La vita non è che un singolare intreccio di dolori e piaceri, e purtroppo tutto ciò che noi abbiamo non è che questo. Uno strano ricamo di emozioni e sentimenti.

Ma tu, Helena, cos’hai avuto?

I tuoi giorni sono finiti, sei qui accanto a me mentre con gli altri trasporto la tua bara fuori da questa macabra chiesa.

Tutto è così irreale.

Non eri neanche degna di tutti questi onori, di tutte le lacrime che ora la gente sta versando per te, piccolo fiore reciso ancora acerbo. Ho sempre saputo che non meritavi tutto quello che ricevevi.

Le attenzioni, le belle parole che ogni altra ragazza avrebbe voluto avere le ottenevi tu, che tra tutte eri la meno lodevole, colei che più di ogni altra ne era indegna.

Sì.

La curva perfetta delle tue nere ciglia sormontava un paio di occhi di singolare bellezza, infinitamente profondi nelle loro sfumature di cioccolato nero. Occhi che parlavano senza dover ricorrere alla voce. E la curva del tuo collo era leggera e delicata come quella di un giglio candido, e quelle labbra come bagnate di vino sussurravano richiami ai quali era arduo resistere. Sì, potrei dire che eri una sirena.

Se tu avessi ascoltato ora queste mie parole, te ne saresti compiaciuta. Il fiore delle tue labbra di sarebbe schiuso in quel sorriso soddisfatto che conoscevo bene.

Che ancora mi tormenta nel tuo ricordo.

Cos’eri, Helena? Una donna? Una ragazza? Una bambina?

Non riesco a riconoscerti in nessuna di queste tre definizioni. Perché tu non hai definizione, non l’hai mai avuta. Libera da ogni etichetta? Forse.

Avevi soltanto la tua bellezza. Sconvolgente, sì, una bellezza che tagliava il respiro a chiunque. Ma sotto?

Non c’era che un cuore deformato dalla vanità.

Ed io, stupido, che mi ero innamorato di te, di te soltanto sognavo, immaginavo che le tue mani d’avorio freddo mi carezzassero il volto, fantasticavo sul sapore della tua bocca.

Ma, Helena, la tua bocca non ha più sapore, se non quello di una gelida morta. Le tue labbra diventeranno terra e polvere, cenere e aria, così come le tue mani, delle quali non rimarrà che l’agghiacciante contorno delle ossa.

Se avessi vissuto, Helena… se avessi cercato di indagare un po’ su cosa ci fosse oltre l’essere bella… se ti fossi resa conto di non essere solo quel bellissimo soprammobile che tutti credevano che tu fossi…

…beh, chissà.

Probabilmente saresti rimasta la stessa persona vanitosa e crudele che sei stata. Ma mi piace credere che avresti potuto imparare ad amare.

I peccati che scegliamo di fare sono dettati esclusivamente da noi, sono frutto di ciò che meditiamo nel cuore e nella mente. Evidentemente tu eri questo e nient’altro. Non c’erano motivi per questo tuo modo di essere… semplicemente Helena. La stella del mattino cadde dal cielo come una peccatrice, e così è successo a te.

La pioggia bagna questi gradini di pietra. La tua bara è leggera, come se fosse vuota. Ma ti sento accanto a me, so che ci sei… posso percepirti nonostante tu sia morta. Perché tutto ciò che eri non se n’è andato: sono certo che se ora aprissi la tua cassa, scorgerei ancora quelle fattezze che mi hanno fatto innamorare di te. L’unica cosa che avevi era questa.

Helena.

Come ti ho amata… eppure ora, in questo silenzio surreale, tra la pioggia e le lacrime di chi ti conosceva forse troppo poco, so che non sentirò la tua mancanza. Neanche per un secondo.

{liberamente ispirato a Helena, My Chemical Romance}