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Autore: Matt94Black    25/12/2013    1 recensioni
Ronnie si trovava nuovamente in quel luogo buio e freddo. Una voce roca dalla provenienza ignota disse: -Ronnie, lo sai cosa succede ai bambini cattivi?-. In quel momento, alle sue spalle, comparve una mano nera, dalle unghie lunghe e affilate, che lo afferrò per il braccio destro. La morsa in cui lo strinse fu gelida, così tanto da corrodergli la pelle. In quell'istante, Ronnie si svegliò di scatto, sudato e tremante, come la mattina del giorno prima. Tutte queste cose strane che capitavano attorno a lui lo stavano trasformando in un bambino sempre più inquieto.
Genere: Horror, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Salve a tutti (colpo di scena: questa volta ho messo la mia nota prima dell'inizio della storia D: )
Come promesso, ecco la storia natalizia di cui avevo già accennato nella nota del quinto capitolo di Demons' hearts. E' un piuttosto creepy e contiene alcune scene forti o violente; quindi, se pensiate che queste cose possano turbarvi, vi sconsiglio di leggerla.
Dopo questa premessa, auguro un buon Natale a tutti, lettori o scrittori che siate :)


21 dicembre 2013
 
In un angolo del cortile della scuola, Ronnie disse ad un suo amico: -Controlla se arriva-. Con l’aiuto di un accendino, stava bruciando la testa alla Barbie di Layla, una sua compagna di classe. Ronald Castle, o Ronnie, era noto nella sua classe per le sue malefatte, nonostante avesse solo nove anni. Figlio di una ricca famiglia del posto, aveva i capelli biondi e gli occhi scuri apparentemente innocenti. È stato cresciuto in modo viziato dai suoi genitori, che gli hanno sempre comprato tutto ciò che voleva, trasformandolo in una specie di piccolo gangster della classe. Una bambina dai riccioli rossi corse verso i due bambini e disse: -Ronnie! La mia bambola!-. Strappandogliela dalle mani, iniziò ad agitarla, spegnendo il flebile fuoco sui capelli; ma ormai non c’era più nulla da fare: il viso armonioso della sua bambola si era in parte sciolto, dando vita ad una massa informe. Layla, la bambina dai riccioli rossi, si mise a piangere e stava per gridare qualcosa, ma Ronnie le tappò la bocca con la mano, dicendole: -Stai zitta! Non devi urlare!-. Girandosi dalla parte opposta rispetto alla maestra, spinse via la bambina, che si rannicchiò all’ombra di un albero. Ronnie, guardandosi attorno, vide un bambino seduto su una panchina, intento a mangiare un panino: era Sebastian Tirips, un suo compagno perennemente apatico, con i capelli neri ed arruffati; i suoi occhi erano color cielo, però erano spendi, come se non fosse mai felice. Avvicinandosi a lui, Ronnie disse: -Hey sfigato, cos’è quello? Il tuo pranzo?-. Prendendogli il panino, guardò cosa vi era in mezzo e gridò: -Ma che schifo! Ci sono le verdure!-. Così dicendo, lo buttò a terra, noncurante del fatto che Sebastian lo stava mangiando. Ronnie continuò, chiedendo: -Ah comunque, domani bisogna consegnare il compito sul proprio padre. Tu cosa scriverai sul tuo? Che è morto?-. Sebastian, senza manifestare alcuna emozione per ciò che l’altro bambino aveva detto o fatto, rispose: -La cosa non ti riguarda, Ronald-. Ronnie lo prese dal colletto della maglia e stava per tirargli un pugno, ma qualcosa gli bloccò la mano. Una voce alle sue spalle disse: -Ronald! Lascialo andare!-. Ronnie si girò e vide la signora Rittenmont, la loro maestra: era una donna di circa quarant’anni, con i capelli neri e gli occhi scuri, in parte nascosti da un paio di occhiali dalla montatura di metallo. Ronnie disse: -Ha iniziato lui!-. La signora Rittenmont rispose: -Non dire stupidaggini, Ronald! Ho visto perfettamente! Adesso vattene, sei in punizione!-. Ronnie a testa bassa, entrò dentro l’edificio.
Dopo le due ore di lezione successive all’intervallo, tutta la classe uscì. Ronnie afferrò Sebastian per un braccio e disse: -Prima ti è andata bene, ma non sperare sempre che arrivi qualcuno a proteggerti-. L’altro bambino, completamente indifferente, se andò verso sua madre, una donna di circa trent’anni, con i capelli e gli occhi scuri; aveva trent’anni circa e vestiva in modo casual. Sua madre lo fece salire sulla loro macchina, parcheggiata davanti a scuola. Sebastian abitava in una piccola casa indipendente, piuttosto distante dalla scuola, e doveva per forza farsi venire a prendere. Ronnie, invece, iniziò ad incamminarsi, dato che casa sua era ad un isolato di distanza. Abitava in una grossa villa di tre piani, circondata da un enorme giardino. I suoi genitori, rinomati banchieri del posto, avevano molti soldi e potevano permettersi persino di avere un maggiordomo e delle cameriere.
Oltrepassato il cancello che separava casa sua dalla strada, Ronnie che vi era un gatto randagio all’interno del giardino. Il felino aveva il pelo nero pece e le pupille bianche, come se fosse cieco. Ronnie prese un sassolino da terrà e lo tirò contro l’animale, usando tutta la forza che aveva in corpo. Il gatto, prontamente, lo evitò e, dopo essersi allontanato di qualche metro, riprese a fissarlo. Ronnie, sbuffando, disse: -Vedi di non avvicinarti, stupido gatto!-. Salendo una scalinata, entrò in casa e il suo maggiordomo gli disse: -Bentornato, Ronald. Lascia che prenda il suo cappotto e il suo zaino-. Quest’ultimo era un uomo alto e secco, con i capelli neri e corti e gli occhi castani. Vestiva con un completo elegante e sembrava avere circa cinquant’anni. Dopo che il maggiordomo gli prese il cappotto e lo zaino, arrivarono i suoi genitori, persone di mezza età vestiti in modo elegante, entrambi con i capelli biondi e gli occhi scuri. Senza scambiare troppe parole, salutarono il loro figlio e uscirono dell’edificio. Mentre Ronnie salì le scale, intravide sua sorella Janine e suo fratello Craig, ma non li salutò: tra di loro non vi era un buon rapporto; al contrario, si detestavano. Si chiuse in camera e, sbuffando più volte, iniziò il compito in cui doveva descrivere il proprio padre.
La sera tardi di quello stesso giorno, in casa Tirips, Sebastian era sdraiato nel suo letto. Con le luci spente, stava fissando il soffitto, quando qualcosa bussò alla sua finestra: era un gatto nero dalle pupille bianche, che corse via appena notò di essere visto dal bambino. Sebastian, tra sé e sé, disse: -Su chi ricadrà la maledizione?-.
 
22 dicembre 2013
 
Quella mattina, nelle due ultime ore di scuola prima delle vacanze natalizie, la signora Rittenmont disse: -Bene ragazzi, ora inizieremo a leggere i compiti che avete fatto sui vostri padri-. Chiamando gli alunni in ordine alfabetico, ascoltò ciò che avevano scritto. Dopo aver ascoltato ciò che avevano scritto tre bambini, la signora Rittenmont disse: -Castle Ronald-. Ronnie prese il suo foglio, si schiarì la voce e, con il tono di un presidente che parla ai suoi elettori, iniziò a leggere: -Mio padre, Arthur J. Castle, è un uomo con tanti soldi, che mi ha insegnato quali sono le cose più importanti e che mi dà tutto ciò che chiedo-. Dopo alcuni secondi di pausa, la signora Rittenmont chiese: -Tutto qui?-. Ronnie disse: -Sì, è poco?-. la signora Rittenmont, con tono ironico, rispose: -No, figurati. Proseguiamo con gli altri-. Tutti lessero ciò che avevano scritto, fino a quando la signora Rittenmont pronunciò il nome dell’ultimo alunno dell’elenco: -Tirips Sebastian-. Sebastian, prendendo il compito, iniziò a leggere ad alta voce: -Io adoro mio padre: lui mi è sempre vicino e mi tiene compagnia quando mi sento da solo. Può sembrare un tipo tenebroso, ma ha un animo gentile. Lui punisce i cattivi e mi protegge sempre da chi vuole farmi del male. Inotre…-. La sua lettura fu interrotta dalla risata di Ronnie, che, successivamente, disse: -Idiota, guarda che tuo padre è morto! Come puoi scrivere queste cretinate?-. La signora Rittenmont lo sgridò: -Ronald! Non si dicono queste cose! E poi, Sebastian ha scritto delle cose molto più belle e sentimentali rispetto a quelle del tuo compito! Non mi importa se sono vere o false!-. In quel momento, la campanella suonò e tutti i bambini iniziarono a ritirare le loro cose negli zaini e ad uscire dall’aula, accompagnati dall’augurio di buone vacanze della loro maestra.
Sebastian era appena uscito dall’edificio, quando Ronnie gli si avvicinò e gli disse: -Ma non ti vergogni a scrivere cose che non sono vere?-. Sebastian lo guardò con uno sguardo spento e gli disse: -Non ti conviene darmi fastidio-. Così dicendo, andò verso sua madre, che lo accompagnò fino alla macchina, parcheggiata nella strada davanti alla scuola, e lo fece salire.
Ronnie, sbuffando innervosito, iniziò a camminare verso casa sua. Mentre si trovava a qualche passo da casa sua, un cane randagio, piangendo, gli si avvicinò: era un meticcio, molto magro, con il pelo mediamente lungo e piuttosto sporco. Ronnie, non riuscendo a vedere la tristezza e la solitudine negli occhi del povero animale, disse: -Vattene, stupido cane!-. E gli tirò un calcio, facendolo scappare con la coda  tra le gambe. Guardando in alto, sul muro di casa sua, Ronnie vide il gatto nero del giorno prima che lo stava fissando. Guardando il felino con aria di sfida, disse: -Prova solo a scendere e ti riduco in poltiglia-. Lui riprese a camminare, mentre quel gatto continuava a osservarlo, fino a quando entrò nella lussuosa villa a tre piani dei suoi genitori. Salita la scalinata, entrò in casa, accolto dal maggiordomo, che gli prese lo zaino e il cappotto. Successivamente, arrivarono i suoi genitori, che gli fecero varie domande sulla scuola, alle quali Ronnie rispose con scarsissimo entusiasmo. Dopo aver salito le scale fino al secondo piano, entrò in camera sua, si chiuse dentro ed iniziò a giocare con la sua PSP.
Dopo diverse ore di gioco, il maggiordomo bussò alla sua porta e disse: -Ronald, la padrona vuole farle sapere che la cena è in tavola-. In quel momento, Ronnie spense il suo apparecchio e scese al piano inferiore, dove vi era la sala da pranzo. Al centro di questa stanza, vi era un tavolo in legno lungo circa quattro metri, imbandito come se il cenone natalizio fosse arrivato in anticipo di qualche giorno. Ronnie prese posto come capotavola, con il padre all’estremità opposta, la madre sul lato sinistro e suo fratello e sua sorella sulla destra. Guardò nel suo piatto, osservando un succulento polpettone circondato elegantemente da varie verdure, che non avrebbe neanche considerato. Prese il coltello e, tagliando in due il polpettone, gli venne un conato: notò che dal suo pezzo di carne iniziarono ad uscire delle larve biancastre, prive di zampe, che strisciavano o si dimenavano nel piatto. Ronnie, che per poco non cadde dalla sedia, urlò e indietreggiò. Il padre, vedendo il figlio che diventava sempre più pallido, chiese: -Ronald, cosa succede?-. Ronnie, balbettante, indicò il piatto e disse: -G-Guarda nel p-piatto!-. Ma, in quel preciso istante, notò che il suo piatto non aveva nulla di insolito: le larve che aveva visto sembravano essere scomparse nel nulla, come se non ci fossero mai state. Possibile che fosse stato tutto frutto di un’allucinazione? Eppure, sembrava tutto così reale.
Craig disse: -Fatti vedere da qualcuno, razza di rincoglionito-. La madre lo sgridò: -Craig, non trattare così tuo fratello!-. Poi, rivolgendosi a Ronnie, disse: -Ronald, forse hai mal di testa. Dovresti andare a riposarti-. Il bambino annuì e si diresse al piano di sopra. Rinchiudendosi nuovamente in camera sua. Spente le luci e infilatosi sotto le coperte, pensò: “Ma che diavolo era quella roba? Eppure gli altri non hanno visto nulla. Io non sono pazzo, ne sono sicuro”. Giratosi sul fianco sinistro, aspettò pochi minuti e si addormentò.
 
23 dicembre 2013
 
Ronnie si guardò intorno, spaventato: si trovava in un luogo completamente nero, freddo e desolato. Una voce roca chiese: -Ciao Ronnie, sei stato bravo quest’anno?-. In quel momento, vide due bagliori di luce bianca in lontananza, che iniziarono ad avvicinarsi molto velocemente, come se fossero i fari di un treno nella notte. Quando furono vicino a lui, Ronnie sentì un urlo agghiacciante.
In quel preciso istante, si svegliò. Ronnie si ritrovò nel suo letto, sudato e tremante: per fortuna, era solo un incubo. Guardò l’orologio e vide che era quasi mezzogiorno. Alzatosi dal letto, scese al piano di sotto, senza cambiare il pigiama fradicio.
In quel momento, fuori da casa sua, Sebastian e sua madre stavano percorrendo a piedi una lunga galleria in pietra, con degli affreschi sulle pareti. Il bambino reggeva delle genziane blu in un vaso bianco e, come la madre, aveva un’espressione triste stampata sul viso. Arrivati alla fine della galleria, si ritrovarono in una grande area erbosa all’aperto, piena di lapidi allineate. Arrivati in quel posto, era evidente che la madre di Sebastian si stava sforzando per trattenere le lacrime. Entrambi si diressero verso una lapide che si trovava verso la fine di quell’area. Sebastian si inginocchiò e guardò il nome su di essa:
 
Tirips Adam
29/6/1979 - 23/12/2006

 
Affianco alla scritta vi era la foto del viso di un uomo di quasi trent’anni, con i capelli neri e gli occhi azzurri. Aveva un’aria molto cupa, accompagnata dal fatto che non sorrideva, vestito con un elegante completo gessato. La madre di Sebastian disse: -Ciao, amore. Io e Sebastian siamo venuti a trovarti per l’anniversario della tua scomparsa anche quest’anno. Volevo dirti che ci manchi tantissimo, davvero…-. Poi vi furono alcuni secondi di silenzio, che sembrarono interminabili. Rivolgendosi a Sebastian, sua madre disse: -Tesoro, vuoi dire qualcosa a papà?-. Sebastian, con lo sguardo perso nella foto, disse: -Ciao, papà. Volevo dirti che ti voglio bene, anche se mi ricordo di te a malapena. Come ultima cosa: non farmi il regalo quest’anno, non è necessario-. I due rimasero in silenzio davanti alla tomba, con lo sguardo basso.
Verso le cinque del pomeriggio, in casa Castle, Ronnie stava percorrendo uno degli immensi corridoi di casa sua, quando vide il solito gatto nero che lo osservava da una delle finestre alla sua destra. Innervosito dalla continua presenza di quell’animale, riprese a camminare per la sua strada. Ad un certo punto, per una frazione di secondo, un essere sovrannaturale comparve davanti ai suoi occhi: era una figura umanoide, alta circa due metri. Il corpo era completamente nero e i suoi occhi emettevano dei bagliori di luce bianca. Ronnie la vide per una minuscola frazione di tempo, ma quella fugace apparizione gli bastò per fargli scorrere un brivido di paura lungo la schiena. Spaventato, corse in camera sua e chiuse la porta dietro di sé. Ma si pentì di averlo fatto: su ogni oggetto della sua camera vi erano delle impronte di mani insanguinate. Vedendo ciò, uscì velocemente dalla sua camera e, con il fiato corto, si strofinò gli occhi. Aprendo di poco la porta, guardò di nuovo all’interno della sua camera, ma tutto sembrava essere tornato alla normalità. Più che perplesso, Ronnie iniziò ad ispezionare tutti i posti più oscuri di quella stanza: sotto il letto, all’interno dell’armadio e dentro ogni cassetto, ma non c’era nulla di sospetto. Così, decise di andare a farsi una doccia, sperando che l’acqua tiepida possa lavare via tutte quelle preoccupazioni. Si diresse verso il bagno e, dopo essere entrato, si spogliò, per poi aprire l’acqua della doccia. Mentre si insaponava, l’acqua tiepida lo metteva a suo agio e sembrava davvero che stesse lavando via la tensione dal suo giovane corpo. Quando usò lo shampoo, la schiuma gli finì negli occhi. Dopo esserseli lavati, li riaprì e vide  che ai suoi piedi vi era del liquido rosso. Poi guardo in alto e vide che dalla doccia usciva la stessa sostanza rossa dal sapore di ferro: sangue. Immediatamente, uscì dal box doccia, urlando. Sua sorella, Janine, che era intenta a truccarsi allo specchio, si girò e, innervosita, gli gridò: -Torna dentro, esibizionista di merda!-. Ronnie le disse: -Janine! La doccia!-. Ma, guardando nel box doccia, era tutto normale: non vi era nessuna traccia del sangue che aveva visto prima. Janine, perplessa, disse: -Fatti curare-. Immediatamente, uscì dal bagno, lasciando il fratello da solo, nudo e bagnato. Ronnie finì di sciacquarsi, si asciugò velocemente e si rinchiuse in camera sua, rannicchiandosi sotto le coperte. Da quel momento in poi, la giornata del bambino proseguì tranquillamente, anche se ogni suo passo era accompagnato da un grandissimo senso di inquietudine. Finita la giornata, portandosi nel letto tutte le sue preoccupazioni, andò a dormire.
 
24 dicembre 2013
 
Ronnie si trovava nuovamente in quel luogo buio e freddo. Una voce roca dalla provenienza ignota disse: -Ronnie, lo sai cosa succede ai bambini cattivi?-. In quel momento, alle sue spalle, comparve una mano nera, dalle unghie lunghe e affilate, che lo afferrò per il braccio destro. La morsa in cui lo strinse fu gelida, così tanto da corrodergli la pelle. In quell'istante, Ronnie si svegliò di scatto, sudato e tremante, come la mattina del giorno prima. Tutte queste cose strane che capitavano attorno a lui lo stavano trasformando in un bambino sempre più inquieto. Notando che erano passate da poco le dieci, decise di scendere al piano di sotto, facendo attenzione a ogni cosa che succedeva nei suoi dintorni.
Per fortuna, l'intera giornata proseguì normalmente: il pranzo della vigilia di Natale non riservò sorprese e tutto proseguì senza imprevisti. Tutto ciò permise a Ronnie di tranquillizzarsi.
Quella stessa sera, in casa Tirips, Sebastian era sdraiato sul suo letto, con le luci spente e lo sguardo fisso sul soffitto. Come se volesse rivolgersi a qualcuno, disse: -Quest'anno non voglio il regalo-.
Era quasi mezzanotte, quando Ronnie sentì dei fruscii, accompagnati da degli scricchiolii. Incuriosito, scese dal letto e si diresse al pian terreno. Sembravano provenire dalla sala, una grande stanza quadrata dal soffitto a volta. All'interno, vi erano una serie si credenze, con due sedie girate verso un largo camino di mattoni, dal quale sembravano provenire quei rumori. Ronnie stava per temere il peggio, date le ultime cose che erano accadute negli ultimi giorni. Invece, dal camino uscì qualcuno che non si sarebbe mai aspettato di vedere: Santa Claus! Ronnie cose verso di lui e l'omone disse: -Buon Natale! Vediamo come sei stato quest'anno...-. Santa Claus tirò fuori una pergamena ingiallita dalla sua tasca, controllò approfonditamente ed esclamò: -Purtroppo non sei sulla lista dei buoni…-. Il suo vestito rosso e la pelle iniziarono a squarciarsi, come se fosse un involucro di tessuto, facendo uscire una figura umana, alta e magra, completamente nera. I suoi occhi brillavano di luce bianca. Con una voce roca, disse: -Te lo richiederò: sai cosa succede ai bambini cattivi?-. Ronnie, spaventato, corse verso l'interruttore della luce e lo premette. Ma accadde qualcosa di insolito: la luce non si accese e la plastica dell'interruttore iniziò a sciogliersi a contatto con la pelle del bambino. Ronnie si guardò intorno e notò che tutta la stanza si stava sciogliendo, come se fosse del formaggio in un forno. La figura oscura disse: -Qui si sta sciogliendo tutto, come la faccia di quella bambola, vero?-. In quel momento, Ronnie ebbe la sensazione che la sua faccia stesse bruciando. Fece per gridare, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono. La figura oscura gli disse:-“Stai zitto! Non devi urlare!”…queste parole ti ricordano qualcosa?-.
Detto questo, i muri attorno a lui si ruppero come se fossero fatti si vetro, lasciando spazio ad un altro scenario: la strada che Ronnie percorreva quando ritornava a casa. Vicino a lui, vi era un cane randagio, lo stesso a cui lui aveva tirato un calcio due giorni prima. L'animale si avvicinò a lui, piangendo, e Ronnie fece per tirargli un calcio, ma la sua gamba venne bloccata da un morso del cane. La voce roca della figura oscura disse: -Dovresti portare più rispetto per gli altri esseri viventi-. Il cane iniziò a ringhiare, ad ingrossarsi e dal suo collo spuntarono altre sue teste che iniziarono a dilaniare Ronnie. Successivamente, il suo corpo iniziò a precipitare nel vuoto, ricomponendosi. Cadde su qualcosa di morbido e, sentendo che qualcosa sotto di lui si stava muovendo, guardò su cosa era caduto. Ronnie impallidì: sotto di sé vi erano una miliardi di larve di insetto, come quelle che aveva visto nella sua allucinazione durante la cena in famiglia. Iniziò a sprofondare in mezzo a quegli esseri brulicanti, che rendevano vano ogni suo tentativo di rimanere in superficie. Ad un certo punto, intorno a lui divenne tutto nero e una voce roca disse: -Hey sfigato! Cos’è quello? Il tuo pranzo?-. Ronnie si sentì sollevare dal colletto del pigiama. Emerso da quel mare di larve, vide che una grossa mano nera lo stava tenendo tra l’indice e il pollice. Davanti a sé, vide la figura umanoide dagli occhi abbaglianti, con la differenza che era proporzionalmente molto più grande. Con voce roca, disse: -Carne!-. Aprì la bocca, mostrando migliaia di file di denti appuntiti, e ci gettò Ronnie dentro, per poi chiuderla in una frazione di secondo.
In quel momento, il bambino si risvegliò di scattò in camera sua. Davanti a sé, vide il gatto nero che, negli ultimi giorni, sembrava perseguitarlo. Una voce roca disse: -Questo è reale-. Il gatto si trasformò nella figura antropomorfa che Ronnie aveva visto in tutti i suoi incubi. Tutto intorno a sé divenne nero. Poi non sentì più nulla.
Appena scoccata la mezzanotte, in casa Tirips, Sebastian stava dormendo, quando una mano nera gli si posò sulla spalla. Lui aprì gli occhi lentamente e vide una figura umanoide, completamente nera, con gli occhi che abbagliavano con un’insolita luce bianca. Con la mano sinistra, reggeva un sacco in cuoio. Sebastian, molto tranquillamente, scese dal letto e gli chiese: -Cosa ci fai qui?-. L’essere oscuro mise la mano destra nel sacco e porse un cuore umano a Sebastian. Il bambino, che non sembrava affatto scandalizzato, chiese: -Di chi è?-. L’essere oscuro, riponendo il cuore nel sacco, ci rimise la mano destro e tirò fuori una testa: la testa di Ronnie, morto con un’espressione sofferente. Sebastian chiese: -I suoi genitori e gli altri che lo conoscono come la prenderanno?-. L’essere oscuro, con voce roca, rispose: -Non lo sapranno mai. Ho cancellato la loro memoria e quella di tutti coloro che lo conoscevano. Ronald Castle non è mai esistito. L’unico che si ricorda di lui sei tu-. Sebastian disse: -Comunque ti avevo chiesto di non farlo, almeno quest’anno-. L’essere oscuro controbatté: -Lo so, però lui ti dava fastidio. Io voglio solo proteggerti e tu lo sai, non mi importa il “come”. Ormai sono solo uno spirito, non ho più un corpo e non posso più vivere con te. Tutti bambini passano il Natale con i propri genitori e volevo farti vedere che, in fondo, esisto ancora. Buon Natale Sebastian, a te e alla mamma-. Sebastian abbracciò l’essere oscuro e disse: -Buon Natale, papà. Ti voglio bene-.
  
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