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Autore: BJgirl    26/12/2013    2 recensioni
“Questa foto” dici, prendendo in mano la cornice “io credevo che..insomma, credevo che fosse rimasta da qualche parte nel Den… invece l’hai tenuta tu per tutti questi anni… “ sorridi, carezzando il vetro
“Perché l’hai tenuta?” mi chiedi, fissandomi con gli occhi lucidi a causa delle lacrime
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Metto la freccia e svolto a destra.
Percorro il vialetto di ghiaia e arrivo davanti ad un cancello chiuso; è in ferro battuto, parzialmente decorato.  Devo dire che mi piace, nonostante questo genere di cose non siano tra quelle che apprezzo di più.
Parcheggio la macchina al lato del cancello, in modo da non intralciare l’eventuale passaggio di un’altra auto.
Spengo il motore e tiro il freno a mano; alzo il bavero del cappotto e lo abbottono fino al mento, infilo i guanti e afferro il pacchetto che giace sul sedile del passeggero.
 L’incarto non è perfetto;  non sono mai stato bravo ad armeggiare con buste, scotch e fiocchetti  vari, ma la carta rossa che sembra di velluto, così morbida, e la coccarda bianca fanno la loro figura.
Afferro  anche le chiavi della macchina e scendo.
Subito un vento freddo mi travolge, costringendomi a socchiudere gli occhi. Chiudo la macchina, che emette un ‘bip’ che percepisco a malapena a causa del forte rumore del vento. Mi affretto a raggiungere il cancello e premo il bottoncino accanto al tuo nome, ormai sbiadito.
“Chi è?” La tua voce risuona quasi metallica, eppure riesco a percepirne il calore ugualmente.
“Io” rispondo, sorridendo senza nemmeno accorgermene.
Sento una risata mal trattenuta e non posso fare a meno di ridere anche io.
Quasi corro verso il portone non appena si apre il cancello; è davvero assurdo questo freddo.
Percorro un vialetto fatto di pietre che divide il grande giardino; salgo i tre gradini che mi separano dal portone e mi aggiusto di nuovo il cappotto, nella speranza di diminuire gli spifferi che mi arrivano sul collo.
Mentre sto imprecando contro il colletto che non sembra avere alcuna intenzione di collaborare si apre il portone.
“Ma una sciarpa mai?” Ti appoggi al lato della porta, con le braccia incrociate sul petto, guardandomi divertito.
“Lo sai che sono allergico alle sciarpe. Mi fai entrare o mi vuoi far morire?” Chiedo, cercando di sembrare meno divertito di quanto sia in realtà.
“Non sarebbe male come idea” sorridi e ti sposti, facendomi spazio. “Prego, accomodati”
“Grazie” dico sinceramente, superandoti e beandomi del calore che mi avvolge appena metto piede in casa.
Chiudi la porta alle mie spalle e con un paio di passi mi raggiungi.
“Vieni, andiamo in salotto. Ho accesso il fuoco, puoi sederti di fronte al camino, così ti scaldi prima”. Ti avvii facendomi strada, come se non la conoscessi perfettamente. Indossi un maglione color panna, un paio di jeans stretti e le solite converse nere. E ti sta tutto benissimo, come sempre.
Stringo con attenzione il pacchetto in mano, non vorrei cadesse. Percorriamo il corridoio bianco, abbellito solo da qualche quadro, illuminato da una calda luce che tende al giallo. Arriviamo in salotto e resto un po’ sorpreso. Mi avevi detto di aver fatto dei cambiamenti, ma a me sembra tutto come prima.
Stesso color panna sulle pareti, stesso divano di pelle nera, stesso tavolinetto di cristallo, stesso tappeto nero, stesso parquet lucido, stessa tv, stessi mobili, stesse lampade.
“Mi spieghi i cambiamenti? Io non ne vedo” dico pacato, davvero impegnato a cercare qualche differenza, manco fosse uno di quei giochi che trovi sui giornali.
“Niente, ho semplicemente ridipinto le pareti e spolverato” mi rispondi con un’alzata di spalle.
“Tutto qui?” chiedo a metà tra il divertito e il deluso
Ti limiti ad annuire, mentre prendi una poltrona e la porti più vicino al caminetto.
“Dai, vieni” mi dici, battendo una mano su un bracciolo.
Non me lo faccio ripetere due volte e sprofondo nella poltrona.  Queste sono molto più comode di quelle che ho a casa mia. Prima o poi riuscirò a scoprire dove le hai comprate.
“ Vuoi qualcosa da bere?” Mi chiedi con il tuo solito sorriso. Non ci siamo visti da due giorni e già mi mancava.
“Me lo faresti un tè?”
“Quale vuoi?”
“Quali hai?”
“Tutti praticamente, e solo a causa tua”
Sorrido di nuovo. Eri uno dei pochi inglesi a cui non fregava niente del tè. E poi, sono arrivato io.
“Un early grey andrà benissimo, grazie”
Annuisci e sparisci in cucina, dove ti sento armeggiare con pentolini, tazze e piattini.
Mi guardo ancora un po’ attorno e nell’angolo, accanto alla finestra, scorgo un albero di Natale, non troppo alto, decorato esclusivamente con palline, lucine e fiocchi rossi.
E’ l’unico addobbo che riesco a trovare. Non è normale per uno che fino all’anno scorso a momenti addobbava anche se stesso.
Ritorni con un vassoio su cui sono poggiate due tazze con i rispettivi piatti, due cucchiaini e una zuccheriera. Poggi tutto sul tavolino di cristallo e mi fai segno di avvicinarmi. Lascio il pacchetto sulla poltrona e mi dirigo verso il divano, sbottonando il cappotto.
“E quelli sarebbero tutti i tuoi addobbi natalizi, Dom?” chiedo, indicando con il dito l’albero nell’angolo. Solo ora mi accorgo di avere ancora i guanti e mi affretto a toglierli.
“Si. Perché, non ti piace?”  rispondi mentre metti dello zucchero nelle tazze.
“No,  non intendevo quello. E’ che non è normale per te. E’…poco, ecco.”
“Mah, semplicemente quest’anno non avevo molta voglia di avere in mezzo ai piedi tutte quelle cianfrusaglie. Metti, togli, metti, togli, trova un posto ad ogni cosa, i colori che devono abbinarsi…un semplice albero addobbato tutto di rosso e ho risolto tutto” sorridi.
Non sei molto convincente, però.
“Che hai fatto ieri?”
“Oh, non molto. Mi sono svegliato quasi all’una, ho cucinato qualcosa al volo, mangiato, guardato la tv, mi sono addormentato sul divano, ho suonato un po’, altra tv e sono andato a dormire”
“Ma Dom, ieri era Natale!”
“Quindi?” mi guardi e per un secondo potrei giurare di aver visto un velo di tristezza nei tuoi occhi
“ Beh, potevi passare da me, o da Chris… Tua sorella e tua madre?”
“Mamma era con tutte le zie e i parenti vari, non si vedevano da anni. Io non sono potuto andare perché con questo tempo hanno cancellato parecchi treni e non potevo muovermi da Londra. Emma ha la sua famiglia e sono andati non so dove a fare non so cosa. Forse in Germania, non ricordo. Andare a casa di Chris il giorno di Natale è un suicidio, ti ricordi l’anno scorso?” Ti fermi e ridi di gusto e io mi accodo subito.
“Già, che pessima idea è stata portare i regali ai figli di Chris il giorno di Natale. Non volevano più lasciarci andare e per carità, facevano più casino loro che noi durante un concerto!” ricordo più a me stesso che a lui.
“Ovviamente l’idea l’avevi avuta tu!”
“Eddai, alla fine è stato divertente, no?” dico, sorridendo.
“Si, è vero. Però una volta mi basta e avanza!” rispondi alzando entrambe le mani, in segno di resa.
“Comunque potevi venire da me nel pomeriggio” ritorno all’argomento principale
“No..cioè, non credo fosse il caso” dici, alzandoti per andare a recuperare il telecomando per cambiare canale alla tv. In effetti un programma di cucina non è proprio il massimo.
“Perché?” ti chiedo, quasi automaticamente.
Rifletti qualche secondo prima di rispondere
“Era tanto tempo che non vedevi Bing, l’avevi detto anche tu l’ultimo giorno del tour che non vedevi l’ora che fosse Natale per passare un po’ di tempo con lui e che avevi un regalo speciale da dargli. Ecco, non mi sembrava in caso di piombare a casa tua il giorno di Natale. Magari scocciavo” mi spieghi mentre apri la guida della tv  e selezioni un canale di musica rock.
“E invece ti sembrava il caso di restare tutto solo il giorno di Natale, no?” ti chiedo scettico. A volte sei proprio stupido.
Come unica risposta ricevo un’alzata di spalle.
“Credevo che almeno tua madre o tua sorella fossero venute”
In effetti ieri avrei potuto chiamarti invece di mandarti solo uno stupido sms. Ripensandoci, lo stupido sono io.
“Se avessi saputo, sarei passato” dico, sinceramente.
“Oh no! Nemmeno per idea!” rispondi allarmato. “Figurati, non è tutta questa tragedia come la vuoi far sembrare tu. Il Natale è un giorno come gli altri, se escludiamo il fatto che in tv ci sono sempre gli stessi film e le radio mandano in onda sempre le stesse canzoni, che parlano di alberelli, pace, amore, neve, Babbo Natale, slitte, stelle e cose così” sbuffi, sedendoti accanto a me sul divano.
Prendi  una tazza di tè e me la passi, poi prendi la tua.
Io rimango a fissarti, mentre tu prendi un paio di sorsi.
Accavalli le gambe e ti giri verso di me.
“Allora, qual è il grande regalo che dovevi dare a Bing?” chiedi, davvero interessato. Adori mio figlio e lui adora te. Sei la persona che adora di più al mondo. Dopo di me, spero.
“Beh, ecco, io gli avevo comprato una piccola tastiera, sai, quelle con solamente due ottave, dove suoni le solite canzoncine per bambini e cose così. Ho tentato di insegnargli qualcosa, di fargli premere qualche tasto in sequenza ma niente, continuava a tirare solo pugni sulla tastiera. Così dopo un’oretta ho rinunciato. L’ho messo per terra dove c’erano ancora le scatole vuote dei regali per Ryder e lui ha iniziato a prendere a pugni anche quelle. E sai una cosa? Andava a tempo in una maniera spaventosa. Dom, Bing ormai è destinato alla batteria. Ed è tutta colpa tua!”
Ridi di gusto all’ultima affermazione.
“Beh, non mi dispiace per niente!”  continui a ridere mentre sorseggi il tè.
Inizio a berlo anche io, prima che diventi freddo.
“Comunque quei due pacchetti blu sotto l’albero sono per Bing e Ryder. Quello con il fiocco bianco èper Bing, quello con il fiocco argentato è per Ryder.  E il pacco azzurro è per Kate”  mi spieghi indicando l’albero. “Non dimenticarli, quando te ne vai”
“Grazie”
“Di nulla, figurati. Ah, a proposito! “ esclami, poggiando la tazzina sul tavolo e alzandoti dal divano “Dammi un secondo e torno!” mi urli correndo per le scale, salendo al piano superiore.
Approfitto della tua assenza per recuperare il mio pacchetto rosso, anche se ormai l’avrai visto.
Faccio appena in tempo a sedermi di nuovo e poggiare il pacchetto dietro la mia schiena che ti vedo rientrare con una busta in mano.
“E questo è per te” mi dici sorridendo, mentre mi porgi la busta. E’ tutta leopardata con un fiocco nero. Ovviamente.
“Grazie!” quasi urlo, felice, abbracciandolo
“Almeno apri e vedi se ti piace, prima di ringraziare” e mi fai l’occhiolino.
Apro la busta e prendo un pacchetto, identico alla busta. Scarto anche quello con foga e rimango stupito del trovare una scatola nera, tutta nera, con un’unica parola dorata. Rolex.
“Tu.. tu non avrai davvero..” ti guardo con gli occhi spalancati, tremando per l’emozione.
“E’ da un anno che decanti le lodi di un certo orologio. Non so perché non ti sei mai deciso a comprarlo. E così…beh, diciamo che mi piace pensare di aver risolto il problema. Chissà, magari nel prossimo album troveremo una canzone che parla di orologi!” ridi, mentre mi guardi aprire la scatola e guardare ammaliato quel bellissimo orologio. Tutto dorato, con un quadrante non eccessivamente grande, con lo sfondo nero e le lancette d’oro.
“Dom, io..davvero non so cosa dire.. grazie”
Ti abbraccio con tutta la forza che ho. Ricambi immediatamente l’abbraccio.
“Beh, prego”
“Aspetta! Anche io ho qualcosa per te” ti dico, porgendoti il mio pacchetto.
“Ehi! Ma è morbido! E’ bellissimo!” ridi, giocandoci.
“Si si, lo so che ti sarebbe piaciuto, ma aprilo, dai!”
“Va bene, va bene, calma!”
Strappi la carta e apri la scatola. Vedo l’espressione stupita sul tuo viso. Non riesco a capire se sia perché ti piace o perché non capisci.
Merda, inizio ad agitarmi ora. Non dici una parola. Spero di non aver combinato un casino. Beh, in realtà non ho fatto niente, non ancora almeno, ma non era di certo questa la reazione che mi aspettavo.
“Dove l’hai trovata?” mi chiedi poi, con un’espressione che non riesco a definire.
“Beh, io, ecco… l’ho sempre avuta… sono anni che la porto sempre con me… ho fatto fare una copia. Questa è l’originale, la copia ce l’ho io, s’intende…”
Poi non dici più niente. Ti limiti a prendere la cornice dalla scatola e osservi la foto con un’espressione assente.
“E questo?” chiedi, prendendo anche un foglietto dal fondo della scatola. Poggi la cornice con la foto sulle tue ginocchia e apri delicatamente il foglio. Lo guardi e scoppi a ridere.
“E questo? Chi l’ha fatto? Bing?” mi chiedi, porgendomi il foglio, per farmelo vedere.
“Guarda che lo so benissimo cosa c’è sopra. L’ho fatto io”
“Che cosa?” mi chiedi serio, smettendo di ridere.
“Ho detto che l’ho fatto io” ripeto, abbassando lo sguardo, un po’ dispiaciuto, un po’ deluso.
So di non essere questo grande artista, ma da qui a scambiare un mio disegno per un disegno di mio figlio…
“Oh, io.. è tenero”  mi dici semplicemente. Non tenti di scusarti o qualcosa del genere, semplicemente dici che è tenero. Ed è esattamente ciò che volevo fosse. E' un disegno di noi due, quando eravamo piccoli, nel Den. Con tanto di nomi e freccette.
“ Sul serio?” ti chiedo, guardandoti negli occhi
Annuisci convinto.
“Questa foto” dici, prendendo in mano la cornice “io credevo che..insomma, credevo che fosse rimasta da qualche parte nel Den… invece l’hai tenuta tu per tutti questi anni… “ sorridi, carezzando il vetro
“Perché l’hai tenuta?” mi chiedi, fissandomi con gli occhi lucidi a causa delle lacrime
Prendo un respiro profondo, poggio la tazza con il tè ormai freddo sul tavolino e mi avvicino a te
“Vedi” inizio, divaricando leggermente le gambe e poggiando i gomiti sulle coscie “questa foto la scattammo in un giorno che all’apparenza sembrava normale, ma poi si rivelò essere il giorno che mi cambiò la vita”
Ti guardo mentre fissi la foto con insistenza, annuendo.
“Eravamo tornati a Teignmouth a far visita ai nostri parenti per qualche giorno. Quel giorno avevamo deciso di fare una passeggiata nel Den, nonostante il vento e il freddo. Ti ricordi Dom?”
Annuisci di nuovo, quindi continuo “E quella mattina mio nonno mi diede una vecchia polaroid, e non vedevo l’ora di usarla. E anche tu sembravi alquanto euforico” Mi scappa un sorriso. “Se ricordi bene, potevamo scattare una sola foto. Così arrivammo al Den e siccome non ci piaceva nulla, ci facemmo noi una foto. Poi iniziò a piovere e raccogliemmo tutto in fretta e furia e cercammo riparo sotto un albero. E fu li che noi c..”
“Ci baciammo” concludi tu al posto mio, precedendomi, con mia grande sorpresa.
“Ma allora ti ricordi!” Esclamo, piuttosto stupito.
“E come potrei dimenticarlo?” mi chiedi, girandoti a guardarmi, mentre una lacrima lascia i tuoi bellissimi occhi e finisce la sua corsa schiantandosi sul vetro della cornice. “Io credevo che tu avessi dimenticato” continui, con voce incerta “appena tornammo a Londra, tu iniziasti a vederti con Gaia e allora io pensai che la cosa non aveva importanza per te.. così lasciai perdere.” Sospiri, poggiandoti allo schienale del divano.
Rimango in silenzio per qualche secondo.
“Quindi per te la cosa era importante” dico.
Un sorriso triste compare sul tuo viso “Oh Matt, se solo esistessero le parole per spiegarti quanto era ed è importante per me” chiudi gli occhi e respiri profondamente. “Ma tanto, che differenza fa, adesso” dici, continuando ad indossare quel sorriso, che di felice non ha proprio nulla.
“Fa, eccome se fa” sussurro, più a me stesso che a te, prima di lanciarmi verso le tue labbra e rubarti un bacio molto più passionale, disperato e irruento di quello che ci scambiammo tanti anni fa, ma che ho ancora stampato nella mente, o meglio, nel cuore.
Mi stacco dopo pochi secondi e ti trovo intento a fissarmi, con gli occhi sgranati.
Io respiro affannosamente e, forse per la prima volta in vita mia, non so cosa dire.
“Perché? Perché adesso?” mi chiedi, tra le lacrime, dopo interminabili momenti di silenzio.
Resto interdetto per qualche momento.
Non era così che doveva andare. Io, volevo darti quella foto perché era una delle cose più preziose che ho. Per quello che rappresenta per me. Dovevo semplicemente dirti quanto ci tenessi a te, ma non come amico. Dovevo semplicemente scusarmi per aver ignorato i miei sentimenti per così tanto tempo. Ma non dovevo renderti triste.
Intanto continui a piangere con il viso tra le mani, mentre sei scosso dai singhiozzi.
“E’ uno scherzo? Dimmi cosa vuoi Matt” la tua voce mi arriva ovattata. “Perché dopo tutto questo tempo? Perché ricacciare questa storia ora, quando stavo iniziando a mettermi l’anima in pace che non avrei mai potuto averti, non nel modo che desideravo? Cosa vuoi, Matt?”
Mi sento terribilmente in colpa. Per aver pensato male tanti anni fa, per non aver mai fatto niente, per non averti mai detto cosa provavo realmente.
“Io non ti ho mai dimenticato, Dom”
Alzi lo sguardo e punti i tuoi occhi, lucidi e rossi, nei miei.
“Io quel giorno ho capito di amarti. Ma poi tutto è finito così. Non ne abbiamo più parlato. E poi c’era Gaia. Insomma, era gentile, dolce e carina e ho pensato che poteva essere utile per dimenticarti. Perché Dom, io ero convinto, convinto come non lo ero mai stato, che per te non era stato nulla quel bacio. E poi mi sono affezionato davvero a Gaia. Credo di averla amata. Ma mai, come ho amato te. E poi, tu avevi Jessica. Quando io e Gaia ci siamo lasciati è stato brutto, è vero, ma insomma, avevo di nuovo una speranza con te, poiché anche tu avevi rotto. Ma niente, tutto come prima. E poi tu hai iniziato a divertirti con tutte quelle troie che ti girano intorno, sempre e comunque.. e poi ho incontrato Kate. E’ così diversa da Gaia…più decisa, più impetuosa, ma è una brava ragazza. E Bing…non era assolutamente previsto, ma è la persona che amo di più al mondo e mai, mai e poi mai potrei pentirmi di aver fatto un figlio. Dom, vedi, io voglio bene a Kate..ma sempre, ogni giorno, sono consapevole di non amare nessuno più di te-ripeto, mio figlio è un caso a parte. Capisci di che amore parlo, sì? Ed è stato così difficile calibrare tutti i gesti e le parole in questi anni, Dom, è stato così difficile” parlo così velocemente che io stesso mi capisco a malapena. Ho iniziato a piangere e non me ne sono nemmeno accorto. Mi ritrovo con il respiro affannato e la faccia bagnata.
Sento una mano calda sfiorarmi il collo, mi giro e trovo il tuo viso a pochi centimetri dal mio. E come sempre, mi basta incrociare i tuoi occhi, così profondi, per calmarmi.
“Non sai quanto ti capisco” mi sussurri in un orecchio.
“Non sai quanto siamo stupidi” mi soffi sulla guancia prima di posarci un bacio leggero, facendomi sorridere.
“Non sai quanto ti ho amato” mi dici poggiando un altro bacio all’angolo della bocca.
“E non sai quanto ti amo ancora oggi” mi soffi sulle labbra, prima di regalarmi un bacio che sa di anni persi a nascondersi, a fingere, a reprimere amore
.

 
 
 
 

Buon Natale!
Allora, lo so che devo aggiornare l’altra storiella, ma anche quella è in fase di sviluppo. Per quanto riguarda questa one shot, mi è venuta e basta. E’ mezza triste con un mezzo lieto fine (dipende dalla vostra fantasia nell’immaginare cosa accadrà dopo ;) )
Comunque niente, spero vi piaccia :)
Ovviamente i Muse non mi appartengono, non mi pagano per scrivere questa baggianate e non fanno queste cose (poi, se le fanno a nostra insaputa, tanto meglio).
Ho riletto velocemente, ma di sicuro non ho visto qualche errore, quindi prometto di rileggerla il prima possibile (ora scappo a fare le prove con la band che se arrivo in ritardo mi linciano :D)
Bene, è tutto per adesso. Passate buone feste e mangiate tantissimo, come sto facendo io! :D
See you soon
XxX

  
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