Pagliaccio triste
Capitolo
1: Un ricordo
«Vinto!»
esclamò il
ragazzo dai capelli castano chiaro, mostrando le proprie carte
all’avversario.
«Ahhhhhhh!!!
Con te non
ha senso giocare!» Si disperò l’altro,
che lanciò la propria mano per aria,
spargendo le carte per tutta la stanza.
«Sei
tu che mi hai
chiesto una partita, mica ti ho costretto io. Se poi sei una schiappa
non posso
mica farci niente.»
«Come
hai detto scusa?»
«Che
sei una schiappa.
Perché, non è vero?» Il ragazzo lo
guardò con un ghigno divertito ed uno
sguardo di sfida.
«Ti
faccio vedere io
chi è la schiappa! Un’altra partita,
o-!» La “schiappa” non poté
finire la
frase perché qualcuno lo prese dal colletto della camicia e
lo sollevò da
terra.
«Ma
che!? Mollami
subito fratellone, devo insegnare un paio di cose a questa
mammoletta!»
«Allen.»
«Smettila
brutto
idiota!» Il fratellone tirò una testata al ragazzo
che aveva preso per la
collottola stile gatto, che nel frattempo si era girato per guardarlo
faccia a
faccia.
«Lo
sai che con Allen è
inutile, dovresti averlo imparato. Quello ce l’ha nel sangue
il poker, quindi è
inutile che ci provi ancora, Neah.» Quest’ultimo
era ancora a terra che si
lamentava per la testata appena ricevuta, ed Allen ne
approfittò per deriderlo
ancora un po’.
«Ma
guarda il piccolo e
delicato Neah! Piange tanto per una piccola testata, ma dove le hai
lasciate le
palle, le hai perse per strada?» Detto questo anche lui si
ritrovò a terra
dolorante, questa volta per colpa di un calcio dritto nello stomaco.
«Ma
che cazzo fai
Mana!? Sei impazzito per caso!? Con un calcio co-» non
riuscì a terminare la
frase che un altro colpo lo raggiunse.
«Sei
troppo scurrile
Allen, lo sai che non lo sopporto.»
«Ahahah,
Allen le ha
prese dal fratellone! Vai così, Mana!» Neah si era
miracolosamente ripreso alla
vista delle botte date ad Allen, e se la rideva a vederlo a terra in
agonia.
«Allora
mammoletta, chi
è la schiappa adesso?»
«Sempre
tu» Allen, con
una mossa fulminea, centrò Neah in mezzo alle gambe,
facendolo sbiancare.
«Sei
morto.»
«Tu
credi?»
«Ne
sono più che
sicuro.»
«Forza
allora, ti
aspetto!»
«Basta!
Ma perché mi
devo ritrovare con due idioti simili che passano il loro tempo a
insultarsi e
picchiarsi!?» Mana afferrò entrambi per il collo e
fece scontrare le loro
teste, facendogli colare un po’ di sangue dalla fronte.
«Ahah,
guarda come ti
si addice, tale sangue tale capelli, rossiccio.(*)»
«Tu
sei proprio
l’ultimo che dovrebbe parlare, braccio deforme.»
Tra gli sguardi dei due si
potevano vedere le scintille di rabbia pronte ad esplodere.
«Mana!
Neah! Allen!» Qualcuno
spalancò la porta del sontuoso salotto dove i tre avevano
tenuto il loro solito
teatrino fino a quel momento, pronunciando i loro nomi con voce
cristallina.
«Che
state facendo
ragazzi?» La ragazza che era entrata, che dimostrava si e no
18 anni, li guardò
con i suoi grandi occhi dorati pieni di curiosità.
«Niente
di che, stavamo
solo giocando a carte, vuoi fare una partita?» Neah si
sistemò in fretta i
rossi e scuri capelli disordinati per affiancare la ragazza dai lunghi
capelli
blu-viola.
«Giocare
con Neah è
inutile, lo sai che è scarso, gioca con me piuttosto, sono
un insegnante
perfetto per una lady come te.» Allen si mise di fronte a lei
inchinandosi
leggermente e porgendole la mano, come un vero gentelman.
«Lasciali
perdere Road,
non stare ad ascoltarli. È successo qualcosa che sei venuta
a chiamarci?» Mana,
con il suo fare elegante, allontanò Road dai due ragazzi
portandola a sedere al
centro del grande divano, ed i due fecero a gara per prendere posto
accanto a
lei dall’altro lato. Fu Neah a vincere in questo caso,
così Allen fu costretto
a sedersi sul tavolo di fronte.
«Niente
di che, mi
stavo annoiando così sono venuta a cercare voi nella
speranza di divertirmi un
po’ e» disse tirando il laccetto che stringeva in
una coda i castani capelli di
Mana «per prendere questo. Non trovo più il mio e
sapevo che tu di certo ne
avresti avuto uno da prestarmi.» Road ridacchiò e
con una semplice mossa si
legò i capelli in un’alta coda.
«In
realtà quello
servirebbe a me, non puoi rubarlo ad Allen?»
«Assolutamente
no!
Allen sta magnificamente con capelli legati!»
«Ma
grazie Road, il tuo
complimento mi rende davvero felice.» Allen sorrise mentre
guardava trionfante
Neah, che nel frattempo era caduto in uno stato depressivo.
«Di
niente Allen.
Allora, che si fa? Mi portate a fare shopping?»
«Lo
sai che non
possiamo, se ci becca siamo fregati. Già il fatto che io ed
Allen possiamo
stare con voi è un miracolo.» Mana
guardò a terra, con lo sguardo un po’ triste
ed un sorriso mesto. Allen lo imitò, volgendo
però lo sguardo ad un angolo della
stanza.
«Ehddai
voi due, perché
dovete sempre fare così? Lo sapete che per noi non
è un problema.»
«Lo
è per noi infatti.»
Allen, con un po’ di rabbia, fissò con i suoi
occhi argentei quelli dorati di
Neah. «Voi siete Noah, noi semplici umani. È
sbagliato di principio stare con
voi, abbiamo detto addio a tutto, per nostra scelta ovviamente, ma non
basta
per non farci patire la situazione.»
Neah
fissò i due,
mentre Road, con occhi bassi, giocava con il piccolo golem dorato
creato da
lui. Riteneva che il tutto fosse semplicemente assurdo: lui e Mana
erano
fratelli, fratelli di sangue, non adottivi, per cui venivano dalla
stessa
famiglia. Proprio per questo non riusciva a spiegarsi perché
lui era un Noah
mentre Mana no. Il Conte gli aveva spiegato che non era obbligatorio
che membri
della stessa famiglia fossero Noah, altrimenti in tutto il mondo ci
sarebbero,
ma ciò non toglieva l’ingiustizia di essere stati
divisi a quel modo.
E
poi c’era Allen.
Quello sì che era strano. Era stato cresciuto dalla madre di
Neah e Mana come
se fosse figlio suo perché aveva perso i genitori, uccisi
dagli Akuma. Non lo
era diventato lui stesso per un fattore non da poco: ironia della
sorte, i
genitori erano Esorcisti. Di tipo parassita. Allen era nato
all’interno dell’ordine
ovviamente, ma visto che la madre si rifiutava di farlo crescere ed
usare come
cavia dall’Ordine, un giorno lo prese con sé e
fuggì. Lo lasciò in aperta
campagna, affidandolo ad una donna che neanche conosceva, spiegandole
il perché
del suo gesto prima di sparire. Sapeva che se fosse tornata indietro
l’Ordine
l’avrebbe considerata un’eretica ed una traditrice,
costringendola a rivelare
dove si trovava il figlio, quindi fuggì il più
lontano possibile, trovando la
morte ad attenderla lungo la strada per mano delle marionette del
Conte, che
uccisero anche il padre che per puro caso l’aveva ritrovata.
Tutto ciò i tre
ragazzi l’avevano scoperto per mano della donna che ormai era
una madre anche
per Allen. Aveva deciso di raccontare la verità ai tre per
il semplice fatto
che non vedeva motivo per nasconderla.
Fu
qualche anno dopo
questa scoperta che accadde: in Neah si risvegliarono le memory del
Noah e per
qualche strana ragione non uccise né la madre né
Mana ed Allen. Semplicemente
sparì per un lungo periodo, per poi tornare chiedendo ai due
e alla madre se
volevano seguirlo all’interno dell’Arca. Ancora
oggi non sapeva spiegarsi il
perché, ma i due accettarono, ed abbandonando la loro vita
da umani entrarono a
far parte della famiglia Noah. La madre invece restò
indietro, non volendo
prendere le parti di nessuno in quella guerra. In realtà
Neah si aspettava più
resistenza da parte di Allen visto che era il Conte il costruttore
degli Akuma
e quindi in parte responsabile della morte dei genitori, ma lui disse
semplicemente «Io sono solo biologicamente figlio di quei due
esorcisti, ma non
ne conosco il nome, l’aspetto o il carattere. Per quel che ne
so potrebbero
essere stati due esseri spregevoli, o al contrario i genitori migliori
al mondo.
Ma per me sono degli sconosciuti, solo due figure passate. La mia
famiglia
siete voi, ed è con voi che voglio restare.»
Era
difficile capire
anche perché il Conte avesse accettato quei due umani, ma
Neah era felice così,
quindi non si poneva troppi problemi. Gli altri Noah non avevano preso
molto
bene la notizia di avere due umani a caso che giravano per
l’arca, ma ci fecero
presto l’abitudine. L’unica che non ebbe alcun
problema ad accettare i nuovi arrivati
fu Road, che anzi adorò sin da subito quei due. Fu proprio
lei a rompere il
silenzio calato fra loro.
«Dai
ragazzi,
smettetela di tenere il broncio! Sono qui per divertirmi, mica per
vedere i
vostri musi tristi. Quindi ora mi portate a fare shopping, al Conte non
interesserà, e se il problema sono questi» disse
indicando le stigmate e gli
occhi dorati «basta un gesto e via, ecco una bellissima
ragazza umana!» E
passandosi la mano davanti al volto la fronte non mostrò
più i segni distintivi
dei Noah, e gli occhi assunsero una tonalità viola scuro.
Neah fece lo stesso,
e sorridendo ad Allen e Mana fece sparire stigmate e occhi dorati.
«Sapete
che essere
nella nostra famiglia non vuol dire per forza abbandonare la propria
vita da
umani. Potete andare a trovare i vostri cari in qualunque momento,
nessuno vi
costringe a stare qui con noi tutto il tempo. Certo, non potete
più tornare
alla vostra vita di sempre, abbandonare noi, ormai siete dei Noah, ma
non credo
sia un male, no? Non vi piace la nostra famiglia?» chiese
Road stringendo la
mano di Mana e guardando, con il viso leggermente inclinato, il volto
di Allen.
Lui
la guardò un attimo
e sbiancò. Iniziò ad urlare e a stringersi forte
la testa, in preda ad un
dolore lancinante. Nella sua mente stavano apparendo un mucchio di
ricordi che
non avevano un senso, o almeno, non riusciva a trovargli un senso, ma
capiva
che dovevano essere importanti in qualche modo, perché il
suo cuore era stretto
in una morsa d’angoscia. Come dei flash nella sua mente
apparvero varie persone
dai volti confusi: un ragazzo con i capelli rossi ed una benda su un
occhio, un
altro dai lunghi capelli neri, una ragazza dai capelli neri con
riflessi verde
scuro, un uomo dai folti lunghi e rossi capelli per cui
sentì una strana
sensazione di disagio mista ad affetto. Vide moltissime persone vestite
di nero
ed altre di bianco, altre ancora con un camice da scienziato. Poi ci fu
un
flash più lungo, dove lui assisteva da spettatore ad una
scena che vedeva
protagonisti due ragazzini pieni di ferite. Ad un certo punto un volto
solo si
fece più chiaro rispetto a tutto il resto: il viso di una
ragazzina dai capelli
blu-viola, le stigmate sulla fronte e occhi dorati che guardavano con
dolcezza
il ragazzo davanti a lei. Quella era Road, solo poco più
giovane, e lui, quel
ragazzo, dai capelli stranamente bianchi, era ciò che
più faceva impazzire
Allen, perché non capiva: era come se Road guardasse sia lui
che il ragazzo dai
capelli bianchi contemporaneamente.
Era
a terra, respirava
a fatica, il cuore a mille, e a malapena sentiva la voce di Road, Neah
e Mana
attorno a lui, quasi fossero lontani chilometri e chilometri. Ad un
certo punto
vide il piccolo golem dorato ingrandirsi, ma prese anche quella come
una
sorta di
allucinazione, perché nessuno
sembrava averci fatto caso a parte lui. Il golem si alzò in
volo e fece
qualcosa che lo sconvolse: inghiottì lui e Road, che si
trovava di fronte a
lui. Tutto attorno a loro tacque e Road lo abbracciò con
forza.
«Tutto
bene, Allen?!»
Il ragazzo continuava ad essere schiacciato da quella strana
sensazione, ma le
immagini si stavano dissolvendo, pian piano tutti quei volti sparirono,
così
come erano arrivate quelle persone sparirono dalla sua mente, senza
lasciare
traccia.
«È
tutto apposto,
ormai.» Road continuava a tenerlo stretto per calmare i suoi
tremori. «È ancora
troppo presto per ricordare, aspetta ancora un po’,
altrimenti rovini il mio
regalo» disse la ragazza guardandolo dolcemente.
«Che
stai dicendo Road?
Che cos-» Lei lo zittì poggiandogli un dito sulle
labbra e con un ultimo
sorriso gli coprì gli occhi con una mano, mormorando parole
incomprensibili.
Allen non capì, si sentì solo avvolgere da
qualcosa di caldo, poi la sua
coscienza lo abbandonò.
Allen
si svegliò
all’improvviso. Si trovava nella sua stanza e notò
immediatamente Road sdraiata
accanto a lui, mentre Mana e Neah erano seduti l’uno accanto
all’altro contro
il muro, anch’essi addormentati. Si alzò piano per
evitare di svegliare tutti
loro e si diresse verso il bagno per rinfrescarsi un po’.
Dopo essersi
sciacquato con dell’acqua gelata si guardò allo
specchio e notò qualcosa di
strano nel suo riflesso: gli sembrava che i capelli fossero
più chiari e sotto
l’occhio sinistro gli pareva di scorgere un chiarissimo
segno, come una
cicatrice. Avvicinò la mano sinistra all’occhio
per sentire se ci fosse
qualcosa ed allora notò qualcosa di strano anche li: al
centro della sua mano
vedeva qualcosa che somigliava al disegno di una croce che emetteva un
lieve
brillio.
«Ma
che diamine-»
«Allen!»
Il ragazzo si
voltò di scatto e vide Road sul ciglio della porta che lo
guardava con occhi
strani, quasi… rassegnati. Era come se avesse visto qualcosa
che le aveva fatto
perdere le speranze, in cosa non si sapeva.
«Ehi
Road, che c’è?»
«Ti
pare il caso di
chiedere a me “che c’è”?
Qualche ora fa sei svenuto in preda a dolori
lancinanti e chiedi a me cosa succede? Non dovresti spiegarmelo
tu?» Ogni
traccia di quella rassegnazione era sparita dallo sguardo della
ragazza, che
ora lo guardava con un po’ di stizza e molta preoccupazione.
«Scusami
Road. In
realtà non so nemmeno io cosa mi sia successo. Ad un certo
punto ho sentito un
forte mal di testa, ma oltre a questo non so che dirti. Mi dispiace
averti
fatta preoccupare.»
«E
a noi non ci pensi,
ingrato?» Mana e Neah, che da bravi fratelli
qual’erano si spintonarono per chi
arrivasse per primo da Allen, caddero lunghi distesi sul pavimento,
evitando
per miracolo di portare Road con loro. Si rialzarono come se niente
fosse e
raggiunsero Allen, che li guardava sconcertato riflessi nello specchio.
I due
gli si affiancarono e guardarono il loro riflesso, ed era
così che apparivano:
tre ragazzi in camicia, tra i 20 ed i 25 anni. Quello a sinistra era il
più
vecchio, Mana, che aveva ancora i capelli scuri sciolti sulle spalle.
Al centro
il più piccolo, Allen, che guardava con divertimento i due
che lo affiancavano.
A destra Neah, quello di mezzo, con i suoi capelli rosso scuro sempre
in
disordine che rispecchiavano la sua indole agitata e ribelle.
«Sembrate
davvero tre
fratelli» disse Road guardando il loro riflesso.
«Ovvio,
è quello che
siamo!» esclamò con gioia Mana.
«Tre
fratelli idioti
che si vogliono bene, giusto,
“fratellino”?» chiese Neah ad Allen, che
scoppiò
a ridere a quella scena così surreale.
«Sì,
tre fratelli, uno
più idiota dell’altro, e se non fosse chiaro
quello messo peggio sei tu Neah,
che si vogliono bene da bravi fratelli.»
«Quello
messo peggio
eh?»
«Ovvio,
e sotto molti
aspetti. Mana ti batte in intelligenza, io in bellezza, quindi sei
proprio giù
in graduatoria.»
«Concordo
sul fatto che
Mana sia il più intelligente, ma tu il più bello?
Non credo proprio! Tu sei
solo un bamboccio, vedi di abbassare la cresta!»
«Sempre
a litigare voi
due, sembrate due adolescenti!»
«Come
scusa!?»
gridarono in coro le due adolescenti Neah ed Allen.
«Ahahahahahahahahahahah!!!»
I tre ragazzi si girarono di scatto e videro Road in preda ad un
attacco di
risa, con tanto di lacrime agli occhi.
«Ehi
Road, non ridere
così!»
«Giusto,
non prenderci
in giro!»
«Almeno
tu sii più
matura di ‘sti due, non far scendere il loro livello di
maturità mentale ancora
più del dovuto!»
«Scusate,
scusate, è
che fate davvero ridere. Due secondi prima tutti tristi, poi vi
comportate come
un terzetto perfetto, e subito dopo prendete ad insultarvi! Io proprio
non vi
capisco, voi tre non state mica bene!» Road li
guardò molto divertita mentre i
tre iniziavano a ridere di loro stessi. All’improvviso si
alzò e gli saltò
addosso, facendoli ritrovare a terra per l’ennesima volta.
«Ahhh,
quanto mi piace
stare così con voi. Vorrei che continuasse sempre
così, vorrei vivere
tranquilla e felice con i miei fratelli per sempre!»
«Fratelli?»
Neah ed
Allen furono colti dalla depressione: entrambi erano parecchio cotti di
Road,
altro che fratelli. Ma Road non voleva, ed allora si limitavano ad
osservare da
lontano quella bellissima ragazza dai lunghi capelli scuri ed i grandi
occhi viola,
donandole l’affetto che solo dei fratelli potevano donare. E
Mana si limitava a
stringere a sé i suoi adorati fratellini e quella bella ed
irraggiungibile
ragazza, proteggendoli da bravo fratello maggiore.
«Road-sama! Neah-sama! Mana-sama! Allen-sama!»
Il dolce
quadretto fu interrotto da una voce stridula che li chiamava a gran
voce.
«Uhrg,
questo è Lero.» Mormorarono
in coro i quattro, pronti a ricevere la visita di
quell’insopportabile ombrello
parlante.
«Vostra
signoria, dove
siet-! Road-sama, cosa fate sdraiata sui suoi fratelli~lero?!»
«Niente,
stavamo
pensando di organizzare un’org-!» la frase che Neah
aveva intenzione di portare
a termine fu prontamente interrotta dalle mani di Allen e Mana, che gli
tapparono con forza e violenza la bocca. Road ridacchiò
divertita e si sollevò
da terra.
«Che
vuoi Lero?»
«Sua
signoria il Conte
dice che dovreste iniziare a prepararvi per la festa di stasera~lero,
si è fatto tardi
e siete ancora qui a giocare~lero»
«Che
noioso che sei
Lero. Vabbeh, io vado, ci vediamo dopo ok? Preparatevi anche voi,
voglio che
tutti guardino noi alla festa. Bye~»
e così dicendo se ne andò, lasciando i tre ancora
seduti sul
pavimento del bagno.
«Uff,
che noia ‘ste
feste, sono tutte uguali, tutte mirati ad accoppiarmi con una di buona
famiglia
per estendere il potere della famiglia Noah.»
«Povero
Neah, ha a
disposizione tutte le donne che vuole e si lamenta pure!»
«Guarda
che non è mica
divertente essere visto da tutti solo come un profitto vivente. La
maggior
parte delle ragazze a queste feste mi vuole solo per farsi soldi. Non
che non
mi piacciono certe attenzioni, ma alla lunga stufa. Ma che te lo dico a
fare,
il mio fratellino che può capirne di donne?»
«Tra
un attimo te le
prendi, voglio vedere se continui ad essere un buon partito anche con
il visino
tutto rovinato.»
«Ohoh,
ti ho colpito
sul vivo eh? Tanto è inutile che fai lo sbruffone, non hai
mai avuto a che fare
con una donna e mai accadrà.»
«Tu
credi? Ed allora
Lenalee come me la spieghi? Mi pare più che ovvio
che…?» Non servì aspettare
che Mana o Neah gli dicessero qualcosa, se n’era reso conto
da solo di aver
detto una cosa senza senso. Il mal di testa che lo aveva colpito
qualche ora
prima si fece sentire nuovamente, ed Allen stava per avere un altro
attacco se
non fosse stato per l’intervento del piccolo golem dorato,
che morse il ragazzo
con tutte le sue forze, quasi a staccargli la carne.
«Ma
sei impazzito
stupido golem!? Vuoi staccarmi le dita per caso!? Neah, vedi di tenere
a bada
le tue stupide invenzioni!»
«Susu,
non sgridare il
piccolo Tim!»
«Tim?»
«Timcampy.
È il suo
nome, me l’ha consigliato Road, dice che è il nome
di una marca di gioielli.»
«Allora
piacere
Timcampy,» disse Allen sorridendo malvagio «sappi
che se provi ancora a
mordermi ti riduco in tanti piccoli frammenti, chiaro?» Il
golem annuì con foga
e volò via in fretta.
«Povero
il mio golem!»
«Quello
attenta alla
mia vita e ti preoccupi per lui? Stronzo di un-!» Allen si
girò verso Mana
avvertendo il suo sguardo omicida puntato alla schiena.
«Cosa
stavi dicendo
scusa?»
«Niente!
Assolutamente
niente, non preoccuparti!»
«Sarà
meglio. Ora a
prepararsi, bamboccio, altrimenti chi lo sente più il
Conte!»
«Subito!»
Allen corse
nella propria stanza, mentre lanciava imprecazioni al piccolo golem che
gli svolazzava
intorno.
«Pensi
che sia giusto?
Per lui intendo. Si trova bene qui.»
«È
proprio per lui che
lo stiamo facendo. Dobbiamo liberarlo da tutto questo. Dobbiamo salvare
il nostro
fratellino.»
Mana
e Neah ascoltarono
la voce di Allen che arrivava in lontananza, e con un sorriso mesto
andarono a
prepararsi per la serata.
(*) Nella
stragrande
maggioranza di fanart si vede Neah con i capelli castano scuro, ma
sulla wikia
di D.Gray ho letto che dal romanzo si capisce che ha i capelli rossi,
quindi
per far andare incontro le due cose ho optato per un rosso scuro. Per
Mana ed
Allen invece ho seguito fedelmente le varie art: castano scuro per Mana
e
chiaro per Allen, ovvero il colore che assumono i suoi capelli quando
il 14th
prende il sopravvento.