me come se avessi paura di vederla sparire,
le sue mani si uniscono dietro la mia nuca, poi si separano di nuovo chiudendo
la porta dietro le mie spalle.
****
Buon Natale!!
Lo so, manca ancora qualche giorno, ma dubito di tornare
su EFP prima delle feste. J
Anche quest’anno abbiamo fatto il Daydreamer’s
carol con gli attori!! Quanto siete felici da uno a dieci?
Io mille mila perché avrò un sacco di shottine da
leggere!!! *_*
Ok, smetto di parlare delle mie aspettative e mi
concentro sulla storia.
Volevo trattare il Natale seguendo la tradizione
orientale, non so se ci sono riuscita al 100% perché ogni volta che scrivo di
Chris, lui prende il sopravvento e alla fine scrivo storie che non avevo
neanche immaginato di poter scrivere. *ok, sono sembrata pazza abbastanza, adesso.*
Passiamo alla parte “interessante”:
Sayuri significa
“Piccolo Giglio”, ecco perché Chris la chiama Lil…che
può essere sia l’abbreviazione di Lily (giglio in inglese) sia di Little
(Piccola). E sinceramente parlando credo che sia la cosa più dolce di tutta la ff. xD
Poi, poi, poi…Se passate da Boston (non si sa mai nella
vita) in Charles Street c’è una gelateria sul serio. Ovviamente non so se ci
lavora un tizio che si chiama Joe (o Mike). xD
Spero che la storia vi piaccia o che comunque vi metta un
po’ di allegria. J
Piccolissimo dettaglio…l’ho riletta ed ho aggiunto un
pezzo. Poi l’ho riletta e ne ho aggiunto un altro (prima finiva al sempre di
Chris) così oggi ho deciso di scrivere le note e pubblicare, altrimenti non
pubblico fino ad anno nuovo. Scusate se ci sono scritte castronerie, è colpa di
questa cosa e di Chris. Fate finta di crederci. xD
Buone feste a tutti quanti!!!
Cos
Ps. Girate per la sezione attori alla ricerca di ff con la sigla “Daydreamer’s
Carol” nel titolo. Vi aspetteranno ff meravigliose su
tanti talentuosi attori, quali:
Simon Baker
Sam Claflin
Robert Downey Jr
Jared Leto (Lui anche cantante
talentuoso, come I due che lo circondano, anche se sono meno famosi per le loro
doti canore.)
Neil
Patrick Harris
Liam Hemsworth
Chris Hemsworth
Christian
Bale
Josh Hutcherson
Orlando
Bloom
Matthew Fox
Leggete!!!! È un ordine!!!!
Ok…mi eclisso.
Un abbraccio gigante, stritolante e caldo (come piacciono
ad Olaf e a me).