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Autore: Emily Alexandre    25/12/2013    2 recensioni
The Christmas Season si situa pochi mesi dopo la fine della mia mini-long "The Season", ma può essere letta anche se non si conosce la storia madre. Siamo nell'Inghilterra del 1814, in piena epoca regency, la sera della vigilia di Natale a casa della famiglia Palmerston. Tutto sembra essere perfetto, eppure una nube all'orizzonte rende quella sera meno luminosa di quanto sarebbe potuta essere.
"La prima cosa che Arthur percepì non appena entrato a casa dello zio fu l'odore pungente del pino che troneggiava nel grande salone decorato a festa. Era stata Emma ad insistere per averlo, dopo aver udito i racconti di Sir Rowley qualche mese prima, di ritorno dalla Germania; l'Albero di Natale, lo chiamavano, e veniva addobbato per le feste natalizie con nastri, dolciumi e regali. Non era una tradizione totalmente sconosciuta in Inghilterra, ma era ben lontana da essere un'usanza consolidata.
Emma, però, l'aveva trovata un'idea adorabilmente romantica e, come sempre, nessuno era stato in grado di negarle alcunché.
L’avrebbero decorato dopo la cena della Vigilia di Natale che la signora Palmerston aveva organizzato per la famiglia e gli amici più stretti."
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Quest'anno il mio regalo di Natale arriva un po' in ritardo, ma ci tenevo moltissimo a dare la luce a questa breve one shot, seguito della mini-long The Season, ma leggibile anche senza aver previamente letto la storia "madre". Siamo a casa dei Palmerston il 24 dicembre del 1814, è la vigilia di Natale e la più giovane delle sorelle Palmerston ha insistito per avere un abete da decorare. La tradizione dell'albero di Natale in Inghilterra fu introdotta dal marito della regina Vittoria, quindi in un epoca successiva, ma non era un'usanza sconosciuta, poichè era già una tradizione in altri paesi, da cui ho immaginato Emma avesse preso l'idea. Per chiunque volesse, mi trovate nel gruppo facebook (Dove sarò felice di accettarvi se vorrete; è un angolo di chiacchiere, più che altro, oltre che di spoiler e gossip sulle mie storie), nel blog (Dedicato prettamente agli spoiler) e, per non farci mancare nulla, nella pagina facebook.
Il font, anche questa volta, è il Courier New che mi ricorda moltissimo le stampe dei libri di quel periodo. 
Detto ciò, buona lettura e felice Natale a tutti!
[colonna sonora]

 

Sono la creatura più felice dell'universo. Forse altri lo hanno detto prima di me, ma nessuno con tanta ragione [Orgoglio e Pregiudizio]

 


 

A Camilla, sempre, e a chi finalmente riabbraccerò tra poco.

 

La prima cosa che Arthur percepì non appena entrato a casa dello zio fu l'odore pungente del pino che troneggiava nel grande salone decorato a festa. Era stata Emma ad insistere per averlo, dopo aver udito i racconti di Sir Rowley qualche mese prima, di ritorno dalla Germania; l'Albero di Natale, lo chiamavano, e veniva addobbato per le feste natalizie con nastri, dolciumi e regali. Non era una tradizione totalmente sconosciuta in Inghilterra, ma era ben lontana da essere un'usanza consolidata.
Emma, però, l'aveva trovata un'idea adorabilmente romantica e, come sempre, nessuno era stato in grado di negarle alcunché.
L’avrebbero decorato dopo la cena della Vigilia di Natale che la signora Palmerston aveva organizzato per la famiglia e gli amici più stretti: sarebbero stati presenti Sir Oscar e Miss Natalie Rowley, ovviamente, dal momento che il marzo successivo la più grande delle sorelle Palmerston avrebbe mutato cognome e status sociale, e poi Sir e Lady Astor insieme al figlio Trevon, ma non Annabeth, bloccata nella residenza del marito nel Kent da una gravidanza appena iniziata che rendeva sconsigliabile viaggiare con il freddo e la neve.
Quella gravidanza era il cruccio di Claire Palmerston: tra le due donne, nate a pochi mesi di distanza dalle due famiglie più ricche di Maidenhead, era sempre esistita una rivalità che neppure i sorrisi di circostanza riuscivano a celare. A lungo si erano contese Lord Matthew Gordon, che a fine agosto aveva reso Miss Astor contessa di Cecil; se, però, Annabeth aveva ottenuto il titolo, Claire avrebbe avuto a disposizione, in pochi mesi, un patrimonio di gran lunga maggiore e, da quando Rowley aveva ottenuto il baronato, anche il titolo di Lady. Cionondimeno, Annabeth si era maritata prima ed era riuscita a concepire subito un figlio. La segreta speranza di Claire, da quanto gli aveva raccontato divertita Emma, era che partorisse una femmina e che lei, al contrario, desse a Oscar un maschio ed erede come primo figlio.
Misteri di donne, che il povero Arthur non avrebbe mai compreso.
L’unico cruccio di quell’altrimenti perfetta Vigilia era l’assenza del Colonnello Lennox, partito due settimane prima per la Scozia a causa di problemi familiari e di cui, forse, la neve avrebbero ritardato il rientro: Eve, la mezzana tra le sorelle Palmerston, nonché Mrs. Lennox da poco, non voleva rassegnarsi all’idea e, dopotutto, nessuno poteva darle torto.
 
-Sei arrivato, finalmente. Ci sono troppe donne qui.
 
La voce dello zio lo raggiunse dal suo salotto privato e Arthur lo raggiunse, sfuggendo felicemente alla febbrile attività di sistemazione della sala da pranzo. Agrifoglio e vischio erano ovunque, e candele e decorazioni natalizie in vetro e ceramica: non vi era stata rimasta indenne a quella ventata natalizia.
-Onestamente, considerando il tempo che trascorri qui, mi chiedo se sia proprio necessario che alloggi in albergo.
 
A Maidenhead, Arthur viveva nella villa di famiglia, di cui era l’erede avendo Sir Palmerston solo figlie femmine, ma a Londra, per la Stagione, aveva preferito sistemarsi in una pensione, almeno per salvare le apparenze.
Da quando aveva dichiarato pubblicamente la propria intenzione ad impegnarsi nei confronti di sua cugina Emma, Lady Palmerston non riteneva consono che vivessero sotto lo stesso tetto in uno spazio così limitato come la villa londinese e Arthur aveva acconsentito di buon grado; amava la cugina ed era sicuro delle proprie intenzioni, ma lei era una fanciulla che aveva debuttato solo la stagione precedente e, nonostante si professasse certa del suo amore, Arthur non voleva legarla a sé troppo presto. Voleva sposarla, certo, e vivere per sempre felici e contenti come in tutte le favole che si rispettino, ma desiderava che lei fosse sicura. Avevano raggiunto un compromesso: Emma si sarebbe goduta quella seconda stagione mondana senza alcun impegno ufficiale e se il giugno seguente, prima di tornare a Maidenhead, i suoi sentimenti non fossero mutati si sarebbero fidanzati.
 
-Non so voi, zio, ma io ho smesso di comprendere le decisioni delle donne.
 
Sir Palmerston rise di cuore: una moglie e tre figlie femmine lo avevano temprato negli anni.
 
-Ancora nessuna notizia dal Colonnello?
 
-Temo di no. Eve è molto afflitta, anche se cerca di non mostrarlo: è il loro primo Natale insieme. Ricordo che io e Lady Palmerston desideravamo così tanto trascorrerlo senza estranei che fingemmo di avere un’influenza contagiosa e declinammo ogni invito fino alla notte di San Silvestro.
 
-E dopo voi vi ammalaste davvero.
 
La voce della signora li fece voltare entrambi verso l’entrata e Arthur notò una volta di più come fosse cambiata nell’ultimo anno: qualche mese prima era una madre nervosa e preoccupata, ma da quando Eve si era sposata e Claire fidanzata era visibilmente più rilassata. Aveva tre figlie e nessun maschio e il suo più grande cruccio era cosa sarebbe accaduto di loro se e quando Sir Palmerston fosse morto: Arthur, in quanto figlio della sorella, era l’erede e, nonostante avessero tentato di accoppiarlo con Claire sin da bambini, era apparso subito chiaro come fosse un’unione destinata a fallire.
Due figlie, però, erano uscite di casa e si erano sistemate in maniera ottima ed Emma, la piccola, si era imprevedibilmente innamorata del cugino; d’altro canto, anche se uno dei due avesse cambiato idea, bella com’era non sarebbe rimasta sola a lungo.
Quel colpo di fulmine aveva spiazzato tutti, tanto più che Arthur, dopo anni di lontananza, il giugno precedente era tornato a Londra con una fidanzata e in procinto di sposarsi, ma la donna si era rivelata un’impostora: fortunatamente l’inganno e la sua vera identità erano stati svelati prima delle nozze.
Seppur ferito nell’orgoglio, Arthur ne era stato sollevato: l’aver rivisto la cugina, non più bambina ma ormai una giovane donna, l’aveva profondamente scosso.
 
-Non so davvero perché Emma si sia ostinata così tanto con l’albero: ingombra e sporca.
 
Sir Palmerston le sorrise, servendole il thè, -Perché è Emma, mia cara. Sarà bello decorarlo tutti insieme stasera.
 
La ragazza aveva confezionato decori e fiocchi, ma per il tocco finale aveva chiesto a tutti di portare qualcosa di speciale da appendere, come ringraziamento per l’angolo trascorso; un pensiero così tanto da lei che ad Arthur si stringeva il cuore solo a pensarci. Dopotutto, lui aveva molto per cui rendere grazie.
Nella sua tasca, il dono speciale era già pronto per il grande albero.
 
Al piano superiore, Eve Lennox osservava la neve che cadeva all’esterno, silenziosa e candida: l’aveva sempre adorata, ma in quel momento non riusciva ad apprezzarla. Aveva atteso trepidante quel Natale, al punto da contare i giorni che lo separavano da esso sin dal mese prima, e neppure quando delle questioni familiari avevano reclamato la presenza del Colonnello in Scozia, il suo entusiasmo era venuto meno.
Giunti al 24 dicembre senza avere notizie, però, tutta la felicità era sfumata per lasciare spazio alla tristezza; non che lo mostrasse pubblicamente, la più bella e pacata delle sorelle Palmerston, ma al contempo non riusciva a nasconderlo totalmente. Lo avrebbe atteso, certo, lo avrebbe atteso fino a che non lo avesse visto varcare la soglia della casa di famiglia o quella, ancor più cara, dell’appartamento che le aveva donato il giorno delle nozze, ma la notizia non sarebbe stata tinta della stessa magia: aveva bisogno di esternarla e la notte della Vigilia le era sembrata la cornice perfetta.
 
Quando bussarono alla porta e qualcuno entrò senza attendere risposta, Eve sapeva di chi si trattava: Claire ed Emma erano giunte a consolare la sorella, consapevoli del suo stato d’animo. Nonostante i caratteri differenti, loro tre erano sempre state molto unite e sapere che la più mite tra di loro, quella che aveva sempre portato serenità e allegria, stesse soffrendo, rendeva quel natale meno perfetto di quanto sarebbe potuto essere. Claire si accomodò sul divano mentre Emma conquistò il vano della finestra.
 
-Hai bisogno di aiuto con i capelli, mia cara?
 
Eve scosse il capo e sorrise alla sorella maggiore. –Sono in ordine.
 
-Con il trucco, allora?
 
-Mie care, vi ringrazio per quello che state facendo, ma non è necessario. Sono pronta per la cena e vi parteciperò senza alcun problema. Il Colonnello arriverà, ne son sicura.
 
Si sforzò di sorridere, benché non lo fosse affatto, ma quella cena era molto importante per tutti loro e non sarebbe stata certo lei a rovinarla: Claire era finalmente serena da quando la spinosa questione del suo matrimonio, e quindi del suo futuro, si era sistemata, ed Emma era il ritratto della felicità ogni volta che Arthur era nei paraggi. Era il Natale più bello di cui avesse memoria, in casa Palmerston.
 
 
Alle sette la ristretta cerchia di invitati si ritrovò riunita attorno ad un tavolo colmo di prelibatezze di ogni genere e fu solo a fatica che, alla fine, gli uomini si allontanarono per sigari e brandy, più propensi al riposo che al gioco. Le donne, d’altro canto, chiacchierando allegramente decisero che le carte avrebbero fatto loro compagnia fino alle undici e così Eve poté ritagliarsi un po’ di tempo per sé, limitandosi ad annuire alle chiacchiere di Miss Rowley, che non necessitava di un’ascoltatrice attenta per tessere le lodi dello spasimante che, per parte sua, già pregustava quando, il giorno seguente, sarebbe andato ad augurare un felice Natale alla sua amante, Mrs. Virginia Lieven.
 
-Mia cara, aspetteremo domani per decorare l’albero: per allora sono sicura che il Colonnello sarà con noi.
 
Eve si voltò verso la sorella minore e le accarezzò la guancia, guardandola con affetto. –Assolutamente no, mia dolce Emma: lo faremo questa sera, come programmato, ma se sarai d’accordo mio marito ed io lo decoreremo quando lui sarà qui.
 
A quelle parole, seppur leggermente titubante, Emma andò a chiamare gli uomini e tutti si raccolsero attorno all’albero, passandosi fiocchi e palline colorate da appendere e accendendo candele in tutto il salone; era quasi mezzanotte quando tutto fu perfetto.
 
-È il momento dei singoli doni.- esclamò Emma, felice. –Prima gli ospiti?
 
Gli Astor e i Rowley annuirono sorridenti e poggiarono i propri oggetti sull’abete, finché non fu il turno di Arthur, che estrasse una chiave dalla tasca.
 
-La chiave del tuo cuore, Browning?- lo canzonò Mr. Astor.
 
-Quasi. Questa chiave apre la villa degli Hamish.- disse semplicemente, rivolto ad Emma. –Non è un incentivo, badate bene: se al termine della Stagione deciderete di sposarmi, sarà il mio dono di nozze, ma in caso contrario vostro padre si è detto ben felice di acquistarla da me e renderla parte della vostra dote. Qualsiasi cosa decidiate, mia cara, la villa è vostra.
 
Emma prese la chiave con mani tremanti: era la villa che aveva popolato di sogni la sua infanzia, così bella e intrisa di mistero, dal momento che gli Hamish, i vecchi proprietari, non ricevevano mai visite e tenevano sempre le finestre chiuse con spessi tendaggi.
 
-Quando le porte di una casa vengono tenute sempre chiuse, alimentando le storie attorno ad essa, bisognerebbe premurarsi di rendere l’interno effettivamente fiabesco.- commentò Mr. Astor, ricordando la frase che Emma aveva pronunciato quando, prima che Arthur tornasse da New York, aveva accompagnato le sorelle Palmerston a visitarla.
 
-Esattamente!- esclamò l’interessata, poggiando la chiave sull’abete. –Grazie, Arthur. Non so esprimere quanto questo significhi per me. E grazie anche a voi, papà.
 
Sir Palmerston liquidò le parole della figlia con un sorriso. –Ora tocca a vostra madre.
 
Lady Palmerson sfilò un anello dal proprio dito e, aiutandosi con un nastrino, lo appese ad un ramo. –Il regalo di vostro padre,- spiegò alle figlie –per la nascita di Claire. Sapevo che lo aveva comprato, l’avevo visto una volta per caso, ma pensavo che l’avrebbe conservato per la nascita dell’erede; invece, il giorno dopo me lo portò insieme alla colazione servita a letto, dimostrandomi un affetto e una riconoscenza che non mi ero aspettata.
 
-Mi avevate reso padre: maschio o femmina che fosse, ero l’uomo più felice del mondo. Quell’anello non è mai stato abbastanza come ringraziamento, mia cara.
 
Lady Palmerston sorrise al marito: in pubblico, non avrebbero espresso a parole più di quanto non fosse già stato detto, ma entrambi erano consapevoli dei terribili momenti che l’allora Mr. Palmerston aveva vissuto poco prima delle nozze, quando la sua amata sorella, abbandonata all’altare, si era tolta la vita. Solo sua moglie gli aveva impedito di impazzire per il dolore e quello era un debito che non avrebbe mai avuto modo di ripagare davvero.
E quando Sir Palmerston fissò sull’albero il fazzoletto che era appartenuto a sua sorella e che per anni aveva custodito, sapeva che sua moglie ne avrebbe compreso il valore.
 
-Temo che spezzerò un po’ l’atmosfera.- commentò Claire. Non si trovava a suo agio davanti alle esternazioni d’affetto: quei gesti non erano da lei, come gli abbracci o i baci, e questo spesso le aveva valso l’appellativo di donna glaciale, ma non se n’era mai curata. Miss Palmerston amava la sua famiglia, così come era affezionata ad Arthur e ancor più a Sir Rowley, ma era fredda, nei propri affetti, sempre lo sarebbe stata e non se ne vergognava. In questo, il compito Sir Rowley, sarebbe stato il compagno perfetto.
 
Un carnet di ballo profumato alla lavanda, come qualsiasi cosa le appartenesse, fu sistemato su un ramo. –Il primo carnet, quello del mio debutto. È stato il momento in cui ho lasciato la mia fanciullezza alle spalle e in fondo tempo di essere sempre stata più adulta di quanto non avrei dovuto; da debuttante, ho trovato il mio posto nel mondo.
 
-Bene, allora sarò io a fare la sdolcinata. – esclamò Emma, rivolgendo di nascosto alla sorella una linguaccia divertita. -Questa è la bambola di pezza con cui mi esercitavo di nascosto nella danza quando ero ritenuta ancora troppo piccola per prendere lezioni. Quando Arthur lo ha scoperto, si è sostituito ad essa come cavaliere ed è uno dei ricordi più cari che posseggo.
 
Si voltò verso il cugino e i loro sguardi comunicarono tutti i sentimenti a cui le parole non avrebbero reso giustizia, ma prima che questi potesse aggiungere alcunché, bussarono alla porta.
 
Il cuore di Eve fece un balzo e per la prima volta in vita sua abbandonò qualsiasi compostezza, per raggiungere il maggiordomo all’ingresso.
 
-James!
 
Il Colonnello la guardava con gli occhi adoranti di chi finalmente è giunto a casa, e casa non era la villa dei suoceri, ma quella splendida donna che lo aveva ritenuto meritevole d diventare suo marito e condividere con lui il resto della sua vita. James Lennox aveva vissuto la guerra, per anni non aveva avuto una fissa dimora né uno scopo preciso, spezzato dagli orrori visti sul campo di battaglia, ma poi Eve Palmerston era entrata nella sua vita e tutto era andato in ordine. Lei era il suo perfetto complemento.
 
-Ho saltato la cena, Mrs. Lennox, ma ho portato questo per l’albero. Sono ancora in tempo?
 
-Siete in tempo perfetto.- rispose ella, prendendolo sottobraccio e conducendolo in salotto, dove l’uomo appese una piccola riproduzione di aquilone, ricordando il giorno in cui aveva chiesto la mano di Eve ad Hyde Park: la fanciulla lo aveva raggiunto con la sorella, ma Emma si era allontanata, dando loro la giusta riservatezza, con la scusa di osservare la manifestazione di aquiloni.
 
-Dunque, manca solo il mio dono. Sono felice che voi siate finalmente giunto, marito, e felice che la mia famiglia e gli amici più cari possano condividere questo momento con noi.
 
E così dicendo, con le lacrime agli occhi, Eve Lennox estrasse dalla tasca dell’abito due scarpette di neonato che parlarono da sole, riempiendo tutti di indescrivibile gioia.
 
L’orologio suonò la mezzanotte.
 
-Buon Natale a tutti voi.

   
 
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