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Autore: Nimel17    24/12/2013    7 recensioni
Rosaline French si trova nel mezzo di una bufera il giorno di Natale e il signor Gold le offre riparo
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Stava nevicando, e Rosaline French si sentiva come se si fosse avverato un sogno.

“Papà, avremo un bianco Natale quest’anno.”

“Pfui. Solo più freddo e ghiaccio per le strade.”

Lei lo ignorò e si allacciò gli scarponcini per uscire, impaziente di sentire i fiocchi di neve sulla sua pelle. 

“Ci vediamo dopo, papà, ti ho lasciato del caffè in cucina.”

“Rosy….”

“Papà, quante volte ti ho detto di non chiamarmi così?”

Gordon la chiamava così, e ogni volta non voleva altro che farlo zittire, possibilmente per sempre.

“Mi ha telefonato Billy, sai, il mio vecchio amico…”

Nonché padre di Gordon, pensò Rosaline.

“Ci ha invitati a passare da loro questa sera, per trascorrere un Natale diverso dal solito. Così, tu e Gordon potete passare del tempo assieme.”

“Papà…”

Moe French abbassò gli occhi e lei non sopportò di vederlo triste.

“Sto invecchiando, tesoro mio, voglio solo vederti sistemata per quando non ci sarò più.”

Lei strinse le labbra. Ogni volta tirava sempre fuori quella scusa.

“Hai solo cinquantaquattro anni, papà, e se mi sistemerò, sarà con uno che sa che Elizabeth Bennet non ha scritto Anna Karenina.”

Se ne andò senza dargli il tempo di replicare e si tirò giù il più possibile il berretto di lana per coprirsi le orecchie. Aveva sottovalutato il freddo, così pungente da sembrarle attraversare la pelle, ma lo ignorò per concentrarsi su quanto era bella la neve che scendeva, soffice. Non ne era mai scesa di così bella a Storybrooke.

Come prima tappa, andò da Granny per trovarsi con Emma, Ruby e Mary Margaret. Loro avrebbero capito come si sentiva. Salutò Leroy, sorridendogli apertamente. Molti in città lo disprezzavano perché era un ubriacone, ma lei non avrebbe mai dimenticato il supporto morale che le aveva offerto quando era uscita dal reparto psichiatrico. Grazie a lui, aveva smesso di commiserarsi ed era andata avanti.

“Rose! Siamo qui!”

Per quel giorno, Ruby aveva il permesso di non servire ai tavoli e stare con le sue amiche. Persino lei, con quel freddo, aveva rinunciato alle sue camicette e shorts in favore di pantaloni lunghi e maglioncino rosso.

Accanto a lei, Mary Margaret sembrava la tipica ragazza acqua e sapone, vestita di bianco, con i capelli cortissimi di un nero lucido e senza trucco, ma Rosaline era al corrente della sua relazione con un uomo sposato. Dietro quella innocenza poteva nascondersi un diavoletto molto malizioso.

Emma aveva l’aria di essere gelata sul posto, con la giacca a vento ancora addosso e i capelli biondi pieni di neve bagnata.

“Vi prego, ditemi che avete già ordinato qualcosa di caldo.”

“Tranquilla, per te abbiamo preso la solita cioccolata.”

Ruby tirò fuori qualcosa dalla tasca con un ghigno.

“Con la tua aggiunta preferita. Chi l’avrebbe detto che la dolce Rose ha un punto debole per il rum?”

Lei arrossì, mentre le altre ridevano del suo imbarazzo. 

“Lo sai, c’è anche un’altra persona a Storybrooke che metterebbe rum persino come condimento.”

Oh, Rosaline sapeva benissimo chi, ma alzò le spalle.

“Se avete finito di parlare di queste sciocchezze, avrei qualcosa da dirvi.”

“Cosa?”

“Cosa?”

“Cosa?”

Lei roteò gli occhi.

“Mio padre vuole accasarmi con Gordon Hunt.”

Emma fece una faccia disgustata,  Mary le strinse la mano con compassione e Ruby rabbrividì.

“Se penso a quante volte quel verme ha tentato di palparmi mentre gli servivo da bere…”

“Ma non è tutto. Ha già organizzato la serata di Natale a casa sua! Quanto ci scommettete che ad un certo punto i padri si leveranno di torno? Oddio, non voglio pensarci.”

Purtroppo, sapeva che le sue amiche non potevano salvarla. Ruby avrebbe trascorso il Natale con Archie, Emma sarebbe partita per Boston di lì a poco per stare con suo figlio e Mary avrebbe aspettato un momento per sgusciare da David Nolan.

Bevve un lungo sorso di cioccolata e mormorò sconsolata:

“La cosa peggiore è che papà pensa che Gordon sia l’unico che si farà mai avanti, per questo mi spinge verso di lui.”

Gli angoli della sua bocca si piegarono all’ingiù e sapevano tutte che non era un buon segno.

“Perché dici questo, Rose? Sei una gran bella ragazza, intelligente…”

“E ho passato tre anni in manicomio.”

Emma le passò un braccio intorno alle spalle, mentre le altre due s’indignavano.

“Cazzate!”

“Chi ti ha detto questo?”

Lei abbassò il mento e si sforzò di non pensare a tutte quelle volte che Regina Mills l’aveva guardata male passando per strada, a come il dottor Whale sembrava aver persino paura di condividere la sua strada.

“Perché sei triste, sorella?”

Leroy era arrivato di spalle e automaticamente le ragazze gli fecero posto. Non era la prima volta che si univa a loro e il suo parlare schietto era molto confortante, a volte.

“Rosaline è preoccupata perché suo padre le sta organizzando il matrimonio con un coglione perché pensa che sia l’unico a volerla perché è stata in manicomio ingiustamente.”

“Ehi, piano, sorella, ho capito la metà di quello che hai detto.”

“Mio padre vuole che Gordon Neanderthal sia l’uomo della mia vita perché crede che nessun altro sia disposto a prendersi una pazza in casa.”

Emma riempì i vuoti.

“Ha già organizzato il Natale insieme.”

“Parli dell’Hulk che ti rompe sempre in biblioteca?”

“Ah ah.”

Lui bevve la sua birra.

“Se ti può essere di consolazione, Rose, ti chiedo io di sposarmi, diamine.”

Le ragazze scoppiarono a ridere.

“Ehi, ero serio! Astrid capirà, è per una buona causa!”

Rosaline gli diede un bacio sul cranio calvo.

“Grazie, Leroy, se mio padre continua terrò a mente la tua offerta.”

Il gemito di Mary Margaret attrasse l’attenzione del gruppo.

“Guardate come scende la neve!”

Ruby si morse il labbro.

“Sicura di voler guidare con questa bufera, Emma?”

“Non sarà qualche fiocco a spaventarmi, il Natale lo trascorro con Henry, o io sono Regina Mills.”

Rosaline si alzò, sospirando.

“Meglio che torni a casa. Volevo andare anche al parco per vedere gli alberi nella neve, ma è meglio rimandare. Chissà che non riesca a evitare lo strazio di questa sera.”

“Auguri, Rose.”

Venne seppellita da un abbraccio collettivo, dopodichè si diresse fuori. Era sempre stata una persona coraggiosa, ma la tempesta di neve che si era formata in meno di mezz’ora la spaventava.

Un passo alla volta, no?

Il berretto le volò quasi subito via, cadendo sulla neve. Lo tirò su, cercando di sistemarlo, ma era troppo bagnato per rimetterselo in testa. La sua solita sfortuna.

Iniziò a camminare, e dopo qualche passo la neve le stava già entrando negli scarponi, non abbastanza pesanti evidentemente. 

Maledizione.

Il Toll Bridge era chiuso per via della neve, doveva fare il giro più lungo per tornare a casa. Il vento fischiava forte nelle sue orecchie e per un attimo Rosaline entrò nel panico. 

Non riconosceva più dov’era, com’era possibile?

Le case erano tutte coperte dalla neve che scendeva e due lampioni erano rotti, oscurando la via. 

Doveva stare calma, non era il caso di disperare. Era uscita da Granny, ora doveva andare a destra… o era a sinistra? Non aveva più fatto quella strada da quando andava alle medie..

“Signorina French, che cosa sta facendo qui fuori con questo tempo?”

Rosaline sobbalzò e guardò verso la direzione della voce.

Il signor Gold era sulla soglia di casa – una casa rosa? Sul serio? Rose non l’avrebbe mai immaginato -  e stava venendo verso di lei con il bastone in mano.

“Non si preoccupi, signor Gold, stavo giusto tornando a casa.”

Lui corrugò le sopracciglia.

“Ma non ci arriverà mai per questa strada.”

Lei gemette. Dove aveva sbagliato?

“Hanno sbarrato il ponte, allora pensavo che…”

Gold scosse la testa.

“Hanno chiuso questa strada anni fa, signorina French. Se vuole, posso accompagnarla a casa in macchina.”

Rosaline pensò rapidamente.

“No, grazie, mio padre non la smetterebbe più se mi vedesse arrivare con lei.”

Lui fece un cenno dietro alle spalle.

“Se hai il coraggio di entrare nell’antro della bestia, dearie, puoi aspettare da me che diminuisca un po’ questa bufera.”

Lei considerò le opzioni, e la riconobbe come la migliore.

“Grazie, signor Gold, mi ha salvato la vita.”

“La mia fama è già abbastanza pessima, senza che si trovi un corpo sepolto nella neve davanti alla mia porta.”

Rose ridacchiò, e lui le diede una strana occhiata.

“Ero serio, dearie.”

“Chiedo scusa.”

Si pulì diligentemente le scarpe prima di entrare, e fu accolta da un piacevolissimo calore. La bocca le si spalancò leggermente alla vista dell’interno della casa: lungo le pareti c’erano quadri su quadri, perlopiù impressionisti e preraffaelliti, ma scorse qualche opera di Escher in fondo al corridoio. 

Sopra i mobili c’erano infinite statuine, vasi e, con grande gioia segreta di Rose, libri impilati dall’aria usata.

“Ha intenzione di restare lì a bocca aperta ancora per molto, signorina French?”

Lei arrossì furiosamente dall’imbarazzo.

“Chiedo scusa, ma la sua casa è davvero bellissima.”

Il signor Gold emise un verso che poteva essere di scetticismo o derisione, ma cambiò espressione quando la vide meglio sotto la luce.

“ Lei è fradicia, signorina French, le faccio avere subito un fon e dei vestiti asciutti.”

“Grazie, è molto gentile.”

“Il mio nome e gentile non stanno mai nella stessa frase.”

“Forse è il momento che ci siano, invece.”

La condusse in una camera al piano di sopra, appoggiandosi al bastone con naturalezza.

“Faccia con comodo. Nel frattempo, le andrebbe del the, della cioccolata…?”

“Del the va benissimo, grazie.”

“Smetta di ringraziarmi, ha chiarito il concetto.”

Rosaline si morse la guancia per non ridere e lo sentì allontanarsi. Mentre si asciugava i capelli, i suoi pensieri corsero al signor Gold quasi subito. Chiunque avrebbe definito il suo comportamento strano e avrebbe pensato a cosa potesse volere in cambio, ma non era mai stato scortese con lei, nemmeno quando arrivava in anticipo a riscuotere l’affitto e si trovavano soli per qualche minuto. A differenza degli altri, non la trattava con paura e diffidenza per i suoi precedenti psichiatrici, eppure con suo padre era sempre stato piuttosto minaccioso e gelido.

Mise i pantaloni scuri e il maglione blu che le aveva dato, e fu contenta di essere di nuovo calda. La neve e il freddo le sembravano lontanissimi, ora.

Scese dalle scale in punta di piedi e lo trovò in quello che doveva essere il salotto, simile al resto delle stanze che aveva visto. Lui si voltò appena la sentì e Rosaline si stupì di quanto calore contenevano i suoi occhi. Da quando aveva sedici anni aveva ammirato il suo stile, i suoi abiti di alta sartoria di cui uno solo costava probabilmente più del suo guardaroba, la sua camminata aggraziata nonostante il bastone, i capelli lisci con qualche tocco distino di grigio, ma non aveva mai notato davvero i suoi occhi scuri, dello stesso colore del cioccolato con qualche bagliore ambrato.

“Si sente meglio, signorina French?”

“Il minimo che può fare dopo avermi salvato dall’assideramento è chiamarmi per nome.”

“Come vuole… Rosaline.”

Lei gli lanciò un leggero sguardo di rimprovero e lui rispose con un accenno di mezzo sorriso, ma gli occhi sorridevano interamente.

“Immagino di doverti dare anche del tu.”

“Una condanna inevitabile, temo.”

Versò lui stesso il the, e le mise senza chiedere un cucchiaio di miele e una foglia di menta.

“Come fa a sapere come prendo il mio the?”

Il signor Gold si bloccò per un attimo e, se si fosse trattato di chiunque altro, Rose avrebbe giurato che stava arrossendo.

“Sono un buon osservatore, dearie, e ti ho sentito una volta ordinarlo da Granny.”

Lei si guardò intorno, attirata da un leggero rilievo sotto il tappeto.

“Ha una botola, lì sotto?”

Lui le passò una bellissima tazzina bianca, con il bordo dorato e delle pennellate blu, poi si appoggiò allo schienale del divano e la sua espressione divenne indecifrabile.

“Hai indovinato, dearie. Temo che, ora che hai scoperto il mio segreto, dovrò rinchiuderti in cantina e farti scuoiare i bambini per i miei mobili.”

Rosaline sussultò e lasciò cadere la tazza, che cadde a terra con un piccolo tonfo.

“Era una battuta, dearie, scherzavo. È semplicemente un’asse mal sistemata.”

Lei sospirò di sollievo e ridacchiò.

“Giusto.”

Si chinò per recuperare la tazzina, ma si bloccò e arrossì, per poi impallidire.

“M- mi dispiace… è scheggiata.”

La sollevò per far vedere il danno sul bordo.

“Può vederlo appena.”

Si morse il labbro e abbassò lo sguardo, dandosi della stupida maldestra.

“Non c’è di che preoccuparsi, è solo una tazza e non dovevo spaventarti.”

Gli offrì un piccolo sorriso di riconoscenza e lui ricambiò, causandole uno sfarfallio improvviso nello stomaco.

“Mi dispiace dare una brutta notizia, ma la tempesta di neve è peggiorata.”

Rosaline corse alla finestra , ma invece d’essere angosciata dalla prospettiva d’essere bloccata, si sentì felice.

“Immagino che dovrò avvertire mio padre.”

Il signor Gold la prese per un polso, fermandola.

“La mia offerta è ancora valida, posso accompagnarti in macchina a casa. Mi dispiacerebbe che non passassi la sera di Natale con la tua famiglia.”

Lei scosse la testa.

“Non ha niente di cui preoccuparsi, mio padre non è mai stato un grande amante del Natale.”

Compose il numero sul cellulare e fece due respiri profondi, incerta se mentire o no su dove si trovava.

“Pronto, Rosy? Dove sei? Sono a casa di Billy da almeno mezz’ora, Gordon è ansioso di vederti.”

La nausea l’assalì, ma si costrinse a parlare.

“Mi dispiace, papà, ma sono bloccata dalla neve.”

“Gordon dice che può venirti a prendere.”

Al pensiero di stare sola con lui per un quarto d’ora la fece rabbrividire.

“Digli che non è necessario, sono al riparo ora.”

“Ma così non festeggerai il Natale con lui!”

“Con lui, eh, non con te, vero? Avevi per caso pensato di dileguarti con Billy a bere appena mettevo piede lì?”

Il padre non rispose e lei si sentì talmente arrabbiata che avrebbe gettato il telefonino fuori dalla finestra.

“Rosy, con il tuo passato non ci sono molti ragazzi che ti chiederanno di sposarti, anche se sei una ragazza d’oro. Gordon…”

“Non chiamarmi Rosy!”

“Suvvia, tesoro…”

“Dimmi, sei davvero convinto di quello che dici? Ma ti ascolti, papà?”

“Tesoro, voglio solo il meglio per te.”

“Non si direbbe. Ci vediamo domani, sperando che la tempesta sia passata per allora.”

Interruppe la chiamata, irritata, e fu tentata di spegnerlo, ma poi pensò che avrebbe potuto contattarla una delle sue amiche. Sentendo un familiare groppo in gola, si schiarì la voce.

“Posso usare il bagno, signor Gold?”

“In fondo il corridoio a sinistra.”

Lei ci corse subito e si chiuse dentro, sedendosi per terra e soffocando le lacrime con un asciugamano. Nonostante tutto, aveva sempre sperato di sbagliarsi sul conto del padre.

Dopo nemmeno due minuti sentì il bastone di Gold avvicinarsi e un discreto bussare.

“Signorina French?”

Rose inspirò col naso.

“Si?”

“Si sente bene?”

No… ma probabilmente non sarebbe stata mai bene finchè suo padre continuava ad avere quella mentalità medievale.

“Esco subito.”

Aprì la porta ma si bloccò di colpo, vedendolo così vicino. Lui alzò una mano per toglierle una lacrima da sotto gli occhi.

“Che cosa le ha detto suo padre per sconvolgerla così?”

Il suo tono tagliente la colse di sorpresa.

“Pensavo avessimo concordato che mi avrebbe dato del tu.”

“Chiedo scusa. Cosa ti ha detto di così grave?”

Lei si strinse le spalle.

“Niente di nuovo, signor Gold…”

“Nicholas.”

“Cosa?”

“Se io ti chiamo Rosaline, tu puoi chiamarmi Nicholas. Si chiama presentazione, dearie.”

“Se ti do il permesso di chiamarmi Rose, posso chiamarti Nick?”

“No. E non credere che mi sia dimenticato la prima domanda, dearie.”

Rosaline si guardò intorno. 

“Ti rispondo se mi aiuti a fare un tronchetto di Natale.”

Nicholas sbatté le palpebre e lei rise.

“Siamo bloccati qui, tanto vale festeggiare. Immagino che tu non abbia nemmeno le decorazioni natalizie, quindi l’unica cosa che rimane è il dolce per eccellenza.”

“Dovrei avere gli ingredienti.”

Mentre lei si dava da fare con la farina lui pensava al cioccolato – ne aveva per anni in cucina, doveva capirlo prima che quell’uomo aveva il dente dolce – e il cuore le si riscaldò riconoscendo un certo cameratismo tra loro due.

Come se non bastasse, Nicholas preparò anche i mashmellows da intingere nel cioccolato fuso rimasto e lei sognò per un attimo di rovesciarlo su di lui per poi…

“Rosaline, tutto bene?”

Lei arrossì e cercò di togliersi quei pensieri dalla testa.

“Si, si, sto bene.”

“Ti sta colando tutta la miscela per come tieni la ciotola.”

Spaventata, la raddrizzò immediatamente.

“Grazie, stavo per combinare un altro disastro.”

Sapendo che lui si stava trattenendo dall’insistere sulla telefonata, decise di accontentarlo mentre mangiavano sul divano.

“Mio padre cerca di combinarmi in tutti i modi con Gordon, il…”

“Gordon Neanderthal? Ho sentito le tue amiche chiamarlo così.”

Rosaline scoppiò a ridere, confortata dal tono sarcastico di Gold.

“Esatto. Voleva che passassimo il Natale con lui e Billy, ma poi ho intuito che era solo uno stratagemma per lasciarci da soli.”

Lui appariva disgustato e lei avrebbe voluto baciarlo solo per quello.

“Ma perché vuole che ti sistemi adesso? Quanti anni hai?”

“Ventitre.”

“Non vedo questa fretta.”

“Mio padre ha una mentalità un po’ all’antica. Non ha mai approvato che leggessi, e Gordon la pensa come lui. Inoltre…”

“Inoltre? C’è di peggio?”

Rose abbassò lo sguardo e si portò le ginocchia sotto il mento.

“Lui è convinto che sarà l’unico che si farà mai avanti per me. Anche se fosse vero, non riesce a capire che io preferirei trascorrere la vita da sola piuttosto che con uno come Gordon.”

Vide il signor Gold aggrottare le sopracciglia, confuso.

“Perché mai dovrebbe pensare questo? Sei giovane, molto bella, intelligente, gentile…”

Di nuovo quello sfarfallio.

“Forse non lo sa, ma… io ho passato tre anni in un ospedale psichiatrico.”

Le nocche gli diventarono bianche quando strinse l’impugnatura del bastone.

“Quando avevi tredici anni, fino ai sedici, ne sono consapevole, perché tuo padre era troppo codardo per aiutarti dopo la morte di tua madre e ha preferito lavarsene le mani.”

Lei si spaventò per l’improvvisa durezza che sembrava aver preso possesso di Nicholas Gold. Quello era il mostro di cui tutti parlavano.

Lui sembrò avvertire il suo disagio, perché si sforzò di rilassarsi e le strinse la mano.

“Non c’è nulla che non vada in te, Rose. Tuo padre è uno stupido e solo per quello potrei alzargli l’affitto.”

“Non lo faresti.”

“No, ma solo perché non voglio che ci rimetta anche tu.”

Rosaline gli sorrise apertamente.

“Beh?”

“Non sei chi credi di essere. Sei una brava persona.”

Gold le si avvicinò di più e si chinò su di lei.

“Un mostro farebbe qualsiasi cosa per attirare una fanciulla tra le sue grinfie.”

“Per favore. Sono qui da quanto, tre ore, e…”

Nei suoi libri, Rose aveva spesso letto l’espressione e il mondo si fermò. Aveva sempre creduto fosse un’esagerazione, una frase fatta, ma si era sbagliata, perché la provò in quel momento, quando Gold la baciò con dolcezza sulle labbra. Le mani le stavano tenendo il viso per sollevarlo al suo livello e, se non fosse stata seduta, era certa che sarebbe caduta.

Tuttavia, si staccò da lei dopo pochissimo, le labbra strette in una linea sottile.

“Visto? Ti sbagliavi, dearie, io sono un mostro.”

Lei scosse la testa, in diniego.

“No, sei solo bravissimo nel cercare di allontanare le persone, ma non funziona con me.”

Fu Rosaline stavolta a baciarlo, abbracciandolo per tenerlo vicino a sé. Lo sentì irrigidirsi e così rimase per qualche istante. Lo aveva scioccato, ma presto le sue braccia le circondarono la schiena e tornò a dominare il bacio, come se volesse divorarla. 

Non sarebbe stata una cosa spiacevole.

“Mi… mi hai chiamata Rose, prima.”

“Davvero?”

“Ah ah. Ti prego…”

Nicholas le baciò il collo, inspirando profondamente il suo profumo e disegnandole piccoli cerchi nello stomaco e nella schiena. 

“Rose… dimmi di fermarmi e mi fermerò. Ti desidero da tanto… tanto tempo, ma meriti di meglio.”

“Sciocco.”

Gli si sedette a cavalcioni in grembo e lo costrinse a guardarla negli occhi.

“Nessuno decide il mio destino al mio posto. Io voglio te, solo te.”

“Sono abbastanza vecchio per essere tuo padre.”

“Non è vero, e non m’importa.” 

“Sono un bastardo senza scrupoli.”

“Nemmeno questo è del tutto vero, e poi le brave ragazze sono sempre attirate dai cattivi, non lo sapevi?”

“Rose, mi stai uccidendo. Ti ferirò, io finisco sempre per ferire le persone che amo.”

Sapeva che stava parlando di suo figlio, Benjamin, che stava combattendo in Afghanistan da quando c’era stato uno spaventoso litigio tra i due, ma gli accarezzò una guancia per rassicurarlo.

“Non sono fragile. So che, quando si trova qualcosa per cui vale la pena, bisogna combattere per essa.”

“Nessuno è mai stato disposto a combattere per me, dearie.”

“Peccato.”

Lo baciò ancora, cercando di comunicargli… che lo amava? Che aveva bisogno di lui? La sua pelle era calda e profumava di vecchi libri, cuoio e qualcosa di dolce che non riusciva a identificare.

“Buon Natale, Nick.”

“Buon Natale, Rose.”

 

 

 

“…Nick?”

“Si?”

“Chi è Elizabeth Bennet?”

“La protagonista di Orgoglio e Pregiudizio, perché me lo chiedi?”

“Niente… torniamo a dormire.”

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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